955 resultados para Population active


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Mémoire numérisé par la Division de la gestion de documents et des archives de l'Université de Montréal

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L’objectif principal de ce mémoire est d’approfondir l’état des connaissances au niveau des explications sociales des problèmes de santé mentale au sein de la main-d’œuvre. Il porte plus particulièrement sur le rôle médiateur du conflit travail-famille dans la séquence causale entre les conditions de l’organisation du travail et le développement des symptômes dépressifs. Les analyses nécessaires pour cette étude ont été effectuées à partir de données issues de l’enquête SALVEO qui portait sur les déterminants de la santé mentale au travail dans la population canadienne. Les analyses de cheminement de causalité multiniveaux ont révélé que le conflit travail-famille était significativement associé aux symptômes dépressifs. Cependant, les résultats ne permettaient pas de conclure que l’effet de toutes les conditions de l’organisation du travail était totalement médiatisé par le conflit travail-famille. Les résultats issus d’une démarche exploratoire indiquent néanmoins que certaines associations entre les conditions de l’organisation du travail et les symptômes dépressifs sont complètement médiatisées, que certaines sont partiellement médiatisées et que certaines sont associées directement avec les symptômes dépressifs. L’effet des demandes psychologiques, des heures de travail, de l’horaire de travail, du soutien des collègues et du revenu professionnel est complètement capturé par le conflit travail-famille. L’association entre l’insécurité d’emploi et les symptômes dépressifs est plutôt médiatisée partiellement. C'est-à-dire qu’une partie de l’effet de cette condition de travail agit directement sur les symptômes dépressifs, tandis qu’une partie de l’effet est indirect et passe par le conflit travail-famille. Par conséquent, ces résultats invitent les recherches futures ainsi que les interventions en entreprise à considérer le rôle central et complexe du conflit travail-famille dans la relation entre les conditions de l’organisation du travail et les symptômes dépressifs.

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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.

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La société a subi une évolution spectaculaire au cours de ce siècle qui s'achève. Par exemple, l'arrivée de l'électricité a fait faire un bond à la technologie et à la robotisation. L'apparition des ordinateurs a perfectionné le travail dans bien des domaines en simplifiant le classement des données, de la documentation et en facilitant tout travail de recherche. Par la suite, l'informatique et le virage vers l'internet a privilégié l'ouverture du monde vers de nouveaux horizons en permettant l'accès à tous. Une autre des grandes évolutions de la société nord-américaine fut les démarches qu'ont faites les femmes vers leur autonomie. (Collectif CLIO, 1992). Maintenant, elles s'attaquent à l'équité salariale, car selon Tremblay (1992), 60% de la croissance de la population active s'explique par l'arrivée des femmes sur le marché du travail. Par contre, en ce qui concerne les femmes, les salaires n'ont pas suivi cette croissance…

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Lundi matin. Le réveil claironne. Il faut rassembler toutes ses énergies pour s'attaquer à une autre semaine et ses quarante heures de boulot, et cette perspective sourira aux uns et affligera les autres, selon l'humeur du moment. Après quelques années de participation à la population active, ces habitudes et opinions s'ancrent profondément en nous pour relever finalement de l'automatisme. On pourrait ainsi énumérer une longue liste d'actes et d'attitudes qui sont passés à l'inconscient tellement la routine s'est installée. Cependant, une personne ne naît pas avec des habitudes de travail et des opinions à ce sujet. Elle les acquière au fil des années. En effet, il fût un jour où elle n'avait pas à traiter avec des éléments tels les syndicats, les patrons, le chômage, etc. Elle fréquentait encore l'école, lieu d'apprentissage où, malgré tout, elle possédait sûrement quelques opinions au sujet des éléments précités. Questionnons l'élève pour connaître ses attitudes vis-à-vis la prochaine étape de sa vie, étape qui durera une quarantaine d'années et qui débouchera sur une retraite, active ou non. Connaître les attitudes des élèves - plus précisément celles des finissants du secteur professionnel des paliers secondaire et collégial – à propos du monde du travail, voilà, en gros, la ligne directrice de ce travail de recherche. Pour ce faire, nous nous sommes tournés vers environ 2 000 élèves de l'Estrie qui, en 1983, étaient inscrits aux paliers éducationnels qui forment soit des ouvriers soit des techniciens. L'analyse détaillée des résultats du questionnaire nous offre un regard sur maints éléments sociologiques fort intéressants. Ainsi pourrons-nous découvrir certains éléments de l'idéologie qui sera celle d'une importante composante du bassin démographique québécois de l'avenir. Au Québec, entre autres, plusieurs intervenants politiques, économiques et sociaux ne prennent pas le temps de réfléchir aux répercussions des conditions sociales actuelles sur les jeunes qui s'apprêtent à tenter de trouver une niche au sein du marché du travail Lors de votre première journée à la maternelle, on a mis en oeuvre tous les moyens inimaginables pour que votre intégration se fasse en douceur. En fait-on autant pour la personne qui s'apprête à relever un défi long de quarante ans? Que lui arrivera-t-elle si on la traumatise dès le début? Comment auriez-vous réagi si on vous avait refusé l'accès à la maternelle? Mettez-vous dans la peau du jeune chômeur chronique et les réponses viendront aisément. Enfin, tout ceci pour dire que le finissant possède assurément une idée de ce qui l'attend dans l’«au-delà» de son école polyvalente. Mais cette idée concorde-t-elle avec celle du finissant du collégial? En quels points ces idées se rejoignent-elles? En quels autres divergent-elles? Y a-t-il un fil conducteur? Les questions sont posées. Tentons d'y répondre au moyen de la présente recherche.

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Les petites entreprises au Canada et au Nouveau-Brunswick sont devenues depuis une quinzaine d'années la principale source de création de nouveaux emplois. Les petites entreprises canadiennes (celles qui comptent moins de 1(X) employés) employaient 37% de la population active en 1987 et elles ont créé 81% des nouveaux emplois entre 1979 et 1988. Pour le Nouveau-Brunswick, les petites entreprises jouent un rôle encore plus grand: elles employaient 38% de la population active en 1987 et ont créé 88% des nouveaux emplois durant cette même période. La vitalité et la croissance des petites entreprises sont donc des facteurs cruciaux dans le développement socio-économique du Canada en général et du Nouveau-Brunswick en particulier. Pour assurer leur croissance, les petites entreprises ont besoin de financement, bien sûr, mais elles requièrent aussi du support technique sous forme de conseils et de perfectionnement de leurs ressources humaines. Jusqu'en 1990, les entrepreneurs du Nouveau-Brunswick qui cherchaient sur leur territoire du capital de risque n'avaient autre choix que de s'adresser au gouvernement fédéral ou provincial car ce service d'appui à la petite entreprise n'était pas offert dans le secteur privé, ou du moins n'était pas publiquement connu. En avril 1990, le Mouvement Coopératif Acadien annonça la création de la Société d'Investissement du Mouvement Acadien (SIMA) et lui donna justement le mandat de fournir aux petites entreprises coopératives et à capital-actions un accès à du capital de risque et au support technique pour assurer leur croissance. La SIMA adresse ses services aux entreprises acadiennes du Nouveau-Brunswick étant donné la spécificité culturelle de son membership. Quel genre de portefeuille d'investissement la SIMA a-t-elle constituté jusqu'à date? Quelle contribution a-t-elle apporté après deux ans à la croissance des entreprises acadiennes et au perfectionnement de leurs ressources humaines? C est à ces questions que s'intéresse ce travail et à lesquelles nous tenterons de répondre. Cet essai cherchera précisément à évaluer l'impact de la SIMA depuis 1990 jusqu'à la première moitié de 1992. Nous devons toutefois tenir compte du fait que notre étude ne pourra mesurer la performance ultime de la SIMA après deux ans d'activités. Comme le cycle d'affaires d'une société de capital de risque varie entre cinq et sept ans, nous apprécierons les accomplissements nous nous intéresserons aux tendances qui se dessinent en date de juin 1992. Afin de mieux saisir le caractère stratégique de l'initiative de la SIMA, nous examinerons dans un premier chapitre l'état de la petite entreprise et de l'emploi. Ensuite nous nous pencherons sur la problématique du financement de la petite entreprise, qu'elle soit coopérative ou à capital-actions, pour constater l'arrivée opportune de cette société d'investissement sur la scène acadienne. Nous découvrirons aussi les besoins non-monétaires des petites entreprises et cela nous permettra de vérifier si l'offrande de la SIMA en appui technique correspond aux besoins réels des entrepreneurs. Ayant ainsi pris connaissance de la dimension de la problématique, nous formulerons quelques hypothèses, dont les variables nous permettront de confirmer ou au contraire d'infirmer l'impact social et l'impact économique de la SIMA au Nouveau-Brunswick, Nous tiendrons compte, bien sûr, qu'au moment de notre enquête la Société n'est que dans la première phase de sa relation avec ses partenaires. Dans le deuxième chapitre, nous prendrons connaissance de la nature de cette activité économique qu'est le capital de risque. Nous ferons un recul dans l'histoire pour retracer les débuts de cette forme de capitalisme et nous dresserons un portrait sommaire de cette activité au Canada. Étant donné que ces services étaient déjà offerts au Nouveau-Brunswick avant 1990, avant l'arrivée de la SIMA, nous prendrons connaissance des principaux acteurs pour être en mesure de comparer leurs approches à celles de la SIMA. Afin de mieux connaître la Société d'Investissement du Mouvement Acadien, la dernière-née du Mouvement Coopératif Acadien, nous étudierons dans un autre chapitre sa structure interne et ses politiques d'investissement dans les petites entreprises. Nous ferons aussi la genèse de la SIMA, ce qui nous permettra de découvrir une pratique courante de collaboration entre le Mouvement Acadien et le Mouvement Desjardins du Québec. Nous ferons par la suite une analyse des données que nous avons recueillies sur le terrain dans le but de mesurer l'impact social de la SIMA. Nous ferons état de notre enquête dans les archives des médias francophones qui s'adressent à la communauté d'affaires acadienne ainsi qu'auprès de la Société elle-même pour constater ses démarches de communication. Parce que l'activité vedette la SIMA est celle d'investir, nous étudierons ensuite ses investissements dans les entreprises et nous tenterons d'évaluer l'impact économique de ses initiatives. Nous ferons également état des témoignages de quelques experts et observateurs de la question économique au Nouveau-Brunswick que nous avons interrogés dans le cadre de ce travail. Nous terminerons cet essai en dressant un bilan de l'intervention de la SIMA depuis sa création et, le cas échéant, nous formulerons quelques recommandations aux dirigeants de la SIMA. Nous sommes donc en présence d'un phénomène inusité dans le contexte acadien: une activité hautement capitaliste entreprise par un mouvement coopératif qui en a ai l'expérience, ni les valeurs. Et par ailleurs, nous effectuons notre étude de cette société bien avant la fin de son cycle productif, pour ainsi dire. C'est son caractère innovateur qui incite à son étude, même si les données que l'on pourra cueillir ne traduisaient que partiellement sa performance ultime. Par conséquent, ce travail ne saurait être une analyse d'impact dans le sens classique du terme, car il n'attend pas la fin du processus avant de poser un regard qui pourrait être utile aux coopérateurs dans le champ. Notre approche, qui combine la cueillette et l'analyse de données à des observations critiques d'experts, peut constituer un outil utile dans l'étude pilote d'un projet innovateur en coopération.

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Purpose: To determine the prevalence of trachoma in Sao Gabriel da Cachoeira (SGC), the only urban community of the upper Rio Negro Basin of the Amazon state in Brazil, near the Colombian border, and to investigate the risk factors associated with the active forms of the disease. Methods: A total of 1702 people (440 children up to 9 years and 1069 adults aged 15 years and above) were examined. The sample was selected from a probabilistic household sampling procedure based on census data and a previous study of trachoma prevalence in Sao Gabriel da Cachoeira. A two-stage probabilistic household cluster sample was drawn. Household units were randomly selected within each cluster. A variety of socioeconomic and hygiene variables were studied in order to determine the risk factors for active trachoma in a household. Results: The total prevalence of trachoma was 8.9%. Prevalence of active trachoma (TF and/or TI) in children aged 1-9 years was 11.1% and trachomatous trichiasis in adults aged 15 years and above was 0.19%. Trachomatous scarring reached a peak of 22.4% for subjects between 50 to 60 years of age. Corneal opacity occurred in subjects aged 50 years and older with a prevalence of 2.0%. No sex effect was found on the overall prevalence of trachoma in SGC. Risk factors associated with active trachoma were mainly related to poor socioeconomic indicators. Conclusions: Despite the ubiquitous presence of water, the analysis of the risk factors associated with the active forms of the disease supports the idea that a low personal standard of hygiene and not water availability per se, is the key factor associated with trachoma. Copyright © 2008 Informa Healthcare USA, Inc.

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Incluye CD-ROM

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Publicación bilingüe (Español e inglés)

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Proyecto I+D+i DEP19801: Gender differences of the spanish adult population in barriers to active living

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Proyecto I+D+i DEP19801: Gender differences of the spanish adult population in cultural barriers to active living

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Social research on the needs, barriers and innovations in sport and physical activities to adult women in Spain

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Objective: The objective of the study was to characterise the population pharmacokinetic properties of itraconazole and its active metabolite hydroxyitraconazole in a representative paediatric population of cystic fibrosis and bone marrow transplant (BMT) patients and to identify patient characteristics influencing the pharmacokinetics of itraconazole. The ultimate goals were to determine the relative bioavailability between the two oral formulations (capsules vs oral solution) and to optimise dosing regimens in these patients. Methods: All paediatric patients with cystic fibrosis or patients undergoing BMT at The Royal Children's Hospital, Brisbane, QLD, Australia, who were prescribed oral itraconazole for the treatment of allergic bronchopulmonary aspergillosis (cystic fibrosis patients) or for prophylaxis of any fungal infection (BMT patients) were eligible for the study. Blood samples were taken from the recruited patients as per an empirical sampling design either during hospitalisation or during outpatient clinic visits. ltraconazole and hydroxy-itraconazole plasma concentrations were determined by a validated high-performance liquid chromatography assay with fluorometric detection. A nonlinear mixed-effect modelling approach using the NONMEM software to simultaneously describe the pharmacokinetics of itraconazole and its metabolite. Results: A one-compartment model with first-order absorption described the itraconazole data, and the metabolism of the parent drug to hydroxy-itraconazole was described by a first-order rate constant. The metabolite data also showed one-compartment characteristics with linear elimination. For itraconazole the apparent clearance (CLitraconazole) was 35.5 L/hour, the apparent volume of distribution (V-d(itraconazole)) was 672L, the absorption rate constant for the capsule formulation was 0.0901 h(-1) and for the oral solution formulation was 0.96 h-1. The lag time was estimated to be 19.1 minutes and the relative bioavailability between capsules and oral solution (F-rel) was 0.55. For the metabolite, volume of distribution, V-m/(F (.) f(m)), and clearance, CL/(F (.) fm), were 10.6L and 5.28 L/h, respectively. The influence of total bodyweight was significant, added as a covariate on CLitraconazoie/F and V-d(itraconazole)/F (standardised to a 70kg person) using allometric three-quarter power scaling on CLitraconazole/F, which therefore reflected adult values. The unexplained between-subject variability (coefficient of variation %) was 68.7%, 75.8%, 73.4% and 61.1% for CLitraconazoie/F, Vd(itraconazole)/F, CLm/(F (.) fm) and F-rel, respectively. The correlation between random effects of CLitraconazole and Vd((itraconazole)) was 0.69. Conclusion: The developed population pharmacokinetic model adequately described the pharmacokinetics of itraconazole and its active metabolite, hydroxy-itraconazole, in paediatric patients with either cystic fibrosis or undergoing BMT. More appropriate dosing schedules have been developed for the oral solution and the capsules to secure a minimum therapeutic trough plasma concentration of 0.5 mg/L for these patients.