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Resumo:
Il presente lavoro di ricerca si focalizza sulla rappresentazione della cultura arabo-islamica, così come viene restituita nei libri di storia per la scuola secondaria di primo grado. Il fatto che il mondo di oggi è caratterizzato, ora più che mai, da continui e inevitabili incontri tra persone con multiple appartenenze esige un forte impegno volto a favorire pacifici rapporti interculturali. A tale scopo si ritiene che i contenuti dei libri di testo abbiano un ruolo molto rilevante. Di qui, uno degli obiettivi consiste nel verificare se i libri di testo veicolano un’efficace educazione alla conoscenza e al rispetto delle altre culture e religioni, all’ascolto e al dialogo interculturale; nonché al superamento dell'etnocentrismo, degli stereotipi e dei pregiudizi. Si è cercato così di verificare – nel campione dei libri di testo presi in esame – quali eventuali pregiudizi ricorrenti, stereotipi o prospettive etnocentriche vengono costruite, consolidate, reiterate e trasmesse, consapevolmente o inconsapevolmente, attraverso le affermazioni o le immagini che illustrano la cultura arabo-islamica. La prima parte della tesi, quella teorica, è dedicata all'approfondimento di due temi: il primo riguarda il rapporto Oriente-Occidente e la rappresentazione dell'altro e il secondo riguarda invece la condizione della donna musulmana tra stereotipi e realtà. La seconda parte invece, quella empirica, è dedicata principalmente all'analisi del contenuto dei testi di storia. Dall'analisi effettuata è evidente l'interesse, da parte degli autori e degli editori dei libri di testo, per il tema della cultura arabo-islamica. Nonostante ciò, si è potuto riscontrare nei libri presi in esame, sebbene in misura differente, la presenza (o compresenza) di stereotipi, generalizzazioni e informazioni parziali, imprecise o errate attorno alla cultura arabo-islamica e a chi vi appartiene.
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Nel corso di questa Tesi sono state studiate reazioni di cluster carburo-carbonilici Fe/Cu con composti azotati di varia natura: complessi fosforescenti di metalli di transizione, 1-10 fenantrolina, L-amminoacidi e Chinolina. In particolare la reazione tra Fe4C(CO)12Cu2(CH3CN)2 e [Ru(tpy)(bpy)(N4C-C6H4-CN)]+ ha portato alla sintesi dell’addotto Fe4C(CO)12{Cu2Cl[Ru(tpy)(bpy)(N4C-C6H4-CN)]}, sul quale sono state condotte misure di luminescenza (emissione, eccitazione e misura dei tempi di vita degli stati eccitati). Per confronto degli spettri registrati su campioni di adotto in soluzione con quelli del complesso cationico di Ru(II), si è ipotizzato che l’addotto sintetizzato in soluzione dia origine ad un sistema in equilibrio tra le specie legate e dissociate. Le reazioni di Fe4C(CO)12Cu2(CH3CN)2 e [NEt4][Fe5C(CO)14Cu(CH3CN)] con 1-10 fenantrolina hanno permesso di isolare le nuove specie [Fe4C(CO)12(Cuphen)]–, [Fe4C(CO)12(Cuphen)] e [Fe5C(CO)14(Cuphen)]–, sottoforma dei loro sali [Cu(phen)2][Fe4C(CO)12(Cuphen)], [NEt4] [Fe4C(CO)12(Cuphen)], [Fe4C(CO)12(Cuphen)], [NEt4][Fe5C(CO)14(Cuphen)]• CH2Cl2 e [NEt4][Fe5C(CO)14(Cuphen)]•THF. In tali cluster si nota come la natura bidentata di phen e il suo ingombro sterico abbiano causato notevoli riarrangiamenti strutturali rispetto alle specie iniziali contenenti acetonitrile. La sintesi di Fe4C(CO)12(CuQ)2 e [NEt4][Fe5C(CO)14(CuQ)] è avvenuta inaspettatamente a partire dalle reazioni condotte tra Fe4C(CO)12Cu2(CH3CN)2 e [NEt4][Fe5C(CO)14Cu(CH3CN)] con le molecole L-prolina, L-metionina e guanina, a causa della chinolina contenuta come impurezza nei reagenti di partenza. L’esito di questa reazione ha comunque mostrato l’elevata affinità dei cluster per il legante chinolina, sebbene presente in ambiente di reazione in misura sensibilmente inferiore rispetto agli altri reagenti. Tutte le nuove specie sintetizzate sono stati caratterizzate mediante spettroscopia IR e le strutture molecolari sono state determinate mediante diffrazione di raggi X su cristallo singolo.
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Lo scoppio della crisi finanziaria globale del 2007 ha rappresentato un evento epocale che ha interessato una varietà di ambiti: l’economia, la finanza, il diritto, la sociologia e anche la comunicazione. Molti linguisti e ricercatori del settore terminologico si sono concentrati sulle conseguenze di questo capovolgimento nella comunicazione che ha accolto in misura crescente anglicismi finanziari provenienti dagli Stati Uniti. I documenti istituzionali, ma soprattutto la stampa generalista e finanziaria sono dovuti ricorrere per esigenze denotative agli anglicismi al fine di illustrare le cause di questo evento e proporre delle soluzioni adeguate per attenuarne gli effetti. Dopo la crisi, infatti, le autorità di vigilanza finanziaria europee hanno iniziato a mettere in campo una serie di riforme della regolamentazione finanziaria volte a prevenire la comparsa di nuove crisi sistemiche: lo stress testing costituisce uno degli strumenti che la vigilanza europea ha adottato allo scopo di valutare lo stato di salute dei bilanci degli istituti di credito e per vagliarne la solidità e la resistenza a crisi simili a quella esplosa nel 2007. Il nostro elaborato si propone di osservare in ottica diacronica il trattamento degli anglicismi finanziari del dominio dello stress testing nella comunicazione istituzionale della Banque de France e della Banca d’Italia e nella stampa economico-finanziaria francese e italiana. Per la realizzazione di tale indagine abbiamo adottato un approccio diacronico teso all’osservazione del trattamento dell’anglicismo stress test in un arco temporale che dai primi anni Duemila arriva fino ad oggi. Ai fini dell’indagine abbiamo costruito due corpora comparabili di testi istituzionali tratti dal sito Web della Banque de France e da quello della Banca d’Italia, delimitando la ricerca al dominio dello stress testing. Abbiamo successivamente compilato due corpora comparabili con testi tratti da La Tribune e Milano Finanza per osservare il trattamento degli anglicismi finanziari in un genere testuale differente, benché specializzato. Abbiamo assunto il 2007, anno di inizio della crisi, come spartiacque, suddividendo i corpora in vari subcorpora e selezionando i testi da includervi in base alla data di pubblicazione. L’obiettivo che ci siamo prefissati è quello di osservare se nel dominio dello stress testing abbia avuto luogo un’evoluzione concettuale e se questa sia riscontrabile anche dal trattamento degli anglicismi finanziari, con un focus particolare sull’anglicismo stress test.
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Questo lavoro di traduzione nasce dal mio interesse per la traduzione dall’arabo all’italiano. Purtroppo, attualmente non sono moltissimi i libri tradotti dall’arabo ed è ancora scarso (rispetto ad altri paesi) l’interesse verso la vera letteratura araba, ed in particolar modo verso il genere del racconto breve. Oggigiorno, gli scaffali delle maggiori librerie in Italia riservano un angusto spazio ai libri tradotti dall’arabo. Certo, molto è stato realizzato in comparazione alla prima metà del Novecento, grazie anche all’assegnazione del premio Nobel per la letteratura nel 1988 a Naguib Mahfouz, evento che ha incentivato l’interesse verso gli scrittori in lingua araba. Tuttavia, sono convinta che si può stimolare in misura maggiore la lettura di romanzi e racconti che provengono dal così chiamato “Mondo arabo”, in riferimento a una vasta area geografia che comprende diversi stati, con un differente patrimonio culturale ma accomunati dall’uso della stessa lingua. A questo scopo, ho scelto di tradurre due racconti brevi di due diversi autori, entrambi dall’Egitto tracciando inizialmente la nascita di questo genere sino a delineare il suo valore odierno. Si tratta di due racconti che si allontanano dal modello de Le Mille e una notte, e diversamente da quest’ultime non godono della stessa notorietà. Non presentano tratti di esotismo che tanto affascinano i lettori occidentali e non si inseriscono tra le ultime tendenze letterarie. Si tratta di racconti fuori dagli schemi classici proposti dei racconti arabi già tradotti. Per tali motivi ho deciso di tradurli, in quanto sono convinta fermamente che la letteratura araba non sia solamente Naguib Mahfouz o Khalil Gibran (autori eccezionali senza dubbio), ma sia ricca di molti altri scrittori ancora da essere scoperti.
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Il presente studio è stato effettuato per comprendere le abitudini degli studenti universitari britannici in termini di consumo di alcol e i rischi legati a due fenomeni frequenti nel Regno Unito: il binge drinking (consumo eccessivo di alcol in un breve lasso di tempo, spesso per raggiungere velocemente lo stato di ebbrezza) e, in misura minore, il drink spiking (contaminazione di bevande con droghe o alcol). Attraverso un’analisi di studi accademici, sondaggi e articoli della stampa britannica, verrà presentato nella prima parte il ruolo dell’alcol nel Regno Unito, verranno fornite varie definizioni di binge drinking ed evidenziate le variazioni di significato del termine nel tempo. Saranno, poi, presentati i livelli di assunzione di riferimento di alcol emessi dall’NHS, il sistema sanitario nazionale del Regno Unito, seguiti da un’analisi sull’uso dell’alcol nel Regno Unito. Per quanto riguarda gli studenti universitari, verranno analizzati i motivi che li spingono al consumo di alcol, il binge drinking e le NekNomination (giochi alcolici online), l’uso dei pre-drinks (ritrovi serali tra amici per bere alcol prima di uscire) e le modalità in cui college e università aiutano gli studenti per evitare loro di incorrere in rischi legati all’alcol. In particolare, verranno analizzati drink spiking, violenze sessuali e fisiche, rischi per la salute e morte accidentale, e verranno presentate alcune strategie applicate per evitarli. La seconda parte verterà sull’analisi e discussione dei risultati di un sondaggio realizzato a Durham (Regno Unito) nel febbraio 2015 attraverso interviste a studenti universitari britannici e portieri di college e proprietari e membri dello staff di pub e bar locali con domande basate sulle loro esperienze, opinioni ed eventuali testimonianze riguardo il consumo di alcol, i fenomeni e i rischi sopra menzionati. Lo studio ha portato a vari risultati che hanno permessi di confermare e ampliare conoscenze pregresse sui temi trattati.
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Negli ultimi anni la biologia ha fatto ricorso in misura sempre maggiore all’informatica per affrontare analisi complesse che prevedono l’utilizzo di grandi quantità di dati. Fra le scienze biologiche che prevedono l’elaborazione di una mole di dati notevole c’è la genomica, una branca della biologia molecolare che si occupa dello studio di struttura, contenuto, funzione ed evoluzione del genoma degli organismi viventi. I sistemi di data warehouse sono una tecnologia informatica che ben si adatta a supportare determinati tipi di analisi in ambito genomico perché consentono di effettuare analisi esplorative e dinamiche, analisi che si rivelano utili quando si vogliono ricavare informazioni di sintesi a partire da una grande quantità di dati e quando si vogliono esplorare prospettive e livelli di dettaglio diversi. Il lavoro di tesi si colloca all’interno di un progetto più ampio riguardante la progettazione di un data warehouse in ambito genomico. Le analisi effettuate hanno portato alla scoperta di dipendenze funzionali e di conseguenza alla definizione di una gerarchia nei dati. Attraverso l’inserimento di tale gerarchia in un modello multidimensionale relativo ai dati genomici sarà possibile ampliare il raggio delle analisi da poter eseguire sul data warehouse introducendo un contenuto informativo ulteriore riguardante le caratteristiche dei pazienti. I passi effettuati in questo lavoro di tesi sono stati prima di tutto il caricamento e filtraggio dei dati. Il fulcro del lavoro di tesi è stata l’implementazione di un algoritmo per la scoperta di dipendenze funzionali con lo scopo di ricavare dai dati una gerarchia. Nell’ultima fase del lavoro di tesi si è inserita la gerarchia ricavata all’interno di un modello multidimensionale preesistente. L’intero lavoro di tesi è stato svolto attraverso l’utilizzo di Apache Spark e Apache Hadoop.
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Background: sulla base delle evidenze emerse dalle rassegne sistematiche in materia (Johnstone, 1994; Cohen et al.,1998; Robson et al., 2012; Burke et al., 2006; Ricci et al., 2015) si è ipotizzato che la formazione alla salute e sicurezza sul lavoro sia maggiormente efficace quando non è presentata come obbligatoria e venga articolata su più livelli di apprendimento, attraverso metodologie adeguate per ogni livello, con docenti che abbiano caratteristiche corrispondenti allo specifico obiettivo di apprendimento e la cui durata sia parametrata all’obiettivo stesso. Obiettivo di questa ricerca è valutare se esista e quanto sia intensa la relazione causale tra la formazione alla sicurezza sul lavoro e i suoi effetti sul miglioramento delle conoscenze, degli atteggiamenti, dei comportamenti, degli esiti per la salute, del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione. Metodo: la variabile indipendente è costituita dell’intervento formativo erogato, articolato in tre condizioni: formazione obbligatoria, formazione non obbligatoria, gruppo di controllo: sono stati posti a confronto due interventi di pari durata (16 settimane, per 10h complessive), realizzati con identiche modalità (step1 audio-visivo; step2 affiancamento su lavoro da parte del preposto; step3 discussione di auto-casi), ma differenziati rispetto all’essere presentati uno come formazione obbligatoria, l’altro come non obbligatoria. I due gruppi sono anche stati confrontati con un gruppo di controllo per il quale la formazione è prevista successivamente. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo con obbligo formativo, senza obbligo formativo, di controllo. Sono stati presi come indicatori (variabili dipendenti) per valutare l’effetto della formazione: I livello – conoscenze: riconoscimento o produzione di un maggior numero di risposte corrette. II livello – atteggiamenti e credenze: maggiore propensione a mettere in atto comportamenti auto ed etero protettivi. III livello – comportamenti: comportamenti osservati più adeguati per la tutela della salute propria e altrui. IV livello – salute: maggior grado di benessere bio-psico-sociale auto-riferito. Le misure di esito consistono nella variazione tra la rilevazione iniziale e ogni rilevazione successiva, sulla base delle diverse misure registrate per ognuno dei quattro livelli dell’intervento formativo. Lo stesso confronto del tempo è stato realizzato per le misure del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione, quest’ultimo misurato solo immediatamente al termine dell’intervento. Risultati: le condizioni di intervento non differiscono in termini di efficacia, la formazione determina infatti gli stessi risultati per i partecipanti del gruppo obbligo formativo e di quello non obbligo, con una significativa differenza post-intervento rispetto al gruppo di controllo. La formazione ha un effetto forte nel miglioramento delle conoscenze che solo parzialmente decade nel tempo, ma comunque mantenendo un livello maggiore rispetto ai valori iniziali. In relazione al miglioramento di atteggiamenti e comportamenti sicuri nel lavoro al Videoterminale, l’effetto della formazione è modesto: per gli atteggiamenti si registra solo un miglioramento verso l’applicazione delle procedure come utili realmente e non come mero adempimento, ma tale effetto decade entro quattro mesi riportando i partecipanti su valori iniziali; i comportamenti invece migliorano nel tempo, ma con deboli differenze tra partecipanti alla formazione e gruppo di controllo, tuttavia tale miglioramento non decade in seguito. Non si registrano invece effetti della formazione nella direzione attesa in termini di esiti per la salute, per il miglioramento del clima di sicurezza e come maggior controllo comportamentale percepito, non risultano nemmeno dati evidenti di moderazione degli effetti dovuti a caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti. Inoltre emerge che il gradimento per la formazione è correlato con migliori atteggiamenti (strumento audio-visivo), il miglioramento del clima di sicurezza e un maggior controllo comportamentale percepito (studio di auto-casi), ovvero gli step che hanno visto l’intervento di formatori qualificati. Infine, la formazione ha determinato migliori condizioni operative e l’adeguamento delle procedure interne. Conclusioni: la presente ricerca ci consente di affermare che la formazione erogata è stata efficace, oltre che molto gradita dai partecipanti, in particolare quando il formatore è qualificato per questa attività (step1 e 3). L’apprendimento prodotto è tanto più stabile nel tempo quanto più i contenuti sono in stretta relazione con l’esperienza lavorativa quotidiana dei partecipanti, mentre negli altri casi il decremento degli effetti è alquanto rapido, di conseguenza ribadiamo la necessità di erogare la formazione con continuità nel tempo. E’ risultato comunque modesto l’effetto della formazione per migliorare gli atteggiamenti e i comportamenti nel lavoro al VDT, ma, al di là di alcuni limiti metodologici, sono obiettivi ambiziosi che richiedono più tempo di quanto abbiamo potuto disporre in questa occasione e il cui conseguimento risente molto delle prassi reali adottate nel contesto lavorativo dopo il termine della formazione. Le evidenze finora prodotte non hanno poi chiarito in modo definitivo se attraverso la formazione si possano determinare effetti significativi nel miglioramento di esiti per la salute, anche eventualmente attraverso interventi di supporto individuale. Inoltre l’assenza di differenze significative negli effetti tra i partecipanti assegnati alla condizione di obbligo e quelli di non obbligo, eccezion fatta in direzione opposta alle attese per la misura del danno da lavoro, suggeriscono che nell’erogare la formazione, occorre sottolineare in misura molto rilevante l’importanza dell’intervento che viene realizzato, anche qualora esistesse una prescrizione normativa cogente. Infine, la ricerca ci ha fornito anche indicazioni metodologiche e misure valide che invitano ad estendere questa formazione, e la sua valutazione di efficacia, a diversi comparti economici e svariate mansioni. Nel fare questo è possibile fare riferimento, e testare nuovamente, un modello che indica la corretta percezione del rischio (conoscenza) come fattore necessario, ma non sufficiente per ottenere, con la mediazione di atteggiamenti favorevoli allo specifico comportamento, azioni sicure, attraverso le quali si rinforza l’atteggiamento e migliorano le conoscenze. La formazione, per raggiungere i propri obiettivi, deve tuttavia agire anche sui meccanismi di conformismo sociale favorevoli alla safety, questi originano da conoscenze e azioni sicure e reciprocamente le rinforzano.
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Questo lavoro analizza le imprese italiane uscite dal mercato tra il 2008 e il 2012 a seguito di una procedura fallimentare o di una liquidazione volontaria e individua le principali caratteristiche aziendali correlate a tale fenomeno. L’analisi econometrica condotta sui bilanci delle società di capitali indica che la probabilità di cessazione dell’attività produttiva è stata maggiore per le aziende più piccole e per quelle di più recente costituzione. A parità di altre caratteristiche delle imprese, come la dimensione, il settore produttivo o l’area in cui esse sono localizzate, l’apertura di una procedura fallimentare è risultata maggiormente correlata a squilibri nella struttura finanziaria, come un elevato leverage, mentre la probabilità di liquidazione è stata influenzata in misura superiore dai bassi livelli di redditività.
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Il cuore è uno dei principali organi vitali dell’organismo umano e la sua fisiologica attività è indispensabile per sostenere uno stile di vita conforme alle esigenze del singolo individuo. Le aritmie cardiache, alterazioni del ritmo, possono compromettere o limitare la vita di un paziente che ne è affetto. Specifiche aritmie cardiache vengono trattate con l’impianto di dispositivi cardiaci impiantabili, i defibrillatori, che generano una stimolazione elettrica nel tessuto cardiaco allo scopo di ripristinare un ritmo cardiaco fisiologico. Il presente elaborato descrive come tali dispositivi siano in grado di correggere le aritmie cardiache, garantendo la sicurezza del paziente e permettendogli di svolgere le normali attività quotidiane . Il primo capitolo andrà ad analizzare il cuore dal punto di vista anatomico e fisiologico per capirne il funzionamento non affetto da patologie. Il secondo capitolo concentrerà l’analisi sui defibrillatori impiantabili per stimolazione cardiaca (ICD), facendo luce sulla storia, sulle funzioni primarie,sui componenti interni,sulle patologie legate all’utilizzo,sulle tipologie presenti in commercio e sul metodo d’impianto. Il terzo capitolo è incentrato sul monitoraggio remoto degli ICD (home-monitoring), attraverso il quale il paziente può trasmettere per via transtelefonica al centro cardiologico di riferimento i dati tecnici e clinici desumibili dall’interrogazione del dispositivo impiantato, senza necessità di ricorrere al controllo ambulatoriale tradizionale. L’home-monitoring nei pazienti portatori di dispositivo impiantabile si è dimostrato efficace per l’individuazione di malfunzionamenti e di instabilità cliniche in misura sovrapponibile rispetto al controllo ambulatoriale tradizionale, offrendo però significativi vantaggi in termini di qualità della vita e di gestione delle risorse sanitarie. Infine saranno presentate le conclusioni di tale elaborato.
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Attraverso uno studio di caso, centrato su Marie-Anne Paulze-Lavoisier (1758-1836), la tesi tratta di pratiche legate all’annotazione e, più in generale, alla registrazione di informazioni su supporti cartacei tra gli anni ’70 del Settecento e gli anni ‘30 dell’Ottocento. Nota oggi come moglie e collaboratrice del chimico Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794), di cui avrebbe promosso le teorie attraverso un’attività di traduttrice e illustratrice, Paulze-Lavoisier è qui presentata nella veste di “secrétaire”, ossia di figura incaricata di mettere per iscritto osservazioni di varia natura. Ci si concentra, in particolare, sui Registres de laboratoire di Lavoisier, 14 quaderni petit in-folio a cui sono affidati i resoconti di esperimenti condotti a Parigi tra il 1772 e il 1788 e che rilevano in misura significativa della mano di lei. Oggetto finora di una storia del pensiero scientifico, interessata alle “idee” in essi contenute, i Registres sono da noi riletti alla luce di un approccio “materiale”, attento alle pratiche e alle condizioni della loro compilazione e del loro riutilizzo nel tempo. Si indagano quindi le funzioni di questi quaderni rispetto alla pratica sperimentale, ricostruendo al contempo i tratti e le evoluzioni del ruolo di segretaria affidato a Paulze-Lavoisier. Il focus su Paulze-Lavoisier permette da un lato a sollevare nuove domande in merito al rapporto tra scrittura delle note, genere e sociabilità ma anche, ad un altro livello, alla cosiddetta “invisibilità” degli assistenti; dall’altro offre la materia per una storia lunga dei Registres, che dai primi gesti in essi da lei operati agli inizi degli anni ’70 del Settecento arriva fino alle manipolazioni a cui sono sottoposti, per sua volontà, nei primi decenni dell’Ottocento.
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Parallelamente al progressivo emergere delle esternalità negative prodotte dal paradigma economico predominante a livello globale, si è fatto strada il paradigma dello sviluppo sostenibile, che si prefigge di tenere conto in misura congiunta di tre dimensioni (economica, sociale e ambientale). Tuttavia, tale paradigma non coincide necessariamente con il più ampio e controverso concetto di sostenibilità ambientale. L’applicazione di tale concetto ai sistemi alimentari consente di leggere trasversalmente e collegare i temi che oggigiorno occupano i primi posti nelle agende politiche, nelle strategie aziendali e nel dibattito pubblico. La diffusione sempre maggiore del paradigma della sostenibilità ha portato il mondo aziendale a mettere a punto strategie di green marketing; tuttavia, determinate pratiche possono risultare ingannevoli nei confronti dei consumatori, traducendosi nel cosiddetto greenwashing. Alla luce di tale deriva negativa, si rende evidente l’importanza di ricostruire le filiere dei prodotti alimentari per poter attuare scelte di consumo più consapevoli. Nell’ambito dei sistemi alimentari, da una parte si è affermato a livello globale un modello agroindustriale, dall’altra è emerso un modello di filiera corta che si è declinato nelle molteplici forme dei cosiddetti alternative food networks. Considerando sia il mondo attuale che gli scenari futuri che si prospettano, in un mondo sempre più sovrappopolato, segnato da un progressivo aumento della domanda globale di cibo, dalla vulnerabilità che segue alla comparsa di sconvolgimenti di varia natura, dall’intensificarsi dei processi legati al cambiamento climatico e dalle innumerevoli sfide a questi connessi, scaturisce un cruciale interrogativo: quale sarà la strada più sostenibile da intraprendere, con una visione di lungo termine? Esiste una risposta esaustiva e una soluzione univoca, o bisognerà adottare una visione sistemica che guidi azioni compartecipate su più livelli?
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La ricerca si propone d’indagare sul concetto di “congruità” riferito alle trasformazioni di specifici contesti urbani, e di definire quindi un metodo “non arbitrario” per la valutazione di opere esistenti o in progetto, al fine di riconoscerne il carattere di congruità o, al contrario, d’incongruità. Interventi d’inserimento e di trasformazione, alla scala del comparto urbanistico o anche alla scala edilizia, possono presentarsi come congrui o incongrui rispetto all’identità del luogo di appartenenza (organismo a scala urbana o territoriale). Congrua risulta l’opera che non si pone in (conclamato) contrasto rispetto ai caratteri identitari del contesto. Le definizioni d’incongruità e di opera incongrua, divengono il metro di giudizio del rapporto tra un intervento ed il suo contesto, e si applicano mediante una valutazione che sia metodologicamente fondata e verificata. La valutazione di congruità-incongruità può riferirsi a opere esistenti già realizzate, oppure a progetti di nuove opere; in questo secondo approccio il metodo di valutazione si configura come linea-guida per l’orientamento del progetto stesso in termini di congruità rispetto al contesto. In una fase iniziale la ricerca ha fissato i principi di base, con la definizione di ciò che deve intendersi per congruità e per profilo di congruità. La specifica di congruità, non potendosi basare su una consolidata letteratura (il concetto nei termini descritti è stato introdotto dalla legge 16/2002 della Regione Emilia-Romagna; la Regione stessa riconosce che il concetto è in fase di precisazione tramite sperimentazioni, studi e interventi pilota), muove dallo studio dei concetti di luogo, caratteri del luogo, identità del luogo, contesto urbano, trasformazione dell’ambiente costruito, tutela del patrimonio edilizio, sviluppo tipologico, e superfetazione incongrua. Questi concetti, pur mutuati da ambiti di ricerca affini, costituiscono i presupposti per la definizione di congruità delle trasformazioni di contesti urbani, rispetto all’identità del luogo, tramite la tutela e valorizzazione dei suoi caratteri tipologici costitutivi. Successivamente, la ricerca ha affrontato l’analisi di taluni casi-tipo di opere incongrue. A tale scopo sono stati scelti quattro casi-tipo d’interventi per rimozione di opere ritenute incongrue, indagando la metodologia di valutazione di congruità in essi applicata. Inoltre è stata sperimentata l’applicazione del metodo di valutazione per “categorie di alterazioni” tramite lo studio del centro storico di Reggio Emilia, assunto come contesto urbano campione. Lo studio analitico è sviluppato attraverso l’indagine del rapporto tra edifici e caratteri del contesto, individuando e classificando gli edifici ritenuti incongrui. Qui sono emersi i limiti del metodo di individuazione delle incongruità per categorie di alterazioni; di fatto le alterazioni definite a priori rispetto al contesto, determinano un giudizio arbitrario, in quanto disancorato dai caratteri del luogo. La definizione di ciò che è congruo o incongruo deve invece riferirsi a uno specifico contesto, e le alterazioni dei caratteri che rappresentano l’identità del luogo non possono definirsi a priori generalizzandone i concetti. Completando la ricerca nella direzione del risultato proposto, si è precisato il metodo di valutazione basato sulla coincidenza dei concetti di congruità e di pertinenza di fase, in rapporto allo sviluppo tipologico del contesto. La conoscenza del contesto nei suoi caratteri tipologici, è già metodo di valutazione: nella misura in cui sia possibile effettuare un confronto fra contesto ed opera da valutare. La valutazione non si pone come vincolo all’introduzione di nuove forme che possano rappresentare un’evoluzione dell’esistente, aggiornando il processo di sviluppo tipologico in relazione alle mutazioni del quadro esigenzialeprestazionale, ma piuttosto come barriera alle trasformazioni acritiche nei confronti del contesto, che si sovrappongano o ne cancellino inconsapevolmente i segni peculiari e identitari. In ultima analisi, ai fini dell’applicabilità dei concetti esposti, la ricerca indaga sulla convergenza tra metodo proposto e possibili procedure applicative; in questo senso chiarisce come sia auspicabile definire la congruità in relazione a procedure valutative aperte. Lo strumento urbanistico, inteso come sistema di piani alle diverse scale, è l’ambito idoneo a recepire la lettura della stratificazione dei segni indentitari rilevabili in un contesto; lettura che si attua tramite processi decisionali partecipati, al fine di estendere alla collettività la definizione d’identità culturale del luogo. La valutazione specifica di opere o progetti richiede quindi una procedura aperta, similmente alla procedura di valutazione in vigore presso le soprintendenze, basandosi sul concetto di responsabilità del progettista e del valutatore, in riferimento alla responsabilità della collettività, espressa invece nello strumento urbanistico. Infatti la valutazione di tipo oggettivo, basata sul riferimento a regolamenti o schemi precostituiti, confligge con il senso della valutazione metodologicamente fondata che, al contrario, è assunto teorico basilare della ricerca.
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La sezione d'urto di produzione per coppie tt-barra viene misurata utilizzando dati raccolti dall'esperimento CMS in collisioni protone-protone ad LHC, con energia nel sistema del centro di massa radice di s = 8 TeV. Il campione raccolto corrisponde ad una luminosità integrata di 19.5 fb^-1. La misura viene effettuata su eventi che contano un numero di jet pari o superiore a 6, almeno due dei quali identificati come prodotto dell'adronizzazione di quark bottom. Il valore di sezione d'urto ottenuto è (260 pm 10 (stat)) pb, in accordo con le previsioni teoriche del Modello Standard.