940 resultados para waste pickers


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Pós-graduação em Serviço Social - FCHS

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The Urban Solid Residues are the rests of human activity, popularly known by trash and considered by population like useless, undesirable and disposable. On the other hand, for the waste pickers, solid residues are the beginning of a cycle: they see in the other's people trash the only income, an economic value. Currently, in brazilian cities, one million collectors act, alone or in cooperatives, socially excluded by the work they do. The National Policy of Solid Residues (PNRS), instituted in 2010, established guidelines to the execution of integrated residues management, with should be practiced by city halls and other governmental institutions. This policy has, besides other things, goals of residues reduction and inclusion of waste pickers in the mechanism of selective collect and recycling. However, this and other public policies created for residue management are benefic only for cooperated waste pickers. That could negatively affect most of this class, since 90% are waste pickers working in a precarious way on the country's streets. This study has for objective show that most of waste pickers that work in a precarious way on the brazilian territory has a huge potential for the solid residues recycling chain and how they should be valued for the environmental services they provide, so they can be included with dignity on the society, ensuring economic and social benefits for this workers. The methodology adopted was based on the amount of residue collected by the 44 cooperated members of the Rio Claro‟s waste pickers cooperative to estimate the potential of collect and recycling did by 210 autonomous waste pickers who are active on city streets. It was observed that the cooperative collects the equivalent of 10.2% of all recyclable residues generated by city population. However, with the potential that these autonomous waste pickers have, which together could contribute 465 tonnes of solid residues per month, or 5,570 tons a year...

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The Urban Solid Residues are the rests of human activity, popularly known by trash and considered by population like useless, undesirable and disposable. On the other hand, for the waste pickers, solid residues are the beginning of a cycle: they see in the other's people trash the only income, an economic value. Currently, in brazilian cities, one million collectors act, alone or in cooperatives, socially excluded by the work they do. The National Policy of Solid Residues (PNRS), instituted in 2010, established guidelines to the execution of integrated residues management, with should be practiced by city halls and other governmental institutions. This policy has, besides other things, goals of residues reduction and inclusion of waste pickers in the mechanism of selective collect and recycling. However, this and other public policies created for residue management are benefic only for cooperated waste pickers. That could negatively affect most of this class, since 90% are waste pickers working in a precarious way on the country's streets. This study has for objective show that most of waste pickers that work in a precarious way on the brazilian territory has a huge potential for the solid residues recycling chain and how they should be valued for the environmental services they provide, so they can be included with dignity on the society, ensuring economic and social benefits for this workers. The methodology adopted was based on the amount of residue collected by the 44 cooperated members of the Rio Claro‟s waste pickers cooperative to estimate the potential of collect and recycling did by 210 autonomous waste pickers who are active on city streets. It was observed that the cooperative collects the equivalent of 10.2% of all recyclable residues generated by city population. However, with the potential that these autonomous waste pickers have, which together could contribute 465 tonnes of solid residues per month, or 5,570 tons a year...

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Benessere delle popolazioni, gestione sostenibile delle risorse, povertà e degrado ambientale sono dei concetti fortemente connessi in un mondo in cui il 20% della popolazione mondiale consuma più del 75% delle risorse naturali. Sin dal 1992 al Summit della Terra a Rio de Janeiro si è affermato il forte legame tra tutela dell’ambiente e riduzione della povertà, ed è anche stata riconosciuta l’importanza di un ecosistema sano per condurre una vita dignitosa, specialmente nelle zone rurali povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. La natura infatti, soprattutto per le popolazioni rurali, rappresenta un bene quotidiano e prezioso, una forma essenziale per la sussistenza ed una fonte primaria di reddito. Accanto a questa constatazione vi è anche la consapevolezza che negli ultimi decenni gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana: consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di “metabolizzare” i nostri scarti. Allo stesso modo aumenta la povertà: attualmente ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, mentre circa metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno (UN). La connessione tra povertà ed ambiente non dipende solamente dalla scarsità di risorse che rende più difficili le condizioni di vita, ma anche dalla gestione delle stesse risorse naturali. Infatti in molti paesi o luoghi dove le risorse non sono carenti la popolazione più povera non vi ha accesso per motivi politici, economici e sociali. Inoltre se si paragona l’impronta ecologica con una misura riconosciuta dello “sviluppo umano”, l’Indice dello Sviluppo Umano (HDI) delle Nazioni Unite (Cfr. Cap 2), il rapporto dimostra chiaramente che ciò che noi accettiamo generalmente come “alto sviluppo” è molto lontano dal concetto di sviluppo sostenibile accettato universalmente, in quanto i paesi cosiddetti “sviluppati” sono quelli con una maggior impronta ecologica. Se allora lo “sviluppo” mette sotto pressione gli ecosistemi, dal cui benessere dipende direttamente il benessere dell’uomo, allora vuol dire che il concetto di “sviluppo” deve essere rivisitato, perché ha come conseguenza non il benessere del pianeta e delle popolazioni, ma il degrado ambientale e l’accrescimento delle disuguaglianze sociali. Quindi da una parte vi è la “società occidentale”, che promuove l’avanzamento della tecnologia e dell’industrializzazione per la crescita economica, spremendo un ecosistema sempre più stanco ed esausto al fine di ottenere dei benefici solo per una ristretta fetta della popolazione mondiale che segue un modello di vita consumistico degradando l’ambiente e sommergendolo di rifiuti; dall’altra parte ci sono le famiglie di contadini rurali, i “moradores” delle favelas o delle periferie delle grandi metropoli del Sud del Mondo, i senza terra, gli immigrati delle baraccopoli, i “waste pickers” delle periferie di Bombay che sopravvivono raccattando rifiuti, i profughi di guerre fatte per il controllo delle risorse, gli sfollati ambientali, gli eco-rifugiati, che vivono sotto la soglia di povertà, senza accesso alle risorse primarie per la sopravvivenza. La gestione sostenibile dell’ambiente, il produrre reddito dalla valorizzazione diretta dell’ecosistema e l’accesso alle risorse naturali sono tra gli strumenti più efficaci per migliorare le condizioni di vita degli individui, strumenti che possono anche garantire la distribuzione della ricchezza costruendo una società più equa, in quanto le merci ed i servizi dell’ecosistema fungono da beni per le comunità. La corretta gestione dell’ambiente e delle risorse quindi è di estrema importanza per la lotta alla povertà ed in questo caso il ruolo e la responsabilità dei tecnici ambientali è cruciale. Il lavoro di ricerca qui presentato, partendo dall’analisi del problema della gestione delle risorse naturali e dal suo stretto legame con la povertà, rivisitando il concetto tradizionale di “sviluppo” secondo i nuovi filoni di pensiero, vuole suggerire soluzioni e tecnologie per la gestione sostenibile delle risorse naturali che abbiano come obiettivo il benessere delle popolazioni più povere e degli ecosistemi, proponendo inoltre un metodo valutativo per la scelta delle alternative, soluzioni o tecnologie più adeguate al contesto di intervento. Dopo l’analisi dello “stato del Pianeta” (Capitolo 1) e delle risorse, sia a livello globale che a livello regionale, il secondo Capitolo prende in esame il concetto di povertà, di Paese in Via di Sviluppo (PVS), il concetto di “sviluppo sostenibile” e i nuovi filoni di pensiero: dalla teoria della Decrescita, al concetto di Sviluppo Umano. Dalla presa di coscienza dei reali fabbisogni umani, dall’analisi dello stato dell’ambiente, della povertà e delle sue diverse facce nei vari paesi, e dalla presa di coscienza del fallimento dell’economia della crescita (oggi visibile più che mai) si può comprendere che la soluzione per sconfiggere la povertà, il degrado dell’ambiente, e raggiungere lo sviluppo umano, non è il consumismo, la produzione, e nemmeno il trasferimento della tecnologia e l’industrializzazione; ma il “piccolo e bello” (F. Schumacher, 1982), ovvero gli stili di vita semplici, la tutela degli ecosistemi, e a livello tecnologico le “tecnologie appropriate”. Ed è proprio alle Tecnologie Appropriate a cui sono dedicati i Capitoli successivi (Capitolo 4 e Capitolo 5). Queste sono tecnologie semplici, a basso impatto ambientale, a basso costo, facilmente gestibili dalle comunità, tecnologie che permettono alle popolazioni più povere di avere accesso alle risorse naturali. Sono le tecnologie che meglio permettono, grazie alle loro caratteristiche, la tutela dei beni comuni naturali, quindi delle risorse e dell’ambiente, favorendo ed incentivando la partecipazione delle comunità locali e valorizzando i saperi tradizionali, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori, al basso costo, alla sostenibilità ambientale, contribuendo all’affermazione dei diritti umani e alla salvaguardia dell’ambiente. Le Tecnologie Appropriate prese in esame sono quelle relative all’approvvigionamento idrico e alla depurazione dell’acqua tra cui: - la raccolta della nebbia, - metodi semplici per la perforazione di pozzi, - pompe a pedali e pompe manuali per l’approvvigionamento idrico, - la raccolta dell’acqua piovana, - il recupero delle sorgenti, - semplici metodi per la depurazione dell’acqua al punto d’uso (filtro in ceramica, filtro a sabbia, filtro in tessuto, disinfezione e distillazione solare). Il quinto Capitolo espone invece le Tecnolocie Appropriate per la gestione dei rifiuti nei PVS, in cui sono descritte: - soluzioni per la raccolta dei rifiuti nei PVS, - soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti nei PVS, - semplici tecnologie per il riciclaggio dei rifiuti solidi. Il sesto Capitolo tratta tematiche riguardanti la Cooperazione Internazionale, la Cooperazione Decentrata e i progetti di Sviluppo Umano. Per progetti di sviluppo si intende, nell’ambito della Cooperazione, quei progetti che hanno come obiettivi la lotta alla povertà e il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità beneficiarie dei PVS coinvolte nel progetto. All’interno dei progetti di cooperazione e di sviluppo umano gli interventi di tipo ambientale giocano un ruolo importante, visto che, come già detto, la povertà e il benessere delle popolazioni dipende dal benessere degli ecosistemi in cui vivono: favorire la tutela dell’ambiente, garantire l’accesso all’acqua potabile, la corretta gestione dei rifiuti e dei reflui nonché l’approvvigionamento energetico pulito sono aspetti necessari per permettere ad ogni individuo, soprattutto se vive in condizioni di “sviluppo”, di condurre una vita sana e produttiva. È importante quindi, negli interventi di sviluppo umano di carattere tecnico ed ambientale, scegliere soluzioni decentrate che prevedano l’adozione di Tecnologie Appropriate per contribuire a valorizzare l’ambiente e a tutelare la salute della comunità. I Capitoli 7 ed 8 prendono in esame i metodi per la valutazione degli interventi di sviluppo umano. Un altro aspetto fondamentale che rientra nel ruolo dei tecnici infatti è l’utilizzo di un corretto metodo valutativo per la scelta dei progetti possibili che tenga presente tutti gli aspetti, ovvero gli impatti sociali, ambientali, economici e che si cali bene alle realtà svantaggiate come quelle prese in considerazione in questo lavoro; un metodo cioè che consenta una valutazione specifica per i progetti di sviluppo umano e che possa permettere l’individuazione del progetto/intervento tecnologico e ambientale più appropriato ad ogni contesto specifico. Dall’analisi dei vari strumenti valutativi si è scelto di sviluppare un modello per la valutazione degli interventi di carattere ambientale nei progetti di Cooperazione Decentrata basato sull’Analisi Multi Criteria e sulla Analisi Gerarchica. L’oggetto di questa ricerca è stato quindi lo sviluppo di una metodologia, che tramite il supporto matematico e metodologico dell’Analisi Multi Criteria, permetta di valutare l’appropriatezza, la sostenibilità degli interventi di Sviluppo Umano di carattere ambientale, sviluppati all’interno di progetti di Cooperazione Internazionale e di Cooperazione Decentrata attraverso l’utilizzo di Tecnologie Appropriate. Nel Capitolo 9 viene proposta la metodologia, il modello di calcolo e i criteri su cui si basa la valutazione. I successivi capitoli (Capitolo 10 e Capitolo 11) sono invece dedicati alla sperimentazione della metodologia ai diversi casi studio: - “Progetto ambientale sulla gestione dei rifiuti presso i campi Profughi Saharawi”, Algeria, - “Programa 1 milhão de Cisternas, P1MC” e - “Programa Uma Terra e Duas Águas, P1+2”, Semi Arido brasiliano.

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Este estudo buscou investigar a existência de aspectos de qualidade de vida no trabalho em uma cooperativa de catadores de materiais recicláveis e se a relação de qualidade de vida no trabalho e o reconhecimento social resultam e se fazem presentes na cooperativa de catadores, sendo esta evidenciada a partir da visão de seus cooperados. A questão que norteia este estudo é: A qualidade de vida no trabalho em uma cooperativa contribui para a melhoria do reconhecimento social? Para responder a esta questão, os referenciais foram os estudos de Walton (1973) e Limongi-França (2010) que apresentaram categorias norteadoras para esta pesquisa delimitada a uma cooperativa de catadores do Grande ABC Paulista localizada no município de Mauá. A metodologia utilizada neste estudo foi qualitativa, cujo instrumento deu-se por meio da aplicação de entrevistas com oito dos vinte e oito cooperados que fazem parte desta cooperativa de catadores. De acordo com a pesquisa realizada, constatou-se a importância da participação destes trabalhadores em cooperativas, a preocupação com a saúde e segurança no trabalho e o aumento da percepção de importância do seu trabalho como cooperado.

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The integrated management of municipal solid waste in Brazil is held legally responsible by the city council administration. This is done since the year 2010 with the publication of the National Solid Waste Policy term. According to the policy and law, each city must encourage the implementation of selective collection and the participation of waste picker´s entities aiming social inclusion. However, these actions haven’t yet reached its legal aims. These workers are considered regarding collection actions but are stripped of certain basic labor rights not in conformation with the Decent Work concept. This type of work, according to International Labour Organization, must be seen as work that is properly paid for and must be done regarding conditions of freedom, equity, security and able to provide workers with a dignified life conditions. Thus, this work aims to investigate the implementation process regarding the Solid Waste National Policy in Natal-Rio Grande do Norte in Brazil. This is done considering socio-productive insertion of recyclable material collectors. The research is substantiated by a qualitative approach as well as documental and bibliographical research. A field research considering the cooperatives as well “in locco" observation and semi-structured interviews were carried out between the time span of 2013 and 2014. In order to investigate decent daily working conditions the research emphasized municipal management actions in Natal towards social inclusion that aim to reflect on the progress and difficulties experimented. It is seen that even when these cooperatives receive government support there are still important struggles that need to be overcome. The worker´s tasks are risky, the work environment in not safe or is adequate in terms of health issues. There is the stigma of it being considered an occupational task, the low individual income distancing the activity regarding parameters of the Green Employment and Decent Work concept. On the other hand, the survey showed potential as the relentless pursuit on behalf of the cooperatives that still search better work condition improvement.

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Dissertação apresentada para obtenção do grau de mestre no âmbito do Mestrado em Educação Social e Intervenção Comunitária da Escola Superior de Educação do Instituto Politécnico de Santarém.

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Dissertação apresentada para obtenção do grau de mestre no âmbito do Mestrado em Educação Social e Intervenção Comunitária da Escola Superior de Educação do Instituto Politécnico de Santarém.

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Reconstrucción la de micro historia de los recicladores que viven y trabajan en la localidad de Suba en el periodo 2003-2014.

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Lead is present everywhere in the environment and has been defined as one of the greatest threats to the human health. In this paper, attempts have been made to study a way of recycling the lead produced from waste usage and disposed of in such a way as to avoid degrading the surrounding environment. In order to contain the waste, recycled asphalt material is mixed with the lead and then heated with microwave energy. This is an attempt to solidify and reduce the lead contaminants and use the final product as sub-base material in road pavement construction. The microwave heating of the specimens is carried out with 30%, 50%, 80% and 100% of power at 800W. The optimum power mode is used to compare with the conventional heating of asphalt with sulfur additive. The results are characterized by compact density, permeability, and subjected to toxicity test with regards to lead concentration. A mechanical test to evaluate the stability is also performed on the three methods of solidification and to prove that microwave zapping method allow to convert into an environmentally stable material for recycling without having to be deposited in a landfill site.

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The Regenerating Construction Project for the CRC for Construction Innovation aims to assist in the delivery of demonstrably superior ‘green’ buildings. Components of the project address eco-efficient redesign, achieving a smaller ecological footprint, enhancing indoor environment and minimising waste in design and construction. The refurbishment of Council House 1 for Melbourne City Council provides an opportunity to develop and demonstrate tools that will be of use for commercial building refurbishment generally. It is hoped that the refurbishment will act as an exemplar project to demonstrate environmentally friendly possibilities for office building refurbishment.

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The refurbishment of commercial buildings is growing as a percentage of overall construction activity in Australia and this trend is likely to continue. Refurbishment generates a significant waste stream much of which is potentially reusable or recyclable. Despite this potential, several factors are known to unnecessarily inhibit the amount of recycling that actually occurs on renovation projects. In order to identify the reasons causing this reluctance, a process of project monitoring and expert consultation was carried out. Twenty three experts experienced in commercial refurbishment projects and three waste contractors with specific knowledge of construction waste were interviewed. Records of receipts for waste from a case study project reveal three principal factors inhibiting recycling rates: the presence of asbestos in the building; the continued occupation of the building during construction; and the breaking up of a large project into small separate contracts thereby reducing economies of scale. To ascertain the potential for improvement, current rates for reuse and recycling of materials were collected from the experts. The results revealed a considerable variation in practice between companies and indicated key areas which should be targeted to improve performance.

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Renovation and refurbishment of the existing commercial building stock is a growing area of total construction activity and a significant generator of waste sent to landfill in Australia. A written waste management plan (WMP) is a widespread regulatory requirement for commercial office redevelopment projects. There is little evidence, however, that WMPs actually increase the quantity of waste that is ultimately diverted from landfill. Some reports indicate an absence of any formal verification or monitoring process by regulators to assess the efficacy of the plans. In order to gauge the extent of the problem a survey was conducted of twenty four consultants and practitioners involved in commercial office building refurbishment projects to determine the state of current practice with regard to WMPs and to elicit suggestions with regard to ways of making the process more effective. Considerable variation in commitment to recycling policies was encountered indicating a need to revisit waste minimisation practices if the environmental performance of refurbishment projects is to be improved.