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For all intents and purposes, the settlement of the Canadian prairie was the founding of a new society using materials brought to the new land along with those close at hand. Of course, preexisting aboriginal society had to be supplanted in the course of this founding. In both the supplanting and the founding, the rule of law as we currently know it was a principal means and end of the settlement process.
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New and improved strategies are needed for managing overabundant blackbird (Icteridae spp.) populations in some areas of the United States. From 2004 to 2007, we evaluated sodium lauryl sulfate (SLS) as a wetting agent during controlled outdoor cage and flight pen tests in Colorado and small-scale field tests at urban blackbird roosts in Missouri. In the outdoor cage tests (ambient temperature -5 to 2° C), mortality of male red-winged blackbirds (Agelaius phoeniceus) sprayed with 1, 2, and 5 ml of SLS on the back feathers only, on the breast feathers only, or on both breast and back feathers ranged from 25% to 100%. A SLS spray on male red-winged blackbirds at 2° C ambient temperature with 1 ml of SLS sprayed on breast feathers and back feathers resulted in 90% mortality in less than 60 minutes. In a flight pen test (-12 to -5° C ambient temperature ), SLS sprayed at 20 l per 3,400 l of water with a single ground-based sprinkler-head system over 35 male red-winged blackbirds roosting in cedar trees (Juniperus virginiana) resulted in 53% mortality. There was no mortality in the control group exposed to the same treatment without the SLS. Small-scale field tests conducted in Missouri at 6 sites with a single ground-based sprinkler-head spray system and at 2 sites with 4 sprinkler-head spray systems resulted in mortality that ranged from 0 to 4,750 and 4,500 to 15,000 blackbirds and starlings, respectively. Spray operations lasted from 28 to 208 minutes. Each spray covered about 200 m2 . At all sites, mortality of blackbirds sprayed with the SLS occurred as soon as 30 minutes post-SLS application. Mortality at two sites where pump problems precluded completing the spray ranged from 0 to 800 birds. Air leaving the system as the system was activated caused birds to flush from the roost trees. Poor water quality and pump durability were problems at some sites.
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The usefulness of stress myocardial perfusion scintigraphy for cardiovascular (CV) risk stratification in chronic kidney disease remains controversial. We tested the hypothesis that different clinical risk profiles influence the test. We assessed the prognostic value of myocardial scintigraphy in 892 consecutive renal transplant candidates classified into four risk groups: very high (aged epsilon 50 years, diabetes and CV disease), high (two factors), intermediate (one factor) and low (no factor). The incidence of CV events and death was 20 and 18, respectively (median follow-up 22 months). Altered stress testing was associated with an increased probability of cardiovascular events only in intermediate-risk (one risk factor) patients [30.3 versus 10, hazard ratio (HR) 2.37, confidence interval (CI) 1.693.33, P 0.0001]. Low-risk patients did well regardless of scan results. In patients with two or three risk factors, an altered stress test did not add to the already increased CV risk. Myocardial scintigraphy was related to overall mortality only in intermediate-risk patients (HR 2.8, CI 1.55.1, P 0.007). CV risk stratification based on myocardial stress testing is useful only in patients with just one risk factor. Screening may avoid unnecessary testing in 60 of patients, help stratifying for risk of events and provide an explanation for the inconsistent performance of myocardial scintigraphy.
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In this study we analyzed the phylogeographic pattern and historical demography of an endemic Atlantic forest (AF) bird, Basileuterus leucoblepharus, and test the influence of the last glacial maximum (LGM) on its population effective size using coalescent simulations. We address two main questions: (i) Does B. leucoblepharus present population genetic structure congruent with the patterns observed for other AF organisms? (ii) How did the LGM affect the effective population size of B. leucoblepharus? We sequenced 914 bp of the mitochondrial gene cytochrome b and 512 bp of the nuclear intron 5 of beta-fibrinogen of 62 individuals from 15 localities along the AF. Both molecular markers revealed no genetic structure in B. leucoblepharus. Neutrality tests based on both loci showed significant demographic expansion. The extended Bayesian skyline plot showed that the species seems to have experienced demographic expansion starting around 300,000 years ago, during the late Pleistocene. This date does not coincide with the LGM and the dynamics of population size showed stability during the LGM. To further test the effect of the LGM on this species, we simulated seven demographic scenarios to explore whether populations suffered specific bottlenecks. The scenarios most congruent with our data were population stability during the LGM with bottlenecks older than this period. This is the first example of an AF organism that does not show phylogeographic breaks caused by vicariant events associated to climate change and geotectonic activities in the Quaternary. Differential ecological, environmental tolerances and habitat requirements are possibly influencing the different evolutionary histories of these organisms. Our results show that the history of organism diversification in this megadiverse Neotropical forest is complex. Crown Copyright (c) 2012 Published by Elsevier Inc. All rights reserved.
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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.
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The dynamicity and heterogeneity that characterize pervasive environments raise new challenges in the design of mobile middleware. Pervasive environments are characterized by a significant degree of heterogeneity, variability, and dynamicity that conventional middleware solutions are not able to adequately manage. Originally designed for use in a relatively static context, such middleware systems tend to hide low-level details to provide applications with a transparent view on the underlying execution platform. In mobile environments, however, the context is extremely dynamic and cannot be managed by a priori assumptions. Novel middleware should therefore support mobile computing applications in the task of adapting their behavior to frequent changes in the execution context, that is, it should become context-aware. In particular, this thesis has identified the following key requirements for novel context-aware middleware that existing solutions do not fulfil yet. (i) Middleware solutions should support interoperability between possibly unknown entities by providing expressive representation models that allow to describe interacting entities, their operating conditions and the surrounding world, i.e., their context, according to an unambiguous semantics. (ii) Middleware solutions should support distributed applications in the task of reconfiguring and adapting their behavior/results to ongoing context changes. (iii) Context-aware middleware support should be deployed on heterogeneous devices under variable operating conditions, such as different user needs, application requirements, available connectivity and device computational capabilities, as well as changing environmental conditions. Our main claim is that the adoption of semantic metadata to represent context information and context-dependent adaptation strategies allows to build context-aware middleware suitable for all dynamically available portable devices. Semantic metadata provide powerful knowledge representation means to model even complex context information, and allow to perform automated reasoning to infer additional and/or more complex knowledge from available context data. In addition, we suggest that, by adopting proper configuration and deployment strategies, semantic support features can be provided to differentiated users and devices according to their specific needs and current context. This thesis has investigated novel design guidelines and implementation options for semantic-based context-aware middleware solutions targeted to pervasive environments. These guidelines have been applied to different application areas within pervasive computing that would particularly benefit from the exploitation of context. Common to all applications is the key role of context in enabling mobile users to personalize applications based on their needs and current situation. The main contributions of this thesis are (i) the definition of a metadata model to represent and reason about context, (ii) the definition of a model for the design and development of context-aware middleware based on semantic metadata, (iii) the design of three novel middleware architectures and the development of a prototypal implementation for each of these architectures, and (iv) the proposal of a viable approach to portability issues raised by the adoption of semantic support services in pervasive applications.
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Die Untersuchung "enklisis-Modusterminologie und Modusbegriff in der antiken griechischen Grammatik" stellt dar, auf welchen antiken griechischen Termini die über das Lateinische vermittelte Modusterminologie der neuzeitlichen Traditionellen Grammatik („Schulgrammatik“) beruht. Sie ergründet auf der Basis des zugrundeliegenden Modusbegriffs die jeweilige Bezeichnungsmotivation der Termini und versucht aufzuzeigen, inwieweit diese formalen bzw. funktionalen Motive einen aus moderner Sicht problematisch wirkenden Terminus im Kontext der antiken Betrachtung verständlich und angemessen erscheinen lassen. Vor Beginn der eigentlichen Untersuchung werden im einleitenden Teil zunächst grammatisch-sprachwissenschaftliche Grundlagen gelegt. Ausgehend von einer allgemeinen Begriffsbestimmung des Modus wird zunächst sein Standort in der antiken Grammatik skizziert und die zu zugehörige Terminologie aufgeführt. Der zweite Teil der Einleitung hat die terminologisch-methodischen Voraussetzungen zum Gegenstand, auf die sich die Untersuchung der griechischen Modustermini stützt. Darin werden auch zentrale Begriffe wie ‘Terminus’ und ‘Bezeichnungsmotivation’ diskutiert und auf die antiken Verhältnisse angewendet. Der erste Hauptteil behandelt die Geschichte der griechischen Modusterminologie. Ausgehend von den Sprachphilosophen und frühen Grammatikern werden Verwendung und Bedeutung des Terminus enklisis und seiner Alternativen in der antiken grammatischen Literatur untersucht und dem lateinischen Terminus modus gegenübergestellt. Desweiteren werden die Termini für einzelnen Modi ‘Indikativ’, ‘Imperativ’, ‘Optativ’, ‘Konjunktiv’ und ‘Infinitiv’, den die griechischen Grammatiker auch der Kategorie ‘Modus’ zuordnen, untersucht, soweit sie in den antiken Quellen benutzt und diskutiert werden. Das ursprüngliche Motiv eines Terminus wird vor dem Hintergrund seiner Entstehung gedeutet und im Hinblick auf die Entwicklung des Terminus im schulgrammatischen Gebrauch auf seine Universalität hin überprüft. Dabei zeigt sich, daß einige Termini so exakt an die griechischen Verhältnisse angepaßt sind, daß bereits die Übertragung ins Lateinische Verluste mit sich bringt. Im zweiten Hauptteil sind Textpassagen aus der griechischen grammatischen Literatur, die in den vorangehenden Teilen für die terminologische und begriffliche Auswertung immer wieder herangezogen werden, als Testimonien zusammengestellt. Sie sind mit einem textkritischem Apparat sowie einer Kommentierung versehen und – wie alle anderen angeführten Stellen aus lateinischen und griechischen Quellen – ins Deutsche übersetzt.
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The quark condensate is a fundamental free parameter of Chiral Perturbation Theory ($chi PT$), since it determines the relative size of the mass and momentum terms in the power expansion. In order to confirm or contradict the assumption of a large quark condensate, on which $chi PT$ is based, experimental tests are needed. In particular, the $S$-wave $pipi$ scattering lengths $a_0^0$ and $a_0^2$ can be predicted precisely within $chi PT$ as a function of this parameter and can be measured very cleanly in the decay $K^{pm} to pi^{+} pi^{-} e^{pm} stackrel{mbox{tiny(---)}}{nu_e}$ ($K_{e4}$). About one third of the data collected in 2003 and 2004 by the NA48/2 experiment were analysed and 342,859 $K_{e4}$ candidates were selected. The background contamination in the sample could be reduced down to 0.3% and it could be estimated directly from the data, by selecting events with the same signature as $K_{e4}$, but requiring for the electron the opposite charge with respect to the kaon, the so-called ``wrong sign'' events. This is a clean background sample, since the kaon decay with $Delta S=-Delta Q$, that would be the only source of signal, can only take place through two weak decays and is therefore strongly suppressed. The Cabibbo-Maksymowicz variables, used to describe the kinematics of the decay, were computed under the assumption of a fixed kaon momentum of 60 GeV/$c$ along the $z$ axis, so that the neutrino momentum could be obtained without ambiguity. The measurement of the form factors and of the $pipi$ scattering length $a_0^0$ was performed in a single step by comparing the five-dimensional distributions of data and MC in the kinematic variables. The MC distributions were corrected in order to properly take into account the trigger and selection efficiencies of the data and the background contamination. The following parameter values were obtained from a binned maximum likelihood fit, where $a_0^2$ was expressed as a function of $a_0^0$ according to the prediction of chiral perturbation theory: f'_s/f_s = 0.133+- 0.013(stat)+- 0.026(syst) f''_s/f_s = -0.041+- 0.013(stat)+- 0.020(syst) f_e/f_s = 0.221+- 0.051(stat)+- 0.105(syst) f'_e/f_s = -0.459+- 0.170(stat)+- 0.316(syst) tilde{f_p}/f_s = -0.112+- 0.013(stat)+- 0.023(syst) g_p/f_s = 0.892+- 0.012(stat)+- 0.025(syst) g'_p/f_s = 0.114+- 0.015(stat)+- 0.022(syst) h_p/f_s = -0.380+- 0.028(stat)+- 0.050(syst) a_0^0 = 0.246+- 0.009(stat)+- 0.012(syst)}+- 0.002(theor), where the statistical uncertainty only includes the effect of the data statistics and the theoretical uncertainty is due to the width of the allowed band for $a_0^2$.
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Objectives The purpose of this study was to assess the impact of renal insufficiency (RI) on the distribution pattern of peripheral arterial disease (PAD). We hypothesised that RI is associated with a distally accentuated involvement of the peripheral arterial tree. Design This is a retrospective analysis. Materials and Methods Analysis was based on a consecutive series of 2709 patients with chronic PAD of atherosclerotic origin undergoing primary endovascular treatment of lower-extremity arteries. Atherosclerotic pattern was grouped into femoropopliteal (n = 2085) and infragenicular (n = 892) disease according to target lesions treated while using iliac disease (n = 1133) as reference. Univariable and multivariable multinomial regression analyses were performed to assess relation with RI. Results are shown as relative risk ratio (RRRs) with 95% confidence intervals (95% CIs). A p < 0.05 was considered statistically significant. RI was defined as glomerular filtration rate (GFR) < 60 ml min−1 1.73 m−2. Results Presence of RI was an independent risk factor for a centrifugal lesion pattern (RRR 1.48, 95% CI: 1.17–1.86, p = 0.001). Moreover, a decrease in GFR by 10 ml min−1 1.73 m−2 was associated with an RRR of 1.08 for below-the-knee arterial disease (95% CI: 1.03–1.13, p = 0.003). Conclusion Presence and severity of RI are independent predictors of a distal obstructive pattern in patients with symptomatic PAD.
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Autophagy (literally self-eating) is a catabolic mechanism involved in the recycling and turnover of cytoplasmic constituents. Although often referred to as type II programmed cell death, autophagy is primarily a survival rather than a cell death mechanism in response to different stress stimuli. Autophagy is a process in which part of the cytoplasm or entire organelles are sequestered into double-membrane vesicles, called autophagosomes, which ultimately fuse with lysosomes to degrade their contents. Studies show that autophagy is associated with a number of pathological conditions, including cancer, infectious diseases, myopathies and neurodegenerative disorders. With respect to cancer, it has been suggested that the early stages of tumourigenesis are associated with downregulation of autophagy-related (ATG) genes. Indeed, several ATG genes display tumour suppressor function, including Beclin1, which is frequently hemizygously deleted in breast cancer cells. Conversely, in advanced stages of tumourigenesis or during anticancer therapy, autophagy may promote survival of tumour cells in adverse environmental conditions. Therefore, a thorough understanding of autophagy in different cancer types and stages is a prerequisite to determine an autophagy-activating or autophagy-inhibiting treatment strategy.
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Retrospective case-referent study.
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A few supergravity solutions representing configurations of NS5-branes admit exact conformal field theory (CFT) description. Deformations of these solutions should be described by exactly marginal operators of the corresponding theories. We briefly review the essentials of these constructions and present, as a new case, the operators responsible for turning on angular momentum.