890 resultados para Unidades de terapia intensiva neonatal


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La nascita pretermine determina un’alterazione dei normali processi di maturazione dei vari organi ed apparati che durante la gravidanza fisiologica si completano durante le 38-40 settimane di vita intrauterina. Queste alterazioni sono alla base della mortalità e morbilità perinatale che condiziona la prognosi a breve termine di questa popolazione, ma possono determinare anche sequele a medio e lungo termine. E’ stato ampiamente documentato che la nefrogenesi si completa a 36 settimane di vita intrauterina e pertanto la nascita pretermine altera il decorso fisiologico di tale processo; a questa condizione di immaturità si sovrappongono i fattori patogeni che possono determinare danno renale acuto in epoca neonatale, a cui i pretermine sono in larga misura esposti. Queste condizioni conducono ad un rischio di alterazioni della funzione renale di entità variabile in età infantile ed adulta. Nel presente studio è stata studiata la funzione renale in 29 bambini di 2-4 anni di età, precedentemente sottoposti a valutazione della funzione renale alla nascita durante il ricovero in Terapia Intensiva Neonatale. I dati raccolti hanno mostrato la presenza di alterazioni maggiori (sindrome nefrosica, riduzione di eGFR) in un ridotto numero di soggetti e alterazioni minori ed isolate (proteinuria di lieve entità, riduzione del riassorbimento tubulare del fosforo, pressione arteriosa tra il 90° e il 99° percentile per sesso ed altezza). L’età di 2-4 anni, alla luce dei risultati ottenuti, può rappresentare un momento utile per effettuare una valutazione di screening di funzione renale in una popolazione a rischio come i pretermine, con lo scopo di individuare i soggetti che richiedano una presa in carico specialistica ed un follow-up a lungo termine.

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Il documento descrive un profilo d'integrazione sviluppato da IHE(Integrating Health Enterprise) con lo scopo di diminuire il rischio clinico nel caso delle terapie infusionali. Vengono descritte nel dettaglio l'organizzazione IHE e la sua struttura, la gestione del rischio, il reparto di terapia intensiva, le pompe infusionali e gli errori ad esse relativi. Tema centrale è l'analisi approfondita del framework IPEC(Infusion Pump Event Communication).

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Ottimizzazione di un protocollo di anticoagulazione regionale con citrato in CRRT Introduzione: La necessità di un'anticoagulazione continua e l'ipofosforemia in corso di trattamento sono problemi costranti in corso di CRRT. Il nostro studio ha cercato di dimostrare l'efficacia e la sicurezza dell'anticoagulazione regionale con citrato in CVVH basato sull'utilizzo di una soluzione di citrato (18 mmol/L) associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato, recentemente disponibile in commercio, al fine di ridurre l'ipofosfatemia in corso di CRRT. Metodi: Abbiamo utilizzato il nostro protocollo basato sull'utilizzo di una concentrazione di citrato contenente 18 mmol/l associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato in un piccolo gruppo di pazienti ricoverati in terapia intensiva post-cardiochirurgica, sottoposti a CRRT per insufficienza renale acuta. Risultati: Il nostro protocollo ha garantito un'adeguata durata del circuito ed un ottimo controllo dell'equilibrio acido-base in ogni paziente. E' stata necessaria solo una minima supplementazione di fosforo in alcuni dei pazienti trattati. Conclusioni: Il nostro protocollo basato sull' utilizzo di una soluzione a concentrazione di citrato maggiore (18 mmol/l), permette un miglior controllo dell'equilibrio acido-base rispetto all'utilizzo della soluzione a più bassa concentrazione di citrato. L'uso di una minore dose di citrato ed il mantenimento di un target maggiore di calcio ionizzato all'interno del circuito sono comunque associati ad un'adeguata durata del circuito. I livelli di fosforemia sono rimasti sostanzialmente stabili nella maggior parte dei pazienti trattati, grazie alla presenza di fosfato nella soluzione utilizzata come reinfusione in post-diluizione.

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La portata media cardiaca, (cardiac output “CO”) è un parametro essenziale per una buona gestione dei pazienti o per il monitoraggio degli stessi durante la loro permanenza nell’unità di terapia intensiva. La stesura di questo elaborato prende spunto sull’articolo di Theodore G. Papaioannou, Orestis Vardoulis, and Nikos Stergiopulos dal titolo “ The “systolic volume balance” method for the non invasive estimation of cardiac output based on pressure wave analysis” pubblicato sulla rivista American Journal of Physiology-Heart and Circulatory Physiology nel Marzo 2012. Nel sopracitato articolo si propone un metodo per il monitoraggio potenzialmente non invasivo della portata media cardiaca, basato su principi fisici ed emodinamici, che usa l’analisi della forma d’onda di pressione e un metodo non invasivo di calibrazione e trova la sua espressione ultima nell’equazione Qsvb=(C*PPao)/(T-(Psm,aorta*ts)/Pm). Questa formula è stata validata dagli autori, con buoni risultati, solo su un modello distribuito della circolazione sistemica e non è ancora stato validato in vivo. Questo elaborato si pone come obiettivo quello di un’analisi critica di questa formula per la stima della portata media cardiaca Qsvb. La formula proposta nell'articolo verrà verificata nel caso in cui la circolazione sistemica sia approssimata con modelli di tipo windkessel. Dallo studio svolto emerge il fatto che la formula porta risultati con errori trascurabili solo se si approssima la circolazione sistemica con il modello windkessel classico a due elementi (WK2) e la portata aortica con un’onda rettangolare. Approssimando la circolazione sistemica con il modello windkessel a tre elementi (WK3), o descrivendo la portata aortica con un’onda triangolare si ottengono risultati con errori non più trascurabili che variano dal 7%-9% nel caso del WK2 con portata aortica approssimata con onda triangolare ad errori più ampi del 20% nei i casi del WK3 per entrambe le approssimazioni della portata aortica.

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Objetivo: Analizar la mortalidad en la Unidad de Cuidados Intensivos (UCI) del Hospital Central de Mendoza y evaluar el valor predictivo de la escala APACHE II (Evaluación Fisiológica Aguda y de Salud Crónica). Material y Método: Se realizó un estudio retrospectivo y observacional de los pacientes ingresados a la Unidad de Cuidados Intensivos del Hospital Central de Mendoza, desde el 01/11/06 hasta el 31/03/08. Se calculó la distribución de sexos y de edades de la muestra, la estadía promedio, principales motivos de ingreso a la UCI y la puntuación APACHE II en las primeras 24 horas de internación. Se calculó la mortalidad esperada y la mortalidad obtenida global y se analizó el coeficiente entre ambas mortalidades. Resultados: Se incluyeron 904 pacientes, 61,82% masculinos y 38,18% femeninos, con una edad media 46 años (±19,36). Estadía promedio en la UCI 8,5 días promedio. El principal motivo de internación fueron los Traumatismos Encéfalocraneanos (TEC) con un 27,7% del total (86% asociados a politraumatismo grave). La mortalidad global obtenida fue del 41,48% vs. 24,08% esperable, con un coeficiente de mortalidad de 1,72 (p<0,0001). Conclusiones: La UCI estudiada presenta por las características de la población asistida un elevado índice de mortalidad global. La mortalidad obtenida fue 72% mayor a la mortalidad esperable según la puntuación APACHE II, demostrando esta Escala un bajo valor predictivo en nuestra UCI. La diferencia entre mortalidades podría parcialmente explicarse por la alta prevalencia de entidades con mortalidades subvaloradas por este modelo pronóstico, como pacientes politraumatizados y neurocríticos. En nuestro estudio, la Escala APACHE II presentó una franca subestimación de la mortalidad en ambas patologías. Sugerimos la realización de un estudio de regresión logística local para determinar un factor de corrección y/o adicionar puntos al valor APACHE II según el diagnóstico de ingreso del paciente. Asimismo, proponemos evaluar el empleo de medidas alternativas para predecir mortalidad, como sistemas de tercera generación (por ejemplo: APACHE III, MPM II y SAPS II).

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Objetivo: Determinar la frecuencia de resangrado en los primeros 21 días como complicación de una ruptura de aneurisma cerebral. Diseño: Estudio descriptivo, retrospectivo Materiales y método: Se analizó una muestra pacientes obtenida de la base de datos de Unidad de Terapia Intensiva (UTI) del Hospital Central que habían sufrido una hemorragia subaracnoidea (HSA) por ruptura de aneurisma cerebral en el período comprendido entre junio de 2006 a enero de 2010. Se identificó el número de pacientes que sufrieron un resangrado como complicación del evento no sometido a tratamiento quirúrgico durante los 21 días posteriores al mismo. Resultados: Se analizó una muestra de 81 pacientes, 44 mujeres (54%) y 37 hombres (46%), edad media de 51 años (DS+/-14). Se registraron 6 resangrados (7,4%) en los 44 meses de seguimiento. El 50% de los resangrados (3 pacientes) acontecieron durante las primeras 24 horas. El 50% (3 pacientes) ocurrieron en mujeres. La edad media en la que apareció la complicación fue 52 años (DS+/-14). Conclusión: La frecuencia de resangrado luego de una ruptura de aneurisma es del 7,4%, con un pico de aparición en las primeras 24 horas.

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El estrés es una de las manifestaciones más características de la vida moderna y una de las causas principales de agotamiento del organismo. Sin importar la edad, el sexo o la profesión, influye provocando diferentes trastornos. El estrés es una respuesta adaptativa en la cual el cuerpo de la persona se prepara y ajusta ante una situación amenazante. Nos es grato presentar nuestra Tesis de Ciclo de Licenciatura en Enfermería de la Universidad Nacional de Cuyo realizado en el hospital pediátrico "Dr. Humberto Notti" ubicado en el departamento de Guaymallén de la provincia de Mendoza año 2012. El tema investigado fue "Estrés laboral en el personal de enfermería de alto riesgo" que comprende el servicio de: "Unidad de Terapia intensiva Pediátrica". El presente trabajo de investigación pretende determinar si los enfermeros del servicio de alto riesgo (UTI) manifiestan estrés laboral y cuáles son los factores que lo favorecen para así poder aportar datos que sirvan de base para promover la salud ocupacional.

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El presente trabajo está orientado a identificar qué signos y síntomas inciden en el desgaste psicofísico del personal de enfermería que se desempeña en los servicios de Unidad de Terapia Intensiva Pediátrica, Unidad de Cuidados Intensivos Neonatales y la Unidad de Recuperación de Cirugía Cardiovascular, del Hospital Pediátrico Dr. Humberto Notti ubicado en el departamento de Guaymallen, Mendoza. La investigación se realizará sobre una población de noventa y seis enfermeros universitarios y licenciados en enfermería que trabajan en dichas áreas. La finalidad de este trabajo de investigación es dar a conocer un problema cada vez mas frecuente que tiene un fuerte impacto en cuanto a la optimización del desempeño laboral e insatisfacción personal. El agotamiento psicofísico está determinado por un conjunto de signos y síntomas, que son respuesta a diferentes situaciones de estrés, característicos de los servicios cerrados o de escasa circulación y además conllevan el gradiente del cuidado de pacientes pediátricos de alto riesgo.

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Este trabajo está orientado a identificar los signos y síntomas que se observan del desgaste psicofísico del personal de enfermería que se desempeña en los servicios cerrados de Unidad de Terapia Intensiva, Unidad Coronaria y la Unidad de Recuperación Cardio Cardiovascular, del Hospital Central ubicado en la calle Alem, entre las calles Salta, Montecaseros y Garibaldi de la Ciudad de Mendoza en el año 2012. La investigación que se realizó durante en el segundo trimestre del corriente año, con una población de setenta y uno enfermeros, licenciados y auxiliares de enfermería que trabajan en dichas áreas. La finalidad de este trabajo de investigación que se realiza es específicamente en estos servicios cerrados, es dar a conocer el problema más frecuente que se manifiesta en su mayoría, da un impacto en cuanto a la calidad de desempeño laboral y satisfacción del personal de enfermería. El agotamiento psicofísico es un conjunto de signos y síntomas, que alarman, a detectar diferentes situaciones de estrés, el bounuot; son propios de los servicios cerrados.

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El presente trabajo se realizó en el Servicio de Terapia Intensiva A y B del Hospital Dr. Humberto Notti, del departamento de Guaymallén, tomando como referencia a las enfermeras, motivado por el número de estadísticas de mortalidad respecto del cáncer de mama y cuello uterino, siendo la segunda causa de muerte en Argentina. Se pretende fomentar en las enfermeras el autocuidado mediante cambios de hábitos, costumbres y actitudes frente al cuidado de la propia salud internalizando la importancia de la responsabilidad y el compromiso que se tiene consigo mismo.

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Este trabajo de investigación se ha realizado a partir de la observación en la Unidad de Terapia Intensiva, sobre la satisfacción de la necesidad de descanso y sueño nocturno de los pacientes cardiacos. El marco teórico muestra la gran importancia que tiene la satisfacción de esta necesidad para lograr un equilibrio psicofísico; y cómo los diferentes factores juegan un papel de gran importancia en este. Los datos obtenidos durante el periodo de investigación revelan la cantidad de incomodidades que tienen que vivir los pacientes en el tiempo de internación; que sin grandes gastos, y con un accionar de enfermería adecuado se pueden minimizar. Se han podido determinar factores y su grado de alteración a la necesidad mencionada, se han analizado y finalmente se ha buscado la solución para tratar de disminuir dichos grados de alteración y así brindar una mejor atención de enfermería.

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La investigación se basa en la “actitud del Personal de enfermería ante la muerte del paciente terminal", en la Unidad de Terapia Intensiva de la Clínica de Cuyo. Los objetivos de estre trabajo son: obtener opinión de enfermeros sobre su propia actitud ante la muerte, caracterizar al personal de enfermería e indagar sobre cuidados enfermeros brindados a pacientes críticamente enfermos.

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La presente investigación se realiza en el servicio de Terapia Intensiva del Hospital Luis C. Lagomaggiore e intenta demostrar la importancia de recuperar la motivación del personal de enfermería que trabaja con los pacientes con EPOC ventilados mediante VNI (ventilación no invasiva) aspecto que redunda directamente en la calidad de vida y atención de los pacientes. Los objetivos específicos de este estudio son: identificar los aspectos principales del rol de enfermería en la asistencia de los pacientes con EPOC; identificar los factores que influyen en la motivación del personal y relacionar los factores de motivación con el desempeño laboral.

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El caso clínico presentado muestra el trabajo psicoterapéutico realizado con una paciente oncológica, dentro del marco de intervención en Psicooncología, en la fase final de la evolución tumoral del cáncer. Si hay algo impreciso, inasible, alterante, dilemático, generador de fantasías y angustias en nuestra labor, es el tiempo que transcurre en torno a la fase final de la vida del paciente. Trabajar con el paciente moribundo, implica trabajar con nuestra propia muerte. Muerte es una palabra temida, olvidada, rechazada, final de todo. Morir hoy en día es un acto triste y solitario en la Unidad de Terapia Intensiva de los hospitales, donde la atención es despersonalizada, donde el paciente pierde el derecho de opinar y se vuelve un cuerpo a ser tratado. El agonizante pierde su status y la experiencia de la muerte es destituida de contenido. Las personas al final de su vida prefieren realmente estar en su casa, con sus afectos, y no en una sala de hospital. En la inmensa mayoría de los pacientes se puede lograr el objetivo de que puedan permanecer libres de dolor y otros síntomas molestos, estando lúcidos y preparándose para morir. Quien recibe el diagnóstico de una enfermedad grave tiene que hacer un duelo, transitar un duelo. No hay duelo solamente en el que se queda, sino también en el que se va. El objeto de duelo en los pacientes terminales es la vida misma. Es fundamental trabajar en el paciente con sus miedos y con su depresión, posibilitándole la oportunidad de participar de la muerte como participó de la vida. La Psicooncología entiende que para que una persona pueda tener cáncer se requiere previamente que ocurra una alteración yoica que lleva a aceptar como propio el tumor. Por ello es sensato y necesario un diagnóstico y tratamiento coadyuvante en el paciente con cáncer. Se entiende que el cáncer le pertenece a esa persona desde el punto de vista orgánico y psíquico. La descripción del tumor es una parte del problema. La otra parte es el individuo. La enfermedad y el pronóstico resultan de la interrelación del cáncer con la totalidad de la persona. Todo él está comprometido. No solo se trata de un proceso local que puede diseminarse por metástasis. Mucho antes, es un proceso general del individuo que se localizará. El cáncer es sólo un síntoma. La persona es mucho más que su enfermedad; así como también lo enfermo puede ser mucho más que el paciente Toda psicoterapia es un compromiso real y vital. La entrevista deberá tener la característica de que el fenómeno transferencial se cumpla desde los primeros instantes y permanezca. La Psicooncología investiga en el alma las respuestas emocionales y afectivas que pudieron provocar como síntoma ese cáncer. No busca traumas, ni estrés; busca la respuesta personal a esas circunstancias. De modo tal que la Psicooncología se ocupa de la VIDA y es un tratamiento coadyuvante que todo paciente tiene derecho a recibir. Con esta actividad no se pretende curar un proceso que ya ocurrió, se intenta buscar razones en lo que caracteriza al ser humano, en sus más importantes valores: buscar razones en su alma

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El caso clínico presentado muestra el trabajo psicoterapéutico realizado con una paciente oncológica, dentro del marco de intervención en Psicooncología, en la fase final de la evolución tumoral del cáncer. Si hay algo impreciso, inasible, alterante, dilemático, generador de fantasías y angustias en nuestra labor, es el tiempo que transcurre en torno a la fase final de la vida del paciente. Trabajar con el paciente moribundo, implica trabajar con nuestra propia muerte. Muerte es una palabra temida, olvidada, rechazada, final de todo. Morir hoy en día es un acto triste y solitario en la Unidad de Terapia Intensiva de los hospitales, donde la atención es despersonalizada, donde el paciente pierde el derecho de opinar y se vuelve un cuerpo a ser tratado. El agonizante pierde su status y la experiencia de la muerte es destituida de contenido. Las personas al final de su vida prefieren realmente estar en su casa, con sus afectos, y no en una sala de hospital. En la inmensa mayoría de los pacientes se puede lograr el objetivo de que puedan permanecer libres de dolor y otros síntomas molestos, estando lúcidos y preparándose para morir. Quien recibe el diagnóstico de una enfermedad grave tiene que hacer un duelo, transitar un duelo. No hay duelo solamente en el que se queda, sino también en el que se va. El objeto de duelo en los pacientes terminales es la vida misma. Es fundamental trabajar en el paciente con sus miedos y con su depresión, posibilitándole la oportunidad de participar de la muerte como participó de la vida. La Psicooncología entiende que para que una persona pueda tener cáncer se requiere previamente que ocurra una alteración yoica que lleva a aceptar como propio el tumor. Por ello es sensato y necesario un diagnóstico y tratamiento coadyuvante en el paciente con cáncer. Se entiende que el cáncer le pertenece a esa persona desde el punto de vista orgánico y psíquico. La descripción del tumor es una parte del problema. La otra parte es el individuo. La enfermedad y el pronóstico resultan de la interrelación del cáncer con la totalidad de la persona. Todo él está comprometido. No solo se trata de un proceso local que puede diseminarse por metástasis. Mucho antes, es un proceso general del individuo que se localizará. El cáncer es sólo un síntoma. La persona es mucho más que su enfermedad; así como también lo enfermo puede ser mucho más que el paciente Toda psicoterapia es un compromiso real y vital. La entrevista deberá tener la característica de que el fenómeno transferencial se cumpla desde los primeros instantes y permanezca. La Psicooncología investiga en el alma las respuestas emocionales y afectivas que pudieron provocar como síntoma ese cáncer. No busca traumas, ni estrés; busca la respuesta personal a esas circunstancias. De modo tal que la Psicooncología se ocupa de la VIDA y es un tratamiento coadyuvante que todo paciente tiene derecho a recibir. Con esta actividad no se pretende curar un proceso que ya ocurrió, se intenta buscar razones en lo que caracteriza al ser humano, en sus más importantes valores: buscar razones en su alma