999 resultados para Inscriptions, Runic


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Il presente lavoro è incentrato sulla raccolta e l’analisi dell’instrumentum fittile inscriptum – in particolare laterizi, dolia, lucerne, ceramica fine da mensa, anfore e tappi d’anfora - rinvenuto a Modena e nel suo territorio. L’attenzione è stata concentrata sul materiale bollato e, per quanto riguarda le anfore, anche sullo studio degli esemplari recanti tituli picti. Si è proceduto ad una raccolta di tutto il materiale edito, a cui si è aggiunto lo studio di un’ingente quantità di reperti provenienti da due recenti scavi suburbani: quello presso il Parco Novi Sad, che si segnala soprattutto per la ricchezza del materiale anforico, e quello di Viale Reiter, ove sono venuti alla luce numerosi scarti di cottura di lucerne a canale recanti le firme di alcuni dei più noti produttori di tali oggetti nel mondo romano. A ciascuna categoria di instrumentum è stato dedicato un capitolo, corredato di tabelle in cui è stato raccolto tutto il materiale considerato; inoltre, per i reperti del Parco Novi Sad e di Viale Reiter, è stato realizzato un catalogo corredato di riproduzioni grafiche e fotografiche. Per quanto concerne le iscrizioni dipinte, un capitolo è stato dedicato a quelle presenti sulle anforette adriatiche da pesce; quanto ai tituli picti su anfore di morfologia betica per il trasporto di salse di pesce è stato effettuato un confronto con esemplari rinvenuti in due scavi inediti a Parma, che presentano significative analogie col materiale modenese. Dall’analisi dell’instrumentum inscriptum di Mutina, pur consapevoli dei limiti insiti in una ricerca incentrata unicamente su tale tipo di materiale, è emersa un’immagine della colonia, tra la tarda età repubblicana ed il I sec. d.C., congruente con quella delineata dalle fonti letterarie, dall’epigrafia lapidaria e dai rinvenimenti archeologici, ossia di una città di notevole importanza e ricchezza.

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La ricerca riguarda lo studio del cantiere edilizio protobizantino, con particolare riferimento al ciclo della lavorazione del marmo. Quest’ultimo viene analizzato sotto il profilo amministrativo, tecnico, sociale ed artigianale. L’elemento guida della ricerca sono i marchi dei marmorari, sigle apposte da funzionari e maestranze durante il processo produttivo. Dapprima, fonti letterarie ed epigrafiche, tra cui le sigle di cava e officina su marmo, vengono esaminate per ricostruire il sistema alto-imperiale di amministrazione delle cave e di gestione dei flussi marmorei, nonché l’iter tecnico-artigianale adottato per la produzione dei manufatti. Il confronto con i dati disponibili per la tarda antichità, con particolare riferimento alle cave di Proconneso, evidenzia una sostanziale continuità della prassi burocratico-amministrativa, mentre alcuni cambiamenti si riscontrano nell’ambito produttivo-artigianale. Il funzionamento degli atelier marmorari viene approfondito attraverso lo studio dei marchi dei marmorari. Si tratta di caratteri greci singoli, multipli o monogrammi. Una ricognizione sistematica delle sigle dalla pars Orientalis dell’impero, reperite in bibliografia o da ricognizioni autoptiche, ha portato alla raccolta di circa 2360 attestazioni. Per esse si propone una classificazione tipologica tra sigle di cava, stoccaggio, officina. Tra le sigle di cava si annoverano sigle di controllo, destinazione/committenza, assemblaggio/posizionamento. Una particolare attenzione è riservata alle sigle di officina, riferibili ad un nome proprio di persona, ovvero al πρωτομαΐστωρ, il capo-bottega che supervisionava il lavoro dei propri artigiani e fungeva da garante del prodotto consegnato alla committenza. Attraverso lo studio comparato delle sigle reperite a Costantinopoli e in altri contesti si mette in luce la prassi operativa adottata dagli atelier nei processi di manifattura, affrontando anche il problema delle maestranze itineranti. Infine, sono analizzate fonti scritte di varia natura per poter collocare il fenomeno del marmo in un contesto socio-economico più ampio, con particolare riferimento alle figure professionali ed artigianali coinvolte nei cantieri e al problema della committenza.

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Si compie un'indagine al fine di determinare se all'interno dell'epigrafia romana fossero presenti precise specificità locali e quale livello di consapevolezza ne avessero i fruitori del mezzo epigrafico. Campione di indagine è l'orizzonte epigrafico di Mediolanum, di cui si definiscono le specificità - monumentali, impaginative, sintattiche, ma anche relative a maestranze e committenza - per confronto con le produzioni epigrafiche circostanti. Il quadro finale è quello di una produzione ben inserita negli orizzonti cisalpino e transpadano, ma che allo stesso tempo se ne differenzia per una serie di peculiarità, che in taluni casi sembrerebbero volutamente ricercate dai committenti.

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Dopo un’introduzione sull’economia nel mondo antico e nella Galilea, la tesi affronta una rappresentazione storica de “Il Mare di Galilea tra l’antichità e oggi” (cap. 3). Seguono i capitoli sulle “Tecniche e le attrezzature di pesca” (cap.4) e su “Città, villaggi e aree di pesca” (Cap. 5). Due capitoli riguardano più particolarmente l’attività economica in senso stretto: “L’organizzazione dell’attività” (cap. 6) e “Commercio ed esportazione” (cap. 7). Chiudono la tesi due capitoli di carattere più metodologico: una rappresentazione degli agenti sociali della pesca (“i pescatori”) condotta ispirandosi alla network Analysis e un’analisi antropologica del loro sistema di vita (capitolo finale).La tesi è basata essenzialmente su tre corpi di documentazione: papiri documentari, dati archeologici, fonti storiche e letterarie. Molti dei documenti reperiti, in lingua greca, non erano mai stati tradotti in lingue moderne.La tesi consta – oltre ai diversi capitoli – anche di un’appendice documentaria molto estesa

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Tourists to the archaeological site of Tiwanaku are presented with ancient calendars, of which the Gateway of the Sun is the most important, famous, and beautiful. Arthur Posnansky and other early 20th-century archaeologists claimed that its inscriptions constituted a written calendar. These claims were intimately connected to narratives of Tiwanaku as a central source of knowledge in both pre-Columbian times and the contemporary world. Posnansky presented his interpretation of Tiwanaku’s calendars as a response to the debates of the World Calendar Movement, which in the 1930s was attempting to rationalize the Gregorian calendar. In the Gateway, Posnansky found a uniquely Bolivian response to the international, North Atlantic-dominated scientific community’s search for a rational way to keep time in the world economy. Bolivian intellectuals merged their interest in the indigenous past with their concerns about the role of the modernist Bolivian state in the global system.

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This paper focuses on the construction date of the Neo-Assyrian city walls on the western front of Ashur. W. Andrae and his team excavated the walls on a large scale and established that they were both referred to in Shalmaneser III’s inscriptions. However, a reconsideration of the archaeological and textual evidence suggests that not the „Binnenwall,“ but the „Niederwall“ was constructed at the same time as the „Außenwall.“ This implies that Shalmaneser III’s inscriptions actually never mentioned the „Binnenwall“ which was probably not built until the end or even sometime after of his reign.

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publié sous les auspices de l'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres par Mayer Lambert et Louis Brandin

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En este trabajo proponemos centrarnos en dos intervenciones de lectura sobre la obra del lingüista italiano Graziadio Isaia Ascoli, producidas por lingüistas europeos instalados en la Argentina: el italiano Benvenuto Terracini, que ejerció como profesor de Lingüística en la Universidad de Tucumán entre 1941 y 1946, y el rumano Demetrio Gazdaru, que fue docente de materias lingüísticas en diferentes universidades del país desde 1949 hasta 1973. Entendemos esas relecturas como un momento sustancial en los respectivos diseños de la historia de los estudios sobre el lenguaje que ambos especialistas llevan adelante en ámbito argentino. Asimismo, interrogamos esas relecturas como dos intervenciones por la definición de un saber lingüístico legítimo desde lugares periféricos, en la medida en que apuntalan una tradición romanista alternativa a las diferentes inscripciones hispanistas hegemónicas en los discursos académicos sobre el lenguaje en la Argentina

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Este trabajo de investigación busca encontrar articulaciones entre situaciones de violencia en la vida de las victimarías y el acto infanticida. Se ha considerado fundamentar la misma en la perspectiva de los estudios de género, por cuanto entendemos que no pueden recortarse ni ignorarse las marcas e inscripciones de violencia material y simbólica, así como las significaciones imaginarias que producen la subjetividad femenina. El acto infanticida, en tanto acto humano, tiene múltiples atravesamientos, entre los cuales hemos privilegiado las líneas antropológica, psicológica y sociológica. La elección de una metodología cualitativa de investigación y las técnicas de historia de vida y entrevista en profundidad, dentro de ella, dan cuenta de este propósito de comprender cómo se inscribe el acto infanticida en la vida de estas mujeres que cumplen sentencia en establecimientos penitenciarios bonaerenses. La constitución interdisciplinaria del equipo de investigación busca una síntesis integradora de los enfoques interdisciplinarios

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En este trabajo proponemos centrarnos en dos intervenciones de lectura sobre la obra del lingüista italiano Graziadio Isaia Ascoli, producidas por lingüistas europeos instalados en la Argentina: el italiano Benvenuto Terracini, que ejerció como profesor de Lingüística en la Universidad de Tucumán entre 1941 y 1946, y el rumano Demetrio Gazdaru, que fue docente de materias lingüísticas en diferentes universidades del país desde 1949 hasta 1973. Entendemos esas relecturas como un momento sustancial en los respectivos diseños de la historia de los estudios sobre el lenguaje que ambos especialistas llevan adelante en ámbito argentino. Asimismo, interrogamos esas relecturas como dos intervenciones por la definición de un saber lingüístico legítimo desde lugares periféricos, en la medida en que apuntalan una tradición romanista alternativa a las diferentes inscripciones hispanistas hegemónicas en los discursos académicos sobre el lenguaje en la Argentina

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Este trabajo de investigación busca encontrar articulaciones entre situaciones de violencia en la vida de las victimarías y el acto infanticida. Se ha considerado fundamentar la misma en la perspectiva de los estudios de género, por cuanto entendemos que no pueden recortarse ni ignorarse las marcas e inscripciones de violencia material y simbólica, así como las significaciones imaginarias que producen la subjetividad femenina. El acto infanticida, en tanto acto humano, tiene múltiples atravesamientos, entre los cuales hemos privilegiado las líneas antropológica, psicológica y sociológica. La elección de una metodología cualitativa de investigación y las técnicas de historia de vida y entrevista en profundidad, dentro de ella, dan cuenta de este propósito de comprender cómo se inscribe el acto infanticida en la vida de estas mujeres que cumplen sentencia en establecimientos penitenciarios bonaerenses. La constitución interdisciplinaria del equipo de investigación busca una síntesis integradora de los enfoques interdisciplinarios

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En este trabajo proponemos centrarnos en dos intervenciones de lectura sobre la obra del lingüista italiano Graziadio Isaia Ascoli, producidas por lingüistas europeos instalados en la Argentina: el italiano Benvenuto Terracini, que ejerció como profesor de Lingüística en la Universidad de Tucumán entre 1941 y 1946, y el rumano Demetrio Gazdaru, que fue docente de materias lingüísticas en diferentes universidades del país desde 1949 hasta 1973. Entendemos esas relecturas como un momento sustancial en los respectivos diseños de la historia de los estudios sobre el lenguaje que ambos especialistas llevan adelante en ámbito argentino. Asimismo, interrogamos esas relecturas como dos intervenciones por la definición de un saber lingüístico legítimo desde lugares periféricos, en la medida en que apuntalan una tradición romanista alternativa a las diferentes inscripciones hispanistas hegemónicas en los discursos académicos sobre el lenguaje en la Argentina

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Este trabajo de investigación busca encontrar articulaciones entre situaciones de violencia en la vida de las victimarías y el acto infanticida. Se ha considerado fundamentar la misma en la perspectiva de los estudios de género, por cuanto entendemos que no pueden recortarse ni ignorarse las marcas e inscripciones de violencia material y simbólica, así como las significaciones imaginarias que producen la subjetividad femenina. El acto infanticida, en tanto acto humano, tiene múltiples atravesamientos, entre los cuales hemos privilegiado las líneas antropológica, psicológica y sociológica. La elección de una metodología cualitativa de investigación y las técnicas de historia de vida y entrevista en profundidad, dentro de ella, dan cuenta de este propósito de comprender cómo se inscribe el acto infanticida en la vida de estas mujeres que cumplen sentencia en establecimientos penitenciarios bonaerenses. La constitución interdisciplinaria del equipo de investigación busca una síntesis integradora de los enfoques interdisciplinarios