421 resultados para Falsa confissão


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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Pós-graduação em História - FCHS

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Inegavelmente, as mídias tradicionais como a televisão, o rádio e a mídia impressa detêm grande influência na sociedade contemporânea, tanto para o delineamento do pensamento coletivo, quanto para a sugestão à formação cultural por meio de enunciados produzidos por sujeitos que ocupam determinadas formações sócio- ideológicas. Entretanto, atualmente, um objeto que tem ganhado espaço privilegiado, diferente das mídias tradicionais, são as mídias digitais. Fluidos no grande oceano do ciberespaço que se constitui como um aglutinador de mídias, onde se mesclam mídias tradicionais e novas mídias, centros recepto-difusores encontram-se dispersos em toda parte e, efetivamente, em parte alguma, tornando-se, assim, um espaço onde a cultura participativa e (d)a interatividade ganham traços. Dessa maneira, o presente trabalho, embasado principalmente pelo aporte teórico da Análise do Discurso de linha francesa, tendo como fio condutor as reflexões de Michel Foucault, procura discutir questões de identidades produzidas e veiculadas nos meios digitais. Toma-se como corpus de análise vídeos caseiros de pessoas “anônimas” que transmitem-se pelo canal do YouTube, onde mostram suas habilidades vocais, artísticas e até mesmo conhecimentos de técnicas áudio-visuais para a produção de efeitos de sentido. Estes sujeitos fazem uso de técnicas de confissão para a construção e afirmação de uma identidade de “artista” e, por essas práticas, produzem novas subjetividades. Em torno destes vídeos, ainda, são originadas comunidades inteligentes de pertencimento pontuadas no próprio YouTube e em outras plataformas, como no Twitter, Facebook, My Space, etc. onde são mobilizados e compartilhados os savoir-faire desses sujeitos e virtualizadas e atualizadas as identidades à luz de uma cultura da convergência.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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In the early 1960s, after his experience as a film critic in the Jornal da Bahia, the young Glauber Rocha began his collaboration in the Suplemento Artes e Letras of Diário de Notícias in Salvador. Inserting itself the symbolic disputes in defense of a film art of authentic Brazilian nuance, the activity of the critic Glauber Rocha represents a voice that demarcates the internal tensions of the field of cinema in Bahia and outlines, in the form of genesis, his most famous manifesto, “An esthetic of hunger” (1965). For this analysis were focused mainly two critics: “Experiência ‘Barravento’: confissão sem moldura”, published December 25-26, 1960, and “Luz Atlântica, 1962”, published in December 31, 1961.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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The soybean (Glycine max) is of great importance to national economic scenario being a major Brazilian agribusiness products. In most regions, the caterpillar-of-soy (Anticarsia gemmatalis) and caterpillar-false-Medideira (Pseudoplusia includes), act as defoliators, with the highest incidence, usually during the growing season, until the end of flowering, and thus causing a significant reduction in the production, which requires control measures. Due to market demands and the large external environmental awareness exists today, the methods of ecological management have been highlighted in modern agriculture. The use of chemical insecticides, besides being harmful to the environment and man, is, in most cases, the high cost to the farmer. The biological pest control using natural enemies can be used as an alternative control method. Thus this literature review is intended to provide the updated information about these pests and biological control as an alternative form of control, as well as one more tool in the integrated pest of soybean.

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Pós-graduação em Serviço Social - FCHS

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Programa de doctorado:Sistemas Inteligentes y Aplicaciones Numéricas en Ingeniería.

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Definizione del problema: Nonostante il progresso della biotecnologia medica abbia consentito la sopravvivenza del feto, fuori dall’utero materno, ad età gestazionali sempre più basse, la prognosi a breve e a lungo termine di ogni nuovo nato resta spesso incerta e la medicina non è sempre in grado di rimediare completamente e definitivamente ai danni alla salute che spesso contribuisce a causare. Sottoporre tempestivamente i neonati estremamente prematuri alle cure intensive non ne garantisce la sopravvivenza; allo stesso modo, astenervisi non ne garantisce la morte o almeno la morte immediata; in entrambi i casi i danni alla salute (difetti della vista e dell’udito, cecità, sordità, paralisi degli arti, deficit motori, ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento e del comportamento) possono essere gravi e permanenti ma non sono prevedibili con certezza per ogni singolo neonato. Il futuro ignoto di ogni nuovo nato, insieme allo sgretolamento di terreni morali condivisi, costringono ad affrontare laceranti dilemmi morali sull’inizio e sul rifiuto, sulla continuazione e sulla sospensione delle cure. Oggetto: Questo lavoro si propone di svolgere un’analisi critica di alcune strategie teoriche e pratiche con le quali, nell’ambito delle cure intensive ai neonati prematuri, la comunità scientifica, i bioeticisti e il diritto tentano di aggirare o di risolvere l’incertezza scientifica e morale. Tali strategie sono accomunate dalla ricerca di criteri morali oggettivi, o almeno intersoggettivi, che consentano ai decisori sostituti di pervenire ad un accordo e di salvaguardare il vero bene del paziente. I criteri esaminati vanno dai dati scientifici riguardanti la prognosi dei prematuri, a “fatti” di natura più strettamente morale come la sofferenza del paziente, il rispetto della libertà di coscienza del medico, l’interesse del neonato a sopravvivere e a vivere bene. Obiettivo: Scopo di questa analisi consiste nel verificare se effettivamente tali strategie riescano a risolvere l’incertezza morale o se invece lascino aperto il dilemma morale delle cure intensive neonatali. In quest’ultimo caso si cercherà di trovare una risposta alla domanda “chi deve decidere per il neonato?” Metodologia e strumenti: Vengono esaminati i più importanti documenti scientifici internazionali riguardanti le raccomandazioni mediche di cura e i pareri della comunità scientifica; gli studi scientifici riguardanti lo stato dell’arte delle conoscenze e degli strumenti terapeutici disponibili ad oggi; i pareri di importanti bioeticisti e gli approcci decisionali più frequentemente proposti ed adoperati; alcuni documenti giuridici internazionali riguardanti la regolamentazione della sperimentazione clinica; alcune pronunce giudiziarie significative riguardanti casi di intervento o astensione dall’intervento medico senza o contro il consenso dei genitori; alcune indagini sulle opinioni dei medici e sulla prassi medica internazionale; le teorie etiche più rilevanti riguardanti i criteri di scelta del legittimo decisore sostituto del neonato e la definizione dei suoi “migliori interessi” da un punto di vista filosofico-morale. Struttura: Nel primo capitolo si ricostruiscono le tappe più importanti della storia delle cure intensive neonatali, con particolare attenzione agli sviluppi dell’assistenza respiratoria negli ultimi decenni. In tal modo vengono messi in luce sia i cambiamenti morali e sociali prodotti dalla meccanizzazione e dalla medicalizzazione dell’assistenza neonatale, sia la continuità della medicina neonatale con il tradizionale paternalismo medico, con i suoi limiti teorici e pratici e con lo sconfinare della pratica terapeutica nella sperimentazione incontrollata. Nel secondo capitolo si sottopongono ad esame critico le prime tre strategie di soluzione dell’incertezza scientifica e morale. La prima consiste nel decidere la “sorte” di un singolo paziente in base ai dati statistici riguardanti la prognosi di tutti i nati in condizioni cliniche analoghe (“approccio statistico”); la seconda, in base alla risposta del singolo paziente alle terapie (“approccio prognostico individualizzato”); la terza, in base all’evoluzione delle condizioni cliniche individuali osservate durante un periodo di trattamento “aggressivo” abbastanza lungo da consentire la raccolta dei dati clinici utili a formulare una prognosi sicura(“approccio del trattamento fino alla certezza”). Viene dedicata una più ampia trattazione alla prima strategia perché l’uso degli studi scientifici per predire la prognosi di ogni nuovo nato accomuna i tre approcci e costituisce la strategia più diffusa ed emblematica di aggiramento dell’incertezza. Essa consiste nella costruzione di un’ “etica basata sull’evidenza”, in analogia alla “medicina basata sull’evidenza”, in quanto ambisce a fondare i doveri morali dei medici e dei genitori solo su fatti verificabili (le prove scientifiche di efficacia delle cure)apparentemente indiscutibili, avalutativi o autocertificativi della moralità delle scelte. Poiché la forza retorica di questa strategia poggia proprio su una (parziale) negazione dell’incertezza dei dati scientifici e sulla presunzione di irrilevanza della pluralità e della complessità dei valori morali nelle decisioni mediche, per metterne in luce i limiti si è scelto di dedicare la maggior parte del secondo capitolo alla discussione dei limiti di validità scientifica degli studi prognostici di cui i medici si avvalgono per predire la prognosi di ogni nuovo nato. Allo stesso scopo, in questo capitolo vengono messe in luce la falsa neutralità morale dei giudizi scientifici di “efficacia”, “prognosi buona”, “prognosi infausta” e di “tollerabilità del rischio” o dei “costi”. Nel terzo capitolo viene affrontata la questione della natura sperimentale delle cure intensive per i neonati prematuri al fine di suggerire un’ulteriore ragione dell’incertezza morale, dell’insostenibilità di obblighi medici di trattamento e della svalutazione dell’istituto del consenso libero e informato dei genitori del neonato. Viene poi documentata l’esistenza di due atteggiamenti opposti manifestati dalla comunità scientifica, dai bioeticisti e dal diritto: da una parte il silenzio sulla natura sperimentale delle terapie e dall’altra l’autocertificazione morale della sperimentazione incontrollata. In seguito si cerca di mostrare come entrambi, sebbene opposti, siano orientati ad occultare l’incertezza e la complessità delle cure ai neonati prematuri, per riaffermare, in tal modo, la precedenza dell’autorità decisionale del medico rispetto a quella dei genitori. Il quarto capitolo, cerca di rispondere alla domanda “chi deve decidere in condizioni di incertezza?”. Viene delineata, perciò, un’altra strategia di risoluzione dell’incertezza: la definizione del miglior interesse (best interest) del neonato, come oggetto, limite e scopo ultimo delle decisioni mediche, qualsiasi esse siano. Viene verificata l’ipotesi che il legittimo decisore ultimo sia colui che conosce meglio di ogni altro i migliori interessi del neonato. Perciò, in questo capitolo vengono esposte e criticate alcune teorie filosofiche sul concetto di “miglior interesse” applicato allo speciale status del neonato. Poiché quest’analisi, rivelando l’inconoscibilità del best interest del neonato, non consente di stabilire con sicurezza chi sia intitolato a prendere la decisione ultima, nell’ultimo capitolo vengono esaminate altre ragioni per le quali i genitori dovrebbero avere l’ultima parola nelle decisioni di fine o di proseguimento della vita. Dopo averle scartate, viene proposta una ragione alternativa che, sebbene non risolutiva, si ritiene abbia il merito di riconoscere e di non mortificare l’irriducibilità dell’incertezza e l’estrema complessità delle scelte morali, senza rischiare, però, la paralisi decisionale, il nichilismo morale e la risoluzione non pacifica dei conflitti.

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La costruzione di un modello efficiente di corporate governance deve offrire una disciplina adeguata dei doveri contabili. Ciò nonostante, gli ordinamenti giuridici configurano i doveri di contabilità in modo incompleto, giacché l’inadempimento di questi non comporta una sanzione diretta per il soggetto inadempiente. Come informazione sulla situazione economica e finanziaria della società, esiste un interesse pubblico nella contabilità, e questa può servire come base di giudizio a soggetti interni ed esterni all’impresa, nell’adozione delle sue scelte. Disporre di un’informazione falsa o inesatta al riguardo può comportare un danno ingiustificato alla società stessa, ai soci o ai terzi, che potranno esercitare le azioni precise per il risarcimento del danno cagionato. Per evitare la produzione di questi danni, da una prospettiva preventiva, la corporate governance delle società di capitali può prevedere dei meccanismi di controllo che riducano il rischio di offrire un’informazione sbagliata. Questi controlli potranno essere esercitati da soggetti interni o esterni (revisori legali) alla struttura della società, ed avranno una configurazione diversa a seconda che le società adottino una struttura monistica o dualistica di governance. Questo ci colloca di fronte ad una eventuale situazione di concorrenza delle colpe, giacché i diversi soggetti che intervengono nel processo d’elaborazione dell’informazione contabile versano la sua attuazione sullo stesso documento: il bilancio. Risulta dunque cruciale determinare il contributo effettivo di ciascuno per analizzare il suo grado di responsabilità nella produzione del danno.

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In questa tesi è trattato il tema della soddisfacibilità booleana o proposizionale, detta anche SAT, ovvero il problema di determinare se una formula booleana è soddisfacibile o meno. Soddisfacibile significa che è possibile assegnare le variabili in modo che la formula assuma il valore di verità vero; viceversa si dice insoddisfacibile se tale assegnamento non esiste e se quindi la formula esprime una funzione identicamente falsa. A tal fine si introducono degli strumenti preliminari che permetteranno di affrontare più approfonditamente la questione, partendo dalla definizione basilare di macchina di Turing, affrontando poi le classi di complessità e la riduzione, la nozione di NP-completezza e si dimostra poi che SAT è un problema NP-completo. Infine è fornita una definizione generale di SAT-solver e si discutono due dei principali algoritmi utilizzati a tale scopo.

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Pocos objetos hay en las Ciencias Sociales tan difíciles de precisar y abordar como la ideología. Alude a las relaciones entre conocimiento y realidad y nos sitúa en el campo de las representaciones que los hombres hacen de sí mismos y de sus relaciones con el mundo. Los hombres, a medida que se construye su subjetividad, no observan, analizan o experimentan la realidad directamente sino que lo hacen a través de complejas mediaciones. Una parte importante de esas mediaciones está constituida por lo “ideológico". Para añadir un nuevo elemento problemático se considera que la ideología no es sólo el filtro a través del cual se conoce y se significa el mundo de lo real sino que también opera para producir su conservación o transformación. Con lo cual la separación clara entre objeto y sujeto tiende a hacerse más difusa. Más allá de las dificultades que la evanescencia del objeto conlleva, su conceptualización es indispensable para completar el análisis de la realidad social y sus transformaciones. Este artículo intenta hacer una síntesis del recorrido que la formulación del concepto ha seguido dentro del campo teórico marxista (que es donde se ha producido el debate más sustantivo), tomando como eje conductor las dos vertientes principales en que se ha dividido su definición (aunque no siempre de manera explícita o, incluso, advertida): la ideología como cosmovisión o como falsa conciencia.

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A fines de los años 40’, el filósofo norteamericano Arthur Lovejoy y el en ese momento Presidente del Pontifical Institute of Mediaeval Studies, Anton Pegis, sostuvieron una interesante discusión sobre la existencia de libertad o necesidad eficiente en el acto divino de crear conforme a la filosofía de Tomás de Aquino. Lovejoy denunciaba una supuesta incoherencia fundamental en las enseñanzas de Tomás al respecto. Según él, en el concepto tomásico de creación se encuentran implicados al mismo tiempo los conceptos de necesidad agente y libre albedrío aplicados al Creador. Esta supuesta contradicción era para Pegis no sólo falsa sino imposible. Aquí repensaremos dos puntos centrales de dicha discusión: en primer lugar, si, como piensa Lovejoy, para Santo Tomás efectivamente existe una contraposición entre la autosuficiencia de Dios y su capacidad para amar otras cosas distintas de Él. Luego, el significado de la frase: “condice a la bondad divina que también otras cosas participen de la misma". (S.th., I, q.19, a.2).