396 resultados para Códice Vaticano


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Pós-graduação em Música - IA

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Nesta obra pretende-se estudar as duas formas rituais da liturgia romana, comparando-as e procurando entender os motivos do cisma, ao mesmo tempo em que se pretende abarcar as ações do atual pontífice e as reações no mundo católico e fora dele. Para tanto, usar-se-á como fonte o Missal tridentino de 1570 e o novo Ordo Missæ de Paulo VI de 1969, bem como os catecismos formulados após os Concílios de Trento (1545-1563) e o Vaticano II (1962-1965), tendo por objetivo comparar suas notificações sobre o culto católico e seu significado. Durante o processo de análise tem-se a intenção de vislumbrar o impacto das mudanças no seio da Igreja, pois constata-se uma espécie de endurecimento no final do pontificado de João Paulo II, com a promulgação de documentos litúrgicos que tendem a criar empecilhos para possíveis abusos durante a missa (Ecclesia de Eucharistia, 2003) - há a retomada e destaque do sentido sacrificial do culto católico e uma série de recomendações impostas pela Congregação do Culto Divino para celebração da missa (Redemptionis Sacramentum, 2004). Fato é que, quarenta anos após o mencionado Concílio Vaticano II e quase quatro décadas de utilização do novo rito da missa, é rara qualquer menção específica na historiografia recente da Igreja sobre o andamento de tal tema. A maioria dos livros de história da Igreja que traça um levantamento de fatos até o Vaticano II, apresentam-no como uma espécie de revolução interna da estrutura eclesiástica sem, contudo, aprofundar o tema ou mostrar as crises na Igreja decorrentes deste.

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O compositor, maestro e músico Furio Franceschini, nascido na Itália no final dos anos 1800, chegou ao Brasil em 1904, estabelecendo-se três anos depois em São Paulo, onde assumiu o posto de organista titular e mestre de capela da Sé. Com densa formação musical, ele compôs mais de 600 obras - das quais cerca de dois terços constituem-se de música sacra - e participou de polêmicas em torno de tendências musicais com intelectuais como Mário de Andrade, com quem se correspondia. A partir das seis missas de Franceschini, o musicólogo Fernando Lacerda Simões Duarte analisa as vertentes musicais escolhidas pelo compositor para suas criações. Ele relaciona as missas de Franceschini, todas criadas no Brasil, com o ultramontanismo. Esse movimento religioso surgido na França no século 19 teve como objetivo centralizar o poder da Igreja em Roma, na figura do papa, e proclamar sua transcendência em relação às questões seculares. No mesmo período surgia o cecilianismo, movimento que procurou banir das igrejas a música operística adaptada à liturgia católica, defendendo a criação de uma música sacra exclusiva aos rituais religiosos. Fernando Lacerda expõe ainda a visão de Franceschini, católico fervoroso, acerca das mudanças lançadas pelo Concílio Vaticano II (1962-1965). Embora não se mostrasse contrário aos ideais da nova orientação, o compositor criticava a qualidade das produções musicais pós-conciliares. O livro traz uma visão ampla das discussões da Igreja católica sobre a música sacra e apresenta a personalidade de um compositor que, mesmo tendo vivido no Brasil, é praticamente desconhecido no país.

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Pós-graduação em História - FCHS

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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“Il museo sta cambiando. In passato, era un luogo di certezze assolute, fonte di definizioni, di valori e di dottrina in materia d'arte, a tutto campo; era il luogo in cui non ci si ponevano interrogativi ma si davano autorevoli risposte.[...]“ 1 Il collezionismo d'arte comincia con il Rinascimento italiano, che sviluppa un particolare senso della storia, un entusiasmo per i prodotti dell'Antichità classica e per tutti i generi dell'arte contemporanea, pensati per la residenza privata, e in realtà, per esse fabbricati: dipinti di soggetto mitologico, quadri di artisti fiamminghi, piccoli bronzi e, al nord arte grafica. Il collezionismo in senso stretto fu agli inizi del secolo connesso solo con le antichità. Verso la fine del Cinquecento, vanno manifestandosi parecchie innovazioni. Per la prima volta compare la parola museo, che era già stata adottata in Alessandria durante il periodo Ellenistico per designare tutto l'ambito degli edifici per la cultura in cui era compresa la biblioteca. Inizialmente tutte le collezioni erano private, ma potevano essere visitate dalle élite sociali. L‟istituzione del museo che noi oggi conosciamo, nasce dall‟ Europa illuminista del XVIII secolo: infatti in questo periodo fu deliberatamente progettato uno spazio architettonico appropriato che desse forma universalmente riconoscibile all‟idea di museo. Poniamo gli esempi del Museo di Villa Albani nel 1746 e il Museo Pio Clementino in Vaticano nel 1775, che per primi si pongono il problema della progettazione architettonica, dell‟allestimento e ordinamento adeguati a un museo aperto al pubblico. Mentre per Villa Albani si trattava pur sempre di una raccolta privata visitabile, il museo voluto dai papi Clemente XIV e Pio VI per le collezioni archeologiche era già pensato come un‟istituzione di interesse pubblico. Gli ultimi tre secoli del secondo millennio hanno visto la crescita dell‟istituzione del museo, diventata esponenziale negli ultimi decenni del XX secolo. I tempi hanno coinciso con la nascita, l‟affermazione rivoluzionaria, il trionfo e il consolidamento della cultura nell‟età della borghesia. 2 “Mentre prima il museo non era che un luogo pieno di oggetti, oggi è diventato un luogo pieno di idee, che vengono suggerite dalle indicazioni e dalle descrizioni accompagnanti gli oggetti esposti, dato che il museo è come un libro aperto che si offre allo studioso e a chi desidera formarsi una coltura.[...]3 1 Karsten Schubert, Museo. Storia di un'idea - dalla Rivoluzione francese ad oggi, il Saggiatore, Milano 2004, p.17. 2 Alessandra Mottola Molfino, Il libro dei musei, Umberto Alemandi & C., Torino 1991, pp. 11-22 3 Daniele Donghi, Manuale dell'architetto Volume II, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino 1935, p. 11. 8 Un museo non è definito solo in base all'importanza e alla qualità delle sue raccolte, ma soprattutto da come vengono recepite da chi le esamina, sia per motivi di studio che per interesse personale. Per questo motivo si deve mettere in grado le diverse categorie di fruitori, di accedere al museo con il minor spreco di tempo possibile e con il maggior profitto. L'effetto che si vuole ottenere deriva sia dal metodo di esposizione degli oggetti, sia da una buona soluzione tecnica relativa alle dimensioni, alla forma, alla distribuzione, riscaldamento e ventilazione dei locali, all'illuminazione degli oggetti e ai mezzi di loro conservazione e sicurezza. Il museo moderno dovrà coniugare al suo interno museografia e museologia. Dove“[...]per museografia si intende l'insieme delle azioni progettuali, scientifiche e tecniche, tendenti alla sistemazione organizzativa del museo (distributiva, impiantistica, tecnica, architettonica, allestitiva, informatica); appartiene in genere all'opera dell'architetto, con la collaborazione di strutturisti, impiantisti e informatici. Al contrario per museologia si intende l'insieme delle azioni di ricerca storica, filologica, di comparazione critica che presiede all'ordinamento dell'esposizione delle opere; generalmente appartiene allo storico dell'arte, allo storico della scienza, all'archeologo, all'antropologo [...].”4 Confrontando progetti museografici e museali dei primi musei con esempi moderni e contemporanei, si intendono ricavare i caratteri fondamentali che permettano di presentare un progetto per museo coerente all'area di studio, e che riesca a rivelare la vera natura degli oggetti che andrà a ospitare attraverso uno studio specifico dei percorsi e degli allestimenti.

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Il lavoro presentato ha come oggetto la ricostruzione tridimensionale della città di Bologna nella sua fase rinascimentale. Tale lavoro vuole fornire un modello 3D delle architetture e degli spazi urbani utilizzabile sia per scopi di ricerca nell’ambito della storia delle città sia per un uso didattico-divulgativo nel settore del turismo culturale. La base del lavoro è una fonte iconografica di grande importanza: l’affresco raffigurante Bologna risalente al 1575 e situato in Vaticano; questa è una veduta a volo d’uccello di grandi dimensioni dell’intero tessuto urbano bolognese all’interno della terza cerchia di mura. In esso sono rappresentate in maniera particolareggiata le architetture civili e ecclesiastiche, gli spazi ortivi e cortilivi interni agli isolati e alcune importanti strutture urbane presenti in città alla fine del Cinquecento, come l’area portuale e i canali interni alla città, oggi non più visibili. La ricostruzione tridimensionale è stata realizzata tramite Blender, software per la modellazione 3D opensource, attraverso le fasi di modellazione, texturing e creazione materiali (mediante campionamento delle principali cromie presenti nell’affresco), illuminazione e animazione. Una parte della modellazione è stata poi testata all’interno di un GIS per verificare l’utilizzo delle geometrie 3D come elementi collegabili ad altre fonti storiche relative allo sviluppo urbano e quindi sfruttabili per la ricerca storica. Grande attenzione infine è stata data all’uso dei modelli virtuali a scopo didattico-divulgativo e per il turismo culturale. La modellazione è stata utilizzata all’interno di un motore grafico 3D per costruire un ambiente virtuale interattivo nel quale un utente anche non esperto possa muoversi per esplorare gli spazi urbani della Bologna del Cinquecento. In ultimo è stato impostato lo sviluppo di un’applicazione per sistemi mobile (Iphone e Ipad) al fine di fornire uno strumento per la conoscenza della città storica in mobilità, attraverso la comparazione dello stato attuale con quello ricostruito virtualmente.

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L'incisore Giovanni Volpato (1735 ca.-1803), allievo di Francesco Bartolozzi a Venezia e trasferitosi nel 1770 a Roma era un incisore che serviva due campi tra di loro molto diversi – da una parte era un'abile e fertile incisore di un genere di stampe che attingeva al genere popolare e al paesaggio di gusto veneziano ma la sua attività maggiormente notata si riferiva al repertorio classico di tradizione romano – riproducendo le opere di Raffaello, Michelangelo, degli Carracci e della loro scuola. La maggior fama del Volpato deriva soprattutto dalle 46 tavole che trasse dalle Logge di Raffaello pubblicate tra 1776 e 1777 delle quali esistono anche esemplari colorati a mano e che hanno profondamente influenzato il gusto della decorazione degli interni in tutta l'Europa oltre il 1800. Alessandro Verri nel 1776 scrisse a suo fratello Pietro a proposito di questa pubblicazione: "Dopo che si sono stampate in Roma le Loggie del Vaticano tutto ha cambiato di gusto. Le carrozze, i muri, gli intagli, le argenterie hanno preso gli ornamenti di quel fonte perenne di ogni varietà." La collaborazione con Gavin Hamilton per la Scholae Italia Picturae e le riproduzioni della Galleria Farnese e della Cappella Sistina come anche del Museo Pio Clementino e delle statue antiche in un repertorio per artisti rivelano il suo interesse per la formazione artistica. In un certo senso si può dire che Volpato era la contropparte di Piranesi e che ambedue effettuavano una precisa e ben meditata divisione dei compiti e di generi e interessi che comunque era al servizio del pubblico turistico che in numero crescente prendeva Roma come meta di viaggi e d'istruzione culturale e si serviva delle incisioni di facile portata di mano. L'importanza delle incisioni come merce di facile trasporto e diffusione è stata per la prima volta riconosciuta da Luigi Lanzi quando definì il Settecento "secolo di rame".

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El manuscrito P (de la Biblioteca Nacional de Francia) del Libro del cavallero Zifar es un códice de fines del siglo XV que, debido a las cerca de 240 ilustraciones que contiene, permite apreciar la dinámica particular de producción y recepción de aquellos manuscritos medievales en los que se conjugan el texto y la imagen como configuradores de sentido. A través de la focalización de un grupo de ilustraciones miniadas que dan cuenta de la dinámica de la aventura caballeresca, centrada tanto en Zifar como en su familia, el presente trabajo postula la relación de esas imágenes con el texto en una retórica deudora tanto de la redacción inicial del texto como de su recepción más de un siglo y medio después

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El presente trabajo tiene como marco general la consideración de que el campo jurídico forma parte del espacio social en el que se juegan los conflictos de una comunidad, poniendo especial atención a la dimensión simbólica y a la significación real de la ley, es decir, a su efecto jurídico. El análisis de algunas fazañas del manuscrito 431 de la Biblioteca Nacional de Madrid permitirá poner de relieve la particular formulación simbólica del espacio que caracteriza estos textos jurídicos de mediados del siglo XIV. Este códice constituye uno de los mayores testimonios de un intento de formalización escrita del derecho señorial (consuetudinario) nunca fijado oficialmente en Castilla. Teniendo presente la representación del espacio en los textos jurídicos alfonsíes (especialmente las Siete Partidas) será especialmente productivo el análisis narrativo de los textos mencionados dado que allí se contraponen dos formas de impartir la justicia pero también de concebir el derecho y ordenar el mundo: el particularismo del derecho señorial y la concepción abstracta y universalista de la norma jurídica hacia la que tienden los códigos alfonsíes y que proporcionaría los fundamentos para la consolidación del Estado. Los textos incluidos en el manuscrito 431 de la Biblioteca Nacional de Madrid manifiestan, por su parte, una inclinación no por la abstracción teórica sino por un sentido concreto de justicia que privilegia el caso excepcional a la regla general, lo concreto a lo abstracto, lo local a lo universal que se pone de relieve en las fazañas, breves textos narrativos de carácter jurídico

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El presente trabajo vuelve a los vv. 358-361 del Cantar de Mio Cid sobre un tema que ha perturbado a la crítica: el texto conservado en el Códice de Vivar refiere que Jesús resucitó primero, y luego descendió a los Infiernos, lo cual implica una inversión del orden tradicional de los acontecimientos. En consecuencia, se revisan aquí las distintas opiniones sobre el particular, que en general pueden dividirse básicamente en dos grupos -aquellas que sostienen que el poeta cometió un error, y otras que afirman que el autor del poema adhirió a un determinado modelo, proveniente ya de la épica francesa, ya de la liturgia-, y se intenta arribar a una solución que considere más satisfactoriamente la especificidad del texto manuscrito.

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El manuscrito P (Biblioteca Nacional de Francia) del Libro del cavallero Zifar es un códice de fines del siglo XV que, debido a las cerca de 240 ilustraciones que contiene, permite apreciar la dinámica particular de producción y recepción de aquellos manuscritos medievales en los que se conjugan el texto y la imagen como configuradores de sentido. A través de la focalización de un grupo de ilustraciones miniadas que dan cuenta de la dinámica de la aventura caballeresca, centrada tanto en Zifar como en su familia, el presente trabajo postula la relación de esas imágenes con el texto en una retórica deudora tanto de la redacción inicial del texto como de su recepción más de un siglo y medio después

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El artículo lleva a cabo una revisión de las formas de la generosidad presentes en los tres poemas que componen el Ms. K-III-4 de la Biblioteca de San Lorenzo de El Escorial (Libro de Apolonio, Vida de Santa María Egipciaca, Libre dels tres reys d'Orient), para dar cuenta -a través de las referencias compartidas, los motivos comunes y las configuraciones similares- de la organización unitaria del códice y de su singularidad