997 resultados para Colágeno tipo I
Resumo:
OBJETIVO: Avaliar casos de espondilolistese traumática do áxis e descrevê-los com relação à epidemiologia, classificação, déficit neurológico, tempo de consolidação e tratamento. MÉTODO: Análise retrospectiva dos prontuários dos pacientes tratado de 2002 a 2010 no IOT-HCFMUSP. Critério de inclusão: fratura da pars interarticularis de C2. RESULTADOS: 68% dos pacientes do sexo masculino com idade média de 39,1 anos. Utilizamos a classificação de Effendi, modificada por Levine-Edwards. Observamos fratura do tipo I em cinco pacientes (31,2%) e tipo II em oito pacientes (50%). Apenas três pacientes (18%) apresentaram fratura do tipo IIa. Não houve casos do tipo III. Mecanismo: Oito acidentes automobilísticos e quatro quedas. Outros mecanismos: atropelamento e mergulho. Tratamento: tração com halo craniano em onze pacientes. Foram usados gesso minerva e halo-gesso. Tempo de consolidação: 3,6 meses. Tempo de seguimento: 9,6 meses. DISCUSSÃO: Nossos resultados confirmam que fratura do enforcado apresenta bom prognóstico. Não houve necessidade de cirurgia em nenhum caso. A incidência de déficit neurológico é baixa. Nenhum paciente apresentou fratura instável, tipo III. CONCLUSÃO: Este trabalho sugere que a espondilolistese traumática do áxis continua sendo uma lesão satisfatoriamente tratada de forma conservadora na maioria dos casos. Nível de Evidência IV, Série de casos.
Resumo:
O treinamento físico (TF) aeróbio tem sido utilizado como um importante tratamento não farmacológico na hipertensão arterial (HA), uma vez que ele reduz a pressão arterial. Estudos mostram que as anormalidades do músculo esquelético na HA estão associados à rarefação capilar, um aumento na porcentagem de fibras de contração rápida (tipo II), com predominância do metabolismo glicolítico e um aumento da fadiga muscular. Entretanto, pouco se conhece sobre os efeitos do TF sobre estes parâmetros na HA. Nós hipotetizamos que o TF corrija a rarefação capilar potencialmente contribuindo para a restauração da proporção dos tipos de fibras musculares. Ratos espontaneamente hipertensos (SHR, n=14) e Wistar Kyoto (WKY, n=14) com 12 semanas de vida e divididos em 4 grupos: SHR, SHR treinado (SHR-T), WKY e WKY treinado (WKY-T) foram estudados. Como esperado, 10 semanas de TF foi efetivo em reduzir a pressão arterial em SHR-T. Além disso, avaliamos os principais marcadores de TF. A bradicardia de repouso, o aumento da tolerância a realização de esforço, do consumo de oxigênio de pico e da atividade da enzima citrato sintase muscular nos grupos de animais treinados (WKY-T e SHR-T) mostram que a condição aeróbia foi alcançada com este TF. O TF também corrigiu a rarefação capilar no músculo sóleo em SHR-T. Em paralelo, foi observada uma redução na porcentagem de fibras do tipo IIA e IIX, ao passo que aumentou a porcentagem de fibras do tipo I induzidas pelo TF na HA. Estes resultados sugerem que o TF previne as alterações na composição dos tipos de fibras no músculo sóleo em SHR, uma vez que a angiogênese e o aumento da atividade da enzima citrato sintase são umas das mais importantes adaptações ao TF aeróbio, atuando na manutenção do metabolismo oxidativo e do perfil de fibras do músculo.
Resumo:
La ricerca ha perseguito l’obiettivo di individuare e definire il potere di un ente territoriale di sostituire, tramite i suoi organi o atti, quelli ordinari degli enti territoriali minori, per assumere ed esercitare compiutamente, in situazioni straordinarie, le funzioni proprie di questi. Dogmaticamente potremmo distinguere due generali categorie di sostituzione: quella amministrativa e quella legislativa, a seconda dell’attività giuridica nella quale il sostituto interviene. Nonostante tale distinzione riguardi in generale il rapporto tra organi o enti della stessa o di differenti amministrazioni, con eguale o diverso grado di autonomia; la ricerca ha mirato ad analizzare le due summenzionate categorie con stretto riferimento agli enti territoriali. I presupposti, l’oggetto e le modalità di esercizio avrebbero consentito ovviamente di sottocatalogare le due generali categorie di sostituzione, ma un’indagine volta a individuare e classificare ogni fattispecie di attività sostitutiva, più che un’attività complessa, è sembrata risultare di scarsa utilità. Più proficuo è parso il tentativo di ricostruire la storia e l’evoluzione del menzionato istituto, al fine di definire e comprendere i meccanismi che consentono l’attività sostitutiva. Nel corso della ricostruzione non si è potuto trascurare che, all’interno dell’ordinamento italiano, l’istituto della sostituzione è nato nel diritto amministrativo tra le fattispecie che regolavano l’esercizio della funzione amministrativa indiretta. La dottrina del tempo collocava la potestà sostitutiva nella generale categoria dei controlli. La sostituzione, infatti, non avrebbe avuto quel valore creativo e propulsivo, nel mondo dell’effettualità giuridica, quell’energia dinamica ed innovatrice delle potestà attive. La sostituzione rappresentava non solo la conseguenza, ma anche la continuazione del controllo. Le fattispecie, che la menzionata dottrina analizzava, rientravano principalmente all’interno di due categorie di sostituzione: quella disposta a favore dello Stato contro gli inadempimenti degli enti autarchici – principalmente il comune – nonché la sostituzione operata all’interno dell’organizzazione amministrativa dal superiore gerarchico nei confronti del subordinato. Già in epoca unitaria era possibile rinvenire poteri sostitutivi tra enti, la prima vera fattispecie di potestà sostitutiva, era presente nella disciplina disposta da diverse fattispecie dell'allegato A della legge 20 marzo 1856 n. 2248, sull'unificazione amministrativa del Regno. Tentativo del candidato è stato quello, quindi, di ricostruire l'evoluzione delle fattispecie sostitutive nella stratificazione normativa che seguì con il T.U. della legge Comunale e Provinciale R.D. 4 febbraio 1915 e le successive variazioni tra cui il R.D.L. 30 dicembre 1923. Gli istituti sostitutivi vennero meno (di fatto) con il consolidarsi del regime fascista. Il fascismo, che in un primo momento aveva agitato la bandiera delle autonomie locali, non tardò, come noto, una volta giunto al potere, a seguire la sua vera vocazione, dichiarandosi ostile a ogni proposito di decentramento e rafforzando, con la moltiplicazione dei controlli e la soppressione del principio elettivo, la già stretta dipendenza delle comunità locali dallo Stato. Vennero meno i consigli liberamente eletti e al loro posto furono insediati nel 1926 i Podestà e i Consultori per le Amministrazioni comunali; nel 1928 i Presidi e i Rettorati per le Amministrazioni Provinciali, tutti organi nominati direttamente o indirettamente dall’Amministrazione centrale. In uno scenario di questo tipo i termini autarchia e autonomia risultano palesemente dissonanti e gli istituti di coordinamento tra Stato ed enti locali furono ad esso adeguati; in tale ordinamento, infatti, la sostituzione (pur essendo ancora presenti istituti disciplinanti fattispecie surrogatorie) si presentò come un semplice rapporto interno tra organi diversi, di uno stesso unico potere e non come esso è in realtà, anello di collegamento tra soggetti differenti con fini comuni (Stato - Enti autarchici); per semplificare, potremmo chiederci, in un sistema totalitario come quello fascista, in cui tutti gli interessi sono affidati all’amministrazione centrale, chi dovrebbe essere il sostituito. Il potere sostitutivo (in senso proprio) ebbe una riviviscenza nella normativa post-bellica, come reazione alla triste parentesi aperta dal fascismo, che mise a nudo i mali e gli abusi dell’accentramento statale. La suddetta normativa iniziò una riforma in favore delle autonomie locali; infatti, come noto, tutti i partiti politici assunsero posizione in favore di una maggiore autonomia degli enti territoriali minori e ripresero le proposte dei primi anni dell’Unità di Italia avanzate dal Minghetti, il quale sentiva l’esigenza dell’istituzione di un ente intermedio tra Stato e Province, a cui affidare interessi territorialmente limitati: la Regione appunto. Emerge piuttosto chiaramente dalla ricerca che la storia politica e l’evoluzione del diritto pubblico documentano come ad una sempre minore autonomia locale nelle politiche accentratrici dello Stato unitario prima, e totalitario poi, corrisponda una proporzionale diminuzione di istituti di raccordo come i poteri sostitutivi; al contrario ad una sempre maggiore ed evoluta autonomia dello Stato regionalista della Costituzione del 1948 prima, e della riforma del titolo V oggi, una contestuale evoluzione e diffusione di potestà sostitutive. Pare insomma che le relazioni stato-regioni, regioni-enti locali che la sostituzione presuppone, sembrano rappresentare (ieri come oggi) uno dei modi migliori per comprendere il sistema delle autonomie nell’evoluzione della stato regionale e soprattutto dopo la riforma apportata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Dalla preliminare indagine storica un altro dato, che pare emergere, sembra essere la constatazione che l'istituto nato e giustificato da esigenze di coerenza e efficienza dell'azione amministrativa sia stato trasferito nell'ambio delle relazioni tra stato e autonomie territoriali. Tale considerazione sembra essere confermata dal proseguo dell’indagine, ed in particolare dai punti di contatto tra presupposti e procedure di sostituzione nell’analisi dell’istituto. Nonostante, infatti, il Costituente non disciplinò poteri sostitutivi dello Stato o delle regioni, al momento di trasferire le competenze amministrative alle regioni la Corte costituzionale rilevò il problema della mancanza di istituti posti a garantire gli interessi pubblici, volti ad ovviare alle eventuali inerzie del nuovo ente territoriale. La presente ricerca ha voluto infatti ricostruire l’ingresso dei poteri sostitutivi nel ordinamento costituzionale, riportando le sentenze del Giudice delle leggi, che a partire dalla sentenza n. 142 del 1972 e dalla connessa pronuncia n. 39 del 1971 sui poteri di indirizzo e coordinamento dello Stato, pur non senza incertezze e difficoltà, ha finito per stabilire un vero e proprio “statuto” della sostituzione con la sentenza n. 177 del 1988, individuando requisiti sostanziali e procedurali, stimolando prima e correggendo successivamente gli interventi del legislatore. Le prime fattispecie sostitutive furono disciplinate con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari, ed in particolare con l’art. 27 della legge 9 maggio 1975, n. 153, la quale disciplina, per il rispetto dell’autonomia regionale, venne legittimata dalla stessa Corte nella sentenza n. 182 del 1976. Sempre con riferimento al rispetto degli obblighi comunitari intervenne l’art. 6 c. 3°, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. La stessa norma va segnalata per introdurre (all’art. 4 c. 3°) una disciplina generale di sostituzione in caso di inadempimento regionale nelle materie delegate dallo Stato. Per il particolare interesse si deve segnalare il D.M. 21 settembre 1984, sostanzialmente recepito dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), poi convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 c.d. legge Galasso. Tali disposizioni riaccesero il contenzioso sul potere sostitutivo innanzi la Corte Costituzionale, risolto nelle sentt. n. 151 e 153 del 1986. Tali esempi sembrano dimostrare quello che potremmo definire un dialogo tra legislatore e giudice della costituzionalità nella definizione dei poteri sostitutivi; il quale culminò nella già ricordata sent. n. 177 del 1988, nella quale la Corte rilevò che una legge per prevedere un potere sostitutivo costituzionalmente legittimo deve: essere esercitato da parte di un organo di governo; nei confronti di attività prive di discrezionalità nell’an e presentare idonee garanzie procedimentali in conformità al principio di leale collaborazione. Il modello definito dalla Corte costituzionale sembra poi essere stato recepito definitivamente dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, la quale per prima ha connesso la potestà sostitutiva con il principio di sussidiarietà. Detta legge sembra rappresentare un punto di svolta nell’indagine condotta perché consente di interpretare al meglio la funzione – che già antecedentemente emergeva dallo studio dei rapporti tra enti territoriali – dei poteri sostitutivi quale attuazione del principio di sussidiarietà. La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha disciplinato all’interno della Costituzione ben due fattispecie di poteri sostitutivi all’art. 117 comma 5 e all’art. 120 comma 2. La “lacuna” del 1948 necessitava di essere sanata – in tal senso erano andati anche i precedenti tentativi di riforma costituzionale, basti ricordare l’art. 58 del progetto di revisione costituzionale presentato dalla commissione D’Alema il 4 novembre 1997 – i disposti introdotti dal riformatore costituzionale, però, non possono certo essere apprezzati per la loro chiarezza e completezza. Le due richiamate disposizioni costituzionali, infatti, hanno prodotto numerose letture. Il dibattito ha riguardato principalmente la natura delle due fattispecie sostitutive. In particolare, si è discusso sulla natura legislativa o amministrativa delle potestà surrogatorie e sulla possibilità da parte del legislatore di introdurre o meno la disciplina di ulteriori fattispecie sostitutive rispetto a quelle previste dalla Costituzione. Con particolare riferimento all’art. 120 c. 2 Cost. sembra semplice capire che le difficoltà definitorie siano state dovute all’indeterminatezza della fattispecie, la quale attribuisce al Governo il potere sostitutivo nei confronti degli organi (tutti) delle regioni, province, comuni e città metropolitane. In particolare, la dottrina, che ha attribuito all’art. 120 capoverso la disciplina di un potere sostitutivo sulle potestà legislative delle Regioni, è partita dalla premessa secondo la quale detta norma ha una funzione fondamentale di limite e controllo statale sulle Regioni. La legge 18 ottobre 2001 n. 3 ha, infatti, variato sensibilmente il sistema dei controlli sulle leggi regionali, con la modificazione degli artt. 117 e 127 della Costituzione; pertanto, il sistema dei controlli dopo la riforma del 2001, troverebbe nel potere sostitutivo ex art. 120 la norma di chiusura. Sul tema è insistito un ampio dibattito, al di là di quello che il riformatore costituzionale avrebbe dovuto prevedere, un’obiezione (più delle altre) pare spingere verso l’accoglimento della tesi che propende per la natura amministrativa della fattispecie in oggetto, ovvero la constatazione che il Governo è il soggetto competente, ex art. 120 capoverso Cost., alla sostituzione; quindi, se si intendesse la sostituzione come avente natura legislativa, si dovrebbe ritenere che il Costituente abbia consentito all’Esecutivo, tosto che al Parlamento, l’adozione di leggi statali in sostituzione di quelle regionali. Suddetta conseguenza sembrerebbe comportare una palese violazione dell’assetto costituzionale vigente. Le difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. si sono riversate sulla normativa di attuazione della riforma costituzionale, legge 5 giugno 2003, n. 131. In particolare nell’art. 8, il quale ha mantenuto un dettato estremamente vago e non ha preso una chiara e netta opzione a favore di una della due interpretazione riportate circa la natura della fattispecie attuata, richiamando genericamente che il potere sostitutivo si adotta “Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120” Cost. Di particolare interesse pare essere, invece, il procedimento disciplinato dal menzionato art. 8, il quale ha riportato una procedura volta ad attuare quelle che sono state le indicazioni della Corte in materia. Analogamente agli anni settanta ed ottanta, le riportate difficoltà interpretative dell’art. 120 Cost. e, più in generale il tema dei poteri sostitutivi dopo la riforma del 2001, sono state risolte e definite dal giudice della costituzionalità. In particolare, la Corte sembra aver palesemente accolto (sent. n. 43 del 2004) la tesi sulla natura amministrativa del potere sostitutivo previsto dall’art. 120 c. 2 Cost. Il giudice delle leggi ha tra l’altro fugato i dubbi di chi, all’indomani della riforma costituzionale del 2001, aveva letto nel potere sostitutivo, attribuito dalla riformata Costituzione al Governo, l’illegittimità di tutte quelle previsioni legislative regionali, che disponevano ipotesi di surrogazione (da parte della regione) nei confronti degli enti locali. La Corte costituzionale, infatti, nella già citata sentenza ha definito “straordinario” il potere di surrogazione attribuito dall’art. 120 Cost. allo Stato, considerando “ordinare” tutte quelle fattispecie sostitutive previste dalla legge (statale e regionale). Particolarmente innovativa è la parte dell'indagine in cui la ricerca ha verificato in concreto la prassi di esercizio della sostituzione statale, da cui sono sembrate emergere numerose tendenze. In primo luogo significativo sembra essere il numero esiguo di sostituzioni amministrative statali nei confronti delle amministrazioni regionali; tale dato sembra dimostrare ed essere causa della scarsa “forza” degli esecutivi che avrebbero dovuto esercitare la sostituzione. Tale conclusione sembra trovare conferma nell'ulteriore dato che sembra emergere ovvero i casi in cui sono stati esercitati i poteri sostitutivi sono avvenuti tutti in materie omogenee (per lo più in materia di tutela ambientale) che rappresentano settori in cui vi sono rilevanti interessi pubblici di particolare risonanza nell'opinione pubblica. Con riferimento alla procedura va enfatizzato il rispetto da parte dell'amministrazione sostituente delle procedure e dei limiti fissati tanto dal legislatore quanto nella giurisprudenza costituzionale al fine di rispettare l'autonomia dell'ente sostituito. Dalla ricerca emerge che non è stato mai esercitato un potere sostitutivo direttamente ex art. 120 Cost., nonostante sia nella quattordicesima (Governo Berlusconi) che nella quindicesima legislatura (Governo Prodi) con decreto sia stata espressamente conferita al Ministro per gli affari regionali la competenza a promuovere l’“esercizio coordinato e coerente dei poteri e rimedi previsti in caso di inerzia o di inadempienza, anche ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo del Governo di cui all'art. 120 della Costituzione”. Tale conclusione, però, non lascia perplessi, bensì, piuttosto, sembra rappresentare la conferma della “straordinarietà” della fattispecie sostitutiva costituzionalizzata. Infatti, in via “ordinaria” lo Stato prevede sostituzioni per mezzo di specifiche disposizioni di legge o addirittura per mezzo di decreti legge, come di recente il D.L. 09 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania. Misure per la raccolta differenziata), che ha assegnato al Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri “le funzioni di Commissario delegato per l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania per il periodo necessario al superamento di tale emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2007”. Spesso l’aspetto interessante che sembra emergere da tali sostituzioni, disposte per mezzo della decretazione d’urgenza, è rappresentato dalla mancata previsione di diffide o procedure di dialogo, perché giustificate da casi di estrema urgenza, che spesso spingono la regione stessa a richiedere l’intervento di surrogazione. Del resto è stata la stessa Corte costituzionale a legittimare, nei casi di particolare urgenza e necessità, sostituzioni prive di dialogo e strumenti di diffida nella sent. n. 304 del 1987. Particolare attenzione è stata data allo studio dei poteri sostitutivi regionali. Non solo perché meno approfonditi in letteratura, ma per l’ulteriore ragione che tali fattispecie, disciplinate da leggi regionali, descrivono i modelli più diversi e spingono ad analisi di carattere generale in ordine alla struttura ed alla funzione dei poteri sostitutivi. Esse sembrano rappresentare (in molti casi) modelli da seguire dallo stesso legislatore statale, si vedano ad esempio leggi come quella della regione Toscana 31 ottobre 2001, n. 53, artt. 2, 3, 4, 5, 7; legge regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 6, art. 30, le quali recepiscono i principi sviluppati dalla giurisprudenza costituzionale e scandiscono un puntuale procedimento ispirato alla collaborazione ed alla tutela delle attribuzioni degli enti locali. La ricerca di casi di esercizio di poter sostitutivi è stata effettuata anche con riferimento ai poteri sostitutivi regionali. I casi rilevati sono stati numerosi in particolare nella regione Sicilia, ma si segnalano anche casi nelle regioni Basilicata ed Emilia-Romagna. Il dato principale, che sembra emergere, pare essere che alle eterogenee discipline di sostituzione corrispondano eterogenee prassi di esercizio della sostituzione. Infatti, alle puntuali fattispecie di disciplina dei poteri sostitutivi dell’Emilia-Romagna corrispondono prassi volte ad effettuare la sostituzione con un delibera della giunta (organo di governo) motivata, nel rispetto di un ampio termine di diffida, nonché nella ricerca di intese volte ad evitare la sostituzione. Alla generale previsione della regione Sicilia, pare corrispondere un prassi sostitutiva caratterizzata da un provvedimento del dirigente generale all’assessorato per gli enti locali (organo di governo?), per nulla motivato, salvo il richiamo generico alle norme di legge, nonché brevi termini di diffida, che sembrano trovare la loro giustificazione in note o solleciti informati che avvisano l’ente locale della possibile sostituzione. In generale il fatto che in molti casi i poteri sostitutivi siano stimolati per mezzo dell’iniziativa dei privati, sembra dimostrare l’attitudine di tal istituto alla tutela degli interessi dei singoli. I differenti livelli nei quali operano i poteri sostitutivi, il ruolo che la Corte ha assegnato a tali strumenti nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, nonché i dati emersi dall’indagine dei casi concreti, spingono ad individuare nel potere sostitutivo uno dei principali strumenti di attuazione del principio di sussidiarietà, principio quest’ultimo che sembra rappresentare – assieme ai corollari di proporzionalità, adeguatezza e leale collaborazione – la chiave di lettura della potestà sostitutiva di funzioni amministrative. In tal senso, come detto, pare emergere dall’analisi di casi concreti come il principio di sussidiarietà per mezzo dei poteri sostitutivi concretizzi quel fine, a cui l’art. 118 cost. sembra mirare, di tutela degli interessi pubblici, consentendo all’ente sovraordinato di intervenire laddove l’ente più vicino ai cittadini non riesca. Il principio di sussidiarietà sembra essere la chiave di lettura anche dell’altra categoria della sostituzione legislativa statale. L’impossibilità di trascurare o eliminare l’interesse nazionale, all’interno di un ordinamento regionale fondato sull’art. 5 Cost., sembra aver spino la Corte costituzionale ad individuare una sorta di “potere sostitutivo legislativo”, attraverso il (seppur criticabile) meccanismo introdotto per mezzo della sent. 303 del 2003 e della cosiddetta “chiamata i sussidiarietà”. Del resto adattare i principi enucleati nella giurisprudenza costituzionale a partire dalla sent. n. 117 del 1988 alla chiamata in sussidiarietà e i limiti che dal principio di leale collaborazione derivano, sembra rappresentare un dei modi (a costituzione invariata) per limitare quello che potrebbe rappresentare un meccanismo di rilettura dell’art. 117 Cost. ed ingerenza dello stato nelle competenze della regioni. Nonostante le sensibili differenze non si può negare che lo strumento ideato dalla Corte abbia assunto le vesti della konkurrierende gesetzgebung e, quindi, di fatto, di un meccanismo che senza limiti e procedure potrebbe rappresentare uno strumento di interferenza e sostituzione della stato nelle competenze regionali. Tali limiti e procedure potrebbero essere rinvenuti come detto nelle procedure di sostituzione scandite nelle pronunce del giudice delle leggi. I risultati che si spera emergeranno dalla descritta riflessione intorno ai poteri sostitutivi e il conseguente risultato circa lo stato del regionalismo italiano, non sembrano, però, rappresentare un punto di arrivo, bensì solo di partenza. I poteri sostitutivi potrebbero infatti essere oggetto di futuri interventi di riforma costituzionale, così come lo sono stati in occasione del tentativo di riforma del 2005. Il legislatore costituzionale nel testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta (recante “Modifiche alla Parte II della Costituzione” e pubblicato in gazzetta ufficiale n. 269 del 18-11-2005) pareva aver fatto un scelta chiara sostituendo il disposto “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni” con “Lo Stato può sostituirsi alle Regioni, alle città metropolitane, alle Province e ai Comuni nell'esercizio delle funzioni loro attribuite dagli articoli 117 e 118”. Insomma si sarebbe introdotto quello strumento che in altri Paesi prende il nome di Supremacy clause o Konkurrierende Gesetzgebung, ma quali sarebbero state le procedure e limiti che lo Stato avrebbe dovuto rispettare? Il dettato che rigidamente fissa le competenze di stato e regioni, assieme alla reintroduzione espressa dell’interesse nazionale, non avrebbe ridotto eccessivamente l’autonomia regionale? Tali interrogativi mirano a riflettere non tanto intorno a quelli che potrebbero essere gli sviluppi dell’istituto dei poteri sostitutivi. Piuttosto essi sembrano rappresenterebbe l’ulteriore punto di vista per tentare di comprendere quale percorso avrebbe potuto (o potrebbe domani) prendere il regionalismo italiano.
Resumo:
En el siguiente trabajo se realizará un desarrollo del plan preliminar de tesis del Doctorado en Psicología (UNLP) denominado 'La Orientación Vocacional - Ocupacional en sujetos con Necesidades Educativas Especiales derivadas de la Discapacidad Visual en la etapa de transición Escuela- Educación Superior- Trabajo', que se corresponde con las actividades formativas de la Beca Interna de Posgrado Tipo I del CONICET. Con este proyecto de investigación se propone identificar las razones que impulsan las elecciones de sujetos con discapacidad visual en la transición escuela-estudios superiores- trabajo. El mismo surge de la insuficiente producción de información a ese respecto, así como de la correspondiente a los enfoques, programas y estrategias de intervenciones de este tipo con sujetos con discapacidad visual a nivel local, a diferencia de lo que sucede con los desarrollos internacionales sobre la temática. A los fines de esta investigación se ha tomado en consideración que la Orientación Vocacional Ocupacional y la transición hacia la vida adulta, adquieren características específicas en el caso de jóvenes que presentan discapacidad visual, particularmente en relación con la preparación para la continuación de estudios superiores. Parte de las hipótesis de las diferencias en las razones que impulsan las elecciones de los sujetos con discapacidad, según se trate de ciegos y disminuidos visuales profundos o de disminuidos visuales moderados. Se prevé asimismo, una vez recabada la información, poder diseñar algunas estrategias específicas de orientación educativa y ocupacional. Objetivos: Examinar la realidad educacional-ocupacional de laspersonas con discapacidad visual. Analizar las razones que orientan las elecciones de los jóvenes con discapacidad visual en la transición escuela-estudios superiores. Metodología: Se trata de un diseño descriptivo transeccional, destinado a identificar las características de las elecciones de los participantes y su realidad educacional ocupacional así como los programas de orientación que eventualmente se ofrecen en nuestro medio. Resultados: Los resultados preliminares recabados hasta el momento con los jóvenes seleccionados, demuestran que en su mayoría los factores que ellos priorizan en su elección se relacionan con el interés en las tareas que se realizan en la profesión elegida y no aparece como un factor determinante de la misma, las limitaciones específicas que les genera su déficit visual. Entre las carreras elegidas hay una predominancia delárea artística y proyectual, ante lo cual, se puede plantear como hipótesis que el impacto de las nuevas tecnologías y el manejo que los jóvenes tienen hoy en día de las mismas, influye favorablemente para que se decidan por carreras de este tipo, en contraposición a lo que sucedía años atrás donde se priorizaban las carreras que tenían material bibliográfico adaptado. Los avances científicos y tecnológicos han posibilitado a los jóvenes con disminución visual contar con una serie de recursos tiflotecnológicos como lectores de pantalla, reconocedores ópticos de caracteres y magnificadores de pantalla que facilita la lectura y comodidad de textos desde el uso de la PC, a diferencia de los textos en soporte papel. Conclusiones: Las estrategias de intervención en el marco de un concepto de Orientación amplio, interdisciplinario, integrador y enfocado desde la prevención, pueden contribuir a revertir la inequidad psicosocial de estos jóvenes. Se apunta al reconocimiento de las significaciones del imaginario social que operan como obstaculizadores y a la detección de recursos y habilidades personales con el propósito de fortalecer las competencias; superando las limitaciones que les genera el déficit. Desde una concepción que atiende la diversidad, la Orientación Vocacional desde el paradigma de la complejidad, nos exige dar respuesta a las necesidades de estos jóvenes y de las instituciones educativas a las que asisten, para que puedan construir las herramientas necesarias que posibiliten llevar a cabo su proyecto de vida
Resumo:
El presente proyecto de investigación comenzó a llevarse a cabo gracias a una Beca Interna de Postgrado Tipo I otorgada por el CONICET el corriente año. Está dirigida por María Cristina Tortti, codirigida por Aníbal Viguera y radicada en el CISH, UNLP. Asimismo, forma parte del proyecto en curso "Sociedad y política en la Argentina post-peronista (1955-1976): acontecimientos, actores y discursos de la Nueva Izquierda", dirigido por M. C. Tortti (Programa de incentivos 2007-2008, Dpto. de Sociología, FAHCE, UNLP)
Resumo:
En el siguiente trabajo se realizará un desarrollo del plan preliminar de tesis del Doctorado en Psicología (UNLP) denominado 'La Orientación Vocacional - Ocupacional en sujetos con Necesidades Educativas Especiales derivadas de la Discapacidad Visual en la etapa de transición Escuela- Educación Superior- Trabajo', que se corresponde con las actividades formativas de la Beca Interna de Posgrado Tipo I del CONICET. Con este proyecto de investigación se propone identificar las razones que impulsan las elecciones de sujetos con discapacidad visual en la transición escuela-estudios superiores- trabajo. El mismo surge de la insuficiente producción de información a ese respecto, así como de la correspondiente a los enfoques, programas y estrategias de intervenciones de este tipo con sujetos con discapacidad visual a nivel local, a diferencia de lo que sucede con los desarrollos internacionales sobre la temática. A los fines de esta investigación se ha tomado en consideración que la Orientación Vocacional Ocupacional y la transición hacia la vida adulta, adquieren características específicas en el caso de jóvenes que presentan discapacidad visual, particularmente en relación con la preparación para la continuación de estudios superiores. Parte de las hipótesis de las diferencias en las razones que impulsan las elecciones de los sujetos con discapacidad, según se trate de ciegos y disminuidos visuales profundos o de disminuidos visuales moderados. Se prevé asimismo, una vez recabada la información, poder diseñar algunas estrategias específicas de orientación educativa y ocupacional. Objetivos: Examinar la realidad educacional-ocupacional de laspersonas con discapacidad visual. Analizar las razones que orientan las elecciones de los jóvenes con discapacidad visual en la transición escuela-estudios superiores. Metodología: Se trata de un diseño descriptivo transeccional, destinado a identificar las características de las elecciones de los participantes y su realidad educacional ocupacional así como los programas de orientación que eventualmente se ofrecen en nuestro medio. Resultados: Los resultados preliminares recabados hasta el momento con los jóvenes seleccionados, demuestran que en su mayoría los factores que ellos priorizan en su elección se relacionan con el interés en las tareas que se realizan en la profesión elegida y no aparece como un factor determinante de la misma, las limitaciones específicas que les genera su déficit visual. Entre las carreras elegidas hay una predominancia delárea artística y proyectual, ante lo cual, se puede plantear como hipótesis que el impacto de las nuevas tecnologías y el manejo que los jóvenes tienen hoy en día de las mismas, influye favorablemente para que se decidan por carreras de este tipo, en contraposición a lo que sucedía años atrás donde se priorizaban las carreras que tenían material bibliográfico adaptado. Los avances científicos y tecnológicos han posibilitado a los jóvenes con disminución visual contar con una serie de recursos tiflotecnológicos como lectores de pantalla, reconocedores ópticos de caracteres y magnificadores de pantalla que facilita la lectura y comodidad de textos desde el uso de la PC, a diferencia de los textos en soporte papel. Conclusiones: Las estrategias de intervención en el marco de un concepto de Orientación amplio, interdisciplinario, integrador y enfocado desde la prevención, pueden contribuir a revertir la inequidad psicosocial de estos jóvenes. Se apunta al reconocimiento de las significaciones del imaginario social que operan como obstaculizadores y a la detección de recursos y habilidades personales con el propósito de fortalecer las competencias; superando las limitaciones que les genera el déficit. Desde una concepción que atiende la diversidad, la Orientación Vocacional desde el paradigma de la complejidad, nos exige dar respuesta a las necesidades de estos jóvenes y de las instituciones educativas a las que asisten, para que puedan construir las herramientas necesarias que posibiliten llevar a cabo su proyecto de vida
Resumo:
El presente proyecto de investigación comenzó a llevarse a cabo gracias a una Beca Interna de Postgrado Tipo I otorgada por el CONICET el corriente año. Está dirigida por María Cristina Tortti, codirigida por Aníbal Viguera y radicada en el CISH, UNLP. Asimismo, forma parte del proyecto en curso "Sociedad y política en la Argentina post-peronista (1955-1976): acontecimientos, actores y discursos de la Nueva Izquierda", dirigido por M. C. Tortti (Programa de incentivos 2007-2008, Dpto. de Sociología, FAHCE, UNLP)
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El presente proyecto de investigación comenzó a llevarse a cabo gracias a una Beca Interna de Postgrado Tipo I otorgada por el CONICET el corriente año. Está dirigida por María Cristina Tortti, codirigida por Aníbal Viguera y radicada en el CISH, UNLP. Asimismo, forma parte del proyecto en curso "Sociedad y política en la Argentina post-peronista (1955-1976): acontecimientos, actores y discursos de la Nueva Izquierda", dirigido por M. C. Tortti (Programa de incentivos 2007-2008, Dpto. de Sociología, FAHCE, UNLP)
Resumo:
En el siguiente trabajo se realizará un desarrollo del plan preliminar de tesis del Doctorado en Psicología (UNLP) denominado 'La Orientación Vocacional - Ocupacional en sujetos con Necesidades Educativas Especiales derivadas de la Discapacidad Visual en la etapa de transición Escuela- Educación Superior- Trabajo', que se corresponde con las actividades formativas de la Beca Interna de Posgrado Tipo I del CONICET. Con este proyecto de investigación se propone identificar las razones que impulsan las elecciones de sujetos con discapacidad visual en la transición escuela-estudios superiores- trabajo. El mismo surge de la insuficiente producción de información a ese respecto, así como de la correspondiente a los enfoques, programas y estrategias de intervenciones de este tipo con sujetos con discapacidad visual a nivel local, a diferencia de lo que sucede con los desarrollos internacionales sobre la temática. A los fines de esta investigación se ha tomado en consideración que la Orientación Vocacional Ocupacional y la transición hacia la vida adulta, adquieren características específicas en el caso de jóvenes que presentan discapacidad visual, particularmente en relación con la preparación para la continuación de estudios superiores. Parte de las hipótesis de las diferencias en las razones que impulsan las elecciones de los sujetos con discapacidad, según se trate de ciegos y disminuidos visuales profundos o de disminuidos visuales moderados. Se prevé asimismo, una vez recabada la información, poder diseñar algunas estrategias específicas de orientación educativa y ocupacional. Objetivos: Examinar la realidad educacional-ocupacional de laspersonas con discapacidad visual. Analizar las razones que orientan las elecciones de los jóvenes con discapacidad visual en la transición escuela-estudios superiores. Metodología: Se trata de un diseño descriptivo transeccional, destinado a identificar las características de las elecciones de los participantes y su realidad educacional ocupacional así como los programas de orientación que eventualmente se ofrecen en nuestro medio. Resultados: Los resultados preliminares recabados hasta el momento con los jóvenes seleccionados, demuestran que en su mayoría los factores que ellos priorizan en su elección se relacionan con el interés en las tareas que se realizan en la profesión elegida y no aparece como un factor determinante de la misma, las limitaciones específicas que les genera su déficit visual. Entre las carreras elegidas hay una predominancia delárea artística y proyectual, ante lo cual, se puede plantear como hipótesis que el impacto de las nuevas tecnologías y el manejo que los jóvenes tienen hoy en día de las mismas, influye favorablemente para que se decidan por carreras de este tipo, en contraposición a lo que sucedía años atrás donde se priorizaban las carreras que tenían material bibliográfico adaptado. Los avances científicos y tecnológicos han posibilitado a los jóvenes con disminución visual contar con una serie de recursos tiflotecnológicos como lectores de pantalla, reconocedores ópticos de caracteres y magnificadores de pantalla que facilita la lectura y comodidad de textos desde el uso de la PC, a diferencia de los textos en soporte papel. Conclusiones: Las estrategias de intervención en el marco de un concepto de Orientación amplio, interdisciplinario, integrador y enfocado desde la prevención, pueden contribuir a revertir la inequidad psicosocial de estos jóvenes. Se apunta al reconocimiento de las significaciones del imaginario social que operan como obstaculizadores y a la detección de recursos y habilidades personales con el propósito de fortalecer las competencias; superando las limitaciones que les genera el déficit. Desde una concepción que atiende la diversidad, la Orientación Vocacional desde el paradigma de la complejidad, nos exige dar respuesta a las necesidades de estos jóvenes y de las instituciones educativas a las que asisten, para que puedan construir las herramientas necesarias que posibiliten llevar a cabo su proyecto de vida
Resumo:
La actividad física es uno de los tratamientos más adecuados para poder controlar la glucemia en personas con diabetes. Este trabajo va dirigido a la investigación del efecto que causan las diferentes actividades físicas, dependiendo de su intensidad y duración, sobre el organismo. Primero se estudiará muy a fondo el páncreas, junto con las hormonas más importantes de la regulación de la glucemia, la insulina y el glucagón. Con mayor concreción en las acciones biológicas de la insulina y el mecanismo de control o regulación de la secreción de insulina. Posteriormente se estudiará, como aquellas personas que no segregan insulina y se le administra esta hormona regulan su metabolismo. Y por consiguiente, se verá los efectos de la actividad física en diabéticos, tanto generales como específicos, a largo y a corto plazo y algunos más específicos en diabéticos Tipo 2. A continuación, se observará la interrelación existente entre la actividad física y el funcionamiento del páncreas de los diabéticos y se verán las diferencias entre la realización de ejercicios aeróbicos y de fuerza para estos. Para finalizar, se darán ciertas pautas para la realización de ejercicio físico tanto en diabéticos tipo I, como en diabéticos tipo 2, y se expondrán unas últimas conclusiones finales sobre todo el trabajo.
Resumo:
España cuenta con un vasto catálogo de patrimonio edificado en obra de fábrica, tanto en el ámbito religioso como en el civil, que recorre un largo camino histórico desde épocas grecorromanas hasta principios del siglo XX. A lo largo de todos estos siglos, la introducción de nuevos materiales como el hormigón o el acero desplazaron el uso del ladrillo y de la piedra en estructuras a situaciones muy puntuales, lo que llevó durante mucho tiempo al olvido de las técnicas propias de estos materiales y a la ausencia de desarrollo de ensayos y estudios sobre ellos. De hecho, no se trata de una situación únicamente española, sino generalizada a nivel internacional. Todo esto, unido a la dificultad de caracterizar convenientemente los materiales componentes y la interfaz, a la gran variedad de patologías que pueden afectar a las fábricas y a la actuación de cargas de largo periodo de retorno, ha provocado que los arquitectos e ingenieros actuales carezcan de herramientas y de un marco normativo adecuados a la hora de aproximarse a este tipo de edificios. La consecuencia directa ha sido la profusión de ejemplos de intervenciones erróneas en los edificios históricos, tanto desde el punto de vista estructural como estético. Se hace, pues, perentorio desarrollar métodos de cálculo y de investigación que proporcionen las herramientas necesarias para ello y devuelvan el interés profesional y académico hacia la obra de fábrica entendida como material estructural. A raíz de lo expuesto anteriormente, el objeto de este trabajo es el de analizar el comportamiento estático de un edificio histórico desde varios puntos de vista: - La caracterización de los materiales. - El comportamiento de los elementos estructurales aislados. - El comportamiento del sistema estructural, tanto en su configuración actual como en su evolución a lo largo de las diversas reformas sufridas. - Las patologías observadas y la adecuación de los cálculos realizados a las mismas. La intención es la de establecer pautas de estudio y herramientas aplicables a otros edificios y situaciones, pero sin propósito de generalización. La metodología utilizada es la del Cálculo Límite o Rígido-plástico, de tipo I, basado en hallar la línea de acción de los empujes en el interior de la fábrica, y que será definido más adelante. Se ha escogido este método porque aúna la economía de medios y la necesidad de pocos datos, fundamentalmente geométricos, con el aporte de información muy valiosa sobre el nivel de cargas y el modo en que responde la estructura. Se renuncia desde el principio a realizar análisis de tipo II y tipo III, por considerar que resultan excesivamente laboriosos en comparación con la información que se busca. Además, de las propias líneas de empuje obtenidas se pueden inferir, que no determinar, tensiones y deformaciones en el edificio, especialmente a través del procedimiento de cálculo utilizado en la asignatura Conservación y Rehabilitación de Estructuras Históricas, de este máster, impartida por el profesor D. Javier León González, por el que se obtiene, no una trayectoria de empujes, sino todas las posibles a través de una serie de valores límites. Para este trabajo se ha elegido la Iglesia Parroquial de Nuestra Señora de la Oliva, de Lebrija, provincia de Sevilla, por varios motivos. De un lado, se trata de un edificio encuadrado en un momento histórico, el de la conquista castellana de los territorios de Al-Ándalus, en el que se construyen numerosos edificios religiosos y civiles con los que comparte muchas de sus características. Por otro lado, y dentro del mismo contexto, sus particularidades lo convierten en un ejemplo claramente diferenciado y catálogo de soluciones constructivas y estructurales. Por último, se trata de una construcción que ha ido evolucionando en el tiempo, aportando lenguajes y técnicas diferentes, pero que conviven en gran armonía, sin que haya perdido su unicidad en ningún momento (salvo por pequeños elementos en mi opinión disonantes) desde el núcleo original de tipo mudéjar alfonsí (s. XIII) hasta la construcción de su torre campanario en el s. XVIII, pasando por ampliaciones y modificaciones en los siglos XIV a XVII. El ámbito de este trabajo se limita al núcleo mudéjar original junto con la ampliación renacentista del salón principal. Se excluyen por tanto la sacristía y dependencias anexas, la torre campanario y los patios, por ser elementos independientes del resto del conjunto.
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El objetivo del trabajo fin de máster ha sido el estudio de la capacidad de los modelos de daño escalar en reproducir la localización de deformaciones en el hormigón. Para ello se ha utilizado un modelo de daño local con el ablandamiento regularizado (aproximación de fisura difusa) y un modelo de daño no local con formulación integral. Los análisis numéricos se han realizado con el código de elementos finitos Code-Aster. Las actividades realizadas en el trabajo fin de máster han sido: - resumen de los modelos existentes para la reproducción del fallo material. - descripción y estudio del comportamiento de un modelo de daño local "solo tracción" para el hormigón. - regularización del ablandamiento en el modelo de daño local para el modo de fractura tipo I. - descripción de los modelos de daño no local, en particular la formulación de gradiente implícito. - estudio del comportamiento del modelo de daño no local para el ensayo de extensión uniaxial. - aplicación de los modelos de daño local y no local a ensayos tridimensionales. Los elementos más destacables del trabajo son: - Construir un modelo de fisura difusa a partir del modelo de daño local “solo tracción” existente en Code-Aster. Para ello se ha derivado la pendiente de la rama de ablandamiento en la ley tensión-deformación uniaxial en función de los parámetros : (1) densidad de área de energía de fractura y (2) tamaño característico de la malla. - Estudio del comportamiento del modelo de daño no local en el ensayo de extensión uniaxial. En particular estudiar la influencia que los parámetros l (longitud característica de la formulación no local) y m (pendiente de la rama de ablandamiento en la ley tensión-deformación uniaxial) en la disipación del modelo.
Resumo:
Actualmente la optimization de la calidad de experiencia (Quality of Experience- QoE) de HTTP Adaptive Streaming (HAS) de video recibe una atención creciente. Este incremento de interés proviene fundamentalmente de las carencias de las soluciones actuales HAS, que, al no ser QoE-driven, no incluyen la percepción de la calidad de los usuarios finales como una parte integral de la lógica de adaptación. Por lo tanto, la obtención de información de referencia fiable en QoE en HAS presenta retos importantes, ya que las metodologías de evaluación subjetiva de la calidad de vídeo propuestas en las normas actuales no son adecuadas para tratar con la variación temporal de la calidad que es consustancial de HAS. Esta tesis investiga la influencia de la adaptación dinámica en la calidad de la transmisión de vídeo considerando métodos de evaluación subjetiva. Tras un estudio exhaustivo del estado del arte en la evaluación subjetiva de QoE en HAS, se han resaltado los retos asociados y las líneas de investigación abiertas. Como resultado, se han seleccionado dos líneas principales de investigación: el análisis del impacto en la QoE de los parámetros de las técnicas de adaptación y la investigación de las metodologías de prueba subjetiva adecuada para evaluación de QoE en HAS. Se han llevado a cabo un conjunto de experimentos de laboratorio para investigar las cuestiones planteadas mediante la utilización de diferentes metodologáas para pruebas subjetivas. El análisis estadístico muestra que no son robustas todas las suposiciones y reivindicaciones de las referencias analizadas, en particular en lo que respecta al impacto en la QoE de la frecuencia de las variaciones de calidad, de las adaptaciones suaves o abruptas y de las oscilaciones de calidad. Por otra parte, nuestros resultados confirman la influencia de otros parámetros, como la longitud de los segmentos de vídeo y la amplitud de las oscilaciones de calidad. Los resultados también muestran que tomar en consideración las características objetivas de los contenidos puede ser beneficioso para la mejora de la QoE en HAS. Además, todos los resultados han sido validados mediante extensos análisis experimentales que han incluido estudio tanto en otros laboratorios como en crowdsourcing Por último, sobre los aspectos metodológicos de las pruebas subjetivas de QoE, se ha realizado la comparación entre los resultados experimentales obtenidos a partir de un método estandarizado basado en estímulos cortos (ACR) y un método semi continuo (desarrollado para la evaluación de secuencias prolongadas de vídeo). A pesar de algunas diferencias, el resultado de los análisis estadísticos no muestra ningún efecto significativo de la metodología de prueba. Asimismo, aunque se percibe la influencia de la presencia de audio en la evaluación de degradaciones del vídeo, no se han encontrado efectos estadísticamente significativos de dicha presencia. A partir de la ausencia de influencia del método de prueba y de la presencia de audio, se ha realizado un análisis adicional sobre el impacto de realizar comparaciones estadísticas múltiples en niveles estadísticos de importancia que aumentan la probabilidad de los errores de tipo-I (falsos positivos). Nuestros resultados muestran que, para obtener un efectos sólido en el análisis estadístico de los resultados subjetivos, es necesario aumentar el número de sujetos de las pruebas claramente por encima de los tamaños de muestras propuestos por las normas y recomendaciones actuales. ABSTRACT Optimizing the Quality of Experience (QoE) of HTTP adaptive video streaming (HAS) is receiving increasing attention nowadays. The growth of interest is mainly caused by the fact that current HAS solutions are not QoE-driven, i.e. end-user quality perception is not integral part of the adaptation logic. However, obtaining the necessary reliable ground truths on HAS QoE faces substantial challenges, since the subjective video quality assessment methodologies as proposed by current standards are not well-suited for dealing with the time-varying quality properties that are characteristic for HAS. This thesis investigates the influence of dynamic quality adaptation on the QoE of streaming video by means of subjective evaluation approaches. Based on a comprehensive survey of related work on subjective HAS QoE assessment, the related challenges and open research questions are highlighted and discussed. As a result, two main research directions are selected for further investigation: analysis of the QoE impact of different technical adaptation parameters, and investigation of testing methodologies suitable for HAS QoE evaluation. In order to investigate related research issues and questions, a set of laboratory experiments have been conducted using different subjective testing methodologies. Our statistical analysis demonstrates that not all assumptions and claims reported in the literature are robust, particularly as regards the QoE impact of switching frequency, smooth vs. abrupt switching, and quality oscillation. On the other hand, our results confirm the influence of some other parameters such as chunk length and switching amplitude on perceived quality. We also show that taking the objective characteristics of the content into account can be beneficial to improve the adaptation viewing experience. In addition, all aforementioned findings are validated by means of an extensive cross-experimental analysis that involves external laboratory and crowdsourcing studies. Finally, to address the methodological aspects of subjective QoE testing, a comparison between the experimental results obtained from a (short stimuli-based) ACR standardized method and a semi-continuous method (developed for assessment of long video sequences) has been performed. In spite of observation of some differences, the result of statistical analysis does not show any significant effect of testing methodology. Similarly, although the influence of audio presence on evaluation of video-related degradations is perceived, no statistically significant effect of audio presence could be found. Motivating by this finding (no effect of testing method and audio presence), a subsequent analysis has been performed investigating the impact of performing multiple statistical comparisons on statistical levels of significance which increase the likelihood of Type-I errors (false positives). Our results show that in order to obtain a strong effect from the statistical analysis of the subjective results, it is necessary to increase the number of test subjects well beyond the sample sizes proposed by current quality assessment standards and recommendations.
Resumo:
En los últimos años, podemos darnos cuenta de la importancia que tienen las nuevas aplicaciones de vidrio especialmente en edificios turísticos donde el vértigo juega un papel importante en la visita. Sin embargo los sistemas constructivos no tienen un especial interés porque el vidrio laminado está siempre soportado por otro elemento de acero o incluso vidrio en forma de retícula. En la presente tesis voy a desarrollar una nueva solución de elemento autoportante de vidrio de gran tamaño haciendo seguro el uso del elemento para andar en el aire. El sueño de muchos arquitectos ha sido diseñar un edificio completamente transparente y a mí me gustaría contribuir a este sueño empezando a estudiar un forjado de vidrio como elemento estructural horizontal y para ello debemos cumplir requerimientos de seguridad. Uno de los objetivos es lograr un elemento lo más transparente y esbelto posible para el uso de pasarelas en vestíbulos de edificios. Las referencias construidas son bien conocidas, pero por otro lado Universidades europeas estudian continua estudiando el comportamiento del vidrio con diferentes láminas, adhesivos, apilados, insertos, sistemas de laminado, pretensado, pandeo lateral, seguridad post-rotura y muchos más aspectos necesarios. La metodología llevada a cabo en esta tesis ha sido primeramente diseñar un elemento industrial prefabricado horizontal de vidrio teniendo en cuenta todos los conceptos aprendidos en el estado del arte y la investigación para poder predimensionar el elemento. El siguiente paso será verificar el modelo por medio de cálculo analítico, simulación de elementos finitos y ensayos físicos. Para realizar los ensayos hay un paso intermedio teniendo que cambiar la hipótesis de carga uniforme a carga puntal para realizar el ensayo de flexión a 4 puntos normalizado y además cambiar a escala 1:2 para adaptarse al espacio de ensayo y ser viable económicamente. Finalmente compararé los resultados de tensión y deformación obtenidos por los tres métodos para extraer conclusiones. Sin embargo el problema de la seguridad no ha concluido, tendré que demostrar que el sistema es seguro después de que se produzca la rotura y para ello sólo dispongo de los ensayos como medio de demostración. El diseño es el resultado de la evolución de una viga tipo “I”; cuando es pretensada para obtener más resistencia, aparece el problema de pandeo lateral y éste es solucionado con una viga con sección en “T” cuya unión es resuelta con un cajeado longitudinal en la parte inferior del elemento horizontal. Las alas de éste crecen para recoger las cargas superficiales creando a su vez un punto débil en la unión que a su vez se soluciona duplicando la sección “TT” y haciendo trabajar dicho tablero de forma tan óptima como una viga continua. Dicha sección en vidrio como un único elemento pretensado es algo inédito. Además he diseñado unas escuadras metálicas en los extremos de los nervios como apoyo y placa de pretensión, así como una hendidura curva en el centro de los nervios para alojar los tirantes de acero de modo que al pretensar el tirante la placa corrija al menos la deformación por peso propio. Realizados los cambios geométricos de escala y las simplificaciones en el laminado y el adhesivo se programan la extracción de resultados desde 3 estadios diferentes: Sin pretensión y con pretensión de 750 Kg y de 1000Kg en cada nervio. Por cada estadio y por cada uno de los métodos, cálculo, simulación y ensayos, se extraen los datos de deformación y tensión en el punto medio de un nervio con el objetivo de hacer una comparación de resultados para obtener unas conclusiones, siempre en el campo de la elasticidad. Posteriormente incrementaré la carga hasta el momento de la rotura de la placa y después hasta el colapso teniendo en cuenta el tiempo y demostrando una rotura segura. El vidrio no tendrá un comportamiento plástico pero habrá sido controlado su comportamiento frágil manteniendo una carga y una deformación aceptable. ABSTRACT Over the past few years we have realized the importance of the new technologies regarding the application of glass in new buildings, especially those touristic places were the views and the heights are the reason of the visit. However, the construction systems of these glass platforms are not usually as interesting, because the laminated glass is always held by another steel substructure or even a grid-formed glass element. Throughout this thesis I am going to develop a new solution of a self-bearing element with big dimensions made out of glass, ensuring a safe solution to use as an element to walk on the air. The dream of many architects has been to create a building completely transparent, and I would like to contribute to this idea by making a glass slab as a horizontal structural element, for which we have to meet the security requirements. One of the goals is to achieve an element as transparent and slim as possible for the use in walkways of building lobbies. The glass buildings references are well known, but on the other hand the European Universities study the behaviour of the glass with different interlayers, adhesives, laminating systems, stacking, prestressed, buckling, safety, breakage and post-breakage capacity; and many other necessary aspects. The methodology followed in this thesis has been to first create a horizontal industrial prefabricated horizontal element of glass, taking into account all the concepts learned in the state of art and the investigation to be able to predimension this element. The next step will be to verify this model with an analytic calculus, a finite element modelling simulation and physical tests. To fulfil these tests there is an intermediate step, having to change the load hypothesis from a punctual one to make the test with a four points normalized deflexion, and also the scale of the sample was changed to 1:2 to adapt to the space of the test and make it economically possible. Finally, the results of tension and deformation obtained from the three methods have been compared to make the conclusions. However, the problem with safety has not concluded yet, for I will have to demonstrate that this system is safe even after its breakage, for which I can only use physical tests as a way of demonstration. The design is the result of the evolution of a typical “I” beam, which when it is prestressed to achieve more resistance, the effect of buckling overcomes, and this is solved with a “T” shaped beam, where the union is solved with a longitudinal groove on the inferior part of the horizontal element. The boards of this beam grow to cover the superficial loads, creating at the same time a weak point, which is solved by duplicating the section “TT” and therefore making this board work as optimal as a continuous beam. This glass section as a single prestressed element is unique. After the final design of the “π” glass plate was obtained and the composition of the laminated glass and interlayers has been predimensioned, the last connection elements must be contemplated. I have also designed a square steel shoe at the end of the beams, which will be the base and the prestressed board, as well as a curved slot in the centre of the nerves to accommodate the steel braces so that when this brace prestresses the board, at least the deformation due to its self-weight will be amended. Once I made the geometric changes of the scale and the simplifications on the laminating and the adhesive, the extraction on results overcomes from three different stages: without any pretension, with a pretension of 750 kg and with a pretension of 1000 kg on each rib. For each stage and for each one of the methods, calculus, simulation and tests, the deformation datum were extracted to obtain the conclusions, always in the field of the elasticity. Afterwards, I will increase the load until the moment of breakage of this board, and then until the collapse of the element, taking into account the time spent and demonstrating a safe breakage. The glass will not have a plastic behaviour, but its brittle behaviour has been controlled, keeping an acceptable load and deflection.
Resumo:
A oleuropeína é o composto fenólico mais abundante presente nas folhas da oliveira, sendo que muitos estudos vêm demonstrando que este composto apresenta importantes propriedades antimicrobiana, antioxidante, anti-inflamatória, entre outras, surgindo o interesse em estudos de métodos para sua extração e aplicação em produtos na área alimentícia, cosmética e farmacêutica. O objetivo deste estudo foi a extração da oleuropeína à partir de folhas de oliva, utilizando solvente não tóxico, para posterior aplicação dos extratos em óleos vegetais a fim de se verificar seu efeito sobre a estabilidade oxidativa dos mesmos. O solvente selecionado para o estudo foi uma mistura de etanol e água (70:30, em massa, condição obtida através de um trabalho prévio), na presença de 1 % de ácido acético. Em uma primeira etapa, foram realizados experimentos de extração utilizando-se as técnicas de maceração (tipo I) e ultrassom (tipo II), em diferentes condições de temperatura (20, 30, 40, 50 e 60°C). Em uma segunda etapa, através de experimentos com maceração à temperatura ambiente, estudou-se o efeito da razão folhas:solvente (1:8, 1:6 e 1:3) e a influência da presença de ácido acético sobre o processo de extração (tipo III). Por fim, realizando-se a maceração na presença de ácido acético, temperatura ambiente e proporção folhas: solvente igual a 1:3, realizaram-se extrações sequenciadas a partir de uma mesma matéria-prima (tipo IV). Os resultados desses experimentos foram expressos em rendimento de oleuropeína (RO), teor de oleuropeína nos extratos (TO) e rendimento global (RG). Analisando-se os experimentos I e II, verificou-se que a temperatura não exerceu influência significativa sobre as respostas RO, TO e RG. Além disso, verificou-se que os valores das respostas para os experimentos com a maceração foram um pouco maiores do que os valores obtidos para as extrações com o auxílio do ultrassom. Nos experimentos tipo III, em linhas gerais, observou-se a influência positiva da presença do ácido acético sobre as respostas estudadas. Verificou-se também que, na presença de ácido, o aumento da quantidade de solvente na extração conduz ao aumento de RO e RG, e à diminuição de TO. Através do experimento tipo IV, constatou-se que mesmo após quatro extrações sequenciadas, ainda não foi possível esgotar a oleuropeína da matéria-prima. Após a obtenção de todos os extratos hidroalcoólicos, selecionou-se um contendo aproximadamente 19 % de oleuropeína para o estudo da estabilidade oxidativa em óleos vegetais (oliva e girassol) utilizando o método Rancimat. A presença de extrato aumentou em 3 horas o tempo de indução do azeite de oliva extra-virgem, e em 2 horas o tempo de indução do azeite de oliva comum. Os óleos de girassol bruto e refinado não apresentaram melhora na estabilidade oxidativa quando adicionados dos extratos. Foram realizados também testes de estabilidade oxidativa através da adição direta de folhas de oliva em pó nos azeites de oliva extra-virgem e comum. Para o azeite extra-virgem, a adição das folhas não proporcionou melhora da estabilidade oxidativa, porém para o azeite comum, houve um aumento de mais de 2 horas no tempo de indução.Os resultados apresentados neste trabalho demonstraram que é possível obter extratos contendo teores significativos de oleuropeína utilizando-se um solvente renovável. Além disso, constatou-se que os mesmos podem ser utilizados como um antioxidante natural em azeite de oliva, melhorando sua estabilidade oxidativa.