927 resultados para Choral Repertoire


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Ce travail n'a pas pour but d'établir une histoire du choeur tragique pour ainsi dire 'd'anthologie', mais bien plutôt de tracer un parcours sélectif et dynamique, en suivant l'évolution de ses formes et de ses fonctions dans la tragédie italienne, à partir du début du XVIe siècle jusqu' à la production alfiérienne et au retour du choeur dans le théâtre de Manzoni ; à cela s'ajoute un exercice en dehors du genre dramatique tel que le Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie dans les Operette morali di Giacomo Leopardi. Dans la première partie - la plus ample et complexe, portant sur l'emploi du choeur dans la tragédie de la Renaissance - on essaye de cerner le contexte qui favorise la persistance d'un espace choral en examinant plusieurs commentaires de la Poétique aristotélicienne, et des essais de théorie dramaturgique comme Della poesia rappresentativa de Angelo Ingegneri, ou le Discorso intorno al comporre de Giambattista Giraldi Cinzio. À côté de la discussion sur le rôle du choeur on envisage aussi le profil formel des sections chorales, en s'appuyant sur l'analyse métrique, dans le cadre plus général du 'petrarchismo metrico', et en particulier de la réception de la chanson pétrarquesque. Interroger la présence de trois constantes thématiques - par exemple la forme de l'hymne à Éros - signifie en suite relever l'importance de Sophocle pour le théâtre de la Renaissance dans la perspective du choeur. Cette première section est complétée par un chapitre entièrement consacré à Torquato Tasso et à son Re Torrismondo, qui présente un troisième chant choral de grande épaisseur philosophique, central dans l'économie du drame et analysé ici à travers un exercice de lecture qui utilise à la fois les instruments de la stylistique, de l'intertextualité, et de l'intratextualité concernant l'entier corpus poétique et philosophique tassien, de ses Rime aux Dialoghi. La deuxième section, qui commence par une exploration théorique de la question du choeur, conduite par exemple sur les textes de Paolo Beni e Tommaso Campanella, a pour cible principale de expliquer comment le choeur assume le rôle d'un vrai 'personnage collectif' dans le théâtre de Federico Della Valle : un choeur bien installé dans l'action tragique, mais conservant au même temps les qualités lyriques et philosophiques d'un chant riche de mémoire culturelle et intertextuelle, de la Phaedra de Sénèque à la Commedia dantesque dans la Reina di Scozia, centre principal de l'analyse et coeur du catholicisme contreréformiste dellavallien. Dans la troisième partie le discours se concentre sur les formes de la métamorphose, pour ainsi dire, du choeur : par exemple la figure du confident, conçu comme un substitut du groupe choral dans les discussions des théoriciens et des auteurs français - voir Corneille, D'Aubignac, Dacier - et italiens, de Riccoboni à Calepio et Maffei. Cependant dans cette section il est surtout question de la définition de l'aria mélodramatique compris comme le 'nouveau choeur' des Modernes, formulée par Ranieri Calzabigi et par Metastasio. Il s'agit donc ici de mettre en relation l'élaboration théorique contenue dans la Dissertazione de Calzabigi et dans l'Estratto de l'Arte poetica de Metastasio avec le premier et unique essai tragique de jeunesse de ce dernier, le Giustino, et le livret de son Artaserse. On essaye de montrer le profond lien entre l'aria et l'action dramatique : donc c'est le dramma musicale qui est capable d'accueillir la seule forme de choeur - l'aria - encore possible dans le théâtre moderne, tandis que le choeur proprement tragique est désormais considéré inutilisable et pour ainsi dire hors-contexte (sans toutefois oublier qu'à la fin du siècle Vittorio Alfieri essayait de ne pas renoncer au choeur dans sa traduction des Perses d'Eschyle ; et surtout dans un essai tragique comme l'Alceste seconda ou dans sa tramelogedia, l'Abele). Comme conclusion une section contenant des remarques qui voudrait juste indiquer trois possibles directions de recherche ultérieure : une comparaison entre Manzoni et Leopardi - dans la perspective de leur intérêt pour le choeur et de la différence entre le sujet lyrique manzonien et celui léopardien ; une incursion dans le livret du mélodrame verdien, afin de comprendre la fonction du choeur manzonien et sa persistance dans le texte pour l'opéra ; et enfin quelque note sur la réception du choeur manzonien et du Coro di morti léopardien dans le XXe siècle, en assumant comme point d'observation la poésie de Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto et Franco Fortini. Il lavoro non intende tracciare una storia 'da manuale' del coro tragico, ma piuttosto indicare un percorso selettivo e dinamico, seguendo l'evoluzione delle sue forme e delle sue funzioni nella tragedia italiana, a partire dall'inizio del sedicesimo secolo per arrivare alla produzione alfieriana e al ritorno del coro nel teatro di Manzoni; a ciò si aggiunge una prova estranea al genere drammatico come il Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie nelle Operette morali di Giacomo Leopardi. Nella prima parte - la più ampia e complessa, riguardante l'impiego del coro nella tragedia rinascimentale - si cerca di ricostruire il contesto che favorisce la persistenza dello spazio corale attraverso l'esame di diversi commenti alla Poetica aristotelica, e di alcuni saggi di teoria drammaturgica come Della poesia rappresentativa di Angelo Ingegneri, o il Discorso intorno al comporre di Giambattista Giraldi Cinzio. La discussione sul ruolo del coro è affiancata dall'esame del profilo formale delle sezioni corali, grazie a un'indagine metrica nel quadro del più ampio petrarchismo metrico cinquecentesco, e in particolare nel quadro della ricezione della formacanzone petrarchesca. Interrogare la presenza di tre costanti tematiche - per esempio la forma dell'inno a Eros - significherà in seguito rilevare l'importanza di Sofocle per il teatro rinascimentale anche nella prospettiva angolata del coro. Questa prima sezione è completata da un capitolo interamente dedicato a Torquato Tasso e al suo Re Torrismondo, che presenta un terzo canto corale di grande spessore stilistico e filosofico, centrale nell'economia del dramma e analizzato qui attraverso un esercizio di lettura che si serve degli strumenti della stilistica e dell'intertestualità, oltre che del rapporto intratestuale fra i vari luoghi del corpus tassiano, dalle Rime ai suoi Dialoghi. La seconda sezione, che si avvia con un'esplorazione teorica della questione del coro nel Seicento - condotta per esempio sui testi di Paolo Beni e Tommaso Campanella - ha per fulcro la descrizione di un coro quale 'personaggio collettivo' nelle tragedie di Federico Della Valle: un coro ben inserito nell'azione tragica, ma che conserva allo stesso tempo le qualità liriche e filosofiche di un canto ricco di memoria culturale e intertestuale, dalla Fedra di Seneca alla Commedia dantesca, nella sua Reina di Scozia, centro dell'analisi e cardine del cattolicesimo controriformista dellavalliano. Nella terza sezione il discorso si concentra sulle forme della metamorfosi, per così dire, del coro: per esempio la figura del confidente, interpretato come un sostituto del gruppo corale nelle discussioni di teorici e autori francesi - Corneille, D'Aubignac, Dacier - e italiani, da Riccoboni a Calepio e Maffei. Ma qui ci si rivolge anzitutto alla definizione dell'aria melodrammatica, sentita quale 'nuovo coro' dei Moderni da Ranieri Calzabigi e Pietro Metastasio. Si tratterà dunque di mettere in relazione l'elaborazione teorica svolta nella Dissertazione di Calzabigi e nell'Estratto dell'arte poetica di Metastasio con il primo e unico - e giovanile - tentativo tragico di quest'ultimo, il Giustino, e con il libretto del suo Artaserse. L'intenzione è quella di mostrare il profondo legame tra l'aria e l'azione drammatica: è perciò il dramma musicale che è capace di accogliere la sola forma di coro - l'aria - ancora possibile nel teatro moderno, mentre il vero e proprio coro tragico si rassegna ormai a essere considerato inutile e per così dire fuori contesto (senza dimenticare, tuttavia, che al chiudersi del secolo Vittorio Alfieri tentava di non rinunciare al coro nella sua traduzione dei Persiani di Eschilo; e soprattutto in un tentativo tragico come la sua Alceste seconda o nella tramelogedia Abele). In conclusione una più veloce sezione che vorrebbe semplicemente indicare qualche altra possibile direzione di ricerca: un confronto fra Manzoni e Leopardi - nella prospettiva del coro interesse per il coro, e della differenza fra il soggetto lirico manzoniano e quello leopardiano; un'incursione nel libretto del melodramma verdiano, per misurarvi la funzione del coro manzoniano e la sua persistenza nel testo operistico; e infine qualche appunto sulla ricezione del coro manzoniano e del Coro di morti di Leopardi nel Novecento, assumendo quale punto d'osservazione la poesia di Carlo Michelstaedter, Andrea Zanzotto e Franco Fortini.

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This article describes an approach for working with individuals who have dementia, along with their spouses or partners. The 5-week intervention focuses on helping couples communicate, reminisce about the story of their relationship, find photographs and mementoes from their past, and develop a book that incorporates these mementoes. This clinical approach highlights the strengths and the resilience of couples and adds to the limited repertoire of dyadic interventions for dementia care which are currently available. Preliminary findings from 24 couples are presented, including the intervention's feasibility and acceptability.

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Ants have evolved very complex societies and are key ecosystem members. Some ants, such as the fire ant Solenopsis invicta, are also major pests. Here, we present a draft genome of S. invicta, assembled from Roche 454 and Illumina sequencing reads obtained from a focal haploid male and his brothers. We used comparative genomic methods to obtain insight into the unique features of the S. invicta genome. For example, we found that this genome harbors four adjacent copies of vitellogenin. A phylogenetic analysis revealed that an ancestral vitellogenin gene first underwent a duplication that was followed by possibly independent duplications of each of the daughter vitellogenins. The vitellogenin genes have undergone subfunctionalization with queen- and worker-specific expression, possibly reflecting differential selection acting on the queen and worker castes. Additionally, we identified more than 400 putative olfactory receptors of which at least 297 are intact. This represents the largest repertoire reported so far in insects. S. invicta also harbors an expansion of a specific family of lipid-processing genes, two putative orthologs to the transformer/feminizer sex differentiation gene, a functional DNA methylation system, and a single putative telomerase ortholog. EST data indicate that this S. invicta telomerase ortholog has at least four spliceforms that differ in their use of two sets of mutually exclusive exons. Some of these and other unique aspects of the fire ant genome are likely linked to the complex social behavior of this species.

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As a result of the Europeanization of politics and the increasing role of the public sphere, political actors in Western Europe are currently facing a double strategic challenge. Based on data from seven West European countries and the European Union, the authors analyze how state actors, political parties, interest groups, and social movement organizations cope with this double challenge at both the national and the supranational level. Results indicate that the classic repertoire of inside strategies at the national level is still the most typical for all actors, but media-related strategies are also prominent at the national level. The Europeanization of repertoires is mainly determined by institutional factors and by the actors' power, whereas the public arena plays an equally important role for all types of actors, in all countries and at both the national and the EU level.

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Experimental allergic encephalomyelitis has been shown to have an immunological basis. In fact, the disease can be induced by T cells specific for myelin basic protein, a molecule found in abundance in the central nervous system. In this article, Ellen Heber-Katz and Hans Acha-Orbea discuss the T-cell receptor (TCR) repertoire of the encephalitogenic T-cell response, and show that a limited V gene pool, in fact a single V beta and two V alpha families, are being used by the PL/J and B10.PL mice and by every rat strain examined, even though the antigenic determinants and the major histocompatibility complex (MHC) molecules are different in all cases. This extraordinary finding suggests that the TCR is involved in encephalitogenicity in a way that not only involves the recognition of antigen in association with MHC, but also as an effector molecule that results in encephalitis. If this is true, it implies that TCRs, in general, play more than one role in mammalian physiology.

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Immunity-related GTPases (IRG) play an important role in defense against intracellular pathogens. One member of this gene family in humans, IRGM, has been recently implicated as a risk factor for Crohn's disease. We analyzed the detailed structure of this gene family among primates and showed that most of the IRG gene cluster was deleted early in primate evolution, after the divergence of the anthropoids from prosimians ( about 50 million years ago). Comparative sequence analysis of New World and Old World monkey species shows that the single-copy IRGM gene became pseudogenized as a result of an Alu retrotransposition event in the anthropoid common ancestor that disrupted the open reading frame (ORF). We find that the ORF was reestablished as a part of a polymorphic stop codon in the common ancestor of humans and great apes. Expression analysis suggests that this change occurred in conjunction with the insertion of an endogenous retrovirus, which altered the transcription initiation, splicing, and expression profile of IRGM. These data argue that the gene became pseudogenized and was then resurrected through a series of complex structural events and suggest remarkable functional plasticity where alleles experience diverse evolutionary pressures over time. Such dynamism in structure and evolution may be critical for a gene family locked in an arms race with an ever-changing repertoire of intracellular parasites.

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The main information sources to study a particular piece of music are symbolic scores and audio recordings. These are complementary representations of the piece and it isvery useful to have a proper linking between the two of the musically meaningful events. For the case of makam music of Turkey, linking the available scores with the correspondingaudio recordings requires taking the specificities of this music into account, such as the particular tunings, the extensive usage of non-notated expressive elements, and the way in which the performer repeats fragmentsof the score. Moreover, for most of the pieces of the classical repertoire, there is no score written by the original composer. In this paper, we propose a methodology to pair sections of a score to the corresponding fragments of audio recording performances. The pitch information obtained from both sources is used as the common representationto be paired. From an audio recording, fundamental frequency estimation and tuning analysis is done to compute a pitch contour. From the corresponding score, symbolic note names and durations are converted to a syntheticpitch contour. Then, a linking operation is performed between these pitch contours in order to find the best correspondences.The method is tested on a dataset of 11 compositions spanning 44 audio recordings, which are mostly monophonic. An F3-score of 82% and 89% are obtained with automatic and semi-automatic karar detection respectively,showing that the methodology may give us a needed tool for further computational tasks such as form analysis, audio-score alignment and makam recognition.

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Ney is an end-blown flute which is mainly used for Makam music. Although from the beginning of 20th century a score representation based on extending the Western musicis used, because of its rich articulation repertoire, actualNey music can not be totally represented by written score.Ney is still taught and transmitted orally in Turkey. Becauseof that the performance has a distinct and importantrole in Ney music. Therefore signal analysis of ney performancesis crucial for understanding the actual music.Another important aspect which is also a part of the performanceis the articulations that performers apply. In Makam music in Turkey none of the articulations are taught evennamed by teachers. Articulations in Ney are valuable for understanding the real performance. Since articulations are not taught and their places are not marked in the score, the choice and character of the articulation is unique for eachperformer which also makes each performance unique.Our method analyzes audio files of well known Turkish Ney players. In order to obtain our analysis data, we analyzed audio files of 8 different performers vary from 1920to 2000.

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Generating a diverse T cell memory population through vaccination is a promising strategy to overcome pathogen epitope variability and tolerance to tumor Ags. The effector and memory pool becomes broad in TCR diversity by recruiting high- and low-affinity T cells. We wanted to determine which factors dictate whether a memory T cell pool has a broad versus focused repertoire. We find that inflammation increases the magnitude of low- and high-affinity T cell responses equally well, arguing against a synergistic effect of TCR and inflammatory signals on T cell expansion. We dissect the differential effects of TCR signal strength and inflammation and demonstrate that they control effector T cell survival in a bim-dependent manner. Importantly, bim-dependent cell death is overcome with a high Ag dose in the context of an inflammatory environment. Our data define the framework for the generation of a broad T cell memory pool to inform future vaccine design.

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The CD8(+)-T-cell response to Moloney murine leukemia virus (M-MuLV)-associated antigens in C57BL/6 mice is directed against an immunodominant gag-encoded epitope (CCLCLTVFL) presented in the context of H-2D(b) and is restricted primarily to cytotoxic T lymphocytes (CTL) expressing the Valpha3.2 and Vbeta5.2 gene segments. We decided to examine the M-MuLV response in congenic C57BL/6 Vbeta(a) mice which are unable to express the dominant Valpha3.2(+) Vbeta5.2(+) T-cell receptor (TCR) due to a large deletion at the TCR locus that includes the Vbeta5.2 gene segment. Interestingly, M-MuLV-immune C57BL/6 Vbeta(a) mice were still able to reject M-MuLV-infected tumor cells and direct ex vivo analysis of peripheral blood lymphocytes from these immune mice revealed a dramatic increase in CD8(+) cells utilizing the same Valpha3.2 gene segment in association with two different Vbeta segments (Vbeta3 and Vbeta17). Surprisingly, all these CTL recognized the same immunodominant M-MuLV gag epitope. Analysis of the TCR repertoire of individual M-MuLV-immune (C57BL/6 x C57BL/6 Vbeta(a))F(1) mice revealed a clear hierarchy in Vbeta utilization, with a preferential usage of the Vbeta17 gene segment, whereas Vbeta3 and especially Vbeta5.2 were used to much lesser extents. Sequencing of TCRalpha- and -beta-chain junctional regions of CTL clones specific for the M-MuLV gag epitope revealed a diverse repertoire of TCRbeta chains in Vbeta(a) mice and a highly restricted TCRbeta-chain repertoire in Vbeta(b) mice, whereas TCRalpha-chain sequences were highly conserved in both cases. Collectively, our data indicate that the H-2D(b)-restricted M-MuLV gag epitope can be recognized in a hierarchal fashion by different Vbeta domains and that the degree of beta-chain diversity varies according to Vbeta utilization.

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Le répertoire cellulaire Τ a pour but d'être tolérant aux antigènes du soi afin d'éviter l'induction de maladies autoimmunes. C'est pourquoi les lymphocytes Τ autoréactifs sont éliminés dans le thymus lors de leur développement par le processus de sélection négative. La plupart des recherches étudient les lymphocytes Τ de haute avidité. Ces lymphocytes Τ de haute avidité sont très sensibles et réagissent fortement à un antigène du soi. En conséquence, ces cellules induisent le développement de maladies autoimmunes lorsqu'elles ciblent des organes exprimant l'antigène du soi. Plusieurs études ont montré que les lymphocytes Τ qui réagissent faiblement aux antigènes spécifiques à un tissu, nommé lymphocytes Τ de faible avidité, peuvent contourner les mécanismes de tolérance centrale et périphérique. J'ai utilisé des souris Rip-mOva qui expriment l'Ovalbumine comme antigène du soi spécifique à un tissu. Dans ces souris transgéniques Rip-mOva, les lymphocytes Τ de faible avidité survivent à la sélection négative. Une fois stimulés à la périphérie, ces lymphocytes Τ CD8+ de faible avidité ont la capacité d'infiltrer les organes qui expriment l'antigène du soi chez les souris Rip-mOva et peuvent induire une destruction tissulaire. L'objectif principal de mon projet de thèse était de comprendre les caractéristiques phénotypiques et fonctionnelles de ces lymphocytes Τ dans un état d'équilibre et dans un contexte infectieux. Pour étudier ces cellules dans un modèle murin bien défini, nous avons généré des souris exprimant un récepteur de cellule Τ transgénique appelé OT-3. Ces souris transgéniques OT-3 ont des lymphocytes Τ CD8+ de faible avidité spécifiques à l'épitope SIINFEKL de l'antigène Ovalbumine. Nous avons démontré qu'un grand nombre de lymphocytes Τ CD8+ OT-3 ne sont pas éliminés lors de la sélection négative dans le thymus après avoir rencontré l'antigène du soi. Par conséquent, les lymphocytes Τ OT-3 de faible avidité sont présents dans une fenêtre de sélection comprise entre la sélection positive et négative. Cette limite se définie comme le seuil d'affinité et est impliquée dans l'échappement de certains lymphocytes Τ OT- 3 autoréactifs. A la périphérie, ces cellules sont capables d'induire une autoimmunité après stimulation au cours d'une infection, ce qui nous permet de les définir comme étant non tolérante et non dans un état anergique à la périphérie. Nous avons également étudié le seuil d'activation des lymphocytes Τ OT-3 à faible avidité à la périphérie et avons constaté que des ligands peptidiques plus faibles que l'épitope natif SIINFEKL sont capables de les activer au cours d'une infection ainsi que de les différencier en lymphocytes Τ effecteurs et mémoires. Les données illustrent une déficience lors de la sélection négative dans le thymus de lymphocytes Τ CD8+ autoréactifs de faible avidité contre un antigène du soi spécifique à tissu et montrent que ces cellules sont entièrement compétentes lors d'une infection. - The diverse Τ cell repertoire needs to be tolerant to self-antigen to avoid the induction of autoimmunity. This is why autoreactive developing Τ cells are deleted in the thymus. The deletion of self-reactive Τ cells occurs through the process of negative selection. Most studies investigated high avidity Τ cells. These high avidity Τ cells are very sensitive and strongly react to a self-antigen. As a consequence, these cells induce the development of autoimmunity when they target organs which express the self-antigen. High avidity autoreactive CD8+ Τ cells are deleted in the thymus. However, several studies have shown Τ cells that weakly respond to tissue-restricted antigen, referred to as low avidity Τ cells, can bypass central and peripheral tolerance mechanisms. I used Rip-mOva mice that expressed Ovalbumin as a neo self-antigen in a tissue-restricted fashion. In these transgenic Rip-mOva mice low avidity CD8+ Τ cells survive negative selection. Upon stimulation in the periphery, these low avidity CD8+ Τ cells have the ability to infiltrate organs that express the self-antigen in the Rip-mOva mice and can also induce the destruction of the tissue. The major aim of my PhD project was to understand the phenotypic and functionality characteristics of these Τ cells in a steady-state condition and in a context of an infection. To study these cells in a well-defined mouse model, we generated OT-3 Τ cell receptor transgenic mice that express low avidity CD8+ Τ cells that are specific for the SIINFEKL epitope of the Ovalbumin antigen. We have been able to demonstrate that a large number of OT-3 CD8+ Τ cells survive negative selection in the thymus after encountering the self-antigen. Thus, low avidity OT-3 Τ cells are present in a window of selection comprised between positive and negative selection. This boundary defined as the affinity threshold is involved in the escape of some autoreactive low avidity OT-3 Τ cells. Once they circulate in the periphery, they are able to induce autoimmunity after stimulation during an infection, allowing us to allocate these cells as being non-tolerant and not in an anergic state in the periphery. We have also looked at the threshold of activation of low avidity OT-3 CD8+ Τ cells in the periphery and found that peptide ligands that are weaker than the native SIINFEKL epitope are able to activate OT-3 Τ cells during an infection and to differentiate them into effector and memory Τ cells. The data illustrate the impairment of negatively selecting low avidity autoreactive CD8+ Τ cells against a tissue-restricted antigen in the thymus and shows that these cells are fully competent upon an infection.

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Quelles sont les conditions pour l'émergence d'une mobilisation sociale en faveur du logement convenable dans la métropole de Bangalore (Inde)? Cette question, qui est au coeur de cette thèse, est particulièrement pertinente dans le contexte d'une ville où 1,7 million de personnes, soit un cinquième de la population, vit dans des bidonvilles. L'absence d'un mouvement mettant en cause l'échec des politiques publiques du logement est intéressante dans la mesure où l'Inde a hérité un système de gouvernance colonial et d'une tradition de mouvements sociaux. Pour répondre à ce questionnement, un cadre théorique issu de la littérature sur les mouvements sociaux est développé. Il s'articule autour des liens entre les opportunités politiques au niveau macro et les répertoires d'action des organisations de mouvement social (OMS) au niveau méso, de la tension entre la formalité de la loi et des politiques publiques et l'informalité des circuits d'échange, de la corruption et du clientélisme, et enfin, se focalise sur les systèmes de discours de caste et de la citoyenneté et de leur concrétisation dans des systèmes d'organisations et de réseaux sociaux. Ce cadre théorique permet d'étudier empiriquement la question à travers quatre OMS dans la ville de Bangalore. Les résultats mettent en avant l'existence de mécanismes complexes. Les opportunités politiques formelles n'étant ouvertes que sur le plan rhétorique, elles ne peuvent être véritablement utilisées que par des moyens légaux ou contentieux, ce qui nécessite des compétences sociales dont la plupart des habitants des bidonvilles sont dépourvus. L'inadéquation entre les ressources à disposition pour les logements sociaux et les besoins très importants des pauvres, donne un poids politique considérable aux acteurs en charge de l'attribution de ces ressources rares. Cet état de fait a des répercussions sur la politique électorale. Les habitants des bidonvilles représentant un poids électoral important, ils sont mobilisés à travers de pratiques clientélistes. La corruption et le clientélisme se nourrissent mutuellement pour maintenir une certaine dépendance des habitants. Les OMS qui développent un répertoire discursif remettant en cause le système de caste et qui encouragent une conscience citoyenne, se sont avérées les plus durables pour résister à la cooptation des forces politiques. Cette recherche empirique met en lumière l'inadéquation entre les prescriptions formelles dans le domaine de la gouvernance des besoins humains, tels que le logement, et les pratiques réelles sur le terrain. Cette recherche appelle à réfléchir au-delà de la diffusion du discours sur la « bonne gouvernance » vers des formes de « gouvernance vernaculaire » qui prendrait au sérieux l'informalité en développant une compréhension des avantages à court terme pour les personnes marginalisées dans la ville et les effets à long terme sur la pratique démocratique. - What are the conditions for the emergence of a social movement on the issue of adequate housing in the metropolitan city of Bangalore (India)? This question is at the heart of this dissertation and is particularly pertinent against the background that an estimated 1.7 million or about 20% of the city's population lives in slums. The absence of a movement addressing the failure of public housing policy despite India having inherited colonial systems of governance and traditions of movement is noteworthy. Answers are sought within a theoretical framework stemming from social movement theories that incorporates three linkages articulating around: Macro-level political opportunities and meso-level action repertoires of social movement organisations (SMOs), tensions between the formality of law, policy and the informality of exchange circuits of corruption and clientelism and finally around systems of discourses of caste and citizenship and their instantiation in concrete systems of social organisations and networks. This thesis is empirically investigated through a qualitative case study research design involving four sampled social movement organisations. The results bring complex mechanisms to the fore. Formal political opportunities are only rhetorically open and have to be cracked through legal weaponry or contentious escalation, which requires considerable social skills that slum-dwellers often lack. The inadequacy between the few housing resources and the vast number of slum-dwellers transform housing benefits and urban service provisions into political currency. Such a state of affairs has serious repercussions on conditions for mobilisation. They become imbricated with electoral logic, in which slum-dwellers represent large vote-banks and where corruption and clientelism feed each other to maintain a certain dependency of the poor. SMOs deploying a discursive repertoire that questioned the caste system and encouraged a pursuit of citizenship proved to be the most sustainable to resist co-option from political forces. This empirical investigation brings to light the mismatch between the formal prescriptions in the domain of the governance of basic human needs such as housing and the real practices on the ground. This research calls to reflect beyond the inadequacy of the diffused « good governance » discourse towards forms of « vernacular governance » that take informality seriously in understanding the short-term benefits for the marginalised in the city and the long-term effects on democratic practice.

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The olfactory system is an attractive model to study the genetic mechanisms underlying evolution of the nervous system. This sensory system mediates the detection and behavioural responses to an enormous diversity of volatile chemicals in the environment and displays rapid evolution, as species acquire, modify and discard olfactory receptors and circuits to adapt to new olfactory stimuli. Drosophilids provide an attractive model to study these processes. The availability of 12 sequenced genomes of Drosophila species occupying diverse ecological niches provides a rich resource for genomic analyses. Moreover, one of these species, Drosophila melanogaster, is amenable to a powerful combination of genetic and electrophysiological analyses. D. melanogaster has two distinct families of olfactory receptors to detect odours, the well-characterised Odorant Receptors (ORs) and the recently identified lonotropic Receptors (IRs). In my thesis, I have provided new insights into the genetic mechanisms underlying olfactory system evolution through three distinct, but interrelated projects. First, I performed a comparative genomic analysis of the IR repertoire in 12 sequenced Drosophila species, which has revealed that the olfactory IRs are highly conserved across species. By contrast, a large fraction of IRs that are not expressed in the olfactory system - and which may be gustatory receptors - are much more variable in sequence and gene copy number. Second, to identify ligands for IR expressing olfactory sensory neurons, I have performed an electrophysiological screen in D. melanogaster using a panel of over 160 odours. I found that the IRs respond to a number of amines, aldehydes and acids, contrasting with the chemical specificity of the OR repertoire, which is mainly tuned to esters, alcohols and ketones. Finally, the identification of ligands for IRs in this species allowed me to investigate in detail the molecular and functional evolution of a tandem array of IRs, IR75a/IR75b/IR75c, in D. sechellia. This species is endemic to the Seychelles archipelago and highly specialised to breed on the fruits of Morinda citrifolia, which is repulsive and toxic for other Drosophila species. These studies led me to discover that receptor loss, changes in receptor specificity and changes in receptor expression have likely played an important role during the evolution of these IRs in D. sechellia. These changes may explain, in part, the unique chemical ecology of this species. - Le système olfactif est un excellent modèle pour étudier les mécanismes génétiques impliqués dans l'étude de l'évolution du système nerveux. Ce système sensoriel permet la détection de nombreux composés volatils présents dans l'environnement et est à la base des réponses comportementales. Il est propre à chaque espèce et évolue rapidement en modifiant ou en éliminant des récepteurs et leurs circuits olfactifs correspondants pour s'adapter à de nouvelles odeurs. Pour étudier le système olfactif et son évolution, nous avons décidé d'utiliser la drosophile comme modèle. Le séquençage complet de 12 souches de drosophiles habitant différentes niches écologiques permet une analyse génomique conséquente. De plus, l'une de ces espèces Drosophila melanogaster permet la combinaison d'analyses génétiques et électrophysiologiques. En effet, D. melanogaster possède 2 familles distinctes de récepteurs olfactifs qui permettent la détection d'odeurs: les récepteurs olfactifs (ORs) étant les mieux caractérisés et les récepteurs ionotropiques (IRs), plus récemment identifiés. Au cours de ma thèse, j'ai apporté des nouvelles connaissances qui m'ont permis de mieux comprendre les mécanismes génétiques à la base de l'évolution du système olfactif au travers de trois projets différents, mais interdépendants. Premièrement, j'ai réalisé une analyse génomique comparative de l'ensemble des IRs dans les 12 souches de drosophiles séquencées jusqu'à présent. Ceci a montré que les récepteurs olfactifs IRs sont hautement conservés parmi l'ensemble de ces espèces. Au contraire, une grande partie des IRs qui ne sont pas exprimés dans le système olfactif, et qui semblent être des récepteurs gustatifs, sont beaucoup plus variables dans leur séquence et dans le nombre de copie de gènes. Deuxièmement, pour identifier les ligands des récepteurs IRs exprimés par les neurones sensoriels olfactifs, j'ai réalisé une étude électrophysiologique chez D. melanogaster e η testant l'effet de plus de 160 composés chimiques sur les IRs. J'ai trouvé que les IRs répondent à un nombre d'amines, d'aldéhydes et d'acides, contrairement aux récepteurs olfactifs ORs qui eux répondent principalement aux esthers, alcools et cétones. Finalement, l'identification de ligands pour les IRs dans ces espèces m'a permis d'étudier en détail l'évolution fonctionnelle et moléculaire des IR75a/IR75b/IR75c dans D. sechellia. Cette espèce est endémique de l'archipel des Seychelles et se nourrit spécifiquement du fruit Morinda citrifolia qui est répulsif et toxique pour d'autres souches de drosophiles. Ces études m'ont poussé à découvrir que, la perte de IR75a, le changement dans la spécificité de IR75b ainsi que le changement dans l'expression de IR75c ont probablement joué un rôle important dans l'évolution des IRs chez D. sechellia. Ces changements peuvent expliquer, en partie, l'écologie chimique propre à cette espèce. Résumé français large public Le système olfactif permet aux animaux de détecter des milliers de molécules odorantes, les aidant ainsi à trouver de la nourriture, à distinguer si elle est fraîche ou avariée, à trouver des partenaires sexuels, ainsi qu'à éviter les prédateurs. Selon l'environnement et le mode de vie des espèces, le système olfactif doit détecter des odeurs très diverses ; en effet, un moustique qui recherche du sang humain pour se nourrir doit détecter des odeurs bien différentes d'une abeille qui recherche des fleurs. Dans ma thèse, j'ai essayé de comprendre comment les systèmes olfactifs d'une espèce évoluent pour s'adapter aux exigences induites par son environnement. Un très bon modèle pour étudier cela est la drosophile dont les différentes espèces se nichent dans des habitats très divers. Pour ce faire, j'ai étudié les récepteurs olfactifs de différentes espèces de la drosophile. Ces récepteurs sont des protéines qui se lient à des odeurs spécifiques. Lorsqu'ils se lient, ils activent un neurone qui envoie un signal électrique au cerveau. Ce signal est ensuite traité par ce dernier qui indique à la mouche si l'odeur est attractive ou répulsive. J'ai identifié les récepteurs olfactifs de plusieurs espèces de drosophile et étudié s'il y avait des différences entre elles. La plupart des récepteurs sont similaires entre les espèces, cependant dans l'une d'entre elles, certains récepteurs sont différents. Ce fait est particulièrement intéressant car cette espèce de drosophile se nourrit de fruits que les autres espèces n'apprécient pas. Comme nous ne savons pas quels récepteurs se lient à quelles odeurs, j'ai testé un grand nombre de composants odorants. Ceci m'a permis de constater que, effectivement, certains changements produits dans ces récepteurs expliquent pourquoi cette espèce aime particulièrement ces fruits. En outre, mes résultats contribuent à mieux comprendre les changements génétiques qui sont impliqués dans l'évolution du système olfactif.

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Ex vivo analysis of virus-specific CD8 T cell populations by anchored PCR has shown that the CD8 TCR repertoire was less oligoclonal (seven to nine clonotypes per individual epitope) than previously thought. In the current study, TCR diversity was investigated by assessing both the overall TCR β-chain variable regions usage as well as the CDR3 regions in ex vivo-isolated CMV- and EBV-specific CD8 T cells from 27 healthy donors. The average number of clonotypes specific to most single viral epitopes comprised between 14 and 77. Changes in the CD8 TCR repertoire were also longitudinally assessed under conditions of HIV-1 chronic infection (i.e., in patients with suppressed virus replication and after treatment interruption and Ag re-exposure). The results showed that a large renewal (≤80%) of the TRB repertoire occurred after Ag re-exposure and was eventually associated with an increased T cell recognition functional avidity. These results demonstrate that the global CD8 TCR repertoire is much more diverse (≤9-fold) than previously estimated and provide the mechanistic basis for supporting massive repertoire renewal during chronic virus infection and Ag re-exposure.

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How positive selection molds the T cell repertoire has been difficult to examine. In this study, we use TCR-beta-transgenic mice in which MHC shapes TCR-alpha use. Differential AV segment use is directly related to the constraints placed on the composition of the CDR3 loops. Where these constraints are low, efficient selection of alphabeta pairs follows. This mode of selection preferentially uses favored AV-AJ rearrangements and promotes diversity. Increased constraint on the alpha CDR3 loops leads to inefficient selection associated with uncommon recombination events and limited diversity. Further, the two modes of selection favor alternate sets of AJ segments. We discuss the relevance of these findings to the imprint of self-MHC restriction and peripheral T cell activation.