986 resultados para Twin Air, Multi Air, progettazione testata, motori diesel uso aeronautico, analisi FEM, analisi CFD


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Analisi delle emissioni di inquinanti per combustioni innovative Dual-Fuel e Premixed Charge Compression Ignition (PCCI) operate su un motore Diesel, nel laboratorio di propulsione e macchine della Scuola d'Ingegneria e Architettura con sede a Forlì. Tale studio è stato realizzato in quanto la riduzione delle emissioni e dei consumi sono caratteristiche di primo impatto per la competitività sul mercato di un motore e poiché le emissioni di inquinanti sono regolate da standard europei che ne esigono la continua riduzione. L'obiettivo della ricerca è quello di definire un pattern di combustioni, variando il valore e la sincronizzazione dei parametri delle attuazioni, che consenta la riduzione di inquinanti senza compromettere le prestazioni. Capire come ottenere minori emissioni di inquinanti significa poter far rientrare anche i motori diesel nelle future normative EURO 6 (già definite ed in vigore da Settembre 2014), e di seguire studi paralleli sulla riduzione dei consumi sui quali sono già stati riscontrati risultati positivi.

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Simulazione CFD di un condotto di aspirazione di un motore Diesel.

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This paper presents the development and the application of a multi-objective optimization framework for the design of two-dimensional multi-element high-lift airfoils. An innovative and efficient optimization algorithm, namely Multi-Objective Tabu Search (MOTS), has been selected as core of the framework. The flow-field around the multi-element configuration is simulated using the commercial computational fluid dynamics (cfd) suite Ansys cfx. Elements shape and deployment settings have been considered as design variables in the optimization of the Garteur A310 airfoil, as presented here. A validation and verification process of the cfd simulation for the Garteur airfoil is performed using available wind tunnel data. Two design examples are presented in this study: a single-point optimization aiming at concurrently increasing the lift and drag performance of the test case at a fixed angle of attack and a multi-point optimization. The latter aims at introducing operational robustness and off-design performance into the design process. Finally, the performance of the MOTS algorithm is assessed by comparison with the leading NSGA-II (Non-dominated Sorting Genetic Algorithm) optimization strategy. An equivalent framework developed by the authors within the industrial sponsor environment is used for the comparison. To eliminate cfd solver dependencies three optimum solutions from the Pareto optimal set have been cross-validated. As a result of this study MOTS has been demonstrated to be an efficient and effective algorithm for aerodynamic optimizations. Copyright © 2012 Tech Science Press.

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A ventilation radiator is a combined ventilation and heat emission unit currently of interest due to its potential for increasing energy efficiency in exhaust ventilated buildings with warm water heating. This paper presents results of performance tests of several ventilation radiator models conducted under controlled laboratory conditions.   The purpose of the study was to validate results achieved by Computational Fluid Dynamics (CFD) in an earlier study and indentify possible improvements in the performance of such systems. The main focus was on heat transfer from internal convection fins, but comfort and health aspects related to ventilation rates and air temperatures were also considered.   The general results from the CFD simulations were confirmed; the heat output of ventilation radiators may be improved by at least 20 % without sacrificing ventilation efficiency or thermal comfort.   Improved thermal efficiency of ventilation radiators allows a lower supply water temperature and energy savings both for heating up and distribution of warm water in heat pumps or district heating systems. A secondary benefit is that a high ventilation rate can be maintained all year around without risk for cold draught.

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Il traffico veicolare è la principale fonte antropogenica di NOx, idrocarburi (HC) e CO e, dato che la sostituzione dei motori a combustione interna con sistemi alternativi appare ancora lontana nel tempo, lo sviluppo di sistemi in grado di limitare al massimo le emissioni di questi mezzi di trasporto riveste un’importanza fondamentale. Sfortunatamente non esiste un rapporto ottimale aria/combustibile che permetta di avere basse emissioni, mentre la massima potenza ottenibile dal motore corrisponde alle condizioni di elevata formazione di CO e HC. Gli attuali sistemi di abbattimento permettono il controllo delle emissioni da sorgenti mobili tramite una centralina che collega il sistema di iniezione del motore e la concentrazione di ossigeno del sistema catalitico (posto nella marmitta) in modo da controllare il rapporto aria/combustibile (Fig. 1). Le marmitte catalitiche per motori a benzina utilizzano catalizzatori “three way” a base di Pt/Rh supportati su ossidi (allumina, zirconia e ceria), che, dovendo operare con un rapporto quasi stechiometrico combustibile/comburente, comportano una minore efficienza del motore e consumi maggiori del 20-30% rispetto alla combustione in eccesso di ossigeno. Inoltre, questa tecnologia non può essere utilizzata nei motori diesel, che lavorano in eccesso di ossigeno ed utilizzano carburanti con un tenore di zolfo relativamente elevato. In questi ultimi anni è cresciuto l’interesse per il controllo delle emissioni di NOx da fonti veicolari, con particolare attenzione alla riduzione catalitica in presenza di un eccesso di ossigeno, cioè in condizioni di combustione magra. Uno sviluppo recente è rappresentato dai catalizzatori tipo “Toyota” che sono basati sul concetto di accumulo e riduzione (storage/reduction), nei quali l’NO viene ossidato ed accumulato sul catalizzatore come nitrato in condizioni di eccesso di ossigeno. Modificando poi per brevi periodi di tempo le condizioni di alimentazione da ossidanti (aria/combustibile > 14,7 p/p) a riducenti (aria/combustibile < 14,7 p/p) il nitrato immagazzinato viene ridotto a N2 e H2O. Questi catalizzatori sono però molto sensibili alla presenza di zolfo e non possono essere utilizzati con i carburanti diesel attualmente in commercio. Obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di ottimizzare e migliorare la comprensione del meccanismo di reazione dei catalizzatori “storage-reduction” per l’abbattimento degli NOx nelle emissioni di autoveicoli in presenza di un eccesso di ossigeno. In particolare lo studio è stato focalizzato dapprima sulle proprietà del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, in funzione del tipo di precursore e sulle proprietà e composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). Lo studio è stato inizialmente focalizzato sulle proprietà dei precursori del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, sulla composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). E’ stata effettuata una dettagliata caratterizzazione chimico-fisica dei materiali preparati tramite analisi a raggi X (XRD), area superficiale, porosimetria, analisi di dispersione metallica, analisi in riduzione e/o ossidazione in programmata di temperatura (TPR-O), che ha permesso una migliore comprensione delle proprietà dei catalizzatori. Vista la complessità delle miscele gassose reali, sono state utilizzate, nelle prove catalitiche di laboratorio, alcune miscele più semplici, che tuttavia potessero rappresentare in maniera significativa le condizioni reali di esercizio. Il comportamento dei catalizzatori è stato studiato utilizzando differenti miscele sintetiche, con composizioni che permettessero di comprendere meglio il meccanismo. L’intervallo di temperatura in cui si è operato è compreso tra 200-450°C. Al fine di migliorare i catalizzatori, per aumentarne la resistenza alla disattivazione da zolfo, sono state effettuate prove alimentando in continuo SO2 per verificare la resistenza alla disattivazione in funzione della composizione del catalizzatore. I principali risultati conseguiti possono essere così riassunti: A. Caratteristiche Fisiche. Dall’analisi XRD si osserva che l’impregnazione con Pt(NH3)2(NO2)2 o con la sospensione nanoparticellare in DEG, non modifica le proprietà chimico-fisiche del supporto, con l’eccezione del campione con sospensione nanoparticellare impregnata su ossido misto per il quale si è osservata sia la segregazione del Pt, sia la presenza di composti carboniosi sulla superficie. Viceversa l’impregnazione con Ba porta ad una significativa diminuzione dell’area superficiale e della porosità. B. Caratteristiche Chimiche. L’analisi di dispersione metallica, tramite il chemiassorbimento di H2, mostra per i catalizzatori impregnati con Pt nanoparticellare, una bassa dispersione metallica e di conseguenza elevate dimensioni delle particelle di Pt. I campioni impregnati con Pt(NH3)2(NO2)2 presentano una migliore dispersione. Infine dalle analisi TPR-O si è osservato che: Maggiore è la dispersione del metallo nobile maggiore è la sua interazione con il supporto, L’aumento della temperatura di riduzione del PtOx è proporzionale alla quantità dei metalli alcalino terrosi, C. Precursore Metallo Nobile. Nelle prove di attività catalitica, con cicli ossidanti e riducenti continui in presenza ed in assenza di CO2, i catalizzatori con Pt nanoparticellare mostrano una minore attività catalitica, specie in presenza di un competitore come la CO2. Al contrario i catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 presentano un’ottima attività catalitica, stabile nel tempo, e sono meno influenzabili dalla presenza di CO2. D. Resistenza all’avvelenamento da SO2. Il catalizzatore di riferimento, 17Ba1Pt/γAl2O3, mostra un effetto di avvelenamento con formazione di solfati più stabili che sul sistema Ba-Mg; difatti il campione non recupera i valori iniziali di attività se non dopo molti cicli di rigenerazione e temperature superiori ai 300°C. Per questi catalizzatori l’avvelenamento da SO2 sembra essere di tipo reversibile, anche se a temperature e condizioni più favorevoli per il 1.5Mg8.5Ba-1Pt/γAl2O3. E. Capacità di Accumulo e Rigenerabilità. Tramite questo tipo di prova è stato possibile ipotizzare e verificare il meccanismo della riduzione. I catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 hanno mostrato un’elevata capacità di accumulo. Questa è maggiore per il campione bimetallico (Ba-Mg) a T < 300°C, mentre per il riferimento è maggiore per T > 300°C. Per ambedue i catalizzatori è evidente la formazione di ammoniaca, che potrebbe essere utilizzata come un indice che la riduzione dei nitrati accumulati è arrivata al termine e che il tempo ottimale per la riduzione è stato raggiunto o superato. Per evitare la formazione di NH3, sul catalizzatore di riferimento, è stata variata la concentrazione del riducente e la temperatura in modo da permettere alle specie adsorbite sulla superficie e nel bulk di poter raggiungere il Pt prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo. La presenza di CO2 riduce fortemente la formazione di NH3; probabilmente perché la CO2, occupando i siti degli elementi alcalino-terrosi lontani dal Pt, impedisce ai nitriti/nitrati o all’H2 attivato di percorrere “elevate” distanze prima di reagire, aumentando così le possibilità di una riduzione più breve e più selettiva. F. Tempo di Riduzione. Si è migliorata la comprensione del ruolo svolto dalla concentrazione dell’agente riducente e dell’effetto della durata della fase riducente. Una durata troppo breve porta, nel lungo periodo, alla saturazione dei siti attivi, un eccesso alla formazione di NH3 Attraverso queste ultime prove è stato possibile formulare un meccanismo di reazione, in particolare della fase riducente. G. Meccanismo di Riduzione. La mobilità dei reagenti, nitriti/nitrati o H2 attivato è un elemento fondamentale nel meccanismo della riduzione. La vicinanza tra i siti di accumulo e quelli redox è determinante per il tipo di prodotti che si possono ottenere. La diminuzione della concentrazione del riducente o l’aumento della temperatura concede maggiore tempo o energia alle specie adsorbite sulla superficie o nel bulk per migrare e reagire prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo.

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Ci si propone di ottimizzare un piccolo motore bicilindrico per uso aeronautico e di trovare una soluzione adeguata per equilibrare il motore stesso. Il propulsore è un motore bicilindrico quattro tempi 500 cc, di derivazione motociclistica, convertito al campo aeronautico. L’installazione del motore sarà nel futuro rivolta agli aeromobili ultraleggeri. Visti i pesi massimi al decollo imposti dalle regolamentazione, dobbiamo far si che il motore sia il più leggero possibile. Lo studio in questione si suddivide in due parti fondamentali: la valutazione di quale sia la soluzione migliore per costruire un motore bicilindrico, con cilindri in linea o in tandem, e la riprogettazione dei cilindri, della testata, dell’albero motore e del sistema di equilibratura utilizzando come software di disegno SolidWorks. Lo studio è nato dalla volontà di progettare un piccolo motore in grado di essere concorrenziale in termini di affidabilità e di prestazioni con i maggiori produttori di motori per ultraleggeri, l’azienda austriaca Rotax che detiene di monopolio, Jabiru, HKS ed altre marche meno importanti.

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Ottimizzazione di un riduttore ad altissime prestazioni per uso aeronautico

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In questo studio viene sviluppato il controllo del moto di una macchina automatica per il packaging destinata a linee di media produttività con cambi formato rapidi. Il lavoro comprende la realizzazione di simulazioni dei gruppi macchina, la progettazione dei profili di moto da assegnare ai loro motori ed, infine, l'analisi dinamica e la verifica degli attuatori stessi.

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Negli ultimi anni, parallelamente allo sviluppo di calcolatori elettronici sempre più performanti, la fluidodinamica computazionale è diventata uno strumento di notevole utilità nell’analisi dei flussi e nello sviluppo di dispositivi medici. Quando impiegate nello studio di flussi di fluidi fisiologici, come il sangue, il vantaggio principale delle analisi CFD è che permettono di caratterizzare il comportamento fluidodinamico senza dover eseguire test in-vivo/in-vitro, consentendo quindi notevoli vantaggi in termini di tempo, denaro e rischio derivante da applicazioni mediche. Inoltre, simulazioni CFD offrono una precisa e dettagliata descrizione di ogni parametro di interesse permettendo, già in fase di progettazione, di prevedere quali modifiche al layout garantiranno maggiori vantaggi in termini di funzionalità. Il presente lavoro di tesi si è posto l’obiettivo di valutare, tramite simulazioni CFD, le performances fluidodinamiche del comparto sangue “camera venosa” di un dispositivo medico monouso Bellco impiegato nella realizzazione di trattamenti di emodialisi. Dopo una panoramica del contesto, è presentata una breve descrizione della disfunzione renale e dei trattamenti sostitutivi. Notevole impegno è stato in seguito rivolto allo studio della letteratura scientifica in modo da definire un modello reologico per il fluido non-Newtoniano preso in considerazione e determinarne i parametri caratteristici. Il terzo capitolo presenta lo stato dell’arte delle apparecchiature Bellco, rivolgendosi con particolare attenzione al componente “cassette” del dispositivo monouso. L’analisi fluidodinamica del compartimento “camera venosa” della cassette, che sarà presa in considerazione nei capitoli quinto e sesto, si inserisce nell’ambito della riprogettazione del dispositivo attualmente in commercio: il quarto capitolo si incentra sul suo nuovo design, ponendo specifico interesse sul layout della camera venosa di nuova generazione. Per lo studio dei flussi che si sviluppano internamente ad essa ci si è avvalsi del modulo CFD del software COMSOL multiphysics® (versione 5.0); la definizione del modello implementato e della tipologia di studio effettuato sono presi in considerazione nel quinto capitolo. Le problematiche di maggior impatto nella realizzazione di un trattamento di emodialisi sono l’emolisi e la coagulazione del sangue. Nell'evenienza che si verifichino massivamente occorre infatti interrompere il trattamento con notevoli disagi per il paziente, per questo devono essere evitate. Nel sesto capitolo i risultati ottenuti sono stati esaminati rivolgendo particolare attenzione alla verifica dell’assenza di fenomeni che possano portare alle problematiche suddette.

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Secondo l'Agenzia Europea dell'Ambiente una delle principali minacce per le risorse di acqua dolce della zone costiere italiane è l’intrusione salina. L’obiettivo di questa tesi magistrale è la caratterizzazione idrogeologica di una frazione dell’acquifero freatico costiero situato in due differenti corpi dunosi. L’indagine proseguita per cinque mesi ha evidenziano differenze tra un’area sottoposta a forte pressione antropica (Marina Romea) e un’area che mostra un relativo sviluppo naturale del sistema spiaggia-duna (Porto Corsini). La tecnica di campionamento utilizzata è il sistema a minifiltri (multi level samplers), metodologia innovativa che garantisce tempistiche di monitoraggio rapide e una campionatura multi-livello puntuale e precisa. La campagna di monitoraggio ha coinvolto misure di freatimetria, conduttività elettrica e analisi chimiche delle acque che hanno portato ad una loro classificazione geo-chimica. Dai risultati si evidenzia che l’acquifero è molto salinizzato, gli strati d’acqua dolce sono isolati in lenti superficiali e i tipi di acque presenti sono dominati da ioni sodio e cloro. Tra i due siti il più vulnerabile risulta essere Marina Romea per molti fattori: l’erosione costiera che assottiglia la fascia dunale adibita alla ricarica di acqua dolce, un’estensione spaziale della duna minore rispetto a Porto Corsini, la presenza di infrastrutture turistiche che hanno frazionato la duna, la vicinanza al canale di drenaggio che causa la risalita delle acque profonde saline, la presenza di specie arboree idro-esigenti che attingono e quindi assottigliano le lenti d’acqua dolce. Si propone di migliorare la qualità dell’acqua sotterranea con una migliore gestione del canale di drenaggio, sostituendo alcuni esemplari di pinacee con specie arbustive tipiche degli ambienti dunosi ed infine imponendo misure per il risparmio idrico durante la stagione turistica.

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The present work was done on two ambrotypes and two tintypes. It aimed evaluate their chemical and physical characteristics, especially their degradation patterns. Moreover, to understand the materials used for their production and cross-check analytical and historical information about the production processes. To do so multi-analytical, non-destructive methods were applied. Technical photography highlighted the surface morphology of the objects and showed the distribution of the protective coatings on their surfaces through UV radiation, which were very different between the four pieces. OM allowed for a detailed observation of the surfaces along with the selection of areas of interest to be analysed with SEM-EDS. SEM-EDS was the technique used most extensively and the one that provided the most insightful results: it allowed to observe the morphology of the image forming particles and the differences between highlights, dark areas and the interfaces between them. Also, elemental point analysis and elemental maps were used to identify the image forming particles as silver and to detect the presence of compounds related to the production, particularly gold used to highlight jewellery, iron as the red pigment and traces of the compounds used in the photographic process containing Ag, I, Na and S . Also, some degradation compounds were analysed containing Ag, Cu, S and Cl. With μ-FT-IR the presence of collodion was confirmed and the source of the protective varnishes was identified, particularly mastic and shellac, in either mixtures of the two or only one. μ-Raman detected the presence of metallic silver and silver chloride on the objects and identified one of the red pigments as Mars red. Finally, μ-XRD showed the presence of metallic silver and silver iodide on both ambrotypes and tintypes and hematite, magnetite and wuestite on the tintypes; RESUMO: O presente estudo foi desenvolvido sobre dois ambrótipos e dois ferrótipos. O propósito consiste em estudar as suas características químicas e físicas, dando particular ênfase aos padrões de degradação. Também é pretendido compreender os materiais usados na sua produção e relacionar esta informação analítca com dados históricos de manuais técnicos contemporâneos à produção dos objectos. Para tal foram utilizadas técnicas multi-analíticas e não destrutivas. O uso da fotografia técnica permitiu uma observação da morfologia das superficies dos objectos e da distribuição das camadas de verniz através da radiação UV, muito diferente entre os quatro. A microscopia óptica proporcionou uma observação detalhada das superfícies assim como a selecção de pontos de interesse para serem analisados com SEM-EDS. SEM-EDS foi a técnica usada mais extensivamente e a que proporcionou os resultados mais detalhados: observação da morofologia das partículas formadoras da imagem e as diferenças entre zonas de altas luzes, baixas luzes e as interfaces entre elas. A análise elemental e os mapas elementares foram usados para detectar prata nas partículas formadoras da imagem e a presença de compostos relacionados com a produção, em particular ouro utilizado para realçar joalharia, ferro no pigmento vermelho e vestígios de compostos utilizados no processo fotográfico incluindo Ag, I, Na e S. Do mesmo modo, alguns compostos de degradação foram analisados contendo Ag, Cu, S e Cl. Com μ-FT-IR a presença de colódio foi confirmada e identificada a origem dos vernizes, mástique e goma-laca, tanto em misturas dos dois como apenas um. Com μ-Raman foi detectada a presença de prata metálica e de cloreto de prata e identificado um dos pigmentos vermelhos como Mars red. Finalmente, μ-DRX revelou a presença de prata metálica e iodeto de prata tanto nos ambrótipos como nos ferrótipos e hematite, magnetite e wuestite nos ferrótipos.

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Background Exposure to air pollutants, including diesel particulate matter, has been linked to adverse respiratory health effects. Inhaled diesel particulate matter contains adsorbed organic compounds. It is not clear whether the adsorbed organics or the residual components are more deleterious to airway cells. Using a physiologically relevant model, we investigated the role of diesel organic content on mediating cellular responses of primary human bronchial epithelial cells (HBECs) cultured at an air-liquid interface (ALI). Methods Primary HBECs were cultured and differentiated at ALI for at least 28 days. To determine which component is most harmful, we compared primary HBEC responses elicited by residual (with organics removed) diesel emissions (DE) to those elicited by neat (unmodified) DE for 30 and 60 minutes at ALI, with cigarette smoke condensate (CSC) as the positive control, and filtered air as negative control. Cell viability (WST-1 cell proliferation assay), inflammation (TNF-α, IL-6 and IL-8 ELISA) and changes in gene expression (qRT-PCR for HO-1, CYP1A1, TNF-α and IL-8 mRNA) were measured. Results Immunofluorescence and cytological staining confirmed the mucociliary phenotype of primary HBECs differentiated at ALI. Neat DE caused a comparable reduction in cell viability at 30 or 60 min exposures, whereas residual DE caused a greater reduction at 60 min. When corrected for cell viability, cytokine protein secretion for TNF-α, IL-6 and IL-8 were maximal with residual DE at 60 min. mRNA expression for HO-1, CYP1A1, TNF-α and IL-8 was not significantly different between exposures. Conclusion This study provides new insights into epithelial cell responses to diesel emissions using a physiologically relevant aerosol exposure model. Both the organic content and residual components of diesel emissions play an important role in determining bronchial epithelial cell response in vitro. Future studies should be directed at testing potentially useful interventions against the adverse health effects of air pollution exposure.

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Emissions of gases and particles from sea-faring ships have been shown to impact on the atmospheric chemistry and climate. To efficiently monitor and report these emissions found from a ship’s plume, the concept of using a multi-rotor or UAV to hover inside or near the exhaust of the ship to actively record the data in real time is being developed. However, for the required sensors obtain the data; their sensors must face into the airflow of the ships plume. This report presents an approach to have sensors able to read in the chemicals and particles emitted from the ship without affecting the flight dynamics of the multi-rotor UAV by building a sealed chamber in which a pump can take in the surrounding air (outside the downwash effect of the multi-rotor) where the sensors are placed and can analyse the gases safely. Results show that the system is small, lightweight and air-sealed and ready for flight test.