913 resultados para geohazard monitoraggio geofisici controllo remoto raspberry rete nrf24


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Il presente studio ha come obiettivi l’analisi, la modellazione numerica e la caratterizzazione del rischio idrogeologico di due siti dell’Appennino bolognese interessati negli ultimi due anni da colate detritiche, Serraglio (Comune di Castiglione dei Pepoli) e Chiapporato (Comune di Camugnano). Lo studio è stato condotto in collaborazione con il Servizio Tecnico di Bacino Reno della Regione Emilia-Romagna, che ha reso disponibile la documentazione relativa ai due eventi analizzati. I predetti eventi possono esser definiti “anomali” in relazione sia alla loro collocazione – essendo il fenomeno delle colate detritiche diffuso principalmente in aree montuose caratterizzate da un’altitudine media rilevante, come l’arco alpino – sia al fatto che non sono né catalogati né ricordati a memoria d’uomo eventi, in tali località, precedenti a quelli in esame. Il rischio idrogeologico, indotto dalla possibilità non remota di nuovi eventi, è dato non dal volume o dall’area interessata dai fenomeni, ma piuttosto dall’estrema velocità caratterizzante le colate detritiche, appunto definite come manifestazioni parossistiche lungo la rete idrografica secondaria con trasporto in massa di sedimenti. L’analisi effettuata ha anche fornito l’occasione per effettuare un confronto tra due realtà, quella di Serraglio e quella di Chiapporato, accomunate dalla stessa tipologia di evento, ma differenti in relazione all’uso del suolo, alle caratteristiche geomorfologiche e alle modalità di propagazione nel corso dell’evento. L’abitato di Serraglio, sito nella frazione di Baragazza, è stato colpito da una colata detritica il 20 gennaio 2009. Da un punto di vista geologico e geomorfologico la località è sovrastata da un versante boscato notevolmente acclive, caratterizzato dall’affioramento della cosiddetta Formazione di Cervarola: tali rocce, appartenenti alla categoria delle arenarie e solitamente presenti in strati compatti, in seguito alla naturale degradazione dovuta agli agenti atmosferici hanno dato luogo ad un detrito composto da blocchi e ciottoli di varia dimensione immersi in una matrice sabbiosa. Il distacco è avvenuto proprio in questo materiale detritico, reso instabile dal notevole apporto pluviometrico verificatosi nei giorni precedenti. La colata, sviluppatasi in seguito alla fluidificazione del materiale coinvolto in uno scivolamento di detrito di ridotta volumetria, si è incanalata in uno dei rii effimeri che drenano il versante con traiettorie tra loro pseudo parallele. Il debris flow, accelerato da un dislivello complessivo di 125 m, ha poi raggiunto due abitazioni, fortunatamente non abitate al momento dell’evento, depositando uno spessore detritico di oltre 1,5 m nella zona di transito prima di proseguire verso valle nella sua frazione più fine, incanalandosi di fatto lungo lo stradello asfaltato di accesso alle abitazioni e interessando la strada provinciale che collega Castiglione dei Pepoli all’uscita autostradale di Roncobilaccio. Da un punto di vista meteo-climatico il mese di gennaio 2009 è stato caratterizzato da precipitazioni fortemente superiori alla media, accompagnate da una ridotta insolazione. La continua oscillazione dello zero termico tra 0 e 900 m ha dato luogo alla formazione di uno spessore nivale al suolo di circa 20 cm tre giorni prima dell’evento e poi al suo rapido scioglimento contestualmente all’aumento termico, dato dalla risalita di aria calda umida di origine africana, accompagnata da quella perturbazione che ha poi di fatto innescato il fenomeno. Nelle 48 ore precedenti l’evento sono stati registrati apporti nivo-pluviometrici corrispondenti ad oltre 130 mm, che hanno causato la completa saturazione del detrito superficiale, l’innesco dello scivolamento di detrito e la sua successiva fluidificazione. Il distacco del materiale detritico, la sua movimentazione e la notevole erosione che ha caratterizzato l’alveo del rio durante il fenomeno – quantificata mediamente in 20 cm – sono state favorite dalle mediocri condizioni di salute del castagneto che copre il versante interessato dall’evento: la totale assenza di manutenzione e l’abbandono della coltivazione “a pali” del bosco hanno inibito la naturale funzione stabilizzante del boscato, trasformatosi da fattore inibente a fattore predisponente il fenomeno. La seconda colata detritica analizzata ha invece interessato la strada comunale che collega la frazione di Stagno all’abitato di Chiapporato, splendida borgata cinquecentesca, frequentata soprattutto da turisti ed escursionisti durante la stagione estiva. Il versante sede della colata, occorsa in data 8 novembre 2010, è caratterizzato da numerosi affioramenti della cosiddetta Formazione di Stagno, arenarie intervallate da strati marnoso-pelitici. Tale litotipo, soggetto alla naturale degradazione indotta dagli agenti atmosferici, origina un detrito composto da massi e ciottoli, raccoltisi, nell’area in esame, in un canalone posto ai piedi di una scarpata pseudo verticale delimitante il pianoro di “Val di Sasso”. Tale materiale detritico è stato poi fluidificato dalle abbondanti piogge, depositando, dopo oltre 320 metri di dislivello, circa un metro di detrito sul piano stradale per poi proseguire la sua corsa verso il Torrente Limentra e il Bacino di Suviana. L’evento è stato innescato da precipitazioni intense e persistenti che hanno depositato al suolo oltre 69 mm di pioggia in 25 ore. Nel mese precedente il fenomeno sono stati misurati oltre 530 mm di pioggia, quantitativi superiori alla media climatologica, che hanno sicuramente accelerato anche la degradazione della scarpata e l’accumulo di detriti nell’area sorgente. Le colate sopra descritte sono state poi simulate utilizzando il modello DAN-W (Dynamic ANalysis) del prof. Oldrich Hungr della University of British Columbia (Canada). Tale modello si basa su una discretizzazione della massa movimentata tramite il metodo degli “elementi di contorno” e sulla soluzione alle differenze finite di tipo Lagrangiano dell’equazione di De Saint Venant. L’equazione del moto, integrata verticalmente, è applicata a colonne strette di flusso (elementi di contorno). L’equazione di continuità è invece risolta riferendosi agli elementi di massa delimitati dai predetti elementi di contorno. Il numero di incognite principali eguaglia il numero di equazioni disponibili ed il problema è quindi completamente determinato. Gli altri parametri caratterizzanti la colata sono determinati tramite interpolazioni basate sull’ipotesi che sia la superficie del flusso sia quella della traiettoria siano ragionevolmente lisce. La soluzione è esplicita ed avviene per step temporali successivi. Al fine della determinazione dei parametri l’utilizzatore ha la possibilità di scegliere tra vari modelli reologici, quantificanti il termine di resistenza caratterizzante il moto. Su indicazione dell’autore del modello sono stati utilizzati il modello frizionale e quello di Voellmy, che, in casi simili, forniscono risultati più realistici (in relazione alla modellizzazione di colate di detrito). I parametri utilizzati per la calibrazione sono lo spessore di detrito depositato sul piano stradale, nel caso di Chiapporato, e a tergo della prima abitazione investita dalla colata nel caso di Serraglio, unitamente alla massima distanza raggiunta dai detriti. I risultati ottenuti utilizzando il modello reologico frizionale mostrano profili di velocità scarsamente rappresentativi, con una costante sovrastima della stessa, a fronte di una migliore capacità descrittiva degli spessori accumulatisi. Il modello di Voellmy ha invece prodotto andamenti di velocità più realistici, confrontabili con i valori forniti dalla letteratura internazionale, riuscendo al contempo a quantificare con precisione l’accumulo di detrito rilevato a seguito degli eventi. I valori dei parametri utilizzati nella modellazione sono stati ricavati dalle indicazioni dell’autore del modello affiancate dai range resi disponibili dalla letteratura. Entrambe le caratterizzazioni reologiche sono poi state oggetto di un’analisi di sensitività ai fini di quantificare il peso dei parametri utilizzati. Il modello frizionale si è rivelato particolarmente sensibile all’andamento del coefficiente di attrito basale e al coefficiente di pressione dei pori, con un lieve preponderanza del primo, mentre il modello reologico di Voellmy si è mostrato fortemente influenzato dal coefficiente di turbolenza e dal coefficiente di attrito, pressoché paritari nell’effettivo condizionamento dei risultati. Gli output ottenuti simulando l’evento di Serraglio sono risultati generalmente meno realistici di quelli ricavati nel caso di Chiapporato: ciò è probabilmente dovuto alle caratteristiche reologiche proprie del fenomeno occorso a Serraglio, classificabile come un ibrido tra un mud flow e un debris flow. Sono state infine avanzate proposte di intervento e di monitoraggio dei siti indagati, al fine di una mitigazione del rischio idrogeologico gravante sulle aree esaminate. Il caso di Serraglio presenta, a parere dello scrivente, un rischio idrogeologico più elevato, se paragonato a quello presente a Chiapporato, dati la vicinanza ad un centro abitato e lo status quo caratterizzante il versante sede del dissesto. Nei circa 18 mesi trascorsi dopo l’evento è stato possibile rilevare un progressivo ampliamento della nicchia di distacco dello scivolamento, poi evolutosi in colata con andamento tipicamente retrogressivo. Lo stato della vegetazione permane in condizioni problematiche, con frequenti ribaltamenti e sradicamenti (processi noti in letteratura come chablis) dei castagni presenti, con un conseguente aumento dell’erosione superficiale del versante e l’apporto detritico all’interno del rio. Tale detrito è poi trattenuto all’interno dell’alveo da una serie di briglie naturali formatesi a seguito della caduta di varie piante all’interno del canale stesso a causa del passaggio del debris flow o a fenomeni di chablis. La forte sovraescavazione occorsa in occasione della colata ha poi favorito l’innesco di una serie di piccoli scivolamenti superficiali confluenti nel rio stesso, anch’essi apportatori di detrito, ingrediente principale per un nuovo debris flow. È inoltre da notare come la zona di runout è tuttora parzialmente occupata dal detrito depositatosi a seguito dell’evento: tale configurazione, causando di fatto una riduzione della potenziale area di “sfogo” di un nuovo debris flow, acuisce il rischio di un’estensione areale verso valle degli effetti di un nuovo fenomeno, con un conseguente possibile maggior coinvolgimento dell’abitato di Serraglio. È stato quindi proposto di attuare un’adeguata regimazione dell’area boschiva caratterizzante il versante, unitamente ad una regimazione fluviale del rio, tramite la realizzazione di briglie in legno e pietrame – essendo l’area non cantierabile – e la rimozione degli accumuli detritici in seno all’alveo stesso. La nicchia di distacco principale e le nicchie secondarie dovranno poi essere oggetto di opportuna stabilizzazione. Più a valle è stata suggerita la rimozione dell’accumulo detritico presente nell’area di runout e la realizzazione di un’adeguata opera di ricezione delle acque del rio e di eventuali nuove colate: a tal fine si è ipotizzato il ripristino dell’antico alveo, successivamente deviato e tombato per permettere l’edificazione dell’abitazione poi investita dalla colata. È stato inoltre proposto un monitoraggio attraverso l’installazione di un pluviometro, tarato con opportune soglie di allarme, dotato di datalogger e modem GPRS al fine di comunicare in tempo reale, ai tecnici incaricati e agli abitanti, un eventuale superamento della soglia di allarme. Il caso di Chiapporato è invece caratterizzato da problematiche connesse al rischio idrogeologico meno rilevanti di quelle presenti a Serraglio. Ciò è dovuto allo scarso traffico caratterizzante la strada comunale e all’assenza di altri edifici o infrastrutture potenzialmente coinvolgibili da un nuovo evento. La probabilità del verificarsi di una nuova colata è però concreta, considerata la forte erosione caratterizzante il versante: trascorsi sei mesi dall’evento, è stato possibile rilevare nell’area sorgente un accumulo medio di detrito di circa mezzo metro di spessore. Le cause del dissesto, a differenza di Serraglio, non sono in alcun modo imputabili all’azione antropica: si tratta infatti della naturale evoluzione del versante sovrastante il piano stradale. Si propone quindi la collocazione di cartelli stradali indicanti il pericolo di caduta massi e colate detritiche agli automobilisti e ai pedoni, unitamente all’installazione di un cavo a strappo posto lungo l’alveo torrentizio collegato ad un semaforo dislocato nei pressi del guado della strada comunale sul rio Casale. L’eventuale verificarsi di un nuovo evento comporterebbe la lacerazione del cavo installato e l’attivazione del semaforo – e di un eventuale allarme acustico – con conseguente inibizione del traffico stradale in occasione del transito del debris flow. Nel contesto geologico e geomorfologico dell’Appennino tosco-emiliano i debris flow rappresentano una tipologia di dissesto da frana poco diffusa, ma comunque potenzialmente presente nelle aree dove i processi di alterazione e degradazione degli ammassi rocciosi affioranti generino accumuli di detrito e in condizioni morfologiche caratterizzate da elevate pendenze dei versanti. Questo studio ha permesso di approfondire la conoscenza di questi fenomeni, che presentano una magnitudo notevolmente inferiore rispetto al contesto alpino, ma la cui interferenza con l’attività antropica acuisce notevolmente il rischio idrogeologico nelle zone interessate. Si sottolinea, inoltre, che nell’attuale contesto climatico caratterizzato da sempre più frequenti piogge brevi ed intense ed eventi cosiddetti di rain on snow, la frequenza sia temporale che spaziale di tali fenomeni di dissesto appare destinata ad aumentare, anche in aree in precedenza non interessate.

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Attraverso svariate prove tecnologiche, pratiche ed ottiche, si è posta la base per lo sviluppo di un sistema di misurazione delle deformazioni su un albero navale in materiale composito attraverso sensori ottici. L'attività ha messo in luce diverse problematiche relative all'inglobamento delle fibre ottiche nel materiale composito e molte altre attinenti la tecnologia basata su Reticoli di Bragg fotoincisi sulla fibra ottica.

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Le conoscenze relative al controllo ormonale del metabolismo epatico dei pesci sono ancora piuttosto limitate e per molti anni sono state controverse. Per lungo tempo si è ritenuto che le catecolamine, adrenalina e noradrenalina, agissero nel fegato dei pesci soltanto attraverso i recettori adrenergici di tipo β. Quindi l’assetto recettoriale dei mammiferi, che comprende recettori α e β, era considerato frutto di un processo evolutivo che non aveva ancora avuto luogo nei pesci. Successivamente, nel fegato di vari teleostei è stata dimostrata la presenza di recettori sia α che β. Tuttavia il ruolo fisiologico dei due tipi di recettori non è ancora chiaro. Per esempio, in acciughe e sgombri non è stato fatto alcuno studio sulla risposta alle catecolamine ottenuta attraverso i recettori α e β, nel fegato di trota i recettori α non sono accoppiati alla cascata fisiologica che porta al rilascio di glucosio, e in anguilla e pesce gatto l’azione delle catecolamine attraverso recettori β è predominante rispetto a quella attraverso recettori α. L’utilizzo di ligandi farmacologici non ha portato a chiarimenti significativi, perché la loro specificità per i recettori di mammifero non trova sempre riscontro nei pesci. In questo studio, quindi, abbiamo studiato l’espressione dei geni codificanti per i recettori α e β adrenergici attraverso la tecnica della PCR real time, ottenendo i primi dati in letteratura per quanto riguarda la loro quantificazione assoluta. L’organismo modello utilizzato è stata l’anguilla, teleosteo caratterizzato da un ciclo biologico molto particolare in cui si distinguono nettamente una fase gialla ed una argentina. Le anguille argentine non sono mai state studiate a tale proposito, e date le estreme differenze nella disponibilità e nell’uso delle risorse energetiche in questi due stadi di crescita, il presente studio ha mirato a valutare la differente sensibilità alle catecolamine da parte degli epatociti isolati da anguille gialle ed argentine. I nostri dati hanno confermato quanto solo ipotizzato nei vari studi pubblicati negli ultimi due decenni, ma mai avvalorato da risultati sperimentali, cioè che i recettori α e β sono contemporaneamente espressi negli epatociti dell’anguilla, sia gialla che argentina, e la proporzione tra loro giustifica il ruolo significativamente maggiore giocato dai recettori β. Nelle anguille argentine infatti, come nelle gialle, l’effetto dell’adrenalina sul rilascio di glucosio ottenuto attraverso recettori β è chiaramente predominante. Inoltre, i nostri dati indicano che in due diverse fasi del ciclo vitale dell’anguilla, così come si osserva nell’ontogenesi dei mammiferi, i recettori adrenergici sono espressi in quantità differente.

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The aim of the study was to identify expression signatures unique for specific stages of osteoblast differentiation in order to improve our knowledge of the molecular mechanisms underlying bone repair and regeneration. We performed a microarray analysis on the whole transcriptome of human mesenchymal stem cells (hMSCs) obtained from the femoral canal of patients undergoing hip replacement. By defining different time-points within the differentiation and mineralization phases of hMSCs, temporal gene expression changes were visualised. Importantly, the gene expression of adherent bone marrow mononuclear cells, being the undifferentiated progenitors of bone cells, was used as reference. In addition, only the cultures able to form mineral nodules at the final time-point were considered for the gene expression analyses. To obtain the genes of our interest, we only focused on genes: i) whose expression was significantly upregulated; ii) which are involved in pathways or biological processes relevant to proliferation, differentiation and functions of bone cells; iii) which changed considerably during the different steps of differentiation and/or mineralization. Among the 213 genes identified as differentially expressed by microarray analysis, we selected 65 molecular markers related to specific steps of osteogenic differentiation. These markers are grouped into various gene clusters according to their involvement in processes which play a key role in bone cell biology such as angiogenesis, ossification, cell communication, development and in pathways like TGF beta and Wnt signaling pathways. Taken together, these results allow us to monitor hMSC cultures and to distinguish between different stages of differentiation and mineralization. The signatures represent a useful tool to analyse a broad spectrum of functions of hMSCs cultured on scaffolds, especially when the constructs are conceived for releasing growth factors or other signals to promote bone regeneration. Morover, this work will enhance our understanding of bone development and will enable us to recognize molecular defects that compromise normal bone function as occurs in pathological conditions.

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Il Cloud Storage è un modello di conservazione dati su computer in rete, dove i dati stessi sono memorizzati su molteplici server, reali e/o virtuali, generalmente ospitati presso strutture di terze parti o su server dedicati. Tramite questo modello è possibile accedere alle informazioni personali o aziendali, siano essi video, fotografie, musica, database o file in maniera “smaterializzata”, senza conoscere l’ubicazione fisica dei dati, da qualsiasi parte del mondo, con un qualsiasi dispositivo adeguato. I vantaggi di questa metodologia sono molteplici: infinita capacita’ di spazio di memoria, pagamento solo dell’effettiva quantità di memoria utilizzata, file accessibili da qualunque parte del mondo, manutenzione estremamente ridotta e maggiore sicurezza in quanto i file sono protetti da furto, fuoco o danni che potrebbero avvenire su computer locali. Google Cloud Storage cade in questa categoria: è un servizio per sviluppatori fornito da Google che permette di salvare e manipolare dati direttamente sull’infrastruttura di Google. In maggior dettaglio, Google Cloud Storage fornisce un’interfaccia di programmazione che fa uso di semplici richieste HTTP per eseguire operazioni sulla propria infrastruttura. Esempi di operazioni ammissibili sono: upload di un file, download di un file, eliminazione di un file, ottenere la lista dei file oppure la dimensione di un dato file. Ogniuna di queste richieste HTTP incapsula l’informazione sul metodo utilizzato (il tipo di richista, come GET, PUT, ...) e un’informazione di “portata” (la risorsa su cui effettuare la richiesta). Ne segue che diventa possibile la creazione di un’applicazione che, facendo uso di queste richieste HTTP, fornisce un servizio di Cloud Storage (in cui le applicazioni salvano dati in remoto generalmene attraverso dei server di terze parti). In questa tesi, dopo aver analizzato tutti i dettagli del servizio Google Cloud Storage, è stata implementata un’applicazione, chiamata iHD, che fa uso di quest’ultimo servizio per salvare, manipolare e condividere dati in remoto (nel “cloud”). Operazioni comuni di questa applicazione permettono di condividere cartelle tra più utenti iscritti al servizio, eseguire operazioni di upload e download di file, eliminare cartelle o file ed infine creare cartelle. L’esigenza di un’appliazione di questo tipo è nata da un forte incremento, sul merato della telefonia mobile, di dispositivi con tecnologie e con funzioni sempre più legate ad Internet ed alla connettività che esso offre. La tesi presenta anche una descrizione delle fasi di progettazione e implementazione riguardanti l’applicazione iHD. Nella fase di progettazione si sono analizzati tutti i requisiti funzionali e non funzionali dell’applicazione ed infine tutti i moduli da cui è composta quest’ultima. Infine, per quanto riguarda la fase di implementazione, la tesi presenta tutte le classi ed i rispettivi metodi presenti per ogni modulo, ed in alcuni casi anche come queste classi sono state effettivamente implementate nel linguaggio di programmazione utilizzato.