1000 resultados para cammino acqua secco stabilità variabilità affidabile


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I test clinici e i questionari generalmente non sono in grado di fornire una valutazione predittiva e quantitativa della stabilità motoria. Permettono al clinico di esaminare la forza muscolare del paziente, il grado di spasticità, la funzionalità motoria e l'autonomia nello svolgimento delle normali attività, ma non di capire quanto il soggetto sia stabile. Sono stati esaminati diciotto pazienti con esiti di stroke in fase post acuta ed il 38% ha affermato di essere caduto almeno una volta nell'arco degli ultimi dodici mesi. Adottando una politica di prevenzione delle cadute si potrebbero limitare questi eventi che vanno ad aggravare un quadro clinico già compromesso. Per tale motivo sono attualmente oggetto di studio misure biomeccaniche, eseguite in laboratorio, atte a definire metodi con alta sensibilità e specificità per la valutazione della stabilità del cammino. Nel presente lavoro le misure strumentali sono state ottenute partendo dal segnale di accelerazione del centro di massa corporeo. Servendosi di un'unità inerziale munita di accelerometro triassiale è stato possibile, durante il cammino, ricavare l'andamento delle accelerazioni antero-posteriore, medio-laterale e verticale. Grazie ad un algoritmo, messo a punto nel Laboratorio di Bioingegneria della Facoltà di Cesena dall'Ing. Federico Riva, sono stati estrapolati gli indici strumentali. Il corpo centrale di questa tesi consiste nell'analisi statistica condotta tramite modelli di regressione lineare che mettono in correlazione parametri clinici (acquisiti per mezzo di test e questionari) abitualmente usati in ospedale e indici strumentali.

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Il rischio di caduta durante la deambulazione aumenta con l'età; le cadute comportano costi elevati per l’assistenza sanitaria ed hanno un influenza critica sullo stato di salute dell'anziano. La valutazione della stabilità del cammino rappresenta un aspetto fondamentale per la definizione di un indice del rischio di caduta. Diverse misure di variabilità e stabilità del cammino sono state proposte in letteratura con l'obiettivo di ottenere una standardizzazione metodologica e risultati affidabili, ripetibili e facilmente interpretabili. Queste misure andrebbero ad integrare, o sostituire, le scale cliniche, unico metodo attualmente in uso ma la cui affidabilità è limitata in quanto fortemente dipendente dall’operatore. Il fine ultimo è quello di definire un indice del rischio di caduta specifico per il soggetto. Gli obiettivi della tesi comprendono la valutazione della ripetibilità in dipendenza dalla lunghezza del trial di una serie di misure di variabilità e stabilità applicate al cammino di soggetti anziani, la valutazione della correlazione fra queste misure di variabilità e stabilità e il risultato delle scale cliniche e la valutazione della correlazione fra queste misure di variabilità e stabilità e la storia di caduta dei soggetti. Per fare questo si sono somministrati alcuni questionari e schede di valutazione funzionale (CIRS, Barthel, Mini-BESTest) a 70 soggetti di età superiore a 65 anni. Questi hanno eseguito inoltre una camminata lungo un tratto rettilineo di circa 100 m di lunghezza; il relativo segnale accelerometrico è stato registrato mediante sensori inerziali. Il risultato generale ottenuto è che alcune misure di stabilità come la MSE e la RQA, già in passato risultate legate alla storia di cadute, mostrano promettenti performance per la definizione del rischio di caduta.

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Nel presente lavoro di tesi ho sviluppato un metodo di analisi di dati di DW-MRI (Diffusion-Weighted Magnetic Resonance Imaging)cerebrale, tramite un algoritmo di trattografia, per la ricostruzione del tratto corticospinale, in un campione di 25 volontari sani. Il diffusion tensor imaging (DTI) sfrutta la capacità del tensore di diffusione D di misurare il processo di diffusione dell’acqua, per stimare quantitativamente l’anisotropia dei tessuti. In particolare, nella sostanza bianca cerebrale la diffusione delle molecole di acqua è direzionata preferenzialmente lungo le fibre, mentre è ostacolata perpendicolarmente ad esse. La trattografia utilizza le informazioni ottenute tramite il DW imaging per fornire una misura della connettività strutturale fra diverse regioni del cervello. Nel lavoro si è concentrata l’attenzione sul fascio corticospinale, che è coinvolto nella motricità volontaria, trasmettendo gli impulsi dalla corteccia motoria ai motoneuroni del midollo spinale. Il lavoro si è articolato in 3 fasi. Nella prima ho sviluppato il pre-processing di immagini DW acquisite con un gradiente di diffusione sia 25 che a 64 direzioni in ognuno dei 25 volontari sani. Si è messo a punto un metodo originale ed innovativo, basato su “Regions of Interest” (ROIs), ottenute attraverso la segmentazione automatizzata della sostanza grigia e ROIs definite manualmente su un template comune a tutti i soggetti in esame. Per ricostruire il fascio si è usato un algoritmo di trattografia probabilistica che stima la direzione più probabile delle fibre e, con un numero elevato di direzioni del gradiente, riesce ad individuare, se presente, più di una direzione dominante (seconda fibra). Nella seconda parte del lavoro, ciascun fascio è stato suddiviso in 100 segmenti (percentili). Sono stati stimati anisotropia frazionaria (FA), diffusività media, probabilità di connettività, volume del fascio e della seconda fibra con un’analisi quantitativa “along-tract”, per ottenere un confronto accurato dei rispettivi percentili dei fasci nei diversi soggetti. Nella terza parte dello studio è stato fatto il confronto dei dati ottenuti a 25 e 64 direzioni del gradiente ed il confronto del fascio fra entrambi i lati. Dall’analisi statistica dei dati inter-subject e intra-subject è emersa un’elevata variabilità tra soggetti, dimostrando l’importanza di parametrizzare il tratto. I risultati ottenuti confermano che il metodo di analisi trattografica del fascio cortico-spinale messo a punto è risultato affidabile e riproducibile. Inoltre, è risultato che un’acquisizione con 25 direzioni di DTI, meglio tollerata dal paziente per la minore durata dello scan, assicura risultati attendibili. La principale applicazione clinica riguarda patologie neurodegenerative con sintomi motori sia acquisite, quali sindromi parkinsoniane sia su base genetica o la valutazione di masse endocraniche, per la definizione del grado di contiguità del fascio. Infine, sono state poste le basi per la standardizzazione dell’analisi quantitativa di altri fasci di interesse in ambito clinico o di studi di ricerca fisiopatogenetica.

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Questa tesi si prefigge di analizzare le condizioni di stabilità di un argine inferiore del fiume Po situato presso il comune di Viadana (MN), più volte interessato da eventi franosi che si sono ripetuti con una certa frequenza nel corso degli ultimi anni. L'argomento proposto nella tesi prende spunto dall’esperienza presso il Polo Scientifico e Tecnologico di AIPO a Boretto (RE), nell’ambito del tirocinio formativo, durante il quale ho portato a termine un programma di prove geotecniche su campioni indisturbati prelevati nel sito interessato da fenomeni di instabilità, allo scopo di migliorare le conoscenze sulla risposta meccanica dei terreni arginali e del substrato di fondazione. Utilizzando i risultati delle prove di laboratorio, unitamente alle informazioni provenienti dai sondaggi e dalle prove penetrometriche (CPT/CPTU), è stato possibile innanzitutto identificare le unità stratigrafiche presenti nel sistema arginale e determinarne i parametri meccanici, per poi procedere alla costruzione del modello geotecnico di riferimento per le analisi di stabilità. Pertanto la tesi si pone come obiettivi principali la messa a punto di un modello geotecnico affidabile dell'argine, la verifica della stabilità globale delle scarpate lato fiume e l'individuazione dei fattori scatenanti i fenomeni di scorrimento osservati, nonché la scelta di possibili interventi per la messa in sicurezza delle sponde, valutandone i benefici in termini del fattore di sicurezza ed i relativi costi. L'insieme dei risultati conseguiti in questo studio permette di fornire utili indicazioni a coloro che sono preposti alla manutenzione e messa in sicurezza delle strutture arginali del fiume Po.

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Nell’Ottobre 2015, a seguito di alcuni fenomeni di instabilità avvenuti in corrispondenza delle scarpate lato fiume in sponda sinistra del Po, nel tratto compreso tra Casalmaggiore (CR) e Dosolo (MN), l'Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO) ha commissionato un' estesa campagna di indagini geognostiche. L'ampio database reso disponibile è stato utilizzato in questa tesi di laurea con l'obiettivo di sviluppare, in collaborazione con i tecnici AIPO, una valida procedura per analizzare i dissesti delle scarpate lato fiume in questo tratto del Po e per identificare gli eventuali interventi di messa in sicurezza più idonei. Lo studio proposto si prefigge i seguenti obiettivi: • La caratterizzazione geotecnica dei terreni costituenti le strutture arginali in esame ed il relativo substrato; • La definizione del modello geotecnico del sistema arginale; • La valutazione della stabilità dell'argine; • La individuazione degli interventi di messa in sicurezza delle scarpate. Attraverso l’elaborazione delle prove CPTU è stato possibile determinare la stratigrafia e i parametri geotecnici delle diverse unità stratigrafiche presenti nelle sezioni considerate significative. Sono state quindi effettuate una serie di analisi con il metodo all'equilibrio limite, verificando la stabilità delle scarpate in condizioni di magra ordinaria e in condizioni di rapido svaso. Tenendo conto che la maggior parte dei tratti analizzati aveva già manifestato segni di instabilità o comunque indicava condizioni prossime al limite dell’equilibrio, si è proceduto in "back analysis" alla individuazione dei parametri di resistenza al taglio operativi, tenendo conto della variabilità degli stessi nell'ambito di una stessa unità stratigrafica. Infine tenendo presente i criteri di progetto degli interventi normalmente adottati sulle sponde, è stato possibile procedere alla modellazione di interventi mirati ad aumentare il fattore di sicurezza, analizzandone i relativi vantaggi e svantaggi.

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Thèse numérisée par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.

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Thèse numérisée par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal.

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Cette recherche observationnelle de type longitudinal porte sur l'étude de la stabilité du style interactif des garçons réputés agressifs. Elle vise à décrire les styles interactifs. L'agression, la prosocialité, la dominante sociale sont étudiées. Les styles interactifs basés sur les mesures observationnelles sont comparés aux styles interactifs créés à partir des questionnaires d'évaluation des comportements sociaux (QECS) remplis par les enseignantes et les enseignants. L'influence de l'âge, du type d'activité et des caractéristiques des groupes de pairs est examinée au regard de l'expression des conduites. Douze garçons réputés agressifs ont participé à l'âge de 9 ans, 1 1 ans et 15 ans à des activités de groupe avec 31 garçons réputés agressifs et 17 garçons non agressifs. Les séances d'activité ont été filmées afin de permettre l'observation différée. La technique d'observation dite par centration focale est privilégiée. Les résultats portant sur les mesures observationnelles indiquent que les garçons présentent des styles très diversifiés. L'examen des composantes indique qu'il y a beaucoup de variabilité selon les facteurs temporel et situationnel. Les sujets-cibles émettent plus de prosocialité que toutes autres conduites. Les analyses mettent en évidence un effet significatif d'activité. Les garçons manifestent plus de prosocialité et de dominance prosociale à la collation alors qu'ils émettent plus de conduites liées à la dominance sociale lors du casse-tête. L'âge tend à avoir une certaine influence. Les garçons manifestent plus de prosocialité et de dominance sociale à l'âge de 9 ans qu'à l’âge de 11 ans. Les analyses portant sur le jugement des enseignantes et des enseignants lors d'évaluation en milieu scolaire révèlent qu'il y a peu de concordance d'un point d'évaluation à l'autre au point de vue de la prosocialité et de l'agression. De même, il existe peu de concordance entre le jugement des enseignantes et des enseignants versus les mesures observationnelles. Les enseignantes et les enseignants sur-évaluent les conduites d'agression et sous-évaluent les conduites prosociales plus souvent que ne le font les observatrices. En milieu scolaire, les enseignantes et les enseignants jugent qu'avec le temps, les garçons présentent significativement moins d'agression tandis que les conduites prosociales demeurent peu élevées tout au long de l'étude. Un regard critique est porté sur le Questionnaire d'évaluation des comportements sociaux. Les analyses portant sur le phénomène de similarité et de dissimilarité révèlent un phénomène de similarité entre les sujets et leur groupe d'activité à l'âge de neuf ans et à l'âge de 11 ans. À l'âge de 15 ans, les sujets émettent significativement moins de conduites d'agression que leur groupe d'activité, en fait, ils n'en émettent pas. Cependant, ils émettent autant de prosocialité, de dominance sociale et de dominance prosociale. Dans l'ensemble, les analyses révèlent que le style interactif des garçons réputés agressifs présenterait une certaine plasticité. Ces garçons auraient donc une capacité de s'adapter selon les situations et les caractéristiques des groupes de pairs. Un échantillon plus grand de sujets permettrait d'effectuer des analyses par catégorisation.

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Background. One of the most diffused types of arthrities is Knee Osteoarthritis. Among symptoms found correlated to this disorder are: pain, joint stiffness, decresed muscle strenght. All these symptoms lead to a decreased function, difficulty in partcipation in physical activity, and decreased quality of life. Is Hydrotherapy increases strenght and mobility of patients for a better quality of life and society partecipation? Outcome. The aim of this Systematic Review is to verify efficacy of Hydrotherapy on upmentioned factors compared to conservative physical rehabilitation and self physical treatment. Study design. Systematc Review following The preffered Reporting Itemes For Systematic Reviews and Meta-analyses (PRISMA) statement checklist [3] Eligibility criteria. Chioice of RCTs which investigate changes in patients’ outcome who suffer from knee osteoarthritis applying Hydrotherapy treatment compared to conservative physical therapy treatment and self physical treatment. Method. Database research: PubMed, PEDro, Cochrane Central Register of Controlled Trial. Results. These reviewed studies show that Hydrotherapy induces improvements comparable with only gym treatment on muscle strenght, and step kinematic parameters, and it’s an ally of reduction of pain. Inaddition, Hydrotherapy is considered more effective physical treatment for knee orsteoarthrtis than the only conservative physical treatment and self physical treatment regarding parameters above mentioned. Conclusion. Hydrotherapy may be a valid alternative compared to only gym treatment, better than self physical treatment in pain relief and increases patients’ general physical health. Key words. Rehabilitation, Hydrotherapy, knee osteoarthritis, aquatic exercise, pain, self care, gait, balance.

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SUMMARYSpecies distribution models (SDMs) represent nowadays an essential tool in the research fields of ecology and conservation biology. By combining observations of species occurrence or abundance with information on the environmental characteristic of the observation sites, they can provide information on the ecology of species, predict their distributions across the landscape or extrapolate them to other spatial or time frames. The advent of SDMs, supported by geographic information systems (GIS), new developments in statistical models and constantly increasing computational capacities, has revolutionized the way ecologists can comprehend species distributions in their environment. SDMs have brought the tool that allows describing species realized niches across a multivariate environmental space and predict their spatial distribution. Predictions, in the form of probabilistic maps showing the potential distribution of the species, are an irreplaceable mean to inform every single unit of a territory about its biodiversity potential. SDMs and the corresponding spatial predictions can be used to plan conservation actions for particular species, to design field surveys, to assess the risks related to the spread of invasive species, to select reserve locations and design reserve networks, and ultimately, to forecast distributional changes according to scenarios of climate and/or land use change.By assessing the effect of several factors on model performance and on the accuracy of spatial predictions, this thesis aims at improving techniques and data available for distribution modelling and at providing the best possible information to conservation managers to support their decisions and action plans for the conservation of biodiversity in Switzerland and beyond. Several monitoring programs have been put in place from the national to the global scale, and different sources of data now exist and start to be available to researchers who want to model species distribution. However, because of the lack of means, data are often not gathered at an appropriate resolution, are sampled only over limited areas, are not spatially explicit or do not provide a sound biological information. A typical example of this is data on 'habitat' (sensu biota). Even though this is essential information for an effective conservation planning, it often has to be approximated from land use, the closest available information. Moreover, data are often not sampled according to an established sampling design, which can lead to biased samples and consequently to spurious modelling results. Understanding the sources of variability linked to the different phases of the modelling process and their importance is crucial in order to evaluate the final distribution maps that are to be used for conservation purposes.The research presented in this thesis was essentially conducted within the framework of the Landspot Project, a project supported by the Swiss National Science Foundation. The main goal of the project was to assess the possible contribution of pre-modelled 'habitat' units to model the distribution of animal species, in particular butterfly species, across Switzerland. While pursuing this goal, different aspects of data quality, sampling design and modelling process were addressed and improved, and implications for conservation discussed. The main 'habitat' units considered in this thesis are grassland and forest communities of natural and anthropogenic origin as defined in the typology of habitats for Switzerland. These communities are mainly defined at the phytosociological level of the alliance. For the time being, no comprehensive map of such communities is available at the national scale and at fine resolution. As a first step, it was therefore necessary to create distribution models and maps for these communities across Switzerland and thus to gather and collect the necessary data. In order to reach this first objective, several new developments were necessary such as the definition of expert models, the classification of the Swiss territory in environmental domains, the design of an environmentally stratified sampling of the target vegetation units across Switzerland, the development of a database integrating a decision-support system assisting in the classification of the relevés, and the downscaling of the land use/cover data from 100 m to 25 m resolution.The main contributions of this thesis to the discipline of species distribution modelling (SDM) are assembled in four main scientific papers. In the first, published in Journal of Riogeography different issues related to the modelling process itself are investigated. First is assessed the effect of five different stepwise selection methods on model performance, stability and parsimony, using data of the forest inventory of State of Vaud. In the same paper are also assessed: the effect of weighting absences to ensure a prevalence of 0.5 prior to model calibration; the effect of limiting absences beyond the environmental envelope defined by presences; four different methods for incorporating spatial autocorrelation; and finally, the effect of integrating predictor interactions. Results allowed to specifically enhance the GRASP tool (Generalized Regression Analysis and Spatial Predictions) that now incorporates new selection methods and the possibility of dealing with interactions among predictors as well as spatial autocorrelation. The contribution of different sources of remotely sensed information to species distribution models was also assessed. The second paper (to be submitted) explores the combined effects of sample size and data post-stratification on the accuracy of models using data on grassland distribution across Switzerland collected within the framework of the Landspot project and supplemented with other important vegetation databases. For the stratification of the data, different spatial frameworks were compared. In particular, environmental stratification by Swiss Environmental Domains was compared to geographical stratification either by biogeographic regions or political states (cantons). The third paper (to be submitted) assesses the contribution of pre- modelled vegetation communities to the modelling of fauna. It is a two-steps approach that combines the disciplines of community ecology and spatial ecology and integrates their corresponding concepts of habitat. First are modelled vegetation communities per se and then these 'habitat' units are used in order to model animal species habitat. A case study is presented with grassland communities and butterfly species. Different ways of integrating vegetation information in the models of butterfly distribution were also evaluated. Finally, a glimpse to climate change is given in the fourth paper, recently published in Ecological Modelling. This paper proposes a conceptual framework for analysing range shifts, namely a catalogue of the possible patterns of change in the distribution of a species along elevational or other environmental gradients and an improved quantitative methodology to identify and objectively describe these patterns. The methodology was developed using data from the Swiss national common breeding bird survey and the article presents results concerning the observed shifts in the elevational distribution of breeding birds in Switzerland.The overall objective of this thesis is to improve species distribution models as potential inputs for different conservation tools (e.g. red lists, ecological networks, risk assessment of the spread of invasive species, vulnerability assessment in the context of climate change). While no conservation issues or tools are directly tested in this thesis, the importance of the proposed improvements made in species distribution modelling is discussed in the context of the selection of reserve networks.RESUMELes modèles de distribution d'espèces (SDMs) représentent aujourd'hui un outil essentiel dans les domaines de recherche de l'écologie et de la biologie de la conservation. En combinant les observations de la présence des espèces ou de leur abondance avec des informations sur les caractéristiques environnementales des sites d'observation, ces modèles peuvent fournir des informations sur l'écologie des espèces, prédire leur distribution à travers le paysage ou l'extrapoler dans l'espace et le temps. Le déploiement des SDMs, soutenu par les systèmes d'information géographique (SIG), les nouveaux développements dans les modèles statistiques, ainsi que la constante augmentation des capacités de calcul, a révolutionné la façon dont les écologistes peuvent comprendre la distribution des espèces dans leur environnement. Les SDMs ont apporté l'outil qui permet de décrire la niche réalisée des espèces dans un espace environnemental multivarié et prédire leur distribution spatiale. Les prédictions, sous forme de carte probabilistes montrant la distribution potentielle de l'espèce, sont un moyen irremplaçable d'informer chaque unité du territoire de sa biodiversité potentielle. Les SDMs et les prédictions spatiales correspondantes peuvent être utilisés pour planifier des mesures de conservation pour des espèces particulières, pour concevoir des plans d'échantillonnage, pour évaluer les risques liés à la propagation d'espèces envahissantes, pour choisir l'emplacement de réserves et les mettre en réseau, et finalement, pour prévoir les changements de répartition en fonction de scénarios de changement climatique et/ou d'utilisation du sol. En évaluant l'effet de plusieurs facteurs sur la performance des modèles et sur la précision des prédictions spatiales, cette thèse vise à améliorer les techniques et les données disponibles pour la modélisation de la distribution des espèces et à fournir la meilleure information possible aux gestionnaires pour appuyer leurs décisions et leurs plans d'action pour la conservation de la biodiversité en Suisse et au-delà. Plusieurs programmes de surveillance ont été mis en place de l'échelle nationale à l'échelle globale, et différentes sources de données sont désormais disponibles pour les chercheurs qui veulent modéliser la distribution des espèces. Toutefois, en raison du manque de moyens, les données sont souvent collectées à une résolution inappropriée, sont échantillonnées sur des zones limitées, ne sont pas spatialement explicites ou ne fournissent pas une information écologique suffisante. Un exemple typique est fourni par les données sur 'l'habitat' (sensu biota). Même s'il s'agit d'une information essentielle pour des mesures de conservation efficaces, elle est souvent approximée par l'utilisation du sol, l'information qui s'en approche le plus. En outre, les données ne sont souvent pas échantillonnées selon un plan d'échantillonnage établi, ce qui biaise les échantillons et par conséquent les résultats de la modélisation. Comprendre les sources de variabilité liées aux différentes phases du processus de modélisation s'avère crucial afin d'évaluer l'utilisation des cartes de distribution prédites à des fins de conservation.La recherche présentée dans cette thèse a été essentiellement menée dans le cadre du projet Landspot, un projet soutenu par le Fond National Suisse pour la Recherche. L'objectif principal de ce projet était d'évaluer la contribution d'unités 'd'habitat' pré-modélisées pour modéliser la répartition des espèces animales, notamment de papillons, à travers la Suisse. Tout en poursuivant cet objectif, différents aspects touchant à la qualité des données, au plan d'échantillonnage et au processus de modélisation sont abordés et améliorés, et leurs implications pour la conservation des espèces discutées. Les principaux 'habitats' considérés dans cette thèse sont des communautés de prairie et de forêt d'origine naturelle et anthropique telles que définies dans la typologie des habitats de Suisse. Ces communautés sont principalement définies au niveau phytosociologique de l'alliance. Pour l'instant aucune carte de la distribution de ces communautés n'est disponible à l'échelle nationale et à résolution fine. Dans un premier temps, il a donc été nécessaire de créer des modèles de distribution de ces communautés à travers la Suisse et par conséquent de recueillir les données nécessaires. Afin d'atteindre ce premier objectif, plusieurs nouveaux développements ont été nécessaires, tels que la définition de modèles experts, la classification du territoire suisse en domaines environnementaux, la conception d'un échantillonnage environnementalement stratifié des unités de végétation cibles dans toute la Suisse, la création d'une base de données intégrant un système d'aide à la décision pour la classification des relevés, et le « downscaling » des données de couverture du sol de 100 m à 25 m de résolution. Les principales contributions de cette thèse à la discipline de la modélisation de la distribution d'espèces (SDM) sont rassemblées dans quatre articles scientifiques. Dans le premier article, publié dans le Journal of Biogeography, différentes questions liées au processus de modélisation sont étudiées en utilisant les données de l'inventaire forestier de l'Etat de Vaud. Tout d'abord sont évalués les effets de cinq méthodes de sélection pas-à-pas sur la performance, la stabilité et la parcimonie des modèles. Dans le même article sont également évalués: l'effet de la pondération des absences afin d'assurer une prévalence de 0.5 lors de la calibration du modèle; l'effet de limiter les absences au-delà de l'enveloppe définie par les présences; quatre méthodes différentes pour l'intégration de l'autocorrélation spatiale; et enfin, l'effet de l'intégration d'interactions entre facteurs. Les résultats présentés dans cet article ont permis d'améliorer l'outil GRASP qui intègre désonnais de nouvelles méthodes de sélection et la possibilité de traiter les interactions entre variables explicatives, ainsi que l'autocorrélation spatiale. La contribution de différentes sources de données issues de la télédétection a également été évaluée. Le deuxième article (en voie de soumission) explore les effets combinés de la taille de l'échantillon et de la post-stratification sur le la précision des modèles. Les données utilisées ici sont celles concernant la répartition des prairies de Suisse recueillies dans le cadre du projet Landspot et complétées par d'autres sources. Pour la stratification des données, différents cadres spatiaux ont été comparés. En particulier, la stratification environnementale par les domaines environnementaux de Suisse a été comparée à la stratification géographique par les régions biogéographiques ou par les cantons. Le troisième article (en voie de soumission) évalue la contribution de communautés végétales pré-modélisées à la modélisation de la faune. C'est une approche en deux étapes qui combine les disciplines de l'écologie des communautés et de l'écologie spatiale en intégrant leurs concepts de 'habitat' respectifs. Les communautés végétales sont modélisées d'abord, puis ces unités de 'habitat' sont utilisées pour modéliser les espèces animales. Une étude de cas est présentée avec des communautés prairiales et des espèces de papillons. Différentes façons d'intégrer l'information sur la végétation dans les modèles de répartition des papillons sont évaluées. Enfin, un clin d'oeil aux changements climatiques dans le dernier article, publié dans Ecological Modelling. Cet article propose un cadre conceptuel pour l'analyse des changements dans la distribution des espèces qui comprend notamment un catalogue des différentes formes possibles de changement le long d'un gradient d'élévation ou autre gradient environnemental, et une méthode quantitative améliorée pour identifier et décrire ces déplacements. Cette méthodologie a été développée en utilisant des données issues du monitoring des oiseaux nicheurs répandus et l'article présente les résultats concernant les déplacements observés dans la distribution altitudinale des oiseaux nicheurs en Suisse.L'objectif général de cette thèse est d'améliorer les modèles de distribution des espèces en tant que source d'information possible pour les différents outils de conservation (par exemple, listes rouges, réseaux écologiques, évaluation des risques de propagation d'espèces envahissantes, évaluation de la vulnérabilité des espèces dans le contexte de changement climatique). Bien que ces questions de conservation ne soient pas directement testées dans cette thèse, l'importance des améliorations proposées pour la modélisation de la distribution des espèces est discutée à la fin de ce travail dans le contexte de la sélection de réseaux de réserves.

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Objectifs : Le coefficient de diffusion apparente (ADC) est utilisé pour le suivi des lésions hépatiques malignes traitées. Cependant, l'ADC est généralement mesuré dans la lésion entière, alors que cela devrait être réalisé dans la zone la plus restreinte (ZLPR), cette dernière représentant potentiellement du résidu tumoral. Notre objectif était d'évaluer la variabilité inter/intraobservateur de l'ADC dans la tumeur entière et dans la ZLPR. Matériels et méthodes : Quarante patients traités par chimioembolisation ou radiofréquence ont été évalués. Après consensus, deux lecteurs ont indépendamment mesuré l'ADC de la lésion entière et de la ZLPR. Les mêmes mesures ont été répétées deux semaines plus tard. Le test de Spearman et la méthode de Bland-Altman ont été utilisées. Résultats : La corrélation interobservateur de l'ADC dans la lésion entière et dans la ZLPR était de 0,962 et de 0,884. La corrélation intraobservateur était de 0,992 et de 0,979, respectivement. Les limites de variabilité interobservateur (mm2/sec*10 - 3) étaient entre -0,25/+0,28 dans la lésion entière et entre -0,51/+0,46 dans la ZLPR. Les limites de variabilité intraobservateur étaient respectivement : -0,25/+0,24 et -0,43/+0,47. Conclusion : La corrélation inter/intraobservateur dans les mesures d'ADC est bonne. Toutefois, une variabilité limitée existe et doit être considérée lors de l'interprétation des valeurs d'ADC des tumeurs hépatiques.