982 resultados para Teatro romano


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Questa tesi di laurea nasce da una collaborazione con il Centro Studi Vitruviani di Fano, un’associazione nata il 30 Settembre 2010 nella mia città. Le note vicende riguardanti la Basilica vitruviana di Fano fanno della città adriatica il luogo più autorevole per accogliere un Centro Studi Internazionale dedicato all’opera di Vitruvio. Questa associazione è nata come contenitore di riferimento per eventi e iniziative legate al mondo della classicità intesa come momento storico, ma anche come più ampio fenomeno non solo artistico che interessa trasversalmente tutta la cultura occidentale. La creazione di un’istituzione culturale, di fondazione pubblico-privata, con l'obiettivo di porsi a riferimento internazionale per il proprio ambito di ricerca, è notizia comunque rilevante in un periodo in cui lo Stato vara l’articolo 7 comma 22 di una legge che ribadisce la fine dei finanziamenti agli enti, agli istituti, e alle fondazioni culturali. Il Centro Studi Vitruviani dovrà diventare presto sede di momenti scientifici alta, borse di studio, occasioni divulgative, mostre, iniziative didattiche. L’alto livello scientifico mi si è presentato subito chiaro durante questi mesi di collaborazione con il Centro, quando ho avuto l’occasione di incontrare e conoscere e contattare personalità quali i Professori Salvatore Settis, Pierre Gros, Howard Burns, Antonio Corso, Antonio Monterroso e Piernicola Pagliara. Attualmente nella mia città il Centro Studi ha una sede non adeguato, non è fruibile al pubblico (per problemi accessi in comune con altri Enti) e non è riconoscibile dall’esterno. L’attuale sede è all’interno del complesso conventuale del S.Agostino. Il Centro Studi mi ha proposto di valutare la possibilità di un ampliamento dell’associazione in questo edificio storico. Nel mio progetto è stato previsto un processo di acquisizione totale del complesso, con un ripensamento dell’accesso riconoscibile dall’esterno, e un progetto di rifunzionalizzazione degli spazi interni. È stata inserita un’aula per la presentazione di libri, incontri e congressi, mostre ed esposizioni, pubblicazioni culturali e specialistiche. Il fatto interessante di questa sede è che l’edificio vive sulle rovine di un tempio romano, già visitabile e inserite nelle visite della città sotterranea. Fano, infatti, è una città di mare, di luce e nello stesso tempo di architetture romane sotterranee. L’identità culturale e artistica della città è incisa nelle pieghe dei suoi resti archeologici. Le mura augustee fanesi costituiscono il tratto più lungo di mura romane conservate nelle città medio-adriatiche. Degli originari 1750 metri, ne rimangono circa 550. Di grande suggestione sono le imponenti strutture murarie rinvenute sotto il complesso del Sant’Agostino che hanno stimolato per secoli la fantasia e suscitato l'interesse di studiosi ed appassionati. Dopo la prima proposta il Centro Studi Vitruviani mi ha lanciato una sfida interessante: l’allargamento dell’area di progetto provando a ripensare ad una musealizzazione delle rovine del teatro romano dell’area adiacente. Nel 2001 l’importante rinvenimento archeologico dell’edificio teatrale ha donato ulteriori informazioni alle ricostruzione di una pianta archeologica della città romana. Questa rovine tutte da scoprire e da ripensare mi si sono presentate come un’occasione unica per il mio progetto di tesi ed, inoltre, estremamente attuali. Nonostante siano passati dieci anni dal rinvenimento del teatro, dell’area mancava un rilievo planimetrico aggiornato, un’ipotesi ricostruttiva delle strutture. Io con questo lavoro di Tesi provo a colmare queste mancanze. La cosa che ritengo più grave è la mancanca di un progetto di musealizzazione per inserire la rovina nelle visite della Fano romana sotteranea. Spero con questa tesi di aver donato materiale e suggestioni alla mia città, per far comprendere la potenzialità dell’area archeologica. Per affrontare questo progetto di Tesi sono risultate fondamentali tre esperienze maturate durante il mio percorso formativo: prima fra tutte la partecipazione nel 2009 al Seminario Internazionale di Museografia di Villa Adriana Premio di Archeologia e Architettura “Giambattista Piranesi” organizzato nella nostra facoltà dal Prof. Arch. Sandro Pittini. A noi studenti è stata data la possibilità di esercitarci in un progetto di installazioni rigorosamente temporanee all’interno del sedime archeologico di Villa Adriana, grande paradigma per l’architettura antica così come per l’architettura contemporanea. Nel corso del quarto anno della facoltà di Architettura ho avuto l’occasione di seguire il corso di Laboratorio di Restauro con i professori Emanuele Fidone e Bruno Messina. Il laboratorio aveva come obiettivo principale quello di sviluppare un approccio progettuale verso la preesistenza storica che vede l'inserimento del nuovo sull'antico non come un problema di opposizione o di imitazione, ma come fertile terreno di confronto creativo. Durante il quinto anno, ho scelto come percorso conclusivo universitario il Laboratorio di Sintesi Finale L’architettura del Museo, avendo già in mente un progetto di tesi che si rivolgesse ad un esercizio teorico di progettazione di un vero e proprio polo culturale. Il percorso intrapreso con il Professor Francesco Saverio Fera mi ha fatto comprendere come l’architettura dell'edificio collettivo, o più semplicemente dell’edificio pubblico si lega indissolubilmente alla vita civile e al suo sviluppo. È per questo che nei primi capitoli di questa Tesi ho cercato di restituire una seria e attenta analisi urbana della mia città. Nel progetto di Tesi prevedo uno spostamento dell’attuale Sezione Archeologica del Museo Civico di Fano nell’area di progetto. Attualmente la statuaria e le iscrizioni romane sono sistemate in sei piccole sale al piano terra del Palazzo Malatestiano: nel portico adiacente sono esposti mosaici e anfore sottoposte all’azione continua di volatili. Anche la Direttrice del Museo, la Dott.ssa Raffaella Pozzi è convinta del necessario e urgente spostamento. Non è possibile lasciare la sezione archeologica della città all’interno degli insufficienti spazi del Palazzo Malatestiano con centinaia di reperti e materiali vari (armi e uniformi, pesi e misure, ceramiche, staturia, marmi, anfore e arredi) chiusi e ammassati all’interno di inadeguati depositi. Il tutto è stato opportunamente motivato in un capitolo di questa Tesi. Credo fortemente che debbano essere le associazioni quali il CSV assieme al già attivissimo Archeclub di Fano e il Museo Archeologico, i veri punti di riferimento per questa rinascita culturale locale e territoriale, per promuovere studi ed iniziative per la memoria, la tutela e la conservazione delle fabbriche classiche e del locale patrimonio monumentale. Questo lavoro di Tesi vuole essere un esercizio teorico che possa segnare l’inizio di un nuovo periodo culturale per la mia città, già iniziato con l’istituzione del Centro Studi Vitruviani. L’evento folkloristico della Fano dei Cesari, una manifestazione sicuramente importante, non può essere l’unico progetto culturale della città! La “Fano dei Cesari” può continuare ad esistere, ma deve essere accompagnata da grandi idee, grandi mostre ed eventi accademici.

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Juan Mayorga es uno de los dramaturgos españoles más destacados de la última generación y estrena una versión de Fedra en el Teatro Romano de Mérida en el verano del 2007 bajo la dirección de José Carlos Plaza. Según el autor, Fedra es "la historia de amor más grande jamás contada". Mayorga se basa en Eurípides como discurso hipotextual base pero juega, además, con las lecturas de Séneca y de Racine y, según veremos, también con la de Unamuno. Lo interesante de este texto es la preservación de universales que el autor rescata no solo acerca del sentimiento amor, una pasión que conduce inexorablemente a la tragedia, sino acerca del teatro como un hecho político, entendiéndolo como lo entendían los helenos del s.V.a.C. En la versión de Mayorga se destaca la palabra como medio de comunicación e incomunicación, su conocimiento y su uso y, como profesor de filosofía que es, no puede dejar de trabajar en el texto las mejores técnicas retóricas de la peithó (persuasión), tal como lo hacían los sofistas. Interesa por fin acercarnos al estudio psicológico de los personajes que nuestro autor realiza permitiéndose expandir un espacio que incluso en Eurípides permanece, por momentos, latente.

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Juan Mayorga es uno de los dramaturgos españoles más destacados de la última generación y estrena una versión de Fedra en el Teatro Romano de Mérida en el verano del 2007 bajo la dirección de José Carlos Plaza. Según el autor, Fedra es "la historia de amor más grande jamás contada". Mayorga se basa en Eurípides como discurso hipotextual base pero juega, además, con las lecturas de Séneca y de Racine y, según veremos, también con la de Unamuno. Lo interesante de este texto es la preservación de universales que el autor rescata no solo acerca del sentimiento amor, una pasión que conduce inexorablemente a la tragedia, sino acerca del teatro como un hecho político, entendiéndolo como lo entendían los helenos del s.V.a.C. En la versión de Mayorga se destaca la palabra como medio de comunicación e incomunicación, su conocimiento y su uso y, como profesor de filosofía que es, no puede dejar de trabajar en el texto las mejores técnicas retóricas de la peithó (persuasión), tal como lo hacían los sofistas. Interesa por fin acercarnos al estudio psicológico de los personajes que nuestro autor realiza permitiéndose expandir un espacio que incluso en Eurípides permanece, por momentos, latente.

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Juan Mayorga es uno de los dramaturgos españoles más destacados de la última generación y estrena una versión de Fedra en el Teatro Romano de Mérida en el verano del 2007 bajo la dirección de José Carlos Plaza. Según el autor, Fedra es "la historia de amor más grande jamás contada". Mayorga se basa en Eurípides como discurso hipotextual base pero juega, además, con las lecturas de Séneca y de Racine y, según veremos, también con la de Unamuno. Lo interesante de este texto es la preservación de universales que el autor rescata no solo acerca del sentimiento amor, una pasión que conduce inexorablemente a la tragedia, sino acerca del teatro como un hecho político, entendiéndolo como lo entendían los helenos del s.V.a.C. En la versión de Mayorga se destaca la palabra como medio de comunicación e incomunicación, su conocimiento y su uso y, como profesor de filosofía que es, no puede dejar de trabajar en el texto las mejores técnicas retóricas de la peithó (persuasión), tal como lo hacían los sofistas. Interesa por fin acercarnos al estudio psicológico de los personajes que nuestro autor realiza permitiéndose expandir un espacio que incluso en Eurípides permanece, por momentos, latente.

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Bibliography: p. [xxi]-xxiv.

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Within the scope of Literary Studies, theory, criticism, and historiography about the literature produced in the Middle Ages developed considerably from 1940 on, with the works of Ernst Curtius, Mikhail Bakhtin, and Erich Auerbach. In spite of the progress made, some specific aspects remain in the shadow, with incursions which were punctual though meaningful: that is the case of the critic fortunes about women‟s literary production in that period. Rosvita was a canoness and lived in the Benedictine convent of Gandersheim (Germany), in the 10th century A.D. Coming under Terence‟s influence, she wrote theater plays in Latin in which she figuratively presented theological issues in order to spread the Christian doctrine. The martyrdom issue deserved to be put in relief and was the focal point of the play Wisdom, which took place at the time of the Roman emperor Adrian. This paper analyzes that dramatic text discussing, at the end, how the categories of symbol, enigma, allegory, and mystery are organized by the author as expressive resources and structural elements.

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El modelo dominante durante la Era Moderna asume la presencia del hombre como sujeto dentro del gran engranaje mecánico del Cosmos. Asimismo, recoge una idea acerca del ser natural dentro de la tradición ontológica iniciada por el eleatismo presocrático que concibe a éste como lo inmutable y estático frente al cambio y al movimiento, los cuales se constituyen como meras apariencias. Durante el periodo anterior a la aparición de los grandes filósofos griegos se produce una transformación en donde, de la inicial cosmología vinculada a un tiempo primordial, se pasará a una visión del Universo como ente indestructible, atemporal, inmutable, perfecto, geométrico y espacial. Si en Demócrito se admite un universo sometido al azar y a la necesidad, en Platón el Universo sólo atiende a la necesidad. Este modelo ontológico se pone en entredicho cuando el hombre ya no es concebido como pieza de un sistema más amplio, sino como centro radical del pensamiento. La condición radical del hombre es entonces su propia vida, siendo éste el concepto troncal del denominado vitalismo cuyo más influyente representante en España es José Ortega y Gasset. El estatismo del ser –del hombre- pierde sentido; en palabras del propio Ortega, “no es un ser sino un estar siendo” lo que caracteriza a la vida humana. La razón cartesiana es ahora la razón vital y su objeto de estudio no es la naturaleza sino el propio devenir, es decir, el tiempo, la historia. Este planteamiento es fundamental para comprender el edificio que es objeto de este estudio, el Museo de Arte Romano de Mérida (1980-1985) de Rafael Moneo. Por ello el concepto de tiempo es utilizado como marco y estructura de la presente tesis, a sabiendas del notorio y muy significativo papel que este edificio desempeñó en la carrera de su autor y en el panorama nacional e internacional de la arquitectura y de la museología. Este proyecto nos permite acercarnos al pensamiento de su autor a través de un edificio que, aun habiendo sido ampliamente reconocido, no cuenta con un estudio suficientemente exhaustivo que recoja la amplitud y riqueza que encierra. Esta tesis no es un compendio de lo que ya se ha investigado sobre Mérida; es una aproximación global e interpretativa cuyo sentido sólo puede concebirse al vislumbrar la estructura completa de la misma en sintonía con el "lógos" vital, histórico y narrativo que el proyecto encierra. Se revisará la concepción histórica según la cual, la configuración espacial de la forma habría tenido primacía respecto a su configuración temporal, al remitir esta última a una condición espacializada y circunstancial. La componente vicaria de la circunstancia será elevada por Ortega a la categoría de esencial, visualizando así una paradoja cuya reformulación nos lleva a la concepción de un tiempo sustancial. El diccionario de la RAE, en su tercera acepción, define la sustancia como “aquello que permanece en algo que cambia”, lo cual nos remite al pensamiento antiguo. Se mostrará que lo que permanece no necesariamente implica una concepción estática y eleática de la forma, que la arquitectura esencial no es unívocamente la arquitectura atemporal del platonismo y que cabe concebir la "firmitas" desde la atención a la "durée" bergsoniana. Al asociar tradicionalmente la sustancia con el referido estatismo, se margina al tiempo y a la duración a lo no sustancial; por ello, se tratará de aproximar los términos de tiempo y sustancia para definir la forma. Ello conllevará al estudio de las notables patologías derivadas de la asunción de un tiempo cronológico en nuestra contemporaneidad frente a las cuales, las intuiciones contenidas en Mérida, se alinearán con la actual actitud revisionista en el ámbito del pensamiento filosófico y científico. En Mérida, la memoria recogerá los aspectos de la conciencia así como los aspectos vinculados a la experiencia íntima y colectiva como soporte para la consecución de un discurso. La dualidad entre intuición e inteligencia será recogida por Moneo con idea de trascender su incomunicabilidad, mediante una operación que consistirá en la reivindicación de una memoria irreductible, cuya morada estaría incardinada en el propio tiempo de la duración y de la vida y no en la espacialidad coextensiva del presente y de la acción funcional sobre la materia. Moneo asumirá el papel de la memoria como condición central de una forma que se encarnará al concebirse como un teatro. En la respuesta a la contradicción entre el hecho físico y el efecto psíquico de la experiencia humana residirá la pertinencia de un tiempo narrativo. Será entonces el lenguaje el encargado de aportar sentido a la obra mediante el recurso fundado en la dramatización de la experiencia, es decir, a través de una conexión entre la conciencia íntima y el carácter social y colectivo intrínseco en la arquitectura. ABSTRACT TIME AS A SUBSTANCE OF FORM. AN APPROACH TO THE ROMAN ART MUSEUM OF MÉRIDA FROM THE VIEWPOINT OF VITALISM. The dominant model during the Modern Era placed man as a subject inside the great mechanism of the cosmos. It is also based in an idea about natural being within the ontological tradition initiated by the pre-Socratic Eleatism that conceives it as something immutable and static in respect with change and movement, which are considered as mere appearances. Prior to the emergence of the great Greek philosophers occurred a transformation where concepts of cosmology linked to a primordial time, changed to a view of the universe as indestructible, timeless, unchanging, perfect, geometric and spatial. If Democritus accepted a universe subjected to randomness and necessity, Plato thought that the universe only worked by necessity. This ontological model is called into question when man is not conceived as a piece of a broader system, but as a radical center of thinking. The radical condition of man then is his own life. This is the core concept of so-called Vitalism, whose most influential representative in Spain was José Ortega y Gasset. The stillness of being – of man - loses its meaning; in the words of Ortega, “it is not being but being in progress” that characterizes human life. The Cartesian reason is now the vital reason and its subject of study is no longer nature but its own evolution, in other words, time and history. This approach is fundamental to understand the building which is the subject of this study, the Museum of Roman Art in Mérida (1980-1985) by Rafael Moneo. The concept of time is used as a framework and structure of this thesis, demonstrating the notorious and very significant role this building has implied in the career of its author and in the national and international panorama of architecture and museology. This project allow us to approach the thought of its author through a building that, even whilst widely recognized, does not yet have a sufficiently comprehensive study covering its breadth and richness. This thesis is not a compendium of what already has been researched on Merida; it is a global and interpretative approach whose meaning can only be conceived as a study of its complete structure in line with the vital, historical and narrative logos the project implies. We will review the historical idea where spatial configuration of the form would have had primacy with respect to temporary configuration, because the latter refers to a spatial and circumstantial condition. The vicarious nature of the circumstance will be elevated by Ortega to the category of essential, thus showing a paradox which reformulation leads us to the conception of a substantial time. The dictionary of the Spanish Royal Academy, in its third meaning, defines substance as "that which remains in something that changes". This is a reference to ancient thought. It will be shown that what remains does not necessarily imply a static and Eleatic conception of form. It will also be shown that the essential architecture is not uniquely the timeless architecture of Platonism and that it is possible to conceive the "firmitas" parallel to the "durée" of Henri Bergson. As a result of this traditional association between substance and stillness, it marginalizes the time and the duration to the non-substantial; for this reason, we will try to approach terms of time and substance to define the shape. This will involve studying significant pathologies resulting from an assumption of chronological time in our contemporary world against which, the insights contained in Merida, will be aligned with the current revisionist attitude in the fields of philosophical and scientific thought. In Merida, memory includes aspects of consciousness as well as aspects linked to the intimate and collective experience as a foundation for the achievement of discourse. The duality between intuition and intelligence is put forward by Moneo with the idea of transcending its lack of communication, by means of a resource consisting of the vindication of an irreducible memory, whose home would be embodied in the time of duration and life and not in the coextensive spatiality of the present and in the functional action on the matter. Moneo demonstrates the role of memory as a central condition of form as a theatre. In response to the contradiction between the physical fact and the psychological effect of human experience lies the relevance of narrative time. Language then assumes the responsibility of giving meaning to the work through the dramatization of experience, i.e., through a connection between the intimate consciousness and the intrinsic social and collective character of architecture.

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