781 resultados para Women - Social conditions
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Background: In an aging population an increasing number of elderly caregivers will be called upon to provide care over a long period, during which time they will be burdened both by caregiving and by the physiological effects of their own aging. Among them there will be more aged male caregivers, who will probably be less prepared than women to become caregivers. The aim of this study was to investigate the relationship between caregivers' gender, age, family income, living arrangements and social support as independent variables, and depressive symptoms, comorbidities, level of frailty, grip strength, walking speed and social isolation, as dependent variables. Methods: 176 elderly people (123 women) were selected from a sample of a population-based study on frailty (n = 900), who had cared for a spouse (79.3%) and/or parents (31.4%) in the past five years (mean age = 71.8 +/- 4.86 years; mean monthly family income in minimum wages = 4.64 +/- 5.14). The study used questionnaires and self-report scales, grip strength and walking speed tests. Results: 65% of participants evaluated caregiving as being very stressful. Univariate analyses of regression showed low family income as a risk factor for depression; being female and low perceived social support as a risk for comorbidities; being 80 years of age and above for low grip strength; and being male for social isolation indicated by discontinuity of activities and social roles. In multivariate analyses of regression, poverty arose as a risk factor for depression and being female for comorbidities. Conclusions: Gender roles, age, income and social support interacted with physical and emotional health, and with the continuity of social participation of elderly caregivers. Special attention must be given to male caregivers.
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Social stressors at work (such as conflict or animosities) imply disrespect or a lack of appreciation and thus a threat to self. Stress induced by this offence to self might result, over time, in a change in body weight. The current study investigated the impact of changing working conditions--specifically social stressors, demands, and control at work--on women's change in weighted Body-Mass-Index over the course of a year. Fifty-seven women in their first year of occupational life participated at baseline and thirty-eight at follow-up. Working conditions were assessed by self-reports and observer-ratings. Body-Mass-Index at baseline and change in Body-Mass-Index one year later were regressed on self-reported social stressors as well as observed work stressors, observed job control, and their interaction. Seen individually, social stressors at work predicted Body-Mass-Index. Moreover, increase in social stressors and decrease of job control during the first year of occupational life predicted increase in Body-Mass-Index. Work redesign that reduces social stressors at work and increases job control could help to prevent obesity epidemic.
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INTRODUZIONE: L’integrazione mente-corpo applicata ad un ambito patologico predominante in questi tempi, come il cancro, è il nucleo di questa tesi. Il background teorico entro cui è inserita, è quello della Psiconeuroendocrinoimmunologia (Bottaccioli, 1995) e Psico-Oncologia. Sono state identificate, nella letteratura scientifica, le connessioni tra stati psicologici (mente) e condizioni fisiologiche (corpo). Le variabili emerse come potenzialmente protettive in pazienti che si trovano ad affrontare il cancro sono: il supporto sociale, l’immagine corporea, il coping e la Qualità della Vita, insieme all’indice fisiologico Heart Rate Variability (HRV; Shaffer & Venner, 2013). Il potenziale meccanismo della connessione tra queste variabili potrebbe essere spiegato dall’azione del Nervo Vago, come esposto nella Teoria Polivagale di Stephen Porges (2007; 2009). OBIETTIVI: Gli obiettivi principali di questo studio sono: 1. Valutare l’adattamento psicologico alla patologia in termini di supporto sociale percepito, immagine corporea, coping prevalente e qualità della vita in donne con cancro ovarico; 2. Valutare i valori di base HRV in queste donne; 3. Osservare se livelli più elevati di HRV sono associati ad un migliore adattamento psicologico alla patologia; 4. Osservare se una peggiore percezione dell’immagine corporea e l’utilizzo di strategie di coping disadattive sono associate ad una Qualità della Vita più scarsa. METODO: 38 donne affette da cancro ovarico, al momento della valutazione libere da patologia, sono state reclutate presso la clinica oncologica del reparto di Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Italia. Ad ogni partecipante è stato chiesto di compilare una batteria di test composta da: MSPSS, per la valutazione del supporto sociale percepito; DAS-59, per la valutazione dell’immagine corporea; MAC, per la valutazione delle strategie di coping prevalenti utilizzate verso il cancro; EORTC-QLQ30, per la valutazione della Qualità della Vita. Per ogni partecipante è stato registrato HRV di base utilizzando lo strumento emWave (HeartMath). RISULTATI PRINCIPALI: Rispondendo agli obiettivi 1 e 2, in queste donne si è rilevato una alto tasso di supporto sociale percepito, in particolare ricevuto dalla persona di riferimento. L’area rivelatasi più critica nel supporto sociale è quella degli amici. Per quanto riguarda l’immagine corporea, la porzione di campione dai 30 ai 61 anni, ha delle preoccupazioni globali legate all’immagine corporea paragonabili ai dati provenienti dalla popolazione generale con preoccupazioni riguardo l’aspetto corporeo. Invece, nella porzione di campione dai 61 anni in su, il pattern di disagio verso l’aspetto fisico sembra decisamente peggiorare. Inoltre, in questo campione, si è rilevato un disagio globale verso l’immagine corporea significativamente più alto rispetto ai valori normativi presenti in letteratura riferiti a donne con cancro al seno con o senza mastectomia (rispettivamente t(94)= -4.78; p<0.000001; t(110)= -6.81;p<0.000001). La strategia di coping più utilizzata da queste donne è lo spirito combattivo, seguito dal fatalismo. Questo campione riporta, inoltre, una Qualità della Vita complessivamente soddisfacente, con un buon livello di funzionamento sociale. L’area di funzionalità più critica risulta essere il funzionamento emotivo. Considerando i sintomi prevalenti, i più riferiti sono affaticamento, disturbi del sonno e dolore. Per definire, invece, il pattern HRV, sono stati confrontati i dati del campione con quelli presenti in letteratura, riguardanti donne con cancro ovarico. Il campione valutato in questo studio, ha un HRV SDNN (Me=28.2ms) significativamente più alto dell’altro gruppo. Tuttavia, confrontando il valore medio di questo campione con i dati normativi sulla popolazione sana (Me=50ms), i nostri valori risultano drasticamente più bassi. In ultimo, donne che hanno ricevuto diagnosi di cancro ovarico in età fertile, sembrano avere maggiore HRV, migliore funzionamento emotivo e minore sintomatologia rispetto alle donne che hanno ricevuto diagnosi non in età fertile. Focalizzando l’attenzione sulla ricerca di relazioni significative tra le variabili in esame (obiettivo 3 e 4) sono state trovate numerose correlazioni significative tra: l’età e HRV, supporto percepito , Qualità della Vita; Qualità della Vita e immagine corporea, supporto sociale, strategie di coping; strategie di coping e immagine corporea, supporto sociale; immagine corporea e supporto sociale; HRV e supporto sociale, Qualità della Vita. Per verificare la possibile connessione causale tra le variabili considerate, sono state applicate regressioni lineari semplici e multiple per verificare la bontà del modello teorico. Si è rilevato che HRV è significativamente positivamente influenzata dal supporto percepito dalla figura di riferimento, dal funzionamento di ruolo, dall’immagine corporea totale. Invece risulta negativamente influenzata dal supporto percepito dagli amici e dall’uso di strategie di coping evitanti . La qualità della vita è positivamente influenzata da: l’immagine corporea globale e l’utilizzo del fatalismo come strategia di coping prevalente. Il funzionamento emotivo è influenzato dal supporto percepito dalla figura di riferimento e dal fatalismo. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Il campione Italiano valutato, sembra essere a metà strada nell’adattamento dello stato psicologico e dell’equilibrio neurovegetativo al cancro. Sicuramente queste donne vivono una vita accettabile, in quanto sopravvissute al cancro, ma sembra anche che portino con sé preoccupazioni e difficoltà, in particolare legate all’accettazione della loro condizione di sopravvissute. Infatti, il migliore adattamento si riscontra nelle donne che hanno avuto peggiori condizioni in partenza: stadio del cancro avanzato, più giovani, con diagnosi ricevuta in età fertile. Pertanto, è possibile suggerire che queste condizioni critiche forzino queste donne ad affrontare apertamente il cancro e la loro situazione di sopravvissute al cancro, portandole ad “andare avanti” piuttosto che “tornare indietro”. Facendo riferimento alle connessioni tra variabili psicologiche e fisiologiche in queste donne, si è evidenziato che HRV è influenzata dalla presenza di figure significative ma, in particolare, è presumibile che sia influenzata da un’appropriata condivisione emotiva con queste figure. Si è anche evidenziato che poter continuare ad essere efficaci nel proprio contesto personale si riflette in un maggiore HRV, probabilmente in quanto permette di preservare il senso di sé, riducendo in questo modo lo stress derivante dall’esperienza cancro. Pertanto, HRV in queste donne risulta associato con un migliore adattamento psicologico. Inoltre, si è evidenziato che in queste donne la Qualità della Vita è profondamente influenzata dalla percezione dell’immagine corporea. Si tratta di un aspetto innovativo che è stato rilevato in questo campione e che, invece, nei precedenti studi non è stato indagato. In ultimo, la strategia di coping fatalismo sembra essere protettiva e sembra facilitare il processo di accettazione del cancro. Si spera sinceramente che le ricerche future possano superare i limiti del presente studio, come la scarsa numerosità e l’uso di strumenti di valutazione che, per alcuni aspetti come la scala Evitamento nel MAC, non centrano totalmente il target di indagine. Le traiettorie future di questo studio sono: aumentare il numero di osservazioni, reclutando donne in diversi centri specialistici in diverse zone d’Italia; utilizzare strumenti più specifici per valutare i costrutti in esame; valutare se un intervento di supporto centrato sul miglioramento di HRV (come HRV Biofeedback) può avere una ricaduta positiva sull’adattamento emotivo e la Qualità della Vita.
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More than understanding a speech, we need to decode it to then seek to understand how this discourse was made and what direction effects it produces. The Mentor of the Brazilians from Sao Joao del Rei - our object of study in this article - since its announcement in 1829, it was proposed to be like the newspaper's name itself shows, a Mentor, a newspaper to guide, advise women the inclusion in the political and moral life of the country, but without forgetting the family and their deveres. Para rationale of this study are taken as the essence of the studies Pêcheux and Eni Orlandi, the French Discourse Analysis (DA), trying to understand the speech of the mining journal in their production conditions in the nineteenth century. Understanding that social memory leads to a discursive memory that formulates the speeches already in place, giving rise to the social-historical context of ideological and enunciator statement. In addition, it is necessary to establish the role of the analyst in the process of understanding of the subject matter, because according to Orlandi (2008), the subject has his body tied to the body of the senses; subject and senses has its corporeality, made at the meeting of the materiality of language and history. In this perspective, enunciator and analyst embody the senses three cutouts of the weekly newsletter: a) the ad in the Astro de Minas newspaper talking about the first Mentor of the Brazilians women edition, b) the No. 1 edition and c) No.10 edition of the Mentor of the Brazilians women.
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The objective of this study was to investigate the factors that influence midlife women to make positive exercise and dietary changes. In late 2005 questionnaires were mailed to 866 women aged 51–66 years from rural and urban locations in Queensland, Australia and participating in Stage 2 of the Healthy Aging of Women Study. The questionnaires sought data on socio-demographics, body mass index (BMI), chronic health conditions, self-efficacy, exercise and dietary behavior change since age 40, and health-related quality of life. Five hundred and sixty four (69%) were completed and returned by early 2006. Data analysis comprised descriptive and bivariate statistics and structural equation modeling. The results showed that midlife is a significant time for women to make positive health behavior changes. Approximately one-third of the sample (34.6%) indicated that they had increased their exercise and around 60% had made an effort to eat more healthily since age 40. Modeling showed self-efficacy to be important in making both exercise and dietary changes. Although education appeared to influence self-efficacy in relation to exercise change, this was not the case for dietary change. The study has application for programs promoting healthy aging among women, and implies that those with low education, high BMI and poor mental health may need considerable support to improve their lifestyles.
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Based on the perception that “individual bonds to one another is the essence of society” (Fischer, 1982a, p. 2), this paper examines contemporary networks of friends: friendworks, of adult women in an Australian sea change community. Communication patterns are examined drawing on findings from a case study of 26 women aged 35-76 years. Among the case study participants, many have undertaken a ‘sea change’ as adults, which in most cases has led to a significant reconstruction of their friendworks. Location and lifestyle are identified as impacting factors on communication patterns with friends; face-to-face interactions are by far the most frequent and preferred method of communication among the participants. The landline telephone and internet are the main communication methods used to maintain friendships with distant loved ones, while the mobile phone is reported as the communication method employed the least. The infrequency of mobile phone use can be attributed to cost issues, highlighting a discrepancy between these women’s social and communication needs and the current Australian mobile phone policy.
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In addition to the well-known health risks associated with lack of physical activity (PA), evidence is emerging about the health risks of sedentary behaviour (sitting). Research about patterns and correlates of sitting and PA in older women is scarce. METHODS: Self-report data from 6,116 women aged 76-81 years were collected as part of the Australian Longitudinal Study on Woman’s Health. Linear regression models were computed to examine whether demographic, social and health factors were associated with sitting and PA. RESULTS: Women who did no PA sat more than women who did any PA (p<0.001). Seven correlates were associated with sitting and PA (p<0.05). Five of these were associated with more sitting and less PA: three health-related (BMI, chronic conditions, anxiety/depression) and two social correlates (caring duties, volunteering). One demographic (being from another English-speaking country) and one social correlate (more social interaction) were associated with more sitting and more PA. Four correlates, two demographic (living in a city; post-high school education), one social (being single), and one health-related correlate (dizziness/loss of balance) were associated with more sitting only. Two other health-related correlates (stiff/painful joints; feet problems) were associated with less PA only. CONCLUSION: Sedentary behaviour and PA are distinct behaviours in older Australian women. Information about the correlates of both behaviours can be used to identify population groups who might benefit from interventions to reduce sedentary behaviour and/or increase PA.
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This paper explores Indigenous Australian women’s understanding of wellness, through the lens of social and emotional wellbeing. The authors use a “yarning” approach to explore how wellness is important to Indigenous women who live in North Brisbane (Australia). They discuss the benefits of yarning and its strength as a methodology for conducting research and building activism within Indigenous Australian communities. They argue that, for Indigenous Australian women, wellness is linked to a sense of wholeness and strongly related to the feeling of connection that women get from meeting together and having time for women’s business. They describe the way that their research project developed into a community summit focused on Indigenous women’s wellness.
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Background: Enabling women to make informed decisions is a crucial component of consumer-focused maternity care. Current evidence suggests that health care practitioners’ communication of care options may not facilitate patient involvement in decision-making. The aim of this study was to investigate the effect of specific variations in health caregiver communication on women’s preferences for induction of labor for prolonged pregnancy. Methods: A convenience sample of 595 female participants read a hypothetical scenario in which an obstetrician discusses induction of labor with a pregnant woman. Information provided on induction and the degree of encouragement for the woman’s involvement in decision-making was manipulated to create four experimental conditions. Participants indicated preference with respect to induction, their perceptions of the quality of information received, and other potential moderating factors. Results: Participants who received information that was directive in favor of medical intervention were significantly more likely to prefer induction than those given nondirective information. No effect of level of involvement in decision-making was found. Participants’ general trust in doctors moderated the relationship between health caregiver communication and preferences for induction, such that the influence of information provided on preferences for induction differed across levels of involvement in decision-making for women with a low trust in doctors, but not for those with high trust. Many women were not aware of the level of information required to make an informed decision. Conclusions: Our findings highlight the potential value of strategies such as patient decision aids and health care professional education to improve the quality of information available to women and their capacity for informed decision-making during pregnancy and birth. (BIRTH 39:3 September 2012)