836 resultados para medical treatment
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
Resumo:
National Highway Traffic Safety Administration, Washington, D.C.
Resumo:
National Highway Traffic Safety Administration, Office of Enforcement and Emergency Services, Washington, D.C.
Resumo:
A collection of miscellaneous pamphlets on World War I.
Resumo:
Thesis (Ph.D.)--University of Washington, 2016-08
Resumo:
Thesis (Master's)--University of Washington, 2016-06
Resumo:
Thesis (Ph.D.)--University of Washington, 2016-06
Resumo:
Objective: We sought to define the influence of revascularisation and contractile reserve on left ventricular (LV) remodelling in patients with LV dysfunction after myocardial infarction. Revascularisation of viable myocardium is associated with improved regional function, but the effect on remodelling is undefined. Methods: We studied 70 patients with coronary artery disease and LV dysfunction, 31 of whom underwent revascularisation. A standard dobutamine stress echocardiogram (DbE) was carried out. All patients underwent standard medical treatment; the decision to revascularise was made clinically, independent of this study. LV volumes and ejection fraction were measured by 3D echocardiography at baseline and after an average of 40 weeks. Results: There was no significant difference in baseline ejection fraction or volumes between patients who underwent revascularisation and the remainder. Compared to medically treated patients, revascularised patients had significant improvements in ejection fraction and end-systolic volume in follow-up. The impact of baseline variables on remodelling was assessed by dividing patients into tertiles of LV ejection fraction and volumes. Revascularised patients in the lowest tertile of ejection fraction at baseline (<38%) had a significant improvement in end-systolic volume and ejection fraction, larger than obtained in medically treated patients with low ejection fraction. Revascularised patients with an ejection fraction >38% did not show significant improvement in volumes compared to baseline. Revascularised patients in the largest tertiles of end-systolic (>88 ml) or end-diastolic volume (>149 ml) at baseline had a significant improvement in end-systolic volume. Conclusion: Remodeling appears to occur independent of the presence of regional contractile reserve but does correlate with the volume response to low-dose dobutamine. (C) 2003 Elsevier Ireland Ltd. All rights reserved.
Resumo:
The aim of this study was to investigate the beliefs that patients with advanced cancer held about the curability of their cancer, their use of alternatives to conventional medical treatment, and their need to have control over decisions about treatment. Of 149 patients who fulfilled the criteria for participation and completed a self-administered questionnaire, 45 patients (31%) believed their cancer was incurable, 61 (42%) were uncertain and 39 (27%) believed their cancer was curable. The index of need for control over treatment decisions was low in 53 patients (35.6%) and high in only 17 patients (11.4%). Committed users of alternatives to conventional medical treatments were more likely to believe that their cancer was curable (P
Resumo:
Diastolic dysfunction has a major impact on symptom status, functional capacity, medical treatment, and prognosis in both systolic and diastolic heart failure (HF), irrespective of the cause.w1 w2 When systolic dysfunction is clearly present, the central clinical question concerns the presence or absence of elevated filling pressure; a restrictive filling pattern is highly specific for elevated pulmonary wedge pressure in this setting.1w3 The transmitral flow pattern is also predictive of outcome; non-reversibility of restrictive filling with treatment portends a very poor prognosis.2 Thus, diastolic evaluation is an important component of the evaluation of the patient with systolic left ventricular (LV) impairment.
Resumo:
Inorganic arsenic compounds are known carcinogens. The human epidemiologic evidence of arsenic-induced skin, lung, and bladder cancers is strong. However, the evidence of arsenic carcinogenicity in animals is very limited. Lack of a suitable animal model until recent years has inhibited studies of the mechanism of arsenic carcinogenesis. The toxicity and bioavailability of arsenic depend on its solubility and chemical forms. Therefore, it is critical to be able to measure arsenic speciation accurately and reliably. However, speciation of arsenic in more complex matrices remains a real challenge. There are tens of millions of people who are being exposed to excessive levels of arsenic in the drinking water alone. The source of contamination is mainly of natural origin and the mass poisoning is occurring worldwide, particularly in developing countries. Chronic arsenicosis resulting in cancer and non-cancer diseases will impact significantly on the public health systems in their respective countries. Effective watershed management and remediation technologies in addition to medical treatment are urgently needed in order to avoid what has been regarded as the largest calamity of chemical poisoning in the world.
Resumo:
Meningococcal disease is a rare but potential killer in both adults and children. Community acquired meningococcal disease is caused by a variety of serogroups of Neisseria meningitides. Of the five main subgroups, A, B, C, W135 and Y, serogroups, A and Y are rarely identified in Australia. Alternatively, Serogroup B accounts for the highest number of cases followed by serogroup C strains. Meningococcal infection causes two distinct clinical profiles, though dual presentations are not uncommon. The first, meningitis presenting alone, is the more common form of infection and requires urgent but not immediate medical treatment. Conversely the second presentation, meningococcal septicaemia, is considered a medical emergency. In Queensland, careful and detailed consideration of the evidence for introduction of benzyl penicillin for the prehospital treatment of meningococcal septicaemia has been conducted. Notwithstanding the seriousness of the septicaemic presentation, these reviews have resulted in the decision not to introduce this drug in the ambulance service at the time. This paper describes the reasoning behind these decisions.
Resumo:
Objectives - Nitric oxide (NO) is critically important in the regulation of vascular tone and the inhibition of platelet aggregation. We have shown previously that patients with acute coronary syndromes (ACS) or stable angina pectoris have impaired platelet responses to NO donors when compared with normal subjects. We tested the hypotheses that platelet hyporesponsiveness to NO is a predictor of (1) cardiovascular readmission and/or death and (2) all-cause mortality in patients with ACS (unstable angina pectoris or non-Q-wave myocardial infarction). Methods and Results - Patients (n = 51) with ACS had evaluation of platelet aggregation within 24 hours of coronary care unit admission using impedance aggregometry. Patients were categorized as having normal (>= 32% inhibition of ADP-induced aggregation with the NO donor sodium nitroprusside; 10 mu mol/L; n = 18) or impaired (>= 32% inhibition of ADP-induced aggregation; n = 33) NO responses. We then compared the incidence of cardiovascular readmission and death during a median of 7 years of follow-up in these 2 groups. Using a Cox proportional hazards model adjusting for age, sex, index event, postdischarge medical treatment, revascularization status, left ventricular systolic dysfunction, concurrent disease states, and cardiac risk factors, impaired NO responsiveness was associated with an increased risk of the combination of cardiovascular readmission and/or death (relative risk, 2.7; 95% CI, 1.03 to 7.10; P = 0.041) and all-cause mortality (relative risk, 6.3; 95% CI, 1.09 to 36.7; P = 0.033). Conclusions - Impaired platelet NO responsiveness is a novel, independent predictor of increased mortality and cardiovascular morbidity in patients with high-risk ACS.
Resumo:
BACKGROUND. Regular physical activity is strongly advocated in children, with recommendations suggesting up to several hours of daily participation. However, an unintended consequence of physical activity is exposure to the risk of injury. To date, these risks have not been quantified in primary school-aged children despite injury being a leading cause for hospitalization and death in this population. OBJECT. Our goal was to quantify the risk of injury associated with childhood physical activity both in and out of the school setting and calculate injury rates per exposure time for organized and non-organized activity outside of school. METHODS. The Childhood Injury Prevention Study prospectively followed a cohort of randomly selected Australian primary school- and preschool-aged children (4 to 12 years). Over 12 months, each injury that required first aid attention was registered with the study. Exposure to physical activity outside school hours was measured by using a parent-completed 7-day diary. The age and gender distribution of injury rates per 10 000 hours of exposure were calculated for all activity and for organized and non-organized activity occurring outside school hours. In addition, child-based injury rates were calculated for physical activity-related injuries both in and out of the school setting. RESULTS. Complete diary and injury data were available for 744 children. There were 504 injuries recorded over the study period, 396 (88.6%) of which were directly related to physical activity. Thirty-four percent of physical activity-related injuries required professional medical treatment. Analysis of injuries occurring outside of school revealed an overall injury rate of 5.7 injuries per 10 000 hours of exposure to physical activity and a medically treated injury rate of 1.7 per 10 000 hours. CONCLUSION. Injury rates per hours of exposure to physical activity were low in this cohort of primary school-aged children, with < 2 injuries requiring medical treatment occurring for every 10 000 hours of activity participation outside of school.
Resumo:
Ethological studies of animals in groups and sociobiology indicate that hierarchies of dominance amongst some species ensure the survival of the group. When transferred to human groups, dominance hierarchies suggest a crucial role played by recasting the scope of such hierarchies of dominant and subordinate members to included hyper-dominant beings. A recognition of such beings as even more dominant than the socially dominant members of a hierarchy facilitates the empowerment of the socially subordinate members. Religious belief and practice works to establish such hyper-dominant beings (gods, goddesses, and so forth) as superior members of human groups. Doing so is a means of ensuring the survival of the species and, thus, enhancing healing and human health. The doctor-patient relationship is examined from such a point of view, with an emphasis on whether the hierarchy created by the relationship allows consideration of alternative and complementary forms of medical treatment.