880 resultados para Cura térmica


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Il medulloblastoma (MB) è il tumore più comune del sistema nervoso centrale. Attualmente si riesce a curare solo il 50-60% dei pazienti che tuttavia presentano gravi effetti collaterali dovuti alle cure molto aggressive. Una recente classificazione molecolare ha ridistribuito le varianti più comuni di MB in quattro distinti gruppi. In particolare, il gruppo SHH e D sono caratterizzati da un’ alta espressione di MYCN ed associati a prognosi sfavorevole. MYCN è coinvolto nella regolazione della proliferazione cellulare, differenziazione, apoptosi, angiogenesi e metastasi. L’obiettivo di questo lavoro è la valutazione dell’attività antitumorale di oligonucleotidi diretti contro MYCN, sia in vitro su diverse linee cellulari di MB che in vivo in modelli murini xenograft ortotopici di MB. I risultati hanno dimostrato un’ottima inibizione della crescita in linee cellulari di MB, accompagnata da una riduzione della trascrizione genica e dei livelli proteici di MYCN. Inoltre, sono stati confermati tramite RT-PCR alcuni dei geni trovati significativamente variati nell’esperimento di microarray , dopo il trattamento. Molto interessanti sono stati geni quali BIRC5, che risulta down regolato mentre il gene p21 risulta up regolato in tutte le linee cellulari di MB utilizzate. Inoltre, sono stati generati modelli murini di MB utilizzando cellule precedentemente trasfettate per esprimere il gene della luciferasi e valutarne così la crescita tumorale tramite imaging bioluminescente in vivo (BLI), al fine di poter testare l’attività antitumorale data dagli oligonucleotidi. I risultati hanno dimostrato una buona risposta al trattamento come rilevato dalla tecnica di BLI. I dati preliminari prodotti, dimostrano che MYCN potrebbe esser un buon target per la terapia del MB nei casi in cui è overespresso. In particolare, una sua inibizione potrebbe presentare effetti indesiderati moderati in quanto è poco espresso dopo la nascita.

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Scopo di tale lavoro è indagare la valenza dell'etica femminista e dell'etica della cura all'interno del campo della bioetica, in particolar modo rispetto ai dilemmi morali attinenti alle questioni di fine vita. Nell'intento di far emergere l'importanza dell'approccio femminista alla bioetica, ci occuperemo inizialmente dell'analisi dell'etica femminista, individuando i tratti caratteristici e le peculiarità proprie di tale pensiero. Secondariamente illustreremo la nascita dell'etica della cura e tratteremo delle differenti correnti che la costituiscono, al fine di mettere in evidenza le caratteristiche principali ascrivibili al pensiero della cura di tipo femminista. Dopo aver preso in considerazione l'etica femminista e l'etica della cura, esamineremo in che termini il concetto di autonomia possa essere interpretato dalla riflessione femminista nel suo complesso, cominciando a riflettere intorno al ruolo che l'etica della cura e l'etica femminista possono avere all'interno del campo della bioetica. In tal senso, prenderemo in esame le caratteristiche e gli obiettivi della bioetica femminista, soffermandoci ad indagare l'apporto che l'approccio femminista può fornire alla discussione intorno alle questioni di fine vita. Al riguardo, esamineremo in che modo l'etica femminista e l'etica della cura possano espandere il discorso bioetico intorno al fine vita, vagliando i timori e le preoccupazioni espresse dalla riflessione femminista e considerando i nuovi scenari e le nuove prospettive tracciate dall'etica della cura.

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Interculturalità, radici storiche e modelli di cura nelle istituzioni degli hospice: un percorso interdisciplinare in prospettiva comparata” è uno studio di conoscenza e punto di partenza per la formazione delle equipe mediche che curano i malati terminali di culture diverse. Attraverso il confronto delle varie realtà Hospice della Regione Emilia Romagna e con il metodo del questionario semistrutturato si è fatta una fotografia dell' esperienza assistenziale in cure palliative. Si mette in luce l'esiguità della popolazione straniera negli Hospice dell'Emilia Romagna in linea con il trend dei ricoveri oncologici ospedalieri. Tuttavia è possibile pensare a una crescita importante dei pazienti di culture diverse nei prossimi decenni e alla necessità di una adeguata preparazione dei team di cura

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La formazione, in ambito sanitario, è considerata una grande leva di orientamento dei comportamenti, ma la metodologia tradizionale di formazione frontale non è la più efficace, in particolare nella formazione continua o “long-life education”. L’obiettivo primario della tesi è verificare se l’utilizzo della metodologia dello “studio di caso”, di norma utilizzata nella ricerca empirica, può favorire, nel personale sanitario, l’apprendimento di metodi e strumenti di tipo organizzativo-gestionale, partendo dalla descrizione di processi, decisioni, risultati conseguiti in contesti reali. Sono stati progettati e realizzati 4 studi di caso con metodologia descrittiva, tre nell’Azienda USL di Piacenza e uno nell’Azienda USL di Bologna, con oggetti di studio differenti: la continuità di cura in una coorte di pazienti con stroke e l’utilizzo di strumenti di monitoraggio delle condizioni di autonomia; l’adozione di un approccio “patient-centred” nella presa in carico domiciliare di una persona con BPCO e il suo caregiver; la percezione che caregiver e Medici di Medicina Generale o altri professionisti hanno della rete aziendale Demenze e Alzheimer; la ricaduta della formazione di Pediatri di Libera Scelta sull’attività clinica. I casi di studio sono stati corredati da note di indirizzo per i docenti e sono stati sottoposti a quattro referee per la valutazione dei contenuti e della metodologia. Il secondo caso è stato somministrato a 130 professionisti sanitari all’interno di percorso di valutazione delle competenze e dei potenziali realizzato nell’AUSL di Bologna. I referee hanno commentato i casi e gli strumenti di lettura organizzativa, sottolineando la fruibilità, approvando la metodologia utilizzata, la coniugazione tra ambiti clinico-assistenziali e organizzativi, e le teaching note. Alla fine di ogni caso è presente la valutazione di ogni referee.

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Tesi sul restauro e valorizzazione del Centro Educativo Italo Svizzero C.E.I.S. di Rimini con interventi umanamente possibili nel rispetto della sostanza.

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La distrofia muscolare di Emery-Dreifuss (EDMD) è una miopatia degenerativa ereditaria caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli senza coinvolgimento del sistema nervoso. Individui EDMD presentano, inoltre, cardiomiopatia con difetto di conduzione che provoca rischio di morte improvvisa. Diversi studi evidenziano un coinvolgimento di citochine in diverse distrofie muscolari causanti infiammazione cronica, riassorbimento osseo, necrosi cellulare. Abbiamo effettuato una valutazione simultanea della concentrazione di citochine, chemochine, fattori di crescita, presenti nel siero di un gruppo di 25 pazienti EDMD. L’analisi effettuata ha evidenziato un aumento di citochine quali IL-17, TGFβ2, INF-γ e del TGFβ1. Inoltre, una riduzione del fattore di crescita VEGF e della chemochina RANTES è stata rilevata nel siero dei pazienti EDMD rispetto ai pazienti controllo. Ulteriori analisi effettuate tramite saggio ELISA hanno evidenziato un aumento dei livelli di TGFβ2 e IL-6 nel terreno di coltura di fibroblasti EDMD2. Per testare l’effetto nei muscoli, di citochine alterate, abbiamo utilizzato terreno condizionante di fibroblasti EDMD per differenziare mioblasti murini C2C12. Una riduzione del grado di differenziamento è stata osservata nei mioblasti condizionati con terreno EDMD. Trattando queste cellule con anticorpi neutralizzanti contro TGFβ2 e IL-6 si è avuto un miglioramento del grado di differenziamento. In C2C12 che esprimevano la mutazione H222P del gene Lmna,non sono state osservate alterazioni di citochine e benefici di anticorpi neutralizzanti. I dati mostrano un effetto patogenetico delle citochine alterate come osservato in fibroblasti e siero di pazienti, suggerendo un effetto sul tessuto fibrotico di muscoli EDMD. Un effetto intrinseco alla mutazione della lamina A è stato rilevato sul espressione di caveolina 3 in mioblasti differenziati EDMD. I risultati si aggiungono a dati forniti sulla patogenesi dell' EDMD confermando che fattori intrinseci ed estrinseci contribuiscono alla malattia. Utilizzo di anticorpi neutralizzanti specifici contro fattori estrinseci potrebbe rappresentare un approccio terapeutico come mostrato in questo studio.

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La suddivisione in aree assistenziali per intensità di cura e non in reparti e unità operative, consente al personale medico e sanitario una migliore gestione del paziente, ponendolo al centro del suo percorso di cura, evitando dispersioni, sprechi di tempo, di spazio, di risorse e consentendo una ottimizzazione del proprio lavoro. I settori su cui questo elaborato tende a focalizzarsi maggiormente, sono le aree a media e bassa intensità. Tali aree ospitano pazienti i quali necessitano di monitoraggio dei propri parametri fisiologici vitali, ma non in modo invasivo e costante come al contrario avviene in aree assistenziali ad intensità più alta. Si tratterà in particolare di quali dispositivi sono i più adatti per essere impiegati all’interno di tali aree. Si vuole sottolineare l’importanza della “modularità” di questi dispositivi, ovvero la possibilità di rilevare solo ed esclusivamente i parametri che realmente servono al medico per comprendere il quadro clinico del paziente in fase di stabilizzazione. I dati rilevati vengono poi generalmente trasmessi a un accentratore attraverso Bluetooth o altri standard a corto raggio. La cartella clinica del paziente viene aggiornata automaticamente e il personale sanitario può accedere in qualsiasi momento allo storico dei dati, ottimizzando il proprio lavoro. Per descrivere lo stato dell’arte dei dispositivi ne vengono riportati due esempi: Win@Hospital dell’azienda pisana Winmedical e EverOn dell’azienda israeliana EarlySense. L’integrazione dei dati medicali di questi dispositivi, così come per tutte le apparecchiature biomedicali presenti all’interno degli ospedali, avviene per mezzo di standard quali HL7 e sulla base di profili di integrazione definiti da IHE.