1000 resultados para variazione regimi di frequenza di precipitazione andamento spaziale precipitazioni


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La movimentazione delle materie prime, degli intermedi e dei prodotti finali all’interno di una raffineria avviene attraverso una struttura logistica che prevede la ricezione delle materie prime, i trasferimenti delle sostanze tra le diverse unità produttive, la spedizione dei prodotti finiti. La distribuzione dei fluidi avviene su vie di tubazioni (pipe rack e trincee) che si possono articolare su un’ampia porzione di territorio, in prossimità di impianti, strade ed altri centri nevralgici. La perdita di contenimento accidentale dalle tubazioni può costituire un elemento di rischio di difficile gestione, proprio per la diffusione dei percorsi su un’area di vaste dimensioni. Il presente lavoro di tesi, svolto presso lo studio ICARO s.r.l. di Cortona, si propone di effettuare l’analisi del rischio dovuto al trasferimento dei fluidi all’interno di una raffineria, valutando la frequenza e la distribuzione spaziale degli effetti degli scenari incidentali finali che possono avere luogo in caso di rilascio. Le tubazioni prese in esame sono quelle di maggior impatto dal punto di vista del rischio a causa della pericolosità della sostanza trasferita e della vicinanza del percorso a punti nevralgici all’interno dello stabilimento; sulla base di questo criterio sono state analizzate le tubazioni per il trasferimento di GPL, H2S e benzina. I risultati ottenuti consentono di identificare soluzioni per l’ottimizzazione del layout della raffineria e costituiscono, più in generale, uno strumento analitico di supporto alle modifiche progettuali. L’elaborato è strutturato come segue. Nel Capitolo 1 è riportata la descrizione della raffineria e delle linee di interconnessione selezionate ai fini dello studio. Nel Capitolo 2 vengono identificate le tipologie più rappresentative di perdita di contenimento dalle linee e ne viene stimata la frequenza di accadimento. Nel Capitolo 3 viene illustrata una metodologia per la stima della probabilità di innesco che tiene in considerazione la circolazione di automezzi nelle strade interne della raffineria. Nel Capitolo 4 vengono esaminati, confrontati e selezionati i vari tipi di modelli di rilascio presenti nel package di simulazione Phast Professional 7.1 in vista della loro applicazione alle perdite dalle linee. Nel Capitolo 5 è riportato il calcolo delle frequenze di accadimento degli scenari incidentali finali, mentre nel Capitolo 6 sono illustrati i risultati relativi alla valutazione delle conseguenze. Nel Capitolo 7 viene effettuato lo studio dell’effetto domino, sviluppato in accordo ad un approccio metodologico innovativo. Infine nel Capitolo 8 vengono riportate alcune considerazioni finali.

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Caratteristica comune ai regimi di consolidamento previsti dai diversi ordinamenti, è quella di consentire la compensazione tra utili e perdite di società residenti, e, di negare, o rendere particolarmente difficoltosa, la stessa compensazione, quando le perdite sono maturate da società non residenti. La non considerazione delle perdite comporta una tassazione al lordo del gruppo multinazionale, per mezzo della quale, non si colpisce il reddito effettivo dei soggetti che vi appartengono. L’effetto immediato è quello di disincentivare i gruppi a travalicare i confini nazionali. Ciò impedisce il funzionamento del Mercato unico, a scapito della libertà di stabilimento prevista dagli artt. 49-54 del TFUE. Le previsioni ivi contenute sono infatti dirette, oltre ad assicurare a società straniere il beneficio della disciplina dello Stato membro ospitante, a proibire altresì allo Stato di origine di ostacolare lo stabilimento in un altro Stato membro dei propri cittadini o delle società costituite conformemente alla propria legislazione. Gli Stati membri giustificano la discriminazione tra società residenti e non residenti alla luce della riserva di competenza tributaria ad essi riconosciuta dall’ordinamento europeo in materia delle imposte dirette, dunque, in base all’equilibrata ripartizione del potere impositivo. In assenza di qualsiasi riferimento normativo, va ascritto alla Corte di Giustizia il ruolo di interprete del diritto europeo. La Suprema Corte, con una serie di importanti pronunce, ha infatti sindacato la compatibilità con il diritto comunitario dei vari regimi interni che negano la compensazione transfrontaliera delle perdite. Nel verificare la compatibilità con il diritto comunitario di tali discipline, la Corte ha tentato di raggiungere un (difficile) equilibrio tra due interessi completamenti contrapposti: quello comunitario, riconducibile al rispetto della libertà di stabilimento, quello degli Stati membri, che rivendicano il diritto di esercitare il proprio potere impositivo.

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Il mapping di grandezze fisiche risulta estremamente importante, essendo in grado di fornire un adeguato supporto per la localizzazione e il monitoraggio di parametri ambientali sensibili. Nel caso indoor, in assenza di un sistema di localizzazione di riferimento analogo al GPS per il caso outdoor, sfruttando appieno le potenzialità della sensoristica a bordo degli smartphone, si è fatto progressivamente strada il mapping di grandezze fisiche quali, ad esempio, il segnale Wi-Fi e il campo magnetico terrestre. In questo caso il mapping, senza richiedere alcuna infrastruttura e coadiuvato dall'utilizzo di dispositivi portatili largamente diffusi ad uso quotidiano, rappresenta una soluzione relativamente recente ridefinibile come Mobile Crowd Sensing. Il MCS rappresenta un nuovo paradigma di servizio, volto a sfruttare l'interconnettività tra dispositivi portatili per effettuare misurazioni di caratteristiche ambientali in maniera automatizzata, aggregandole in un sistema cloud usufruibile ad una vasta comunità. Tuttavia , il considerevole flusso di dati generato, la variabilità temporale delle grandezze di interesse e il rumore insito nelle misurazioni costituiscono problematiche fondamentali per l'utilizzo e la gestione delle misurazioni effettuate. Per tali motivi l'attività di tesi ha previsto i seguenti obiettivi: (i) fornire una panoramica delle principali tecniche e tecnologie di localizzazione volta a motivare l'importanza del mapping di grandezze fisiche ambientali; (ii) individuazione di grandezze fisiche appetibili per la creazione di mappe affidabili e realizzabili nei contesti applicativi più disparati, sfruttando risorse già presenti nell'ambiente; (iii) sviluppo di un algoritmo statistico in grado di fornire una stima accurata dell'andamento spaziale della grandezza di interesse attraverso un numero limitato di misurazioni, mantenendo la compatibilità con processi MCS e una bassa complessità computazionale. L’algoritmo sviluppato è stato validato attraverso simulazioni e misurazioni svolte in ambienti reali. In particolare, prove sperimentali sono state effettuate nell’arena Vicon nei laboratori DEI dell’Università di Bologna, sede Cesena, concepita dal gruppo di ricerca Casy.

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Analisi fatte su colate attive, mostrano che per loro natura i lenti movimenti della frana, possono essere accelerati e fluidificati durante estesi o intesi periodi di pioggia. Il meccanismo ampiamente proposto che produce questo tipo di comportamento fluido, è rappresentato dall’aumento della pressione dall’acqua nei pori all’interno del corpo di frana, generando così una parziale o completa liquefazione. Questa transizione solido-liquido è il risultato di una drastica riduzione, in termini di rigidezza meccanica nella zona di terreno liquefatto, il quale può essere potenzialmente rilevata dal monitoraggio della variazione nelle velocità delle onde di taglio (Vs), come dimostrato dalla studio effettuato da Mainsant et al. del 2012. Con questo presupposto in mente, è stata condotta una campagna di monitoraggio durata da maggio a settembre 2015, che attraverso la tecnica d’indagine sismica MASW con metodo attivo-passivo, si è misurato, con cadenza bimestrale, la velocità delle onde di taglio superficiali in vari punti del corpo di frana della colata di Montevecchio (Cesena). Al fine di possedere una conoscenza migliore di suddetta frana, è stato condotto uno studio morfoevolutivo preliminare al periodo di monitoraggio, identificando e definendo così i principali aspetti che caratterizzano la frana. Dai risultati ottenuti dal monitoraggio, si evince che il cambiamento reologico nei terreni fini di frana, possono essere osservato attraverso la variazione delle (Vs), identificando una correlazione diretta tra eventi di precipitazione, con conseguente riattivazione della frana e decrescita delle velocità (Vs), tanto più marcato, quanto maggiore è stato lo spostamento registrato. Il lavoro di tesi condotto conferma quanto detto nello studio di Mainsant et al. del 2012, ponendolo come un valido metodo per predire gli eventi franosi tipo colata.

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La tesi ha per obiettivo di quantificare gli effetti che la variabilità spaziale del mezzo poroso ha sull'evoluzione di un sistema geochimico. Le reazioni di dissoluzione o precipiazione di minerali modificano la struttura microscopica del mezzo, e con essa le proprietà idrodinamiche del sistema, la permeabilità in modo particolare. La variabilità spaziale iniziale del mezzo può essere causa della formazione di digitazioni o canalizzazioni? La prima parte della tesi tratta il cambiamento di scala, necessario per passare da una simulazione geostatistica su griglia fine al calcolo di trasporto su una tessellazione più grossolana. Nel caso del codice di calcolo Hytec, che implementa uno schema ai volumi finiti basato su discretizzazione in poligoni di Voronoï, sono stati confrontati diversi metodi di calcolo della permeabilità equivalente, seguendo differenti criteri. La seconda parte riguarda i calcoli di trasporto reattivo condotti su famiglie di simulazioni geostatistiche del mezzo; l'influenza della variabilità spaziale iniziale sull'evoluzione dei sistemi viene quantificata grazie ad opportune grandezze osservabili. Sono state studiate due reazioni distinte: un caso di dissoluzione, in maniera più approfondita, e più rapidamente un caso di precipitazione, il cui effetto complessivo è quello di riequilibrare il sistema.

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Nel presente lavoro sono stati illustrati i risultati preliminari di uno studio mirato alla modellazione del processo di vagliatura di RSU. Il modello, sviluppato sulla base di ipotesi sia cinematiche che probabilistiche, è stato implementato ed applicato per la verifica dell’influenza delle condizioni operative sull’efficienza del processo di separazione. La modellazione è stata sviluppata studiando la cinematica di una particella all’interno di un vaglio rotante, prima studiando il comportamento della singola particella e poi studiando il comportamento di più particelle. Lo sviluppo di tale modello, consente di determinare l’efficienza di rimozione per le diverse frazioni merceologiche di un rifiuto, ciascuna caratterizzata da una propria distribuzione dimensionale,. La validazione è stata svolta effettuando una campagna di misurazioni utilizzando un vaglio in scala (1:10) e un vaglio di dimensioni reali . Da queste misurazioni è emerso che il modello è ben rappresentativo della realtà, in alcuni casi, si sono evidenziate delle discrepanze dal comportamento reale del rifiuto, ciò è senz’altro da attribuite alla forte eterogeneità dei materiali costituenti il rifiuto solido urbano e dall’interferenza che le une causano sulle altre. Si è appurato che, variando i parametri quali: l’angolo di inclinazione longitudinale del vaglio, la velocità di rotazione si ha un diverso comportamento del rifiuto all’interno del vaglio e quindi una variazione dell’efficienza di separazione di quest’ultimo. In particolare è stata mostrata una possibile applicazione del modello legata alla valutazione delle caratteristiche del sopravaglio nel caso questo sia destinato alla produzione di CDR. Attraverso la formula di Dulong si è calcolato il potere calorifico superiore, (sia allo stato umido che allo stato secco), ottenuto effettuando delle variazioni dei parametri citati precedentemente, calcolato sulla massa uscente dal sopravaglio e quindi quella utilizzata come combustibile per gli impianti di termovalorizzazione.( C.D.R.) Si è osservato il legame esistente tra le condizioni operative inclinazione e velocità di rotazione del tamburo ed il potere calorifico del flusso selezionato con l’obiettivo di massimizzare quest’ultimo. Dalle è prove è emerso come il fattore umidità giochi un ruolo fondamentale per l’ottimizzazione del CDR, l’umidità infatti incide negativamente sul potere calorifico del rifiuto invertendo il rapporto normalmente direttamente proporzionale tra percentuale di sopravaglio e potere calorifico, dunque a causa dell’umidità all’aumentare del flusso di sopravaglio si ha una diminuzione del potere calorifico. Lo sviluppo e la validazione di un modello teorico, ci permette di affrontare il problema della selezione e separazione dei RSU,non più solo tramite un procedimento induttivo basato unicamente sulle osservazioni, ma tramite un procedimento deduttivo grazie al quale "conoscendo l’input si prevede quale sarà l’output". Allo stato attuale la scelta e il dimensionamento delle unità di separazione dimensionale nei processi di selezione è basata unicamente su conoscenze di natura empirica L’obiettivo principale è stato dunque quello di costruire uno strumento in grado di determinare le caratteristiche dei flussi uscenti dall’unità di vagliatura, note che siano le caratteristiche del flusso in ingresso ed i parametri operativi Questo approccio permette di eseguire valutazioni oggettive circa la reale rispondenza delle caratteristiche dei flussi in uscita a standard prefissati,peraltro consente di eseguire valutazioni sulle uscite di processo rispetto alla variabilità delle caratteristiche dei rifiuti in ingresso .

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Oggetto di studio del dottorato sono stati i suoli forestali in ambiente litoraneo della Regione Emilia-Romagna. In particolare sono state considerate quattro zone di studio in Provincia di Ravenna: Pineta di San Vitale, aree boscate di Bellocchio, Pineta di Classe e Pineta di Pinarella di Cervia. Lo studio in una prima fase si è articolato nella definizione dello stato del sistema suolo, mediante la caratterizzazione pedologica delle zone di studio. A tale scopo è stata messa a punto un’adeguata metodologia d’indagine costituita da un’indagine ambientale e successivamente da un’indagine pedologica. L’indagine ambientale, mediante fotointerpretazione ed elaborazione di livelli informativi in ambito GIS, ha permesso di individuare ambiti pedogenetici omogenei. L’indagine pedologica in campo ha messo in luce l’elevata variabilità spaziale di alcuni fattori della pedogenesi, in particolar modo l’andamento microtopografico tipico dei sistemi dunali costieri e la profondità della falda freatica del piano campagna. Complessivamente sono stati aperti descritti e campionati 40 profili pedologici. Sugli orizzonti diagnostici di questi sono state eseguite le seguenti analisi: tessitura, pH, calcare totale, carbonio organico, azoto kjeldahl, conduttività elettrica (CE), capacità di scambio cationico (CSC) e calcare attivo. I suoli presentano, ad eccezione della tessitura (generalmente grossolana), un’elevata variabilità delle proprietà chimico fisiche in funzione della morfologia, della profondità e della vicinanza della falda freatica. Sono state riscontrate diverse correlazioni, tra le più significative quelle tra carbonio organico e calcare totale (coeff. di correlazione R = -0.805 per Pineta di Classe) e tra calcare totale e pH (R = 0.736), dalle quali si è compreso in che misura l’effetto della decarbonatazione agisce nei diversi ambiti pedogenetici e tra suoli con diversa età di formazione. Il calcare totale varia da 0 a oltre 400 g.kg-1 e aumenta dalla superficie in profondità, dall’entroterra verso la costa e da nord verso sud. Il carbonio organico, estremamente variabile (0.1 - 107 g.kg-1), è concentrato soprattutto nel primo orizzonte superficiale. Il rapporto C/N (>10 in superficie e molto variabile in profondità) evidenzia una efficienza di umificazione non sempre ottimale specialmente negli orizzonti prossimi alla falda freatica. I tipi di suoli presenti, classificati secondo la Soil Taxonomy, sono risultati essere Mollic/Sodic/Typic Psammaquents nelle zone interdunali, Typic Ustipsamments sulle sommità dunali e Oxiaquic/Aquic Ustipsamments negli ambienti morfologici intermedi. Come sintesi della caratterizzazione pedologica sono state prodotte due carte dei suoli, rispettivamente per Pineta di San Vitale (scala 1:20000) e per le aree boscate di Bellocchio (scala 1:10000), rappresentanti la distribuzione dei pedotipi osservati. In una seconda fase si è focalizzata l’attenzione sugli impatti che le principali pressioni naturali ed antropiche, possono esercitare sul suolo, condizionandone la qualità in virtù delle esigenze del soprasuolo forestale. Si è scelta la zona sud di Pineta San Vitale come area campione per monitorarne mensilmente, su quattro siti rappresentativi, le principali caratteristiche chimico-fisiche dei suoli e delle acque di falda, onde evidenziare possibili correlazioni. Le principali determinazioni svolte sia nel suolo in pasta satura che nelle acque di falda hanno riguardato CE, Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, SO4 2-, HCO3 - e SAR (Sodium Adsorption Ratio). Per ogni sito indagato sono emersi andamenti diversi dei vari parametri lungo i profili, correlabili in diversa misura tra di loro. Si sono osservati forti trend di aumento di CE e degli ioni solubili verso gli orizzonti profondi in profili con acqua di falda più salina (19 – 28 dS.m-1) e profonda (1 – 1.6 m dalla superficie), mentre molto significativi sono apparsi gli accumuli di sali in superficie nei mesi estivi (CE in pasta satura da 17.6 a 28.2 dS.m-1) nei profili con falda a meno di 50 cm dalla superficie. Si è messo successivamente in relazione la CE nel suolo con diversi parametri ambientali più facilmente monitorabili quali profondità e CE di falda, temperatura e precipitazioni, onde trovarne una relazione statistica. Dai dati di tre dei quattro siti monitorati è stato possibile definire tali relazioni con equazioni di regressione lineare a più variabili. Si è cercato poi di estendere l’estrapolabilità della CE del suolo per tutte le altre casistiche possibili di Pineta San Vitale mediante la formulazione di un modello empirico. I dati relativi alla CE nel suolo sia reali che estrapolati dal modello, sono stati messi in relazione con le esigenze di alcune specie forestali presenti nelle zone di studio e con diverso grado di tolleranza alla salinità ed al livello di umidità nel suolo. Da tali confronti è emerso che per alcune specie moderatamente tolleranti la salinità (Pinus pinea, Pinus pinaster e Juniperus communis) le condizioni critiche allo sviluppo e alla sopravvivenza sono da ricondursi, per la maggior parte dei casi, alla falda non abbastanza profonda e non tanto alla salinità che essa trasmette sull’intero profilo del suolo. Per altre specie quali Quercus robur, Populus alba, Fraxinus oxycarpa e Ulmus minor moderatamente sensibili alla salinità, ma abituate a vivere in suoli più umidi, la salinità di una falda troppo prossima alla superficie può ripercuotersi su tutto il profilo e generare condizioni critiche di sviluppo. Nei suoli di Pineta San Vitale sono stati inoltre studiati gli aspetti relativi all’inquinamento da accumulo di alcuni microtossici nei suoli quali Ag, Cd, Ni e Pb. In alcuni punti di rilievo sono stati osservati moderati fattori di arricchimento superficiale per Pb e Cd riconducibili all’attività antropica, mentre le aliquote biodisponibili risultano maggiori in superficie, ma all’interno dei valori medi dei suoli italiani. Lo studio svolto ha permesso di meglio conoscere gli impatti sul suolo, causati dalle principali pressioni esistenti, in un contesto dinamico. In particolare, si è constatato come i suoli delle zone studiate abbiano un effetto tampone piuttosto ridotto sulla mitigazione degli effetti indotti dalle pressioni esterne prese in esame (salinizzazione, sodicizzazione e innalzamento della falda freatica). Questo è dovuto principalmente alla ridotta presenza di scambiatori sulla matrice solida atti a mantenere un equilibrio dinamico con le frazioni solubili. Infine le variabili ambientali considerate sono state inserite in un modello concettuale DPSIR (Driving forces, Pressures, States, Impacts, Responces) dove sono stati prospettati, in via qualitativa, alcuni scenari in funzione di possibili risposte gestionali verosimilmente attuabili, al fine di modificare le pressioni che insistono sul sistema suolo-vegetazione delle pinete ravennati.

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Il carcinoma polmonare rappresenta un problema socio-sanitario di grande rilievo, essendo la prima causa di morte per neoplasia. Il carcinoma polmonare non a piccole cellule (non small cell lung cancer - NSCLC) rappresenta la variante istologica più frequente (80% dei casi di tumore polmonare). Al momento della diagnosi circa il 60-70% dei pazienti presenta una malattia in stadio avanzato o metastatico non essendo suscettibile di trattamento chirurgico. Per questi pazienti il trattamento chemioterapico determina un prolungamento della sopravvivenza e un miglioramento della qualità  della vita rispetto alla sola terapia di supporto, identificandosi come standard terapeutico. L'individuazione del migliore trattamento chemioterapico per questo subset di pazienti rappresenta pertanto una delle principali sfide della ricerca oncologica. I regimi polichemioterapici si possono dividere schematicamente in tre generazioni in relazione all'introduzione nel corso degli anni di nuovi agenti chemioterapici. Con l'avvento dei regimi di terza generazione, il trattamento del NSCLC avanzato sembra aver raggiunto un plateau, mancando infatti chiare dimostrazioni di superiorità  di un regime di ultima generazione rispetto ad un altro. Tra questi l'associazione cisplatino e gemcitabina rappresenta uno dei regimi standard più utilizzati in considerazione del suo favorevole rapporto costo-beneficio. Al fine di migliorare i risultati del trattamento chemioterapico in termini di attività  ed efficacia, una possibilità  consiste nell'individuazione di parametri predittivi che ci consentano di identificare il miglior trattamento per il singolo paziente. Tra i vari parametri predittivi valutabili, un crescente interesse è stato rivolto a quelli di carattere genetico, anche grazie all'avvento di nuove tecniche di biologia molecolare e al sequenziamento del genoma umano che ha dato nuovo impulso a studi di farmacogenetica e farmacogenomica. Sulla base di queste considerazioni, in questa tesi è stato effettuato uno studio mirato a valutare l'espressione di determinanti molecolari coinvolti nel meccanismo di azione di gemcitabina e cisplatino in pazienti affetti dai due tipi istologici principali di NSCLC, adenocarcinomi e carcinomi squamocellulari. Lo studio dei livelli di espressione genica è stata effettuata in tessuti di 69 pazienti affetti da NSCLC arruolati presso l'Istituto Europeo di Oncologia di Milano. In particolare, mediante Real Time PCR è stata valutata l'espressione genica di ERCC1, hENT1, dCK, 5'-NT, CDA, RRM1 e RRM2 in 85 campioni isolati con microdissezione da biopsie provenienti dai tessuti polmonari normali o tumorali o dalle metastasi linfonodali. Le analisi di questi tessuti hanno mostrato differenze significative per i pattern di espressione genica di diversi determinanti molecolari potenzialmente utile nel predire l'efficacia di gemcitabina/cisplatino e per personalizzare i trattamenti in pazienti affetti da cancro. In conclusione, l'evoluzione delle tecniche di biologia molecolare promossa dagli studi di farmacogenetica racchiude in sè notevoli potenzialità  per quanto concerne l'ideazione di nuovi protocolli terapeutici. Identificando le caratteristiche genotipiche e i livelli di espressione geniche di determinanti molecolari implicati nella risposta ai farmaci potremmo infatti predisporre delle mappe di chemiosensibilità-chemioresistenza per ciascun paziente, nell'ottica di approntare di volta in volta le più appropriate terapie antitumorali in base alle caratteristiche genetiche del paziente e della sua patologia neoplastica.

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Il presente lavoro di tesi nasce dalla collaborazione tra l’Università di Bologna, Polo Scientifico Didattico di Ravenna, e l’Agenzia Regionale Prevenzione ed Ambiente dell’Emilia Romagna (ARPA EMR), sezione di Ravenna, inserendosi nell’ambito del progetto di Dottorato “Sviluppo di tecniche per la progettazione delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria”. Lo scopo principale dello studio è quello di definire una metodologia di tipo Top-Down per disaggregare spazialmente sulla Provincia di Ravenna le emissioni in atmosfera stimate dall’inventario provinciale di ARPA EMR. La metodologia CORINAIR (COordination INformation AIR), sviluppata dalla Agenzia Europea per l’Ambiente, prefigura due possibili procedure di stima delle emissioni in atmosfera: Top-Down (parte dalla scala spaziale più ampia e discende a livelli inferiori) e Bottom-Up (parte invece dall’analisi della realtà produttiva locale per passare a quella relativa a livelli di aggregazione maggiori). La metodologia proposta, di tipo Top-Down, si avvale volutamente di variabili proxy facilmente reperibili a livello comunale, in modo che possa essere applicata anche ad altre realtà locali, meno ricche di dati statistici e ambientali di quanto non lo sia la regione Emilia Romagna in generale e la provincia di Ravenna in particolare. La finalità ultima dello studio è quella di fornire una metodologia per ottenere, attraverso dati resi disponibili da ogni amministrazione comunale, un quadro conoscitivo della situazione emissiva in atmosfera a livello locale a supporto della gestione della qualità dell’aria e dei relativi fattori di pressione. Da un punto di vista operativo, il lavoro di tesi è stato suddiviso in: una fase progettuale, con l’obiettivo di individuare i Macrosettori CORINAIR e gli inquinanti principali da tenere in considerazione nello studio, ed identificare le variabili proxy più opportune per la disaggregazione delle emissioni; una fase di raccolta dei dati ed infine, l’elaborazione dei dati con l’ausilio del software GIS ArcMap 9.3. La metodologia Top-Down è stata applicata in due fasi: con la prima si è effettuata la disaggregazione dal livello provinciale a quello comunale; con la seconda, le emissioni attribuite al comune di Ravenna sono state distribuite spazialmente su una griglia le cui celle hanno dimensione 100m x 100m in modo da ottenere una disaggregazione ad alta risoluzione. I risultati ottenuti dalla disaggregazione effettuata sono stati confrontati, là dove possibile, con dati ottenuti da un approccio Bottom-Up, allo scopo di validare la metodologia proposta. I confronti fra le stime effettuate con l’approccio Top-Down e quelle derivanti dall’approccio Bottom-Up hanno evidenziato risultati diversi per i differenti Macrosettori investigati. Per il macrosettore industriale, si sono evidenziate una serie di limitazioni dimostrando che l’utilizzo della proxy ‘superficie industriale’, così come applicata, non è adeguata né a livello qualitativo né quantitativo. Limitazioni significative, si osservano anche per il macrosettore ‘traffico veicolare’ per il quale è possibile effettuare una stima accurata delle emissioni totali ma poi la disaggregazione spaziale ad alta risoluzione appare insoddisfacente. Ottime risultano invece le performance della metodologia proposta per il macrosettore combustione non industriale, per il quale si osserva un buon accordo sia per i valori emissivi globali, sia per la loro distribuzione spaziale ad alta risoluzione. Relativamente agli altri settori e macrosettori analizzati (‘Altre sorgenti mobili’ e ‘Agricoltura’), non è stato possibile effettuare confronti con dati provenienti dall’approccio Bottom- Up. Nonostante ciò, dopo un’attenta ricerca bibliografica, si può affermare, che le proxy utilizzate sono fra quelle più impiegate in letteratura, ed il loro impiego ha permesso l’ottenimento di una distribuzione spaziale verosimile ed in linea con l’inventario provinciale ARPA EMR. In ultimo, le mappe di pressione ottenute con l’ausilio di ArcMap sono state analizzate qualitativamente per identificare, nel territorio del Comune di Ravenna, le zone dove insiste una maggiore pressione emissiva sul comparto atmosferico. E’ possibile concludere che il livello di dettaglio ottenuto appare sufficiente a rappresentare le zone più critiche del territorio anche se un ulteriore lavoro dovrà essere previsto per sviluppare meglio i macrosettori che hanno mostrato le maggiori criticità. Inoltre, si è riusciti a tracciare una metodologia sufficientemente flessibile per poterla applicare anche ad altre realtà locali, tenendo comunque sempre presente che, la scelta delle proxy, deve essere effettuata in funzione delle caratteristiche intrinseche del territorio.

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Le Leucemie Acute Mieloidi di sottotipo FAB M4 e M5, le Leucemie Acute Linfoblastiche e le Leucemie Bifenotipiche sono frequentemente caratterizzate da traslocazioni del gene 11q23/MLL con formazione di oncogeni di fusione e produzione di oncoproteine che inducono la trasformazione neoplastica. Tali leucemie con riarrangiamenti di 11q23/MLL sono caratterizzate da prognosi infausta e scarsa responsività alle terapie convenzionali. Data la necessità di trovare terapie efficaci per le leucemie con traslocazione di MLL, in questo lavoro di ricerca sono stati progettati, caratterizzati e validati siRNA per il silenziamento genico degli oncogeni di fusione di MLL, con lo scopo di valutare il ripristino delle normali funzionalità di differenziamento cellulare e l’arresto della proliferazione neoplastica. Sono stati progettati siRNA specifici per gli oncogeni di fusione di MLL, sia per le regioni conservate nei diversi oncogeni di fusione, sia a livello del punto di fusione (breakpoint), sia per le regioni sui geni partner. I siRNA sono stati valutati su linee cellulari contenenti diverse traslocazioni del gene MLL. Il silenziamento è stato valutato sia a livello cellulare in termini di riduzione della capacità proliferativa e del numero delle cellule leucemiche, sia a livello molecolare tramite l’analisi della diminuzione dell’mRNA degli oncogeni di fusione di MLL. E’ stata valutata la diminuzione delle oncoproteine di fusione di MLL in seguito a trattamento con siRNA. E’ stata analizzata la variazione dell’espressione di geni dipendenti da MLL in seguito a trattamento con siRNA. Sono stati messi a punto modelli murini bioluminescenti di leucemie acute con traslocazioni di MLL innanzitutto per studiare il trafficking in vivo e la progressione leucemica delle leucemie acute con traslocazione di MLL. Successivamente sono stati utilizzati i modelli murini per lo studio in vivo dell’efficienza e della tossicità dei siRNA progettati e validati in vitro, valutando diversi sistemi di delivery per i siRNA in vivo.

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Il presente lavoro di tesi si è svolto in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Padova CNR IRPI. Questo elaborato è finalizzato allo studio dei dissesti per frana che coinvolgono le opere d’arte stradali della S.S. 52 Carnica nella zona del Passo della Morte, tra i comuni di Forni di Sotto e Ampezzo, in provincia di Udine. La presenza di un’arteria viaria di primaria importanza, qual è la strada statale 52 Carnica che collega le province di Udine e Belluno, ha reso necessario un accurato studio idrogeologico. Lo studio mira principalmente ad individuare una possibile relazione tra la sorgente sita all’interno della Galleria di S. Lorenzo S.S. 52 e la galleria drenante posta al di sotto di quest’ultima per permettere la progettazione di eventuali ulteriori opere di mitigazione del rischio da frana. Il lavoro è suddiviso in tre parti: la prima, introduttiva, include una caratterizzazione geografica, geologica e morfologica dell’area di studio. La seconda descrive l’opera in esame - la galleria di S. Lorenzo S.S. 52 Carnica - e le criticità derivanti dalla complessità dell’area. Infine, la terza, fondamentale, comprende un studio idrogeologico svolto raccogliendo sul campo i dati indispensabili alle ricerche. La metodologia è caratterizzata da un’analisi statistica basata sulla cross-correlazione tra i dati di precipitazione e quelli di portata in continuo della sorgente e della galleria drenante. Infine, a fronte dei dati ottenuti, si è ricavato un modello concettuale dei complessi fenomeni idrogeologici che si sviluppano nell’area di Passo della Morte.

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L’elaborato ha ad oggetto lo studio della conciliazione e dell’arbitrato con riferimento alle controversie individuali di lavoro privato e pubblico. Vengono trattati i diversi profili che caratterizzano gli strumenti di risoluzione delle liti alternativi al processo, al fine di comprenderne la disciplina e l’effettiva portata, e di evidenziarne le criticità. L’elaborato si occupa, in primo luogo, di ricostruire il percorso di sviluppo della disciplina legislativa dei due istituti, partendo dalla configurazione del quadro della sua evoluzione storica e affrontando, poi, approfonditamente le più recenti tappe di tale evoluzione. Nella ricostruzione della disciplina della conciliazione e dell’arbitrato viene dato conto dell’assetto delle fonti, legislativa e contrattuale, definendone i rispettivi ruoli e competenze in materia: la tesi si sofferma quindi sul ruolo che il legislatore attribuisce all’autonomia collettiva e sulle modalità con le quali questo ruolo viene concretamente esercitato in sede di contrattazione. Successivamente, viene compiuta una valutazione delle conciliazioni e dell’arbitrato diretta a comprenderne l’efficacia e l’effettività. L’analisi pone in rilievo taluni elementi che sono ritenuti indispensabili per lo sviluppo delle predette caratteristiche e, quindi, per l’opzione e per la fiducia delle parti verso gli strumenti di composizione stragiudiziale delle liti. L’attenzione viene poi focalizzata sui regimi di impugnazione dei provvedimenti con cui si concludono le procedure stragiudiziali, sulla base della riflessione per la quale la diffusione di uno strumento di composizione delle controversie postula necessariamente un certo grado di stabilità degli atti che esso genera. L’ultima parte dell’elaborato è dedicata alla disamina delle ipotesi applicative di successo nell’esperienza italiana di Alternative Dispute Resolution, ossia il tentativo obbligatorio di conciliazione nei licenziamenti economici introdotto dalla Riforma Fornero, la conciliazione monocratica e l’arbitrato per l’impugnazione delle sanzioni disciplinari, anche con l’intento di comprendere quali caratteristiche ne abbiano favorito la diffusione, in rapporto alle altre tipologie di conciliazione e arbitrato di lavoro.

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Il lavoro di tesi ha preso spunto da un fenomeno franoso avvenuto a Porretta Terme (provincia di Bologna), nell’autunno 2008, a causa di abbondanti precipitazioni, in tale occasione si innescò una colata rapida di detriti che invase la strada statale n. 64 e lambì la ferrovia che collega l’Emilia Romagna e la Toscana. I detriti colpirono anche un’abitazione, senza per fortuna causare perdite umane ne danni ingenti, ma l’evento riscosse numerose attenzioni da parte della popolazione locale, preoccupata che fenomeni del genere potessero ripetersi anche in altre zone e senza alcun preavviso. L’evento allertò anche la Protezione Civile regionale che da subito si interessò all’applicazione di metodi in grado di prevedere la suscettività areale da frane di questo tipo. Metodi previsionali per colate rapide sono stati sviluppati negli ultimi anni in diverse università sia in Europa sia negli Stati Uniti d’America. Lo scopo è quello di prevedere le possibili zone di innesco e individuare le soglie di precipitazione critica in modo da realizzare carte di suscettività a scopo di pianificazione territoriale e mitigazione del rischio. Il lavoro, durato diversi mesi, è passato attraverso diverse fasi. In primis si è proceduto a sopralluoghi di campo al fine di inquadrare l’area oggetto di studio dal punto di vista geologico e geomorfologico. Successivamente è stata svolta una fase di campionamento sul terreno; tramite una trivella manuale sono stati effettuati numerosi carotaggi (circa 60) sparsi sull’intero versante oggetto di studio, al fine di ricavare un dato relativo allo spessore del suolo. Inoltre sono stati raccolti dei campioni di terreno, analizzati successivamente in laboratorio al fine di ricavarne le curve granulometriche e alcuni dati caratterizzanti. Terminata la fase sul terreno, si è provveduto ad effettuare le prove di laboratorio (curve granulometriche, limiti di Attemberg, etc). Grazie ai dati raccolti, è stato possibile applicare un modello previsionale di stabilità superficiale, TRIGRS 2.0 basato sull’infiltrazione in un mezzo non saturo di una precipitazione di durata finita. Particolare attenzione è stata rivolta ai metodi per la previsione dello spessore del suolo (Z Model, S Model, Sexp Model) e alla loro influenza nella suscettività da frana superficiale.

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I cambiamenti climatici stanno sempre più influenzando l’assetto territoriale ed ambientale della nostra società. Questo fatto si evince da eventi che riescono a sconvolgere le opere atte alla loro mitigazione; tali sistemi vengono progettati tenendo conto delle competenze acquisite in campo teorico e archivistico, ovvero la serie dei dati storici sui quali costruire dei modelli probabilistici che permettano di determinare il massimo grado di intensità che l'evento di interesse potrà generare. Questi database, però, conseguentemente ai cambiamenti ambientali cui stiamo avendo testimonianza diretta, risultano essere sempre meno affidabili allo scopo di impostare questi studi di tendenza. Esempio di quanto detto sono le alluvioni, generate da eventi meteorologici fuori dall'ordinario: queste situazioni, sempre più frequenti sul nostro territorio, oltre che subire l'influsso dei cambiamenti climatici, trovano un substrato favorevole nel quale attecchire, dovuto dall'alto grado di antropizzazione del territorio. In questo ambito, rientrano quegli eventi che i media chiamano "bombe d'acqua", le quali scaricano su un piccolo territorio una massiccia quantità di acque di precipitazione in un arco di tempo estremamente limitato. L'effetto principale è quello di mettere in crisi la rete idrologica della zona colpita, la quale non è stata progettata per sopportare eventi di tale magnitudo. Gli effetti avversi sul territorio possono essere importanti e vantano una vasta gamma di effetti. Inondazioni ed allagamenti in primis, poi i conseguenti da danni economici, ma anche smottamenti o colate di fango ed il collasso dei sistemi fognari. In questo lavoro di tesi, queste problematiche saranno trattate col fine ultimo di valutare delle soglie di precipitazioni, tali per cui, in caso di eventi meteorologici fuori dall’ordinario, sarà possibile allertare la popolazione localizzata nella zona soggetta a rischio idro-geologico. Questa analisi è stata condotta grazie ai dati reperiti per un piccolo bacino pedecollinare del Comune di Rimini.

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In questo lavoro di laurea si presentano le varie famiglie di convertitori multilivello MMC (Modular Multilevel Converter). Questi convertitori sono di ausilio per il condizionamento dei parametri di reti elettriche in media e alta tensione e possono anche essere convenientemente utilizzati nel pilotaggio di motori asincroni trifase. Dopo aver esplicitato i principi di funzionamento, presentato i dispositivi di commutazione, le tipologie conosciute e le rispettive principali tecniche di modulazione, si è presentato il motore asincrono trifase, il suo circuito equivalente e le problematiche di accoppiamento ad un inverter. Successivamente si è simulato un inverter multilivello di tipo Diode-Clamped, con modulazione analogica PWM multiportante, che aziona un motore asincrono commerciale, così da poterne verificare le prestazioni in diversi regimi di velocità.