998 resultados para gallicismi,prestito linguistico,fraseologia,prestiti dal francese,fraseologia russa


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Intorno alla metà degli anni trenta la Spagna diventò il centro dell’attenzione del mondo e tutte le grandi potenze internazionali, vecchie e nuove, vennero coinvolte, in misura diversa, nella guerra civile. Già nell’agosto del 1936, un mese dopo l’esplosione del conflitto, tutti gli Stati più rappresentativi caldeggiavano l’ipotesi di una politica comune di “non intervento”. Il ruolo guida in tal senso venne assunto dal governo inglese, capace di dissuadere, in tempi estremamente rapidi, il governo frontista francese di Leon Blum dall’intento di sostenere economicamente e militarmente il legittimo governo repubblicano spagnolo. La preoccupazione che il conflitto potesse degenerare in uno scontro più generale fu quindi la ragione principale per la quale qualche settimana dopo nacque il “Comitato di Non Intervento”, cui aderirono ben ventisette nazioni europee tra cui Francia, Inghilterra, URSS, Italia, Germania e Portogallo. Il mio progetto di ricerca dottorale esamina il ruolo, le scelte ed i relativi dibattiti in merito all’unica grande potenza, gli Stati Uniti d’America, che, pur scegliendo di rimanere neutrale, si astenne dal partecipare al suddetto Comitato. In ambito statunitense particolare rilievo assumono due aspetti del dibattito politico sulla Spagna: il primo maturato in seno all’Amministrazione Roosevelt, il secondo elaborato dalla componente Liberal della coalizione del New Deal attraverso i settimanali, “The Nation” e “The New Republic”. Il confronto pubblico acceso dalla guerra civile spagnola fu infatti l’occasione per la società civile americana per dibattere apertamente e francamente circa l’opportunità e la capacità della nazione di assumere o meno un ruolo internazionale corrispondente al prestigio socio-economico in via di acquisizione a livello mondiale. Approfondire ed esaminare il dibattito sulla guerra civile spagnola negli USA significa dunque andare alla ricerca delle radici culturali di quello che sarà uno dei più vasti ed articolati confronti politici e teorici del ventesimo secolo: l’internazionalismo americano.

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Ho progettato un sistema semi automatico per il disimballo di bobine di film plastico formato da una rulliera motorizzata, una catenaria a denti di cane, un dispenser di euro pallet e una pinza end-effector. Inoltre mi sono concentrato sullo studio della logistica dei carrelli elevatori dell'azienda, producendo una mappatura dettagliata per individuare percorsi anomali o inefficienze. Prima di dedicarmi a modellazione 3D e calcoli, ho cercato di reperire più informazioni possibili che mi potessero aiutare ad ottenere un prodotto che rispondesse a tutte le specifiche richieste. Per individuare le caratteristiche progettuali su cui concentrarmi ho elaborato delle tabelle QFD, compilate assieme agli operatori addetti al disimballo, ottenendo così un’oggettiva priorità sulle funzioni necessarie. La progettazione ha portato ad un macchinario sicuramente competitivo che risponde a pieno alle funzioni richieste, nei tempi e nei modi dettati dall’azienda.

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La tesi considera la trattazione del tema dell’infanzia nell’opera di Origene di Alessandria attraverso l’analisi dei testi trasmessi nell’originale greco e delle traduzioni latine di Rufino e Gerolamo. Il motivo dell’infanzia è considerato nei suoi molteplici significati, a più livelli: esegetico, antropologico, filosofico, teologico. La ricerca non si limita dunque ad un’analisi di taglio storico, ma ambisce a definire la concezione e la considerazione della prima età dal punto di vista di Origene e nel contesto più ampio della letteratura coeva. Attraverso una lettura estensiva del corpus dell’Alessandrino sono stati isolati tutti i passi che si riferiscono all’infanzia a livello letterale e metaforico. Ne emerge una trattazione complessa del tema: il bambino è per Origene, in linea con le contemporanee dottrine filosofiche, un essere eminentemente irrazionale. Il pieno sviluppo della facoltà razionale si colloca al termine di questa prima fase dell’esistenza. L’irrazionalità infantile previene nei più piccoli l’insorgere delle passioni. A questa dottrina, di matrice stoica, si ricollegano alcuni sviluppi di grande rilievo: la non-imputabilità dei minori ed il legame tra razionalità e responsabilità individuale; la riflessione sulla sofferenza dei bambini e la ricerca di una sua causa, che non intacchi il principio della giustizia divina; l’ipotesi della preesistenza delle anime. Sul piano teologico la ricerca si focalizza sulle nozioni di paternità e filiazione e sul tema, centrale nell’orizzonte origeniano, della pedagogia. Origene concepisce la pedagogia umana, sul modello di quella divina, come una rete dinamica di relazioni che ricalca i rapporti parentali. A fianco di questi ambiti d’interesse principali l’analisi considera aspetti ulteriori: risalto è concesso, in particolare, all’elemento biografico ed all’aspetto linguistico e letterario della prosa origeniana, quest'ultimo spesso trascurato dalla critica. Lo studio mostra inoltre la vitalità di alcuni modelli esegetici origeniani nella tradizione successiva.

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La questione energetica ha assunto, negli ultimi anni, un ruolo centrale nel dibattito mondiale in relazione a quattro fattori principali: la non riproducibilità delle risorse naturali, l’aumento esponenziale dei consumi, gli interessi economici e la salvaguardia dell'equilibrio ambientale e climatico del nostro Pianeta. E’ necessario, dunque, cambiare il modello di produzione e consumo dell’energia soprattutto nelle città, dove si ha la massima concentrazione dei consumi energetici. Per queste ragioni, il ricorso alle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) si configura ormai come una misura necessaria, opportuna ed urgente anche nella pianificazione urbanistica. Per migliorare la prestazione energetica complessiva del sistema città bisogna implementare politiche di governo delle trasformazioni che escano da una logica operativa “edificio-centrica” e ricomprendano, oltre al singolo manufatto, le aggregazioni di manufatti e le loro relazioni/ interazioni in termini di input e output materico-energetiche. La sostituzione generalizzata del patrimonio edilizio esistente con nuovi edifici iper-tecnologici, è improponibile. In che modo quindi, è possibile ridefinire la normativa e la prassi urbanistica per generare tessuti edilizi energeticamente efficienti? La presente ricerca propone l’integrazione tra la nascente pianificazione energetica del territorio e le più consolidate norme urbanistiche, nella generazione di tessuti urbani “energy saving” che aggiungano alle prestazioni energetico-ambientali dei singoli manufatti quelle del contesto, in un bilancio energetico complessivo. Questo studio, dopo aver descritto e confrontato le principali FER oggi disponibili, suggerisce una metodologia per una valutazione preliminare del mix di tecnologie e di FER più adatto per ciascun sito configurato come “distretto energetico”. I risultati di tale processo forniscono gli elementi basilari per predisporre le azioni necessarie all’integrazione della materia energetica nei Piani Urbanistici attraverso l’applicazione dei principi della perequazione nella definizione di requisiti prestazionali alla scala insediativa, indispensabili per un corretto passaggio alla progettazione degli “oggetti” e dei “sistemi” urbani.

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Il presente lavoro è stato avviato per caratterizzare dal punto di vista geochimico i siti di alimentazione e di riproduzione del Fenicottero ed ottenere così un dataset relativo alle concentrazioni di metalli nei sedimenti di alcune zone umide, utilizzate da questa specie per alimentarsi e riprodursi e scarsamente studiate in passato. Il lavoro di tesi qui presentato si è articolato in due differenti studi: • Un’indagine dettagliata sulla presenza e distribuzione di metalli ed elementi potenzialmente tossici nei sedimenti provenenti da alcune delle principali aree di alimentazione del Fenicottero nell’Alto Adriatico; • Un’indagine preliminare relativa ai metalli contenuti nei sedimenti provenienti da alcuni siti riproduttivi del Fenicottero nel Mediterraneo occidentale. Per quanto riguarda i siti di alimentazione sono state campionate tre zone umide dell’area deltizia del fiume Po: le Valli di Rosolina, Valle Bertuzzi e le Valli di Comacchio. Riguardo i siti riproduttivi sono state campionate cinque aree umide nel Mediterraneo occidentale: le Paludi dell’Odiel nel sud-ovest della Spagna, la Camargue in Francia, lo Stagno di Cagliari in Sardegna, le Valli di Comacchio in Emilia-Romagna e Valle Dogà in Laguna di Venezia. I 57 campioni raccolti sono stati analizzati mediante analisi XRF ed analisi termiche, presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, dell’Università di Bologna, e mediante analisi ICP-MS, presso l’AcmeLabs di Vancouver (Canada). Il complesso deltizio del fiume Po ha registrato concentrazioni anomale di Cd, Pb, Sb e Sn mostrando un generale arricchimento nei sedimenti delle aree umide investigate rispetto al valore di riferimento. Analizzando le correlazioni di questo elemento con le frazioni dei sedimenti, si è evidenziata una buona correlazione con la componente organica del sedimento. Ciò potrebbe indicare la presenza di fenomeni di adsorbimento di questo elemento ad opera della matrice organica. L’area di studio non è apparentemente interessata da importanti attività industriali, che potrebbero in parte spiegare le elevate concentrazioni di Cd, Pb, Sb e Sn. Due potenziali sorgenti antropogeniche di contaminazione sono rappresentate da un’estensiva attività agricola nelle zone limitrofe alle valli considerate e da un elevata pressione venatoria esercitata proprio all’interno di queste zone umide. In particolare, quest’ultima attività umana, potrebbe rappresentare una spiegazione più che plausibile per l’elevata presenza di Pb, messa in evidenza dallo studio, dato che fino ad pochissimi anni venivano utilizzate munizioni al Pb con conseguente rilascio in ambiente di ingenti quantitativi di questo metallo. Il Cu e lo Zn si distribuiscono invece in modo relativamente omogeneo nelle tre zone umide investigate, con un debole arricchimento di questi due elementi nei sedimenti delle Valli di Rosolina. Per quanto riguarda l’As, la sua distribuzione nell’area di studio, confrontata con i valori di background, non sembra sollevare particolare preoccupazione, cosi come la presenza di Hg in tutti e tre i siti investigati. Le Valli di Comacchio e Valle Bertuzzi sono inoltre caratterizzate da concentrazioni elevate di Cr e Ni, dati che confermano il naturale arricchimento di questi due elementi nell’area di studio evidenziato da un ampia letteratura e riconducibile ad apporti litologici provenienti dai depositi ofiolitici delle Alpi occidentali trasportati dal fiume Po verso l’Adriatico. Tuttavia, in alcuni campioni la concentrazione di Cr è molto superiore a quella caratteristica delle ofioliti di origine alpina, soprattutto per Valle Bertuzzi. Per spiegare queste anomalie sono necessarie indagini più approfondite sulla presenza e distribuzione di Cr nell’area di Comacchio e Bertuzzi. Riguardo ai 5 siti riproduttivi del Fenicottero, la colonia di Odiel (Spagna) si distingue per essere il sito maggiormente contaminato tra quelli investigati. Si sono infatti riscontrate elevate concentrazioni di As, Cu, Hg, Pb, Sb, Sn e Zn, se confrontate con quelle degli altri siti campionati. Questo risultato non sorprende. Il sito è infatti riconosciuto in letteratura come uno dei sistemi estuarini più inquinati dell’Europa occidentale, in quanto interessato dall’attività mineraria della IPB (Iberian Pyrite Belt), uno dei più importanti siti minerari mondiali, e dall’attività del polo industriale di Huelva. La colonia francese della Camargue si distingue invece per essere il sito meno impattato dall’attività antropica, non mostrando concentrazioni anomale per nessuno degli elementi in traccia analizzati. I sito riproduttivo situato nei pressi di Cagliari, in Sardegna, ha riportato elevate concentrazioni di Cd, Hg e Pb. La contaminazione di questo sito a seguito di ingenti scarichi di rifiuti industriali contenenti Hg e Pb a partire dagli anni ’60 è ben documentata in letteratura. Sebbene negli anni ’90 siano stati realizzati progetti di bonifica del sito, le concentrazioni ottenute nel presente studio sono ancora elevate suggerendo la possibilità che il processo di rimozione di Hg e Pb messo in atto in passato possa aver avuto scarsa efficacia. La colonia riproduttiva di Comacchio ha registrato concentrazioni elevate di Cr, Ni e Pb. Come già detto riguardo ai siti di alimentazione l’abbondanza di Cr e Ni nell’area è da ricondurre a fattori naturali, mentre le elevate concentrazioni di Pb non trovano riscontri in precedenti studi. La presenza di alcuni campioni con concentrazioni anomale di Cr e il generale arricchimento di Pb nel sito suggeriscono la necessità di studi più approfonditi e specifici sulla presenza di questi elementi nell’area di Comacchio. Infine, la colonia situata in Laguna di Venezia si caratterizza per avere concentrazioni relativamente elevate di Cd e Hg riconducibili all’attività del polo industriale di Porto Marghera, come già evidenziato da numerosi studi. Tuttavia, i dati del presente studio non confermano le concentrazioni anomale di Zn messe in evidenza da molti studi effettuati nell’intera laguna veneta. Ciò può trovare una spiegazione nel fatto che il sito indagato in questo studio corrisponde ad un piccola porzione dell’intera laguna, molto raramente investigato negli studi passati. Mediante il presente studio è stato quindi possibile implementare le scarse conoscenze geochimiche relative ai sedimenti di alcune zone umide frequentate dai fenicotteri nell’Alto Adriatico e, al contempo, mettere in luce alcune importanti criticità, in particolar modo riguardo Cd, Cr, Pb, Sb e Sn, la cui presenza e distribuzione nell’area dovrebbero essere ulteriormente investigate da studi futuri.

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Il Soprintendente Alfredo Barbacci fu uomo di poliedrica formazione, perito nell’uso di metodiche innovative di restauro ed esperto delle tecniche di ricomposizione delle forme architettoniche dei complessi monumentali, danneggiati dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Quel che, questo studio ha inteso indagare e comprendere, attraverso un approccio critico, sostanziato dalle carte d’archivio, è fondamentalmente il contributo, da egli ha offerto circa la valenza storica e architettonica del tessuto connettivo di base della città, da cui si originava - negli anni della sua attività - l’idea ancora inedita di un bene culturale e sociale nuovo: il centro storico tutto, con annessi monumenti, complessi architettonici nobili ed edilizia minore, di base. Dando avvio all’analisi sistematica delle teorie e della prassi di Alfredo Barbacci e alla lettura puntuale dei suoi scritti, sono stati razionalizzati il significato, le valenze e le implicazioni del termine edilizia minore all’interno del più ampio contesto del restauro dell’edilizia monumentale e alla luce degli elementi di tendenza, portati all’attenzione dal dibattito delle diverse scuole di pensiero sul restauro, a partire dai primi anni del sec. XX fino agli anni Settanta dello scorso secolo. Concretamente vi si evidenziano interessanti intuizioni e dichiarazioni, afferenti la necessità di un restauro del tipo integrato, da intendersi come strumento privilegiato di intervento sul tessuto nobile e meno nobile della città antica. Al termine della sua carriera, il contributo del Soprintendente Barbacci al dibattito scientifico si documenta da sé, nella compilazione a sua firma di quella parte della Relazione Franceschini, in cui si dava proposta di un corpo normativo alla necessità di guardare alla città storica come a un bene culturale e sociale, insistendo come al suo interno era d’uopo mantenere, nel corso di interventi restaurativi, un razionale equilibrio tra monumento ed edilizia minore già storicizzata e che non escludesse anche l’apparato paesaggistico di contorno.

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L’introduzione dei costumi tecnici nel nuoto ha portato miglioramenti senza precedenti sulla prestazione. I miglioramenti nella velocità di nuoto sono stati attribuiti dalla letteratura a riduzioni nelle resistenze idrodinamiche sul nuotatore. Tuttavia, gli effetti specifici dovuti all’utilizzo di questo tipo di costume non sono ancora completamente chiariti. Questa tesi aveva l’obiettivo di indagare gli effetti del costume tecnico sul galleggiamento statico, sulla posizione del corpo e sulla resistenza idrodinamica in avanzamento passivo. Nello studio preliminare sono stati misurati la spinta idrostatica, i volumi polmonari dinamici e la circonferenza toracica di 9 nuotatori che indossavano un costume tradizionale o un costume tecnico in gomma sintetica. Indossare il costume tecnico ha determinato una riduzione significativa del galleggiamento statico, e la compressione toracica causata da questo tipo di costume potrebbe avere una relazione con la significativa riduzione dei volumi polmonari misurati quando il nuotatore indossa questo tipo di costume. Un successiva analisi prevedeva il traino passivo di 14 nuotatori che mantenevano la miglior posizione idrodinamica di scivolamento indossando un costume tradizionale, tecnico in tessuto e tecnico in gomma. La posizione del corpo in avanzamento è stata misurata con un’analisi cinematica. La resistenza passiva indossando i costumi tecnici è risultata significativamente minore per entrambi i costumi tecnici rispetto alla prova con costume tradizionale. L’analisi condotta attraverso modelli di regressione lineari ha mostrato che una parte della riduzione della resistenza passiva era legata a proprietà intrinseche dei costumi tecnici. Tuttavia, anche l’area di impatto frontale determinata dall’inclinazione del tronco del soggetto in scivolamento e l’inclinazione degli arti inferiori hanno mostrato una marcata influenza sulla resistenza idrodinamica passiva. Pertanto, la riduzione di resistenza idrodinamica durante lo scivolamento passivo effettuato con costume tecnico da nuoto è attribuibile, oltre all’effetto del materiale di composizione del costume, ad una variazione della posizione del corpo del nuotatore.

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Il fulcro tematico e concettuale della tesi consiste nel rapporto complesso, paradossale e spesso anche controverso esistente fra il teatro e la performance (art) – e cioè il rapporto fra i concetti di “teatralità” e di “performatività”. L’attenzione è posta su quelle correnti nelle arti performative contemporanee che tendono allo scioglimento delle nozioni di genere, disciplina, tecnica e autorialità e che mettono in questione lo status stesso dell’opera performativa (lo spettacolo) in quanto prodotto esclusivamente estetico, cioè spettacolare. Vengono esaminate – prelevando rispettivamente dal campo del teatro, della danza e della performance art – le pratiche di Jerzy Grotowski e Thomas Richards, Jérôme Bel e Marina Abramović. Quello che accomuna queste pratiche ben diverse tra loro non è soltanto la problematica del rapporto fra teatralità e performatività ma soprattutto l’aspetto particolarmente radicale e assiduo (e anche paradossale) del loro doppio sforzo, che consiste nello spingere la propria disciplina oltre ogni confine prestabilito e nello stesso tempo nel cercare di ri-definire i suoi codici fondanti e lo statuto ontologico che la distinguerebbero dalle altre discipline performative. Sono esaminate anche diverse teorizzazioni della performance con particolare attenzione a quei contributi che mettono in luce (e in questione) il delicato rapporto fra il teatro e la performance (art) attraverso una (ri)concettualizzazione e comparazione dei termini di teatralità e di performatività. La tesi esamina l’evoluzione della comprensione di quel rapporto all’interno del campo teorico-storico e artistico che inizialmente riflette la tendenza a percepire il rapporto in termini di opposizione e addirittura esclusione per approdare col tempo a una visione più riconciliante e complementare. Le radicali pratiche contemporanee fra il teatro e la performance rappresentano forse una nuova forma-processo performativa specifica e autonoma – che potrebbe essere definita tout court “performance” – e con cui viene definitivamente superato il progetto teatrale modernista?

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La crisi del “teatro come servizio pubblico” degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al “teatro ufficiale”, così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova “operatività” critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l’editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come “sporcarsi le mani”. La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull’oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull’oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali.

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Una delle realtà criminali che ha maggiormente fruito delle innovazioni introdotte dalla “società dell’Informazione” è, senza dubbio, quella dell’abuso sessuale sui minori. Tra le differenti forme di abuso sessuale sui minori, si è scelto di affrontare il fenomeno della pedopornografia online in ragione del preoccupante diffondersi di questa forma di criminalità che, grazie all’implementazione delle tecnologie dell’informazione, ha assunto caratteri nuovi, per alcuni versi difformi dai “tradizionali” profili della pedofilia, che sollevano interrogativi e nuove sfide sia sul versante della repressione di queste condotte illecite, sia sul piano della prevenzione. Nell'ambito di questo contributo, saranno esaminate in particolare le politiche penali elaborate in due diverse realtà nazionali, l'Italia e la Francia, a partire da differenti punti di vista e ponendo particolare attenzione agli strumenti, normativi ed operativi, introdotti per reprimere lo sfruttamento sessuale dei minori legato alla dimensione virtuale.

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Il lavoro di ricerca vuole analizzare, attraverso lo studio specifico della rivista artistico letteraria «L’Eroica» fondata a La Spezia nel 1911 da Ettore Cozzani e Franco Oliva, gli artisti e le situazioni in cui si sviluppa e si diffonde in Italia un linguaggio grafico di tipo fauve-espressionista, in perfetta sintonia con le coeve esperienze straniere. Nello specifico, si è focalizzata l’attenzione sui così detti ‘anni eroici de L’Eroica’ (1911-1917), periodo in cui risulta più evidente il passaggio che si ebbe nel panorama dell’illustrazione italiana da uno stile ancora riconducibile a un linguaggio simbolista a uno, per l’appunto espressionista. Questa rivista, infatti, nella fase conosciuta come “gli anni eroici dell’Eroica” (1911-17), s’interessa in modo quasi esclusivo alla xilografia contemporanea avvalendosi in un primo momento della collaborazione di artisti noti nell’ambito del gusto liberty come, ad esempio, Adolfo De Carolis e dei suoi allievi (Gino Barbieri, Ettore di Giorgio, Antonio Moroni). Tale collaborazione però termina con la cosiddetta “Secessione degli Xilografi”, ossia l’abbandono nel 1914 da parte di De Carolis e dei suoi della testata spezzina, circostanza questa che determinerà un nuovo indirizzo stilistico per la rivista in cui prenderanno sempre più spazio artisti di una generazione più giovane, peraltro già attivi su «L’Eroica» stessa, quali ad esempio Lorenzo Viani, Arturo Martini, Emilio Mantelli, Felice Casorati, Giuseppe Biasi, Roberto Melli e Gino Carlo Sensani, questi ultimi tutti rappresentanti di un espressionismo italiano di primo ordine

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Il presente elaborato si occupa della storia della cerealicoltura in un percorso diacronico dal Neolitico all’Età del Ferro. Sono presentate le analisi carpologiche di 14 siti archeologici dell’Italia settentrionale, esaminati secondo le più moderne tecniche di indagine archeobotanica.

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Il saggio, genere di confine (Grenzgänger-Textsorte) per eccellenza, la cui indefinibilità è topos, si profila tuttora come terra incognita nell’àmbito delle scienze della traduzione. La presente ricerca mira a enucleare un modello traduttologico olistico per la traduzione del saggio. In feconda alternativa alla dicotomia approccio ermeneutico-letterario vs. approccio linguistico, la prospettiva teorico-metodologica del lavoro integra linee di ricerca filologico-letterarie e linguistico-testuali. Tale sguardo multiprospettico, l’unico in grado di dar conto della complessità del genere, permette di collocare operativamente il saggio e le sue varianti testuali principali (Textsortenvarianten), dal saggio specialistico (fachlicher Essay) al saggio poetico (poetischer Essay) sul continuum delle forme testuali comprese entro le dimensioni (scientifica, pragmatica, estetica) del Denkhandeln. Dalla produttiva intersezione tra la riflessione dell’Essayforschung classica e contemporanea e le più recenti indagini linguistico-testuali sulle forme del saggismo scientifico, si perviene alla formulazione di una definitio per proprietates del saggio. Segue lo sviluppo di un modello traduttologico olistico, che tesaurizza il proprio paradigma antropologico, la riflessione filosofico-ermeneutica e le acquisizioni della linguistica testuale, articolandosi attraverso le fasi ricorsive e interagenti di ricezione olistica, analisi poetico-ermeneutica e retorico-stilistica, progettazione linguistico-cognitiva, formulazione e revisione. L’approccio olistico così delinatosi viene quindi vagliato nella sua proficuità in sede applicativa. Funge da banco di prova un vero e proprio “caso limite” per complessità e qualità letteraria, ovvero il «poetischer Essay» del poeta, saggista e traduttore Durs Grünbein, una delle voci più acclamate nel panorama contemporaneo. La sezione pratica presenta infine l’inedita traduzione italiana dei saggi grünbeiniani Den Körper zerbrechen e Die Bars von Atlantis.