427 resultados para DIPLOMACY


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Pós-graduação em Relações Internacionais (UNESP - UNICAMP - PUC-SP) - FFC

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Pós-graduação em História - FCLAS

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Conselho Nacional de Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq)

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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This paper develops three basic arguments. First, it presents the basic underpinnings of Brazilian diplomacy in the past half century, concentrating on the changes adopted in the 1980s and the 1990s up to the foreign policy put forward by Lula`s government (2003-2009). It recognises that Lula`s foreign policy represents a step forward, especially where Africa is concerned. However, it does not seem to be clear whether the Brazilian economy has enough strength to sustain such a foreign policy, as is shown in the second part of the paper. This is indeed the case if comparisons are made with India, China and even South Africa, when the latter`s regional role is considered. Finally, an effort is made to summarise the recent political cooperation established between Brazil and African countries as well as to present an overview of Brazil`s trade and investment relations both with the region as a whole and with some important individual partners. Once this picture is established, we investigate whether these realmsdiplomatic/political and economictake independent tracks, or if they do interact in a coherent manner. Africa remained deep inside Brazil and Brazilians, not as something external to ourselves. But as a mythic space; neither geographical, nor historical.

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Italy and France in Trianon’s Hungary: two political and cultural penetration models During the first post-war, the Danubian Europe was the theatre of an Italian-French diplomatic challenge to gain hegemony in that part of the continent. Because of his geographical position, Hungary had a decisive strategic importance for the ambitions of French and Italian foreign politics. Since in the 1920s culture and propaganda became the fourth dimension of international relations, Rome and Paris developed their diplomatic action in Hungary to affirm not only political and economic influence, but also cultural supremacy. In the 1930, after Hitler’s rise to power, the unstoppable comeback of German political influence in central-eastern Europe determined the progressive decline of Italian and French political and economic positions in Hungary: only the cultural field allowed a survey of Italian-Hungarian and French-Hungarian relations in the contest of a Europe dominated by Nazi Germany during the Second World War. Nevertheless, the radical geopolitical changes in second post-war Europe did not compromise Italian and French cultural presence in the new communist Hungary. Although cultural diplomacy is originally motivated by contingent political targets, it doesn’t respect the short time of politics, but it’s the only foreign politics tool that guarantees preservations of bilateral relations in the long run.

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La storiografia statunitense, a partire dagli anni Cinquanta, vide l’affermarsi di una nuova interpretazione della politica estera americana. Archiviata la storia diplomatica come storia dei trattati o storia delle interazioni delle élites dominanti, abbandonata una visione incentrata sull’equilibrio di potenza, il dibattito storiografico si arricchì della cosiddetta interpretazione «revisionista», antitetica rispetto a quella che, fino a quel momento, aveva predominato. Soggetto di analisi storica restava sempre lo Stato ma l’enfasi maggiore era posta sui fattori economici che ne influenzavano l’azione: si metteva in rilievo l’interazione tra l’interesse privato e il soggetto statale. Capofila di questa nuova scuola fu William Appleman Williams. Questa ricerca si pone l’obiettivo di delineare il contesto storiografico dal quale emersero gli studi di Williams e di cui egli ne roviesciò alcuni assunti fondamentali. Si intende tracciare il suo percorso intellettuale – storiografico e pubblico – al fine di restituire la complessità di un personaggio che divenne un vero e proprio «intellettuale pubblico». I quesiti, a cui questa ricerca vuole dar risposta riguardano l’evoluzione del percorso intellettuale di Williams tanto in ambito storiografico quanto, più in generale, in quello pubblico; il contributo alla ridefinizione dell’identità statunitense e del suo ruolo internazionale; il lascito della sua riflessione nella storiografia. Prendendo le mosse dall’idea di frontiera proposta da Turner, Williams sostenne che la fine dell’espansione territoriale «interna» aveva obbligato gli Stati Uniti a cercare nuovi mercati per il proprio surplus. Era stata tale necessità a catalizzare la Open Door Diplomacy, guidata da ragioni economiche, che presto identificarono l’interesse nazionale per trasformarsi in una vera e propria ideologia nel XX secolo.L’esito di tale politica estera fu la creazione di un impero non più territoriale ma frutto dell’espansione economica. E proprio questa riflessione sull’impero influenzò, negli anni Sessanta, la protesta studentesca che chiese un ripensamento del ruolo internazionale degli Stati Uniti.

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L’autore ricostruisce ed esamina la storia dei rapporti italo-tedeschi negli anni immediatamente precedenti la riapertura ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Italia e Repubblica federale tedesca. Un riavvicinamento economico e politico progressivo, ma che suscitò forti contrasti tra i principali attori della diplomazia italiana. Il saggio si basa su una documentazione conservata presso l’Archivio storico del ministero degli Esteri, l’Archivio centrale dello Stato, l’Archivio storico della Banca d’Italia e l’Archivio Politico del ministero degli Esteri della Repubblica federale. L’autore sostiene che le relazioni economiche italo-tedesche assunsero un ruolo centrale nel processo di elaborazione della politica estera italiana sulla questione tedesca nel corso di questi anni. Prima dell’istituzione della Repubblica federale tedesca, l’Italia divenne un partner economico fondamentale per la Germania occidentale. Tra il 1945 e il 1949 l'Italia fu il primo paese europeo favorevole alla rinascita di un nuovo stato tedesco non sottoposto alla diretta influenza dell’Unione Sovietica. Il presidente del Consiglio De Gasperi e il ministro degli Esteri Sforza per sostenere la nuova Germania attuarono una precisa azione diplomatica di riavvicinamento politico, promuovendo diversi scambi di visite e di incontri con i rappresentanti tedeschi.

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Questa tesi di dottorato, partendo dall’assunto teorico secondo cui lo sport, pur essendo un fenomeno periferico e non decisivo del sistema politico internazionale, debba considerarsi, in virtù della sua elevata visibilità, sia come un componente delle relazioni internazionali sia come uno strumento di politica estera, si pone l’obiettivo di investigare, con un approccio di tipo storico-politico, l’attività internazionale dello sport italiano nel decennio che va dal 1943 al 1953. Nello specifico viene dedicata una particolare attenzione agli attori e alle istituzioni della “politica estera sportiva”, al rientro dello sport italiano nel consesso internazionale e alla sua forza legittimante di attrazione culturale. Vengono approfonditi altresì alcuni casi relativi a «crisi politiche» che influirono sullo sport e a «crisi sportive» che influenzarono la politica. La ricerca viene portata avanti con lo scopo primario di far emergere, da un lato se e quanto coscientemente lo sport sia stato usato come strumento di politica estera da parte dei governi e della diplomazia dell’Italia repubblicana, dall’altro quanto e con quale intensità lo sviluppo dell’attività internazionale dello sport italiano abbia avuto significative ripercussioni sull’andamento e dai rapporti di forza della politica internazionale.

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Cross-sectoral interorganizational relationships in post-conflict situations occur regularly. Whether formal task forces, advisory groups or other ad hoc arrangements, these relations take place in chaotic and dangerous situations with urgent and turbulent political, economic and social environments. Furthermore, they typically involve a large number of players from many different nations, operating across sectors, and between multiple layers of bureaucracy and diplomacy. The organizational complexity staggers many participants and observers, as do the tasks they are charged with completing. Reform efforts in Bosnia and Herzegovina starting in 1995 may serve as the archetype model of conflict, transition and development for the 21st century. It wins this honor due not to its particular programmatic successes and failures, rather to the interorganizational complexity of the International Community. From the massive response to the crisis, to the modern nation-building policies it spawned, and the development assistance practices and institutional arrangements it created, the Bosnian development experience has much to offer by way of lessons learned. This manuscript frames the unique Bosnian development situation, and provides lessons learned from the experience of nation building given local realities. Pettigrew (1992) called this "contextualizing." While network and/or organizational structure, strategy and process explain many interorganizational relationship issues, the development variables identified in this manuscript prove equally important, yet elusive and difficult to measure despite their very real and overt presence.