970 resultados para catalizzatori strutturati schiume metalliche a cella aperta ossidazione parziale catalitica (CPO) del metanoelettrosintesi rodio allumina cella in flusso


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Partendo dal problema del rapporto fra la ricostruzione di un evento storico e lo statuto del testo che lo ricostruisce, la tesi si concentra nella lettura di opere riguardanti la Seconda guerra mondiale. Sono in questo senso cruciali due opere autobiografiche trattate nella prima parte del lavoro, Rue Labat Rue Ordener di Sarah Kofman (1993) e Kindheitsmuster di Christa Wolf (1976). In questi due testi la dottoranda prova a recuperare da una parte la rimemorazione letteraria di due esperienze infantili della guerra insieme opposte e complementari dal punto di vista del posizionamento della testimonianza. Il testo della Wolf ibrida la narrazione finzionale e la memoria dell’evento storico vissuto nel ricordo di una bambina tedesca, il testo della Kofman recupera in una maniera quasi psicanalitica la memoria di una bambina ebrea vittima inconsapevole e quesi incosciente della Shoah. Di fronte a due topoi apparentemente già piu volte ripercorsi nella letteratura critica del trauma postconflitto, la tesi in questione cerca di individuare il costituirsi quasi inevitabile di un soggetto identitario che osserva, vive e successivamente recupera e racconta il trauma. Se alcune posizioni della moderna storiografia e della contemporanea riflessione sulla scrittura storiografica, sottolineano la forza e l’importanza dell’elemento narrativo all’interno della ricostruzione storica e dell’analisi dei documenti, questa tesi sembra indicare una via possibile di studio per la letteratura comparata. Una via, cioè, che non si soffermi sui fattori e sui criteri veridizionali del testo, criteri e fattori che devono restare oggetto di studio per gli storici , ma che piuttosto indaghi sul nesso ineludibile e fondativo che la scrittura stessa svela e pone in essere: il trauma, l’irrompere dell’evento storico nell’individuo diventa elemento costitutivo della propria identità, elemento al quale è difficile dare una posizione stabile ma che allo stesso tempo non si può evitare di raccontare, di mettere in discorso. Nella narrazione letteraria di eventi storici esiste dunque un surplus di senso che sta tutto nella costituzione di una posizione dalla quale raccontare, di un punto di vista. Il punto di vista (come ci ricorda De Certeau ne Les lieux des autres in quel saggio dedicato ai cannibali di Montaigne,che viene poi ripreso senza essere mai citato da Ginzburg ne Il filo e le tracce) non è mai dato a priori nel discorso, è il risultato di un conflitto e di una lotta. Il testo che rende conto e recupera la memoria di un passato storico, in particolare di un passato storico conflittuale, di una guerra, di una violenza, per quanto presenti un punto di vista preciso e posizionato, per quanto possa apparire un frutto di determinate strategie testuali e di determinati obiettivi pragmatici, è pur sempre una narrazione il cui soggetto porta in sé, identitariamente, le ferite e i traumi dell’evento storico. Nei casi di Wolf e Kofman abbiamo quindi un rispecchiamento reciproco che fra il tentativo di una ricostruzione della memoria infantile e il recupero dell’elemento intersoggettivo e storico si apre alla scrittura e alla narrazione. La posizione del soggetto che ha vissuto l’irrompere del dramma storico nel discorso lo costituisce e lo delega a essere colui che parla e colui che vede. In un qualche modo la Storia per quanto possa essere creatrice di eventi e per quanto possa trasformare l’esistenza del soggetto non è essa stessa percepibile finché non si posiziona attraverso il soggetto trasformato e modificato all’interno del discorso. In questa continua ricerca di un equilibrio possibile fra realtà e discorso si pone il problema dell’essere soggetto in mezzo ad altri soggetti. E questo in un duplice aspetto: nell’aspetto della rappresentazione dell’altro, cioè nel problema di come la memoria riorganizzi e ricrei i soggetti in gioco nell’evento storico; e poi nella rappresentazione di se stesso per gli altri, nella rappresentazione cioe del punto di vista. Se nel romanzo autobiografico di Kofman tutta la storia veniva a ricondursi alla narrazione privata del soggetto che, come in una seduta psicanalitica recupera e insieme si libera del proprio conflitto interiore, della propria memoria offesa; se nel romanzo di Wolf si cercava un equilibrio fra una soggettivita infantile ormai distante in terza persona e una soggettività rammemorante che prendeva posizione nel romanzo nella seconda persona; la cerniera sia epistemologica sia narratologica fra la prima e la seconda parte della tesi pare essere Elsa Morante e il suo romanzo La Storia. L’opera della Morante sembra infatti farsi pieno carico della responsabilità di non poter piu ridurre la narrazione del trauma alla semplice presa in carico del soggetto autobiografico. Il soggetto che, per dirla ancora con De Certeau, può esprimere il proprio punto di vista perche in qualche modo si è salvato dalla temperie della storia, non si pone nel discorso come punto di inizio e di fine di qualsiasi percezione del trauma, ma si incarna in uno o più personaggi che in un qualche modo rappresentino l’irrapresentabile e l’irrapresentato. La storia diventa quindi elemento non costitutivo di un'identità capace di ri-raccontarsi o almeno non solo, diventa fattore costitutivo di un’identità capace di raccontare l’altro, anzi gli altri, tutti coloro che il conflitto, la violenza ha in un qualche modo cancellato. Così accade all’infanzia tradita e offesa del piccolo Useppe, che viene soffocato non solo nella sua possibilita di svilupparsi, di essere punto di vista del discorso, ma anche nella possibilita di essere osservatore vivo dell’evento; cosi accade a Ida, donna e madre, che la Storia lentamente e inesorabilmente spersonalizza riducendola a essere soggetto passivo e vittima degli eventi. Ecco quindi che la strada aperta dalla Morante permette alla memoria di proiettarsi in una narrazione comune e di condividere e suddividere la posizione centrale del soggetto in una costellazione differente di soggetti. A questo punto si apre, attraverso le tecniche della storia orale e la loro narrativizzazione, una strategia di recupero della memoria evidenziata nell’ultima parte della tesi. La strada intrapresa da autori come i Wu Ming e come Andrea Levy ne è un esempio. Sganciati per evidenti ragioni biografiche e anagrafiche (sono tutti nati ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale) da qualsiasi tentazione autobiografica, i primi intraprendono una vera e propria ridistribuzione dei punti di vista sulla storia. In romanzi come Manituana si viene a perdere, almeno a un primo e forse piu superficiale livello, qualsiasi imposizione fissa del punto di vista. Una molteplicità di soggetti si prende carico di raccontare la storia da differenti posizioni, ma la apparente molteplicità degli sguardi non si riduce a una frammentazione dell’etica del racconto quanto piuttosto alla volontà di fare emergere tra gli altri anche il punto di vista dello sconfitto e dell’inerme. Al passato oscuro della violenza storica si contrappone in un qualche modo la messa in discorso del soggetto che cerca attraverso la costituzione non solo di un soggetto ma di una pluralitàdi voci , di ritrovare un’ armonia, di riassimilare la propria memoria condividendola nel testo letterario.

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Le problematiche ambientali e socio – economiche legate alla costruzione di nuove infrastrutture viarie, impongono la progettazione e costruzione di strade che combinino ad elevati standard prestazionali, la riduzione dell’impatto ambientale in fase realizzativa e manutentiva. Quanto detto avvalora il crescente utilizzo di materiali bituminosi modificati con polimeri ed additivati con cere. I primi conferiscono alla miscela maggiore elastoplasticità, incrementandone la durabilità e la resistenza a fatica. Nei secondi la presenza del materiale paraffinico contribuisce a ridurre la viscosità del bitume, il che consente il notevole abbassamento della temperatura di produzione e stesa della miscela. Numerosi studi inoltre hanno dimostrato che le caratteristiche meccaniche della pavimentazione sono fortemente influenzate dal grado di ossidazione delle componenti organiche del bitume, ovvero dal fenomeno dell’invecchiamento o aging. Risulta pertanto fondamentale affiancare allo studio reologico del bitume, prove di simulazione dell’ invecchiamento nel breve e lungo termine. Nel corso della seguente ricerca si provvederà pertanto ad analizzare leganti modificati ed additivati secondo la teoria della viscoelasticità, simulando le reali condizioni di carico ed invecchiamento alle quali il bitume è sottoposto. Tutte le prove di caratterizzazione reologica avanzata prevederanno l’utilizzo del DSR (Dynamic Shear Rheometer) in varie configurazioni di prova e si simulerà l’invecchiamento a breve termine mediante RTFOT (Rolling thin film oven test). Si proporrà inoltre una nuova procedura di aging invecchiando il bitume alla temperatura di equiviscosità o Twork , ovvero a quel valore della temperatura tale per cui, in fase di messa in opera, si avrà una distribuzione molecolare omogenea del modificante all’interno del bitume. Verranno quindi effettuate ulteriori prove reologiche sui leganti invecchiati a tale temperatura. Si darà infine supporto ai risultati della ricerca effettuando prove chimiche con la tecnica analitica FTIR (Fourier Transform Infrared Spectroscopy), analizzando i cambiamenti molecolari avvenuti nel bitume a seguito dell’aggiunta del modificante e dell’invecchiamento.

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Il calcestruzzo è uno dei materiali più utilizzati nell’edilizia, ma il meno sostenibile. Per la sua produzione vengono sfruttate elevate quantità di risorse naturali non rinnovabili con un impatto ambientale non trascurabile, sia per le sostanze emesse in atmosfera, sia per le macerie derivate post utilizzo. L’ingresso nel XXI secolo ha segnato definitivamente l’affermazione del concetto di sviluppo sostenibile nei riguardi di tutti i processi produttivi dei beni, che devono essere necessariamente strutturati secondo una logica di risparmio energetico e di controllo della produzione di scorie e rifiuti, prevedendone un loro riutilizzo in altri settori, o un loro smaltimento senza provocare danni all’ambiente. Anche l’industria del cemento e del calcestruzzo è chiamata a svolgere il proprio ruolo per contribuire ad un miglior bilancio ecologico globale, indirizzando la ricerca verso possibilità d’impiego di materiali “innovativi”, che siano in grado di sostituire parzialmente o totalmente l’uso di materie prime non rinnovabili, tenendo conto dell’enorme richiesta futura di infrastrutture, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Negli ultimi anni si sta sempre più affermando il potenziale del riciclo dei materiali ottenuti dalla demolizione di edifici (C&DW – Construction and Demolition Waste), questo dovuto anche a politiche di gestione dei rifiuti che incentivano il risparmio, il riutilizzo, il riciclo e la valorizzazione dei beni. I calcestruzzi con aggregati di riciclo sono generalmente suddivisi in due macrogruppi: quelli ottenuti da aggregati di riciclo di solo calcestruzzo (RCA – Recycled Coarse Aggregate) e quelli da aggregati da demolizione totale (MRA – Mixed Recycled Aggregate) che però contengono molte impurità. Come anche uno può subito pensare gli aggregati riciclati hanno delle proprietà diverse da quelli naturali, questi contengono oltre l’aggregato naturale anche il legante coeso, polveri di laterizio, vetro, ceramica, plastica eccet., i quali offrono una miscela ricca di cloruri, solfati, silice amorfa ed altri componenti dannosi per la nuova miscela di calcestruzzo. In presenza di questi prodotti, gli aggregati non solo non soddisfano i requisiti chimici, ma influiscono negativamente anche sulle proprietà fisico-meccaniche del calcestruzzo. Per questo vedremmo in questa tesi tramite un accurata analisi degli aggregati, e del loro “contributo” per il corretto comportamento del calcestruzzo, leggendo criticamente come le normative regolano i requisiti che gli aggregati debbono soddisfare, vedendo le varie possibilità di riutilizzo dei materiali di riciclo da demolizione. La tesi mira all'incentivo dei materiali da riciclo, come scelta sostenibile per il futuro dell'edilizia. E' stato calcolato che la produzione totale di macerie da demolizione nel mondo, non supera il 20% in massa degli aggregati che vengono utilizzati per la produzione del calcestruzzo nei paesi sviluppati. Dai vari studi è stato valutato in media che col solo 20% di riciclato sostituito, le caratteristiche del calcestruzzo indurito cambiano di poco dal normale miscelato con aggregati naturali; ovviamente se gli aggregati da riciclo sono stati selezionati e sottoposti ai vari test delle norme europee standardizzate. Quindi uno può subito pensare in linea teorica, tralasciando i costi di gestione, trasporto eccet. , che basta utilizzare per ogni metro cubo di calcestruzzo 20% di riciclato, per rispondere allo smaltimento dei rifiuti da C&D; abbassando cosi i costi degli inerti naturali, sempre parlando di economie di scala. Questo è in linea teorica, ma riflette un dato rilevante. Nel presente lavoro si partirà da una veloce lettura sul comportamento del calcestruzzo, su i suoi principali costituenti, concentrandoci sugli aggregati, analizzandone le sue proprietà fisico-meccaniche, quali la granulometria, la resistenza meccanica e la rigidezza, valutando l’importanza dei legami coesivi tra aggregato alla pasta cementizia. Verranno inoltre analizzate le azioni deleterie che possono instaurarsi tra aggregato di riciclo e pasta cementizia. Dopo aver visto le varie politiche sulla gestione dei rifiuti, la legislazione passata e presente sull’uso dei materiali riciclati, si analizzeranno vari studi sulle proprietà fisico-meccaniche dei calcestruzzi con aggregati di riciclo seguiti da università e poli di ricerca internazionali. Se gli aggregati di riciclo sono selezionati con metodo, in presenza di piani di gestione regionale e/o nazionale, è possibile soddisfare le prestazioni richieste del calcestruzzo, nel rispetto delle politiche di sostenibilità economico-ambientali. Può essere il calcestruzzo riciclato una scelta non solo sostenibile, ma anche economica per il settore edile? Si può avere un calcestruzzo riciclato ad alte prestazioni? Quali sono le politiche da mettere in atto per un mercato di produzione sostenibile del riciclato? Questo e molto altro verrà approfondito nelle pagine seguenti di questa tesi.

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Lo studio effettuato pone le sue basi sulla ricerca di materiali stradali che combinino ad elevati standard prestazionali, la riduzione dell’impatto ambientale in fase realizzativa e manutentiva. In particolare il seguente lavoro si occupa dello studio di 7 leganti modificati con polimeri ed additivati con cere. I primi infatti conferiscono alla miscela maggiore elastoplasticità, incrementandone la durabilità e la resistenza a fatica. Nei secondi la presenza del materiale paraffinico contribuisce a ridurre la viscosità del bitume, consentendo un notevole abbassamento della temperatura di produzione e stesa della miscela. Numerosi studi hanno dimostrato che le caratteristiche meccaniche della pavimentazione sono fortemente influenzate dal grado di ossidazione delle componenti organiche del bitume, ovvero dal fenomeno dell’invecchiamento o aging. Pertanto allo studio reologico del bitume, si sono affiancate prove di simulazione dell’ invecchiamento nel breve e lungo termine. In fase di ricerca sperimentale si sono analizzati i leganti modificati ed additivati secondo la teoria della viscoelasticità, simulando le reali condizioni di carico ed invecchiamento alle quali il bitume è sottoposto. Tutte le prove di caratterizzazione reologica avanzata sono state effettuate mediante l’utilizzo del DSR (Dynamic Shear Rheometer - UNI EN 14770 ) in varie configurazioni di prova e l’invecchiamento a breve termine è stato simulato mediante RTFOT (Rolling thin film oven test -UNI EN 12607-1). Si è proposto inoltre una nuova procedura di aging invecchiando il bitume alla temperatura di Twork, ovvero a quel valore della temperatura tale per cui, in fase di messa in opera, si avrà una distribuzione molecolare omogenea del modificante all’interno del bitume.

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Il forte incremento della popolazione mondiale, la continua crescita del tenore di vita e del livello di consumi hanno portato negli ultimi decenni ad un enorme aumento della richiesta mondiale di energia. Diviene pertanto fondamentale ricercare nuovi metodi altamente efficienti di produzione, trasporto ed utilizzo di energia, che migliorino la qualità della vita dell’uomo e nello stesso tempo salvaguardino il clima e l’ambiente. Proprio a questo proposito, in questi ultimi anni, vi è un crescente interesse nei riguardi della molecola di idrogeno, H2. Ad oggi è impossibile sostituire i combustibili fossili con l’idrogeno, per motivi prettamente tecnologici (difficoltà nello stoccaggio e nel trasporto) e per motivi legati alla sua produzione. Infatti, l’idrogeno è sì uno degli elementi più presenti in natura, ma non come sostanza gassosa pura bensì in forma combinata, generalmente acqua, quindi per produrlo è necessario rompere il legame con l’elemento con cui è combinato, consumando energia; questo spiega il motivo per cui l’idrogeno viene considerato un vettore di energia e non una fonte di energia. La produzione di idrogeno, o meglio del suo equivalente costituito da un flusso di elettroni e protoni, dall’acqua è un processo che avviene in natura, precisamente nelle cellule vegetali durante la prima fase della fotosintesi clorofilliana. Tale processo mostra l’importanza dei complessi bio-inorganici che vi partecipano, ai quali si ispira la ricerca di nuovi efficienti catalizzatori per la produzione di idrogeno mediante scissione catalitica dell’acqua (water splitting). Una classe di enzimi particolarmente studiata, in quest’ambito, è costituita dalle idrogenasi; la maggior parte di questi enzimi contengono un frame dinucleare Ni-Fe o Fe-Fe. Numerosi gruppi di ricerca sono fortemente impegnati nell’obiettivo di sintetizzare complessi simili a questi enzimi (enzyme mimics), e con prestazioni paragonabili, in modo da produrre idrogeno in modo efficiente e rispettando i principi di sostenibilità ambientale ed economica. Il gruppo di ricerca presso il quale è stato svolto il tirocinio oggetto del presente elaborato si occupa dello studio di complessi metallorganici caratterizzati dalla presenza di un “core” metallico costituito da due atomi di Ferro adiacenti coordinati tra loro mediante leganti a ponte diversamente funzionalizzati. Obiettivo del tirocinio è stato quello di verificare l’efficienza catalitica di alcuni di questi complessi nel promuovere il processo di interconversione H+/H2; per fare ciò, si è fatto ricorso ad un approccio elettrochimico, sfruttando la tecnica della voltammetria ciclica.

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Negli ultimi anni sono stati sintetizzati numerosi oligomeri e polimeri del tiofene che, grazie alle loro proprietà di semiconduttori, hanno trovano largo impiego in molti campi di interesse tecnologico come, ad esempio, transistor ad effetto di campo, diodi elettroluminescenti, dispositivi ottici non lineari e celle fotovoltaiche. Più recentemente, oligomeri tiofenici ossidati allo zolfo hanno trovato applicazione sia in campo elettronico, come materiali accettori in blenda con il poli(3-esiltiofene) (P3HT) usato come materiale donatore, in celle solari di tipo Bulk Hetero Junction (BHJ), ma anche in campo biologico come marcatori fluorescenti di proteine e oligonucleotidi. Tuttavia la sintesi di queste specie richiede condizioni di reazione spinte e al contempo rischiose dovute all’utilizzo in largo eccesso di agenti ossidanti molto forti. Uno degli obiettivi di questa tesi è stato lo sviluppo di metodi più versatili per la mono e di-ossidazione selettiva allo zolfo del tiofene di building-blocks dibromurati di diversa natura. Successivamente i building-blocks S-monossido e S,S-diossido derivati sono stati impiegati per la sintesi di oligomeri e polimeri tramite reazioni di cross-coupling Palladio catalizzate. I composti finali sono stati caratterizzati sia dal punto di vista spettroscopico UV-Vis che elettrochimico, mettendo in evidenza le relazioni che esistono fra gli andamenti dei dati sperimentali ottenuti con il diverso stato di ossidazione dei composti tiofenici diversamente sostituiti. Infine i composti finali sono stati testati sia in campo fotovoltaico che biologico.

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L’attività di ricerca della presente tesi di dottorato ha riguardato sistemi tribologici complessi di interesse industriale per i quali sono stati individuati, mediante failure analysis, i meccanismi di usura dominanti. Per ciascuno di essi sono state studiate soluzioni migliorative sulla base di prove tribologiche di laboratorio. Nella realizzazione di maglie per macchine movimentazione terra sono ampiamente utilizzati i tradizionali acciai da bonifica. La possibilità di utilizzare i nuovi microlegati a medio tenore di carbonio, consentirebbe una notevole semplificazione del ciclo produttivo e benefici in termini di costi. Una parte della tesi ha riguardato lo studio del comportamento tribologico di tali acciai. E’ stato anche affrontato lo studio tribologico di motori idraulici, con l’obiettivo di riuscire a migliorarne la resistenza ad usura e quindi la vita utile. Sono state eseguite prove a banco, per valutare i principali meccanismi di usura, e prove di laboratorio atte a riprodurre le reali condizioni di utilizzo, valutando tecniche di modificazione superficiale che fossero in grado di ridurre l’usura dei componenti. Sono state analizzate diverse tipologie di rivestimenti Thermal Spray in termini di modalità di deposizione (AFS-APS) e di leghe metalliche depositate (Ni,Mo,Cu/Al). Si sono infine caratterizzati contatti tribologici nel settore del packaging, dove l’utilizzo di acciai inox austenitici è in alcuni casi obbligatorio. L’acciaio inossidabile AISI 316L è ampiamente utilizzato in applicazioni in cui siano richieste elevate resistenze alla corrosione, tuttavia la bassa resistenza all’usura, ne limitano l’impiego in campo tribologico. In tale ambito, è stata analizzata una problematica tribologica relativa a macchine automatiche per il dosaggio di polveri farmaceutiche. Sono state studiate soluzioni alternative che hanno previsto sia la completa sostituzione dei materiali della coppia tribologica, sia l’individuazione di tecniche di modificazione superficiale innovative quali la cementazione a bassa temperatura anche seguita dalla deposizione di un rivestimento di carbonio amorfo idrogenato a-C:H

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Nell’ambito del tirocinio svolto è stato affrontato lo studio del Progetto di messa in sicurezza e bonifica della Raffineria ISAB IMP. SUD, attiva nel SIN di Priolo Gargallo. In particolare lo studio ha visto il Monitoraggio Annuale delle acquee sotterranee. Il lavoro è stato articolato nelle seguenti fasi: Lo studio del Progetto di messa in sicurezza e bonifica dell’area Il campionamento delle acque attraverso sopralluoghi in campo Le analisi in laboratorio La validazione dei dati ottenuti La stesura della relazione tecnica relativamente ai dati validati, trasmessa all’azienda e agli enti competenti Il campionamento, che avviene attraverso un piezometro, prevede: Inizialmente la misura del livello statico della falda tramite freatimetro Segue la fase di spurgo, fin quando non si ha la stabilizzazione dei parametri quali pE, pH, temperatura, conducibilità elettrica, ecc… misurati in continuo tramite una sonda multiparametrica accoppiata alla cella di flusso Infine si campiona. In laboratorio sono state applicate le seguenti tecniche per l’analisi degli inquinanti definiti dal D.L.152/06: VOC e IPA; Analisi svolte secondo le metodiche ufficiali EPA 8260B e EPA 8272 Metalli; EPA 6020 a Idrocarburi; UNI EN ISO 9377-2/2002 (fraz. C10-C40). La validazione dei dati ha visto in particolare l’elaborazione dei risultati attraverso il confronto, per ogni parametro, tra i dati forniti dall’Azienda e i risultati delle analisi compiute dall’ARPA. Inerentemente al seguente studio è stata condotta, sulla base dei risultati delle diverse fasi di indagine ambientale svolte dall’azienda, l’analisi di rischio sito-specifica utilizzando il software RiskNet.

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Studio delle variazioni delle prestazioni della cella solare a causa di non omogeneità localizzate nella struttura della cella (in questo caso trattasi di interruzioni nei fingers) . Valutazioni fatte per mezzo di simulazioni a rete elettrica distribuita, utilizzando un modello elettrico sviluppato in precedenza presso il laboratorio di Ingegneria di Cesena.

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Il presente lavoro di tesi si è focalizzato sullo studio e sulla ottimizzazione di un sistema integrato, che utilizzi la reazione di oxy-reforming del metano al fine di produrre syngas che venga trattato attraverso la water-gas shift al fine di abbattere il contenuto di CO e al tempo stesso aumentare la resa in H2. Con l’obiettivo di ottenere H2 ad elevata purezza (>99%) da poter essere inviato direttamente a celle a combustible ed in impianti di piccola taglia con possibile delocalizzazione della produzione industriale di energia elettrica e termica “pulita”, la miscela reale uscente dal processo di oxy-reforming è stata processata tramite successiva water-gas shift direttamente all’interno di una membrana ceramica al Pd selettiva nella separazione di H2. L’innovativià di questo progetto di studio è data da diversi parametri quali: 1) l’impiego dell’oxy-reforming in alternativa al normale steam-reforming del CH4, che permette di condurre il processo a temperature decisamente inferiori (700-750°C), utilizzando un minor quantitativo di vapore (S/C = 0.7); 2) l’utilizzo di due nuove formulazioni di catalizzatore di WGS per alte temperature, capace di operare in un unico stadio conversioni di CO ottenibili industrialmente solo attraverso i convenzionali due due stadi di reazione (e due diverse formulazioni di catalizzatori a base di Fe/Cr e Cu); 3) l’utilizzo di supporti ceramici con membrana a base di Pd, capaci di ospitare al loro interno un catalizzatore eterogeneo per la reazione di WGS a 400°C, rendendo quindi possibile la produzione e contemporanea separazione di H2 con un ulteriore effetto positivo poiché la membrana rimuovendo H2 dalla zona di reazione favorisce il superamento dell’equilibrio termodinamico per la conversione del CO, abbassandone il contenuto nel flusso uscente dei gas reazione e rendendo non più necessari sistemi aggiuntivi di separazione quali PSA o PROXY.

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L’alchilazione del fenolo (PhOH) è un processo di grande rilevanza. I prodotti, alchilfenoli (dall’alchilazione del carbonio d’anello) ed eteri fenilici (dall’alchilazione dell’ossigeno fenolico), sono usati nella produzione di resine fenoliche ed in sintesi organica. I carbonati organici sono atossici, biodegradabili, ottenibili da fonti rinnovabili ed hanno un ottimo potere solvente per i composti organici e aromatici. Con un opportuno catalizzatore sono reattivi per l’alchilazione del PhOH, e potrebbero sostituire gli alchilanti usati industrialmente: quelli per la O- alchilazione, alchilioduro e dialchilsolfato, sono estremamente tossici, mentre gli alcoli, impiegati per la C-alchilazione, decompongono estesamente sui catalizzatori industriali. In questo lavoro di tesi, le prestazioni del dietilcarbonato (DEC) come agente etilante del PhOH sono state indagate a fondo al variare dei parametri operativi, e sono state poi confrontate con quelle dell’etanolo, dimostrando che il carbonato è molto più reattivo: sui catalizzatori basici il DEC mostra una chemoselettività prettamente orientata alla O-alchilazione e la conversione del PhOH può essere massimizzata agendo sui parametri operativi senza grandi variazioni nella selettività del prodotto di interesse; sui sistemi acido/base (ossido misto di Mg e Al) si è invece dimostrato possibile orientare l’alchilazione alternativamente all’ossigeno (fenetoli) o al carbonio (etilfenoli) aumentando la temperatura.

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La messa a punto di processi in grado di utilizzare le biomasse lignocellulosiche per la produzione di molecole piattaforma, utilizzabili per la sintesi di intermedi per la chimica fine, l’industria polimerica ed i combustibili, è attualmente un argomento di ricerca di grande interesse. Tra le molecole più studiate vi è la furfurale (FU), che si può ottenere mediante disidratazione dei monosaccaridi pentosi contenuti nei materiali lignocellulosici. Il prodotto di riduzione della furfurale, l’alcol furfurilico (FAL), è commercialmente interessante perché trova applicazione nell’industria polimerica e viene utilizzato come intermedio nella produzione di lisina, vitamina C, lubrificanti e agenti dispersanti. In letteratura sono riportati numerosi processi che permettono di ottenere questo prodotto, utilizzando la riduzione catalitica con H2 in pressione, che però presentano problemi di selettività, costo, sostenibilità e tossicità del catalizzatore utilizzato. La possibilità di effettuare la riduzione selettiva della furfurale senza fare ricorso all’idrogeno molecolare, utilizzando un processo di H-transfer e catalizzatori eterogenei a base di ossidi misti, risulta quindi di estremo interesse perché permette di eliminare i suddetti problemi. Lo scopo di questa tesi è stato quello di ottimizzare il processo, confrontando catalizzatori basici, quali MgO, CaO e SrO ottenuti tramite calcinazione a diverse temperature dei rispettivi precursori. In particolare, è stata valutata l’influenza che la temperatura di calcinazione, il tempo e la temperatura di reazione hanno sulla reattività e la stabilità dei sistemi catalitici sintetizzati. La caratterizzazione dei catalizzatori tramite diffrazione ai raggi X (XRD), analisi termiche (TGA, DTA) e misure di area superficiale con tecnica BET ha permesso di correlare le proprietà chimico-fisiche dei materiali con la loro attività catalitica.

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Le biomasse sono attualmente una promettente alternativa ai combustibili fossili per la produzione di sostanze chimiche e fuels. Nella trasformazione delle biomasse in prodotti chimici un ruolo importante è giocato dai derivati del furfurale; il 5-idrossimetil-2-furfurale (HMF), per esempio, è un precursore chiave per la sintesi di prodotti con applicazioni nell'industria dei polimeri e in campo farmaceutico. Può essere ossidato per ottenere l’acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), un monomero per la sintesi di una nuova classe di polimeri, alternativi a quelli ottenuti da acido tereftalico. Per la preparazione di FDCA da HMF sono stati utilizzati vari catalizzatori e differenti condizioni di reazione; il principale svantaggio è la necessità di sali metallici e solventi organici, che rendono il processo costoso e ad elevato impatto ambientale. Recentemente sono stati trovati catalizzatori di Au supportati, attivi nell’ossidazione del HMF a FDCA; tuttavia la stabilità del catalizzatore e la produttività del processo rimangono basse. Lo scopo del lavoro è stato lo studio di sistemi attivi e stabili nella reazione di ossidazione del HMF a FDCA. In particolare è stato approfondito l’effetto della morfologia del supporto di CeO2, utilizzato per la preparazione di catalizzatori a base di Au e l’influenza della fase attiva sul meccanismo di reazione in sistemi misti Pd/Au. Il lavoro svolto ha avuto come obiettivi: -La preparazione di catalizzatori Au-CeO2 mesoporoso, ottenuto mediante “hard template” e la loro caratterizzazione mediante analisi XRD, HRTEM, BET, XRF, TPR e porosimetriche. Confrontando questi sistemi con catalizzatori di Au-CeO2 commerciale è stato possibile osservare le differenze in termini di attività catalitica e di struttura. -La sintesi di nanoparticelle Pd/Au in lega o core-shell e la loro caratterizzazione mediante analisi DLS, XRF, XRD e HRTEM per comprendere come il tipo di fase attiva formata influisce sull’attività e sul meccanismo di reazione nell’ossidazione di HMF a FDCA.

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The preparation of structured catalysts active in the catalytic partial oxidation of methane to syngas, was performed by electrosynthesis of hydroxides on FeCrAlloy foams and fibers. Rh/Mg/Al hydrotalcite-type compounds were prepared by co-precipitation of metallic cations on the support and successive calcination. Electrochemical reactions have been studied during the electrodeposition by linear sweep voltammetry. The experiments were performed at supports immersed in KNO3, KCl, Mg2+ and Al3+ aqueous solutions, starting by different precursors (nitrate and chlorides salts) and modifying the Mg/A ratio. Rh/Mg/Al hydrotalcite-type compounds were deposited on metal foams by applying a -1.2V vs SCE potential for 2000s with a nitrate solution of 0.06M total metal concentration. Firstly it was studied the effect of Mg on the coating propierties, modifying the Rh/Mg/Al atomic ratio (5/70/25, 5/50/45, 5/25/70 e 5/0/95). Then the effect of the amount of Rh was later investigated in the sample with the largest Mg content (Rh/Mg/Al = 5/70/25 and 2/70/28).The results showed that magnesium allowed obtaining the most homogeneous and well adherent coatings, wherein rhodium was well dispersed. The sample with the Rh/Mg /Al ratio equal to5/70/25 showed the best catalytic performances. Decreasing the Rh content, the properties of the coating were not modified, but the catalytic activity was lower, due to a not enough number of active sites to convert the methane. The work on metal fibers focused on the effect of precursor concentration, keeping constant composition, potential and synthesis time at the values of Rh/Mg/Al =5/70/25, -1.2V vs SCE and 1000s. However fibers geometry did not allow to obtain a high quality coating, even if results were quite promising.

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I combustibili fossili forniscono oltre il 75% dell’energia mondiale. La crescente richiesta di energie non rinnovabili registrata nel XX secolo ne ha causato il progressivo esaurimento, nonché un aumento continuo del prezzo e dell’impatto ambientale, dato il significativo aumento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Questi sono i principali motivi che hanno indotto la ricerca ad orientarsi verso lo studio di fonti di energie e prodotti chimici rinnovabili per ridurre il surriscaldamento del globo. L’interesse per tale sfruttamento è particolarmente vivo, in quanto le molecole ottenute risultano già funzionalizzate e questo può portare alla sintesi di prodotti chimici attraverso un limitato numero di stadi, con conseguente riduzione di sottoprodotti. Dalle biomasse si ottengono prodotti con un elevato valore aggiunto, in quanto risultano biodegradabili, biocompatibili e appetibili sul mercato come biologici e naturali, ottenuti a monte da processi catalitici di lavorazione più semplici. Tra le varie molecole di base ottenibili dalle biomasse va annoverato il 5-idrossimetilfurfurale (HMF), un importante composto derivato dalla disidratazione degli zuccheri e dal quale, attraverso un’ossidazione selettiva, si può ottenere l’acido 2,5-furandicarbossilico (FDCA), che può essere considerato un sostituto dell’acido tereftalico per la produzione del polietilentereftalato (PET). L’ossidazione selettiva avviene principalmente mediante catalisi eterogenea, utilizzando catalizzatori a base di oro. Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato, quindi, lo studio di reattività e stabilità di catalizzatori utilizzati nella reazione di ossidazione dell’HMF a FDCA. Nella prima parte del lavoro sono stati preparati tali catalizzatori mediante sintesi di sospensioni metalliche nanoparticellari Au-Cu a diverso rapporto molare e loro successiva impregnazione su ossidi di supporto quali CeO2 e TiO2. I sistemi così ottenuti sono poi stati calcinati in aria statica a tre diverse temperature: 200°C, 300°C e 400°C. Il lavoro portato avanti ha avuto come obiettivi principali: • caratterizzazione dei catalizzatori ottenuti tramite analisi BET, XRD, TEM, TPR e analisi termiche TGA/DSC, al fine di effettuare un confronto tra le varie caratterizzazioni in funzione del contenuto di Cu in fase attiva ed in funzione dell’entità del trattamento termico. • studio dell’attività catalitica e stabilità dei catalizzatori preparati nell’ossidazione selettiva in fase liquida del 5-drossimetilfurfurale ad acido 2,5-furandicarbossilico.