999 resultados para PROTEINA C


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Pós-graduação em Fisiopatologia em Clínica Médica - FMB

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La sindrome nefrosica (SN) è definita come la presenza concomitante di una proteinuria maggiore di 3.5g/24 h, ipoalbuminemia, ipercolesterolemia e presenza di edemi. I pazienti con SN sono più a rischio di quelli che presentano una nefropatia glomerulare non nefrosica (NNGD) per lo sviluppo di ipertensione, ipernatremia, complicazioni tromboemboliche e comparsa di insufficienza renale. In Medicina Veterinaria, la Letteratura riguardante l’argomento è molto limitata e non è ben nota la correlazione tra SN e gravità della proteinuria, ipoalbuminemia e sviluppo di tromboembolismo. L’obiettivo del presente studio retrospettivo è stato quello di descrivere e caratterizzare le alterazioni cliniche e clinicopatologiche che si verificano nei pazienti con rapporto proteine urinarie:creatinina urinaria (UPC) >2 con lo scopo di inquadrare con maggiore precisione lo stato clinico di questi pazienti e individuare le maggiori complicazioni a cui possono andare incontro. In un periodo di nove anni sono stati selezionati 338 cani e suddivisi in base ad un valore cut-off di UPC≥3.5. Valori mediani di creatinina, urea, fosforo, albumina urinaria, proteina C reattiva (CRP) e fibrinogeno sono risultati al di sopra del limite superiore dell’intervallo di riferimento, valori mediani di albumina sierica, ematocrito, antitrombina al disotto del limite inferiore di riferimento. Pazienti con UPC≥3.5 hanno mostrato concentrazioni di albumine, ematocrito, calcio, Total Iron Binding Capacity (TIBC), significativamente minori rispetto a quelli con UPC<3.5, concentrazioni di CRP, di urea e di fosforo significativamente maggiori. Nessuna differenza tra i gruppi nelle concentrazioni di creatinina colesterolo, trigliceridi, sodio, potassio, cloro, ferro totale e pressione sistolica. I pazienti con UPC≥3.5 si trovano verosimilmente in uno “stato infiammatorio” maggiore rispetto a quelli con UPC<3.5, questa ipotesi avvalorata dalle concentrazioni minori di albumina, di transferrina e da una concentrazione di CRP maggiore. I pazienti con UPC≥3.5 non presentano concentrazioni di creatinina più elevate ma sono maggiormente a rischio di anemia.

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L’infiammazione cronica è un fattore di rischio di insorgenza del cancro, e la citochina infiammatoria IL-6 gioca un ruolo importante nella tumorigenesi. In questo studio abbiamo dimostrato che L’IL-6 down-regola l'espressione e l'attività di p53. In linee cellulari umane, IL-6 stimola la trascrizione dell’rRNA mediante espressione della proteina c-myc a livello post-trascrizionale in un meccanismo p38MAPK-dipendente. L'up-regolazione della biogenesi ribosomiale riduce l'espressione di p53 attraverso l'attivazione della via della proteina ribosomale-MDM2. La down-regolazione di p53 produce l’acquisizione di modifiche fenotipiche e funzionali caratteristiche della epitelio mesenchimale di transizione, un processo associato a trasformazione maligna e progressione tumorale. I nostri dati mostrano che questi cambiamenti avvengono anche nelle cellule epiteliali del colon di pazienti affetti da colite ulcerosa, un esempio rappresentativo di una infiammazione cronica soggetta a trasformazione neoplastica, che scompaiono dopo trattamento con farmaci antinfiammatori. Questi risultati svelano un nuovo effetto oncogenico indotto dall’IL-6 che può contribuire notevolmente ad aumentare il rischio di sviluppare il cancro non solo in pazienti con infiammazioni croniche, ma anche in quei pazienti con condizioni patologiche caratterizzate da elevato livello di IL-6 nel plasma, quali l'obesità e e il diabete mellito di tipo 2.

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In Medicina Veterinaria l'avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti è conosciuto e studiato ormai da anni, essendo una delle intossicazioni più comunemente riscontrate nelle specie non target. In letteratura si rinvengono numerose pubblicazioni ma alcuni aspetti sono rimasti ancora inesplorati.Questo studio si propone di valutare il processo infiammatorio, mediante le proteine di fase acuta (APPs), in corso di fenomeni emorragici, prendendo come modello reale un gruppo di soggetti accidentalmente avvelenati da rodenticidi anticoagulanti. I 102 soggetti avvelenati presentano un valore più elevato di proteina C reattiva (CRP)con una mediana di 4.77 mg/dl statisticamente significativo rispetto alla mediana delle due popolazioni di controllo di pari entità numerica create con cross match di sesso, razza ed età; rispettivamente 0.02 mg/dl dei soggetti sani e 0.37 mg/dl dei soggetti malati di altre patologie. Inoltre all'interno del gruppo dei soggetti avvelenati un valore di CRP elevato all'ammissione può predisporre al decesso. La proteina C reattiva assume quindi un ruolo diagnostico e prognostico in questo avvelenamento. Un'altra finalità, di non inferiore importanza, è quella di definire una linea guida terapeutica con l'ausilio di biomarker coagulativi e di valutare la sicurezza della vitamina K per via endovenosa: in 73 cani, non in terapia con vitamina k, intossicati da rodenticidi anticoagulanti, i tempi della coagulazione (PT ed aPTT) ritornano nel range di normalità dopo 4 ore dalla prima somministrazione di 5 mg/kg di vitamina k per via endovenosa e nessun soggetto durante e dopo il trattamento ha manifestato reazioni anafilattiche, nessuno dei pazienti ha necessitato trasfusione ematica e tutti sono sopravvissuti. Infine si è valutata l'epidemiologia dell'ingestione dei prodotti rodenticidi nella specie oggetto di studio e la determinazione dei principi attivi mediante cromatografia liquida abbinata a spettrofotometria di massa (UPLC-MS/MS).

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La Terapia biológica aplicada a pacientes diagnosticados de Artritis Reumatoide ha demostrado tener buenos resultados paraclínicos en estudios realizados en otros países. Ejecutamos esta investigación para conocer mediante Laboratorio (PCR-VSG y FR), si dichos cambios se presentan en pacientes con AR que reciben tratamiento biológico en nuestro medio. Métodos: Se realizó un estudio cuasiexperimental, seleccionando al azar 50 pacientes con diagnóstico de Artritis Reumatoide sin enfermedad concomitante, que reciben tratamiento biológico en el Hospital José Carrasco de la Ciudad de Cuenca, se revisó en las Historias Clínicas los valores preterapéuticos de PCR, VSG y FR, luego se realizaron controles a partir de los 5 meses de inicio de la terapia biológica y se confrontaron resultados. El análisis incluyó Chi cuadrado, Valor p, Desvio Estándar y diferencia de medias. Resultados: De los 50 pacientes estudiados, el PCR fue positivo en el 100de pacientes antes y después de la Terapia biológica. Los valores de VSG fueron positivos preterapia en el 70y post-terapia en el 40, (p= 0.003). El FR fue positivo en el 84antes del tratamiento, luego del mismo el porcentaje de FR positivo fue 60, (p= 0.008). La media de los valores de PCR antes del tratamiento fue 12.8ñ14.2DE y luego del tratamiento 5.6 ñ 6.5DE (p= 0.002) la media para la VSG preterapia fue 33.4 ñ 21.3DE y post-terapia 17.2 ñ 6.7DE (p= 0,0001). Para el FR la media antes de la terapia fue 120.6 ñ 97.9 y luego de la terapia 100.2ñ 122.3DE (p= 0.360). Conclusiones: Los valores de PCR, VSG y FR de cincuenta pacientes con Artritis Reumatoide, presentaron un descenso significativo, luego de recibir tratamiento biológico en el Hospital José Carrasco Arteaga de la Ciudad de Cuenca

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Background: Le early-onset sepsis (EOS) sono infezioni batteriche invasive definite dalla presenza di batteri nel sangue e/o nel liquor cefalorachidiano che esordiscono nelle prime 72 ore di vita e causano in epoca neonatale mortalità e morbilità importanti. Scopo: Determinare l’eccesso di trattamento antibiotico (Overtreatment index=OI) nei neonati di EG ≥34 settimane con sospetta sepsi ad esordio precoce. Metodi: Tutti i nati dal 1.01.2014 al 31.12.2018 di EG ≥34 settimane presso IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria e l’Ospedale Maggiore di Bologna che hanno ricevuto terapia antibiotica endovenosa nelle prime 168 ore di vita nel sospetto di EOS. Sono stati identificati 2 gruppi: EOS provata (N=7) ed EOS sospetta (N=465). Risultati: L’incidenza di EOS è stata 0.22 su 1000 nati vivi, rispettivamente 0.12/1000 per Streptococcus agalactiae (GBS) e 0.06/1000 per Escherichia coli (E.coli). L’1.75% dei neonati ha ricevuto terapia antimicrobica empirica a largo spettro. L’OI è risultato 68. L’esposizione al trattamento antibiotico nella popolazione è stata di 85 giorni/1000 nati vivi. Tra i fattori di rischio materni, il tampone vagino-rettale (TVR) e l’urinocoltura positiva sono risultati associati al rischio di EOS provata (p=.017, p =.000). I valori di proteina C reattiva (PCR) al T0, T1 e T2 tra i due gruppi sono risultati significativi (p=.000). All’analisi multivariata è stata confermata la significatività delle variabili descritte. (TVR non noto OR=15.1, 95%CI 1.98-115.50, p =.009, urinocoltura positiva OR=30.1, 95%CI 3.6-252.1, p = .002, PCR T0 OR=1.6, 95% CI 1.29-2.07, p = .000.) Conclusioni: L’individuazione precoce di fattori di rischio e la valutazione degli indici di flogosi in neonati sintomatici può ridurre l’OI e la durata della terapia antibiotica in casi di sepsi non confermata. L’uso appropriato degli antibiotici in questa popolazione è particolarmente importante poichè riduce lo sviluppo di germi multiresistenti. Nelle Terapie Intensive Neonatali, i programmi di stewardship antimicrobica dovrebbero guidare la gestione delle sepsi.

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Background I filtri dializzatori ad alto flusso potrebbero mitigare la “tempesta citochinica" nell'infezione da Sars-COV-2, ma il loro impatto nei pazienti in dialisi cronica non è accertato. Lo scopo delle studio è valutare l’effetto del filtro in triacetato asimmetrico di cellulosa (ATA) e in polimetilmetacrilato (PMMA) sui marcatori infiammatori in pazienti in dialisi cronica affetti da SARS-CoV-2. Metodi Si tratta di uno studio prospettico osservazionale su pazienti in trattamento emodialitico cronicp con COVID-19 arruolati da marzo 2020 a Maggio 2021.Le variabili cliniche, la conta leucocitaria, la IL-6, la proteina C-reattiva (PCR), la procalcitonina (PCT) e la ferritina sono state determinate al basale. I valori ematici di PCR, PCT, e IL-6 sono stati determinati pre e post-dialisi per ogni seduta effettuata (i valori ottenuti sono stati corretti per ’emoconcentrazione). I pazienti sono stati trattati con emodiafiltrazione online con un filtro ad alto flusso in PMMA o ATA. L’end-point primario è stato valutare l’effetto dei due filtri sulle molecole infiammatorie, in particolare sulla reduction ratio (RR) della IL-6. Risultati Dei 74 pazienti arruolati, 48 sono trati trattati con filtro ATA e 26 con filtro PMMA (420 vs 191 sedute dialitiche). La RR percentuale mediana della IL-6 è risultata maggiore nel gruppo ATA (17,08% IQR -9,0 - 40.0 vs 2,95% IQR -34,63 – 27,32. Anche le RR percentuale di PCR e PCT sono state maggiori nel gruppo ATA. La regressione logistica multipla avente come variabile dipendente una IL-6RR maggiore del 25%, ha mostrato che ATA determinava una maggiore probabilità di raggiungere l’outcome dopo correzione per i parametri infiammatori pre-dialisi (OR 1,721 95% CI 1,176 – 2,538 p=0,0056). Al contrario una PCR elevata riduceva la probabilità di ottenere una IL-6RR significativa (OR 0,9101 95% CI 0,868 – 0,949, p<0.0001). Conclusioni Nella nostra popolazione il filtro ATA ha mostrato un migliore profilo antiinfiammatorio.

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Plantas de arroz das variedades IAC-164 e IAC-165 foram cultivadas em solução nutritiva (nº 2 de Hoagland), completa com deficiência de macronutrientes e de B, Cu e Zn e com excesso de Al e Cl. No fim do ciclo, foi determinada a atividade da redútase de nitrato (RNO3) nas folhas, e após a maturação, foi determinado o teor de proteína bruta dos grãos. Nas duas variedades verificou-se que a atividade enzimática foi diminuída pelas deficiências de N, P, K e pela toxidez de Al e Cl; na IAC-164 a carência de S teve o mesmo efeito depressivo; na IAC-I65, além do efeito mencionado, houve o da falta de Mg. O teor de proteína bruta nos grãos diminuiu com as deficiências de N, P, Se Cu e com a toxidez de Al; aumentou aparentemente nos tratamentos com deficiência de K e Mg. Foi encontrada correlação entre atividade de RNO3 e teor proteico dos grãos quando os dados relativos aos tratamentos -K e -Mg não foram considerados.

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El GB virus C (GBV-C) o virus de l'hepatitis G (HGV) es un virus format per una única cadena de RNA que pertany a la familia Flaviviridae. En els últims anys, s'han publicat nombrosos treballs en els quals s'associa la coinfecció del GBV-C i del virus de la immunodeficiència humana (VIH) amb una menor progressió de l'esmentada malaltia així com amb una major supervivència dels pacients una vegada que la SIDA s'ha desenvolupat. El mecanisme pel qual el virus GBV-C/HGV exerceix un “efecte protector” en els pacients amb VIH encara no està descrit. L’estudi de la interacció entre els virus GBVC/HGV i VIH podria donar lloc al desenvolupament de nous agents terapèutics per al tractament de la SIDA.Treballs recents mostren com la capacitat inhibitòria del virus del GBV-C/HGV és deguda a la seva glicoproteina estructural E2. S’ha vist que aquesta proteina seria capaç d’inhibir la primera fase de replicació de VIH, així com la unió i la fusió amb les membranes cel•lulars. Sobre la base d’aquests estudis, l’objectiu d’aquest treball ha estat seleccionar inhibidors del pèptid de fusió del VIH utilitzant pèptids sintètics de la proteina E2 del GBV-C/HGV. El treball realitzat ha consistit en estudiar, utilitzant assajos biofísics de leakage i de lipid mixing, la capacitat dels pèptids de la proteina estructural del virus del GBV-C/HGV per inhibir la interacció i el procés de desestabilització de membranes induïdes pel pèptid de fusió de la glicoproteina de l’embolcall, GP41, del VIH. Aquests assajos, com es descriu en treballs anteriors, han resultat útils per a la selecció i la identificació de compostos amb activitat específica anti-GP41. Es pot afirmar que efectivament els pèptids seleccionats de la proteina E2 del virus del GBV-C/HGV inhibeixen l’activitat del pèptid de fusió del VIH probablement com a consequència d’un canvi conformacional en aquest darrer.

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Clin Microbiol Infect ABSTRACT: The aetiological diagnosis of community-acquired pneumonia (CAP) is challenging in children, and serological markers would be useful surrogates for epidemiological studies of pneumococcal CAP. We compared the use of anti-pneumolysin (Ply) antibody alone or with four additional pneumococcal surface proteins (PSPs) (pneumococcal histidine triad D (PhtD), pneumococcal histidine triad E (PhtE), LytB, and pneumococcal choline-binding protein A (PcpA)) as serological probes in children hospitalized with CAP. Recent pneumococcal exposure (positive blood culture for Streptococcus pneumoniae, Ply(+) blood PCR finding, and PSP seroresponse) was predefined as supporting the diagnosis of presumed pneumococcal CAP (P-CAP). Twenty-three of 75 (31%) children with CAP (mean age 33.7 months) had a Ply(+) PCR finding and/or a ≥2-fold increase of antibodies. Adding seroresponses to four PSPs identified 12 additional patients (35/75, 45%), increasing the sensitivity of the diagnosis of P-CAP from 0.44 (Ply alone) to 0.94. Convalescent anti-Ply and anti-PhtD antibody titres were significantly higher in P-CAP than in non P-CAP patients (446 vs. 169 ELISA Units (EU)/mL, p 0.031, and 189 vs. 66 EU/mL, p 0.044), confirming recent exposure. Acute anti-PcpA titres were three-fold lower (71 vs. 286 EU/mL, p <0.001) in P-CAP children. Regression analyses confirmed a low level of acute PcpA antibodies as the only independent predictor (p 0.002) of P-CAP. Novel PSPs facilitate the demonstration of recent pneumococcal exposure in CAP children. Low anti-PcpA antibody titres at admission distinguished children with P-CAP from those with CAP with a non-pneumococcal origin.