The essential protein encoded by the UL31 gene of herpes simplex virus 1 depends for its stability on the presence of UL34 protein

To pursue an earlier observation that the protein encoded by the UL34 gene binds to intermediate chain of dynein, we constructed a series of mutants from which sequences encoding the entire protein (ΔUL34) or amino-terminal [UL34Δ(3–119)] or carboxyl-terminal [UL34Δ(245–275)] domains were deleted. The mutant lacking the sequence encoding the carboxyl-terminal domain grew in all cell lines tested. The two other mutants replicated only in cell type-dependent manner and poorly. Rescue of ΔUL34 mutant with a fragment that does not encompass the UL31 ORF restored wild-type phenotype. UL34 protein interacts physically with UL31, and the UL31 deletion mutant appears to have a phenotype similar to that of UL34 deletion mutant. Experiments designed to determine whether the phenotypes of the deletion mutants have a common base revealed that cells infected with the ΔUL34 mutant accumulate UL31 RNA but not the corresponding protein. The UL31 protein accumulated, however, to near wild-type virus-infected cell levels in cells infected with ΔUL34 mutant and treated with the MG132 proteosomal inhibitor at 6 h after infection. This is evidence that the stability of an essential viral protein requires the presence of another protein. The observation raises the bar for identification of gene function on the basis of analyses of the phenotype of mutants in which the gene has been deleted or rendered inoperative.

Altered ubiquitination and stability of aquaporin-1 in hypertonic stress

Aquaporin-1 (AQP1) water channel protein expression is increased by hypertonic stress. The contribution of changes in protein stability to hypertonic induction of AQP1 have not been described. Incubation of BALB/c fibroblasts spontaneously expressing AQP1 with proteasome inhibitors increased AQP1 expression, suggesting basal proteasome-dependent degradation of the protein. Degradation by the proteasome is thought to be triggered by polyubiquitination of a target protein. To determine whether AQP1 is ubiquitinated, immunoprecipitation with anti-AQP1 antibodies was performed, and the resultant samples were probed by protein immunoblot for the presence of ubiquitin. Immunoblots demonstrated ubiquitination of AQP1 under control conditions that increased after treatment with proteasome inhibitors (MG132, lactacystin). Exposure of cells to hypertonic medium for as little as 4 h decreased ubiquitination of AQP1, an effect that persisted through 24 h in hypertonic medium. Using metabolic labeling with [35S]methionine, the half-life of AQP1 protein under isotonic conditions was found to be <4 h. AQP1 protein half-life was markedly increased by exposure of cells to hypertonic medium. These observations provide evidence that aquaporins are a target for ubiquitination and proteasome-dependent degradation. Additionally, these studies demonstrate that reduced protein ubiquitination and increased protein stability lead to increased levels of AQP1 expression during hypertonic stress.

The infected cell protein 0 of herpes simplex virus 1 dynamically interacts with proteasomes, binds and activates the cdc34 E2 ubiquitin-conjugating enzyme, and possesses in vitro E3 ubiquitin ligase activity

The infected cell protein 0 (ICP0) of herpes simplex virus 1, a promiscuous transactivator shown to enhance the expression of genes introduced into cells by infection or transfection, interacts with numerous cellular proteins and has been linked to the disruption of ND10 and degradation of several proteins. ICP0 contains a RING finger domain characteristic of a class of E3 ubiquitin ligases. We report that: (i) in infected cells, ICP0 interacts dynamically with proteasomes and is bound to proteasomes in the presence of the proteasome inhibitor MG132. Also in infected cells, cdc34, a polyubiquitinated E2 ubiquitin-conjugating enzyme, exhibits increased ICP0-dependent dynamic interaction with proteasomes. (ii) In an in vitro substrate-independent ubiquitination system, the RING finger domain encoded by exon 2 of ICP0 binds cdc34, whereas the carboxyl-terminal domain of ICP0 functions as an E3 ligase independent of the RING finger domain. The results indicate that ICP0 can act as a unimolecular E3 ubiquitin ligase and that it promotes ubiquitin-protein ligation and binds the E2 cdc34. It differs from other unimolecular E3 ligases in that the domain containing the RING finger binds E2, whereas the ligase activity maps to a different domain of the protein. The results also suggest that ICP0 shuttles between nucleus and cytoplasm as a function of its dynamic interactions with proteasomes.

Alterazione della proteostasi a livello del reticolo endoplasmatico: un potenziale target terapeutico nel carcinoma prostatico

Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.

Angiotensin II directly induces muscle protein catabolism through the ubiquitin-proteasome proteolytic pathway and may play a role in cancer cachexia

The ability of angiotensin I (Ang I) and II (Ang II) to induce directly protein degradation in skeletal muscle has been studied in murine myotubes. Angiotensin I stimulated protein degradation with a parabolic dose-response curve and with a maximal effect between 0.05 and 0.1 μM. The effect was attenuated by coincubation with the angiotensin-converting enzyme (ACE) inhibitor imidaprilat, suggesting that angiotensin I stimulated protein degradation through conversion to Ang II. Angiotensin II also stimulated protein breakdown with a similar dose-response curve, and with a maximal effect between 1 and 2.5 μM. Total protein degradation, induced by both Ang I and Ang II, was attenuated by the proteasome inhibitors lactacystin (5 μM) and MG132 (10 μM), suggesting that the effect was mediated through upregulation of the ubiquitin-proteasome proteolytic pathway. Both Ang I and Ang II stimulated an increased proteasome 'chymotrypsin-like' enzyme activity as well as an increase in protein expression of 20S proteasome α-subunits, the 19S subunits MSSI and p42, at the same concentrations as those inducing protein degradation. The effect of Ang I was attenuated by imidaprilat, confirming that it arose from conversion to Ang II. These results suggest that Ang II stimulates protein degradation in myotubes through induction of the ubiquitin-proteasome pathway. Protein degradation induced by Ang II was inhibited by insulin-like growth factor and by the polyunsaturated fatty acid, eicosapentaenoic acid. These results suggest that Ang II has the potential to cause muscle atrophy through an increase in protein degradation. The highly lipophilic ACE inhibitor imidapril (Vitor™) (30 mg kg-1) attenuated the development of weight loss in mice bearing the MAC16 tumour, suggesting that Ang II may play a role in the development of cachexia in this model. © 2005 Cancer Research.

ANTICANCER MECHANISM OF TOLFENAMIC ACID IN COLORECTAL CANCER

Colorectal cancer (CRC) is the third leading cause of cancer-related death in the United States. Chemopreventive therapies could be effective way to treat CRC. Tolfenamic acid, one of the NSAIDs, shows anti-cancer activities in several types of cancer. Aberrant Wnt/β-catenin regulation pathway is a major mechanism of colon tumorigenesis. Here, we sought to better define the mechanism by which tolfenamic acid suppresses colorectal tumorigenesis focusing on regulation of β-catenin pathway. Treatment of tolfenamic acid led to a down-regulation of β-catenin expression in dose dependent manner in human colon cancer cell lines without changing mRNA. MG132 inhibited tolfenamic acid-induced downregulation of β-catenin and exogenously overexpression β-catenin was stabilized in the presence of tolfenamic acid. Tolfenamic acid induced an ubiquitin-mediated proteasomal degradation of β-catenin. In addition, tolfenamic acid treatment decreased transcriptional activity of β-catenin and expression of Smad2 and Smad3 while overexpression of Smad 2 inhibited tolfenamic acid-stimulated transcriptional activity of β-catenin. Moreover, tolfenamic acid decreased β-catenin target gene such as vascular endothelial growth factor (VEGF) and cyclin D1. In summary, tolfenamic acid is a promising therapeutic drug targeting Smad 2-mediated downregulation of β-catenin in CRC.