30 resultados para Bario


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1. 1. Open-circuit voltage (PD) and short-circuit current (SCC) across toad skin were studied in in vivo conditions. An improved technique for fastening a lucite chamber on the abdominal region of the animal was developed. 2. 2. Saline bridges (230 mM Nacl in 4% agar solution) were placed subcutaneously to make the connections between the extracellular fluid and the half-cells. 3. 3. A clear relationship was observed between the electrical parameters and sodium transport by the skin, since PD and SCC were related to the sodium concentration of the bathing solution, and abolished by the presence of amiloride-a specific sodium transport inhibitor in epithelia. 4. 4. The initial control values of SCC in vivo were higher than those in vitro, which was attributed to hormonal stimulation. However, these high initial control values of SCC in vivo fell with time, reaching steady levels after a 2 hr period. 5. 5. Vasopressin failed to increase SCC in vivo when the external sodium concentration was 115 mM, being effective only when the sodium concentration was low (5 mM). 6. 6. On the other hand, in isolated preparations vasopressin significantly promoted an increase in both PD and SCC. © 1983.

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Pós-graduação em Ciência dos Materiais - FEIS

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Pós-graduação em Agronomia (Produção Vegetal) - FCAV

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Pós-graduação em Química - IQ

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Pós-graduação em Agronomia (Produção Vegetal) - FCAV

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Gli spermatozoi di suino sottoposti alla procedura di sessaggio mediante citofluorimetria presentano una serie di modificazioni morfo-funzionali che compromettono nel tempo la loro sopravvivenza e la capacità fecondante. Questi spermatozoi, inoltre, a causa della sensibilità ai danni indotti dalla crioconservazione, vengono solitamente conservati allo stato liquido a 15-17°C, con conseguente ulteriore peggioramento nel tempo della qualità delle cellule spermatiche sessate. Lo scopo della ricerca è stato quello di valutare le modificazioni di alcune caratteristiche morfo-funzionali degli spermatozoi in seguito a sex-sorting e conseguente conservazione. Successivamente si è cercato di migliorare i parametri qualitativi del seme sessato mediante l’aggiunta di sostanze antiossidanti e la messa a punto di una nuova metodica di conservazione. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la procedura di sessaggio e la conseguente conservazione per 24-26 ore a 15°C hanno indotto un peggioramento significativo delle caratteristiche morfo-funzionali (vitalità, integrità acrosomiale, quantità e distribuzione dell’Hsp70, capacità fecondante). Mentre l’azione degli antiossidanti non si è rivelata efficace nel miglioramento della qualità degli spermatozoi durante le fasi di colorazione e passaggio attraverso il citofluorimetro, l’azione congiunta del plasma seminale e degli antiossidanti superossido-dismutasi ed epigallocatechina-3-gallato ha indotto un miglioramento significativo della vitalità degli spermatozoi. Per la conservazione del seme di suino è stata testata la tecnica di incapsulazione in membrane di alginato di bario che permette, durante l’inseminazione artificiale, un rilascio graduale degli spermatozoi e l’utilizzo di un quantitativo inferiore di materiale seminale. L’applicazione di tale tecnica per la conservazione degli spermatozoi di suino sessati non sembra provocare un calo significativo della vitalità, dell’integrità acrosomiale e dell’efficienza totale di fecondazione rispetto al seme sortato e conservato diluito suggerendo futuri studi in vivo. Una migliore conoscenza dei danni indotti da queste tecnologie e la loro minimizzazione potrà stimolare in futuro l’utilizzo su vasta scala del seme sessato nel suino.

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Nell’ambito del progetto multidisciplinare “Coastal Salt Water Intrusion”, che si propone di indagare “l’Intrusione salina nella costa ravennate con i conseguenti impatti territoriali-ambientali, connessi al previsto innalzamento del livello marino per cause climatiche e di subsidenza”, si inserisce il presente studio con l’obiettivo di fornire una caratterizzazione idrogeochimica delle acque di falda e superficiali e un modello geochimico generale sui processi di salinizzazione o desalinizzazione in atto nella falda freatica costiera della costa ravennate. E’ stato fatto un confronto fra tre metodiche di estrazione del complesso di scambio della matrice solida dell’acquifero che utilizzano rispettivamente acetato di ammonio, cloruro di bario e argento-tiourea. Sono stati posizionati 5 transetti perpendicolari alla linea di costa per un totale di 44 punti di campionamento con due campagne di prelievi, al termine della primavera e al termine dell’estate. La caratterizzazione dei processi di mixing e scambio ionico con la matrice solida dell’acquifero è avvenuta mediante analisi dei cationi ed anioni fondamentali, determinazione della CEC sulla matrice solida dell’acquifero, modellizzazione mixing/scambio ionico, modellizzazione della composizione teorica della frazione scambiabile in funzione della composizione acqua all’equilibrio e interpolazione geostatistica dei dati raccolti e costruzione di mappe geochimiche (curve di iso-concentrazione). La metodologia di estrazione che utilizza il bario-cloruro è risultata la più affidabile. Le acque prelevate dalla falda superficiale evidenziano miscelazione in varie proporzioni acqua marina/acqua dolce, scambi ionici per interazione acqua/sedimento, dissoluzione di CaSO4.2H2O. I processi di salinizzazione e/o addolcimento mostrano una significativa variabilità nello spazio (variabilità legata alla distanza dalla costa, al profilo topografico e alla distribuzione dei corpi sabbiosi litoranei) e nel tempo (variabilità legata alla piovosità e alla gestione delle acque superficiali e del sottosuolo). La complessa variabilità spazio-temporale dei processi in atto nella falda superficiale non consente di evidenziare una complessiva prevalenza di fenomeni di salinizzazione rispetto a quelli di addolcimento.

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In questo lavoro si descrive la realizzazione di un apparato per misure di diffusione Compton da solidi, mostrando in seguito i risultati ottenuti. Nel primo capitolo si introducono alcuni fondamenti sui processi di diffusione di radiazione, affrontati attraverso un approccio di tipo classico. Nel secondo capitolo si descrive la diffusione anelastica di tipo Compton, partendo dal caso dell'elettrone stazionario e spostandosi successivamente sull'elettrone bersaglio in moto; sempre in questo capitolo si introducono cenni su sezione d'urto differenziale non relativistica, regime Compton e profili Compton. Nel terzo capitolo sono riportate le proprietà fondamentali dei rivelatori a semiconduttore, che verranno utilizzati nel corso della prova. Nel quarto capitolo si ha la descrizione dell'apparato sperimentale: partendo da una sorgente di bario, viene riportata la progettazione di un apparato atto a realizzare misure di diffusione Compton a diversi angoli; in particolare, sono descritti i progetti per la produzione dei collimatori per la sorgente e il rivelatore e il procedimento di calibrazione dello stesso. Nel quinto capitolo vengono esposti i risultati sperimentali, realizzando misure di diffusione a diversi angoli e sfruttando campioni differenti; vengono qui verificate alcune proprietà della diffusione Compton, come la dipendenza dall'angolo e dal materiale bersaglio. Nel sesto ed ultimo capitolo, infine, si riportano alcune conclusioni sul lavoro svolto.

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Del granulato di ossido di stronzio (anche nella formula carbonato) è stato testato come nuovo possibile materiale di utilizzo per la cattura ad alta temperatura di diossido di carbonio da effluenti gassosi di scarto. Sono stati condotti diversi esperimenti con strumentazioni già preposte, quali test termogravimetrici, microscopia elettronica (SEM) e Xray (XRD). Mentre per la sperimentazione in quantità più rilevanti di materiale è stato costruito un impianto a letto fisso ex novo. Le prove TG hanno evidenziato una capacità media di sorbente parti a circa il 5% in massa di ossido, a temperature tra i 1100°C e i 1200°C, in situazione di regime (dopo numerosi cicli di carb/calc), con una buona conservazione nel tempo delle proprietà adsorbitive, mentre per le prove a letto fisso, si è registrato un calo di valori variabile tra il 3 e il 4%, con un netto miglioramento nel caso di calcinazione in vapore surriscaldato fino al 5%. Il trattamento in vapore ha sortito l’importante effetto di calcinazione del diossido di carbonio dal sorbente, quindi facilmente separabile dal flusso in uscita, misurato tramite cattura in una soluzione di idrossido di bario. Importanti fenomeni di sintering e densificazione hanno portato ad occludere completamente la camera di reazione sviluppando notevoli sovrappressioni interne. Tali fenomeni sono stati approfonditi tramite analisi SEM e XRD. Si è constatato un aumento notevole della grandezza dei granuli in caso di trattamento in vapore con la formazione di legami stabili e con conservazione della porosità. Nel caso di trattamento senza vapore surriscaldato i granuli hanno sinterizzato tramite formazione di legami, ma sempre con conservazione della macroporosità. Il lavoro di tesi è stato inquadrato nel contesto tecnologico al riguardo le tecniche CCS esistenti ed in progetto, con un attento studio bibliografico riguardo lo stato dell’arte, impianti esistenti, costi, metodi di cattura usati, metodologie di trasporto dei gas, metodologie di stoccaggio esistenti e in progetto. Si sono considerati alcuni aspetti economici per sviluppare un modello previsionale di spesa per una possibile applicazione di cattura per un impianto di produzione energetica. Con la progettazione e dimensionamento di un sistema integrato di adsorbimento tramite l’accoppiamento di 2 reattori dedicati ai cicli di carbonatazione e calcinazione del materiale sorbente. Infine si sono considerati gli aspetti salienti dello stoccaggio del diossido di carbonio in reservoir tramite le tecniche di EOR e EGR (Enhanced Oil/Gas Recovery) utilizzando la stessa CO2 come fluido spiazzante degli idrocarburi in posto. Concludendo il lavoro di tesi e di sperimentazione ha contribuito in modo tangibile allo scopo prefissato, andando a caratterizzare un nuovo materiale per la cattura di diossido di carbonio da effluenti gassosi ad alta temperatura, ed andando a verificare un’importante fenomeno rigenerativo non previsto delle capacità sorbitive dei materiali sottoposti a test.

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Los recubrimientos lubricantes sólidos son requeridos para reducir la fricción y prevenir el desgaste en componentes que operan a altas temperaturas o en vacío (vehículos espaciales, industria química, motores diésel, turbinas aeronáuticas y de generación de energía…). Los lubricantes líquidos pierden sus características cuando las condiciones de presión, temperatura o ambientales son severas (oxidación, inestabilidad térmica, volatilidad,…), por ejemplo los aceites minerales convencionales se descomponen a temperaturas próximas a 200 ºC. Por tanto, la única manera de poder conseguir una adecuada lubricación a temperaturas extremas es por medio de sólidos, que cada vez más, se aplican en forma de recubrimientos. Estos recubrimientos podrían ser empleados en componentes de vehículos espaciales reutilizables, donde se pueden alcanzar, en la reentrada en la atmósfera, temperaturas de 700 ºC (bisagras, rodamientos, articulaciones y zonas de sellado en las superficies de control, y rodamientos de las turbobombas y las cajas de engranajes). Dichos recubrimientos también deberían ser capaces de proporcionar una lubricación efectiva a bajas temperaturas para las operaciones en tierra, para las operaciones de arranque en frío, incluso en el espacio. El conjunto de requisitos que tendrían que satisfacer las capas tribológicas relacionadas con estas condiciones extremas es muy diverso, lo que hace que el concepto de capas tipo composite (aquéllas constituidas por varios componentes) sea, en principio, muy adecuado para estas aplicaciones. Recubrimientos composite proyectados térmicamente constituidos por una matriz dura y conteniendo lubricantes sólidos pueden ser una buena solución desde el punto de vista tribológico. El “Lewis Research Centre” de la NASA ha estado desarrollando recubrimientos autolubricantes tipo composite, constituidos por la combinación de materiales duros como el carburo de cromo, junto con lubricantes sólidos como plata o la eutéctica de fluoruros de calcio y bario, en una matriz de NiCr, para su uso en aplicaciones terrestres a alta temperatura. Estos recubrimientos han sido aplicados mediante proyección térmica, siendo denominados como series PS100, PS200, PS300 y PS400, reduciendo de forma significativa el coeficiente de fricción y mejorando la resistencia al desgaste en un amplio margen de temperaturas. Otra nueva familia de materiales con comportamiento tribológico prometedor son las aleaciones cuasicristalinas (QC). Presentan características muy atractivas: alta dureza, baja fricción, alto límite elástico de compresión... Son muy frágiles como materiales másicos, por lo que se intentan aplicar en forma de recubrimientos. Se pueden depositar mediante proyección térmica. Algunos de estos materiales cuasicristalinos, como AlCoFeCr, poseen coeficientes de dilatación próximos al de los materiales metálicos, alta estabilidad térmica, baja conductividad térmica y una elevada resistencia a la oxidación y a la corrosión en caliente. En esta tesis se han desarrollado recubrimientos tipo composite conteniendo cuasicristales como componente antidesgaste, NiCr como componente tenaz, y Ag y la eutéctica de BaF2-CaF2, como lubricantes sólidos. Estos recubrimientos han sido depositados con diferentes composiciones (denominadas TH100, TH103, TH200, TH400, TH600…) mediante distintos procesos de proyección térmica: plasma en aire (PS), plasma en baja presión (LPPS) y combustión a alta velocidad (HVOF). Los recubrimientos se han generado sobre el sustrato X-750, una superaleación base níquel, endurecible por precipitación, con muy buena resistencia mecánica y a la oxidación hasta temperaturas de 870 ºC y, además, es empleada en aplicaciones aeroespaciales e industriales. Los recubrimientos han sido caracterizados microestructuralmente en INTA (Instituto Nacional de Técnica Aeroespacial), mediante SEM-EDS (Scanning Electronic Microscopy-Energy Dispersive Spectroscopy) y XRD (X-Ray Diffraction), y tribológicamente mediante medidas de microdureza y ensayos en tribómetro POD (Pin On Disc) para determinar los coeficientes de fricción y de desgaste. Los recubrimientos han sido ensayados tribológicamente a alta temperatura en INTA y en vacío en AMTTARC (Aerospace and Space Materials Technology Testhouse – Austrian Research Centres), en Seibersdorf (Austria). Se ha estudiado la influencia de la carga normal aplicada, la velocidad lineal y el material del pin. De entre las diferentes series de recubrimientos cuasicristalinos tipo composite desarrolladas, dos de ellas, TH100 y TH103 han presentado una excelente calidad microestructural (baja porosidad, distribución uniforme de fases…) y se han mostrado como excelentes recubrimientos antidesgaste. Sin embargo, estas capas presentan un pobre comportamiento como autolubricantes a temperatura ambiente, aunque mejoran mucho a alta temperatura o en vacío. Los resultados del trabajo presentado en esta tesis han proporcionado nuevo conocimiento respecto al comportamiento tribológico de recubrimientos autolubricantes cuasicristalinos tipo composite depositados por proyección térmica. Sin embargo, dichos resultados, aunque son muy prometedores, no han puesto de manifiesto el adecuado comportamiento autolubricante que se pretendía y, además, como ocurre en cualquier trabajo de investigación, durante el desarrollo del mismo siempre aparecen nuevas dudas por resolver. Se proponen nuevas líneas de trabajo futuro que complementen los resultados obtenidos y que puedan encaminar hacia la obtención de un recubrimiento que mejore su comportamiento autolubricante. ABSTRACT Solid lubricant coatings are required to reduce friction and prevent wear in components that operate at high temperatures or under vacuum (space vehicles, chemical industry, diesel engines, power generation turbines and aeronautical turbines, for instance). In these cases neither greases nor liquid lubricants can be employed and the only practicable approach to lubrication in such conditions is by means of solids. These are increasingly applied in the form of coatings which should exhibit low shear strength, whilst maintaining their chemical stability at extremes temperatures and in the space environment. In the space field, these coatings would be employed in re-usable space plane applications, such as elevon hinges, where temperatures of 700 ºC are reached during re-entry into the Earth’s atmosphere. These coatings should also be capable of providing effective lubrication at lower temperatures since “cold start” operation may be necessary, even in the space environment. The diverse and sometimes conflictive requirements in high temperature and space-related tribological coatings make the concept of composite coatings highly suitable for these applications. Thermal-sprayed composites containing solid lubricants in a hard matrix perform well tribologically. NASA‘s Lewis Research Centre had developed self-lubricating composite coatings for terrestrial use, comprising hard materials like chromium carbide as well as solid lubricant additives such as silver and BaF2-CaF2 eutectic on a Ni-Cr matrix. These coatings series, named PS100, PS200, PS300 and PS400, are applied by thermal spray and significantly reduce friction coefficients, improving wear resistance over a wide temperature range. Quasicrystalline alloys (QC) constitute a new family of materials with promising tribological behaviour. Some QC materials exhibit a combination of adequate antifriction properties: low friction coefficient, high hardness and high yield strength under compression, and can be easily produced as coatings on top of metallic and non-metallic materials. Among these QC alloys, AlCoFeCr has high hardness (700 HV0.1), a thermal expansion coefficient close to that of metals, high thermal stability, low thermal conductivity and good oxidation and hot corrosion resistance. However most QC materials have the disadvantage of being very brittle. In order to take advantage of the excellent tribological properties of QCs, thick composite lubricant coatings were prepared containing them as the hard phase for wear resistance, Ag and BaF2-CaF2 eutectic as lubricating materials and NiCr as the tough component. These coatings were deposited in different composition mixtures (named TH100, TH103, TH200, TH400, TH600…) by different thermal spray processes: air plasma spray (PS), low pressure plasma spray (LPPS) and high velocity oxy-fuel (HVOF), on X-750 substrates. X-750 is an age-hardenable nickel-base superalloy with very good strength and a good resistance to oxidising combustion gas environments at temperatures up to about 870 ºC and it is widely used in aerospace and industrial applications. Coatings have been characterized microstructurally, at INTA (National Institute for Aerospace Technology), by means of SEM-EDS (Scanning Electronic Microscopy- Energy Dispersive Spectroscopy) and XRD (X-Ray Diffraction), and tribologically by microhardness measurements and pin-on-disc testing to determine friction coefficients as well as wear resistance. The coatings were tested tribologically at high temperature at INTA and under vacuum at AMTT-ARC (Aerospace and Space Materials Technology Testhouse – Austrian Research Centres), in Seibersdorf (Austria). Different loads, linear speeds and pin materials were studied. TH100 and TH103 QC alloy matrix composite coatings were deposited by HVOF with excellent microstructural quality (low porosity, uniform phase distribution) and showed to be excellent wear resistant coatings. However these QC alloy matrix composite coatings are poor as a self-lubricant at room temperature but much better at high temperature or in vacuum. The results from the work performed within the scope of this thesis have provided new knowledge concerning the tribological behavior of self-lubricating quasicrystalline composite coatings deposited by thermal spraying. Although these results are very promising, they have not shown an adequate self-lubricating behavior as was intended, and also, as in any research, the results have in addition raised new questions. Future work is suggested to complement the results of this thesis in order to improve the selflubricating behaviour of the coatings.

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Panegyrica oratio in solemnibus exequiis ... Ildefonsi Nugnetii de Haro et Peralta, mexicanorum pontíficis ... / á Josepho Maria del Bario ... ([2], 26, [2] p.). Sermon de honras predicado en ... la santa iglesia metropolitana de México el dia 24 de noviembre del año de 1800 a la buena memoria ... D. Alonso Nuñez de Haro y Peralta ... / por ... Gaspar Gonzalez de Candamo ... ([2], XLVIII p.)

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Generalmente, al determinar la acidez titulable a pH7 (AT_pH7) se coloca al suelo en una solución tampón de pH=7 y la acidez liberada se mide con álcali. No hay información comparativa de diferentes métodos analíticos utilizados en Uruguay. Se cuantificó la AT_pH7 por tres procedimientos: a) se agitó la mezcla acetato de calcio:suelo y se dejó reposar 16 horas, se filtró el extracto y la titulación a pH = 7 se controló con electrodo (AT_pH7_fil); b) igual al anterior pero se tituló el sobrenadante del extracto, sin filtrar (AT_pH7_sob); c) se hicieron cuatro extracciones sucesivas con acetato de bario, se filtró el extracto y se controló el pH = 7 con fenolftaleína (AT_pH7fen) como indicador. Consideramos los valores AT_pH7fen como referencia. Al comparar AT_pH7_sob con AT_pH7_fil consideramos a los primeros como indicador de referencia. El ajuste entre AT_pH7_sob y AT_pH7_fil fue satisfactorio. La diferencia promedio fue de 0,36 meq.100g-1, pero hubo diferencias de -1,00 a 1,70 meq.100g-1. No existió sesgo en las diferencias. Algunas fuentes de acidez pudieron permanecer en el sedimento y no fueron evaluadas al titular el sobrenadante. Las mediciones AT_pH7_fil sobreestimaron 0,73 meq.100g-1 el promedio de AT_pHfen. Los valores promedio de AT_pH_sob y AT_pHfen no difirieron. Las muestras tuvieron la misma clasificación acorde a su saturación en bases independientemente del método utilizado. Ni la medición del pH = 7 con electrodo en vez de con fenolftaleína, ni el mayor tiempo de extracción, ni tampoco la utilización de acetato de calcio como extractante introdujeron significativos errores de interpretación. El método AT_pH_fil tuvo precisión y exactitud aceptables.

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Propósito y Método del estudio: En este trabajo se estudió la influencia del método de síntesis en las propiedades fisicoquímicas, fotocatalíticas y fotoelectroquímicas del BaBiO3 y el Sr2Bi2O5. En primera instancia, se realizó la síntesis de los materiales por la técnica de estado sólido (pos-tratamiento con molienda mecánica) e hidrotermal. Para la síntesis en hidrotermal se exploraron 3 diferentes temperaturas: 130, 150, 170 °C. Los materiales obtenidos fueron caracterizados mediante Difracción de Rayos-X (DRX), Espectroscopía de Reflectancia Difusa (ERD), Microscopía Electrónica de Barrido (MEB) y Fisisorción de Nitrógeno. Posteriormente se realizó la evaluación de las propiedades fotocatalíticas de los materiales obtenidos en la degradación de rodamina B. Las pruebas fotocatalíticas se realizaron en un reactor tipo Batch, utilizando una lámpara de Xenón de 6000 K. El estudio fotocatalítico finalizó con el cálculo de parámetros cinéticos tales como la constante de velocidad aparente (k) y tiempo de vida media (t1/2). Los resultados mostraron que el BaBiO3 sintetizado por reacción de estado sólido presentó la mayor eficiencia fotocatalitica. Para incrementar la eficiencia fotocatalitica de los materiales sintetizados se adicionaron superficialmente partículas de NiO en porcentajes de 3, 5 y 10 % al bismutato de estroncio y bario, utilizando para ello el método de impregnación. Los materiales fueron caracterizados y probados en la degradación de rodamina B. Por otro lado, para conocer el grado de eficiencia de los materiales se realizó el estudio fotoelectroquímico para determinar la posición de las bandas de conducción y valencia de cada uno de ellos. El grado de mineralización de la rodamina B se analizó mediante análisis de Carbón Orgánico Total (COT) y adicionalmente se realizaron pruebas de reproducibilidad para determinar la estabilidad de los materiales ante la exposición de ciclos sucesivos de irradiación. Contribuciones y conclusiones: Se lograron obtener los Bismutatos de Estroncio y Bario mediante la reacción en estado sólido a 800 y 900 °C. Mientras que por el método de hidrotermal se obtuvieron los materiales a 130, 150 y 170°C, seguido de un tratamiento térmico a 700°C. Los resultados de electroquímica mostraron que el material de Sr2Bi2O5 es apto para generar procesos de oxidación y reducción. La adición de NiO no proporcionó mejora en la eficiencia fotocatalítica, lo que se atribuyó a las aglomeraciones de partículas sobre la superficie de los materiales. Los materiales obtenidos por estado sólido presentaron la mayor actividad fotocatalítica en degradación de rodamina B, comparados con los obtenidos por el método de hidrotermal, por lo que el factor que domina la actividad fotocatalítica de estos materiales fue principalmente la cristalinidad. Además los materiales presentaron buena estabilidad ante ciclos sucesivos de irradiación y mostraron un buen grado de mineralización de la rodamina B.

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Questa tesi mira a presentare una panoramica, anche sperimentale con dati editi ed inediti, della ricostruzione delle life histories umane mediante metodi istologici e biogeochimici applicati allo smalto dentale delle dentizioni decidue. La tesi si concentra sulle metodologie biogeochimiche ad alta risoluzione spaziale che consentono di ottenere livelli temporali di dettaglio senza precedenti (da stagionali fino a sub-settimanali), quando combinate con l'analisi istomorfometrica dei tessuti dentali mineralizzati. La presente ricerca si concentra sulla creazione di modelli consistenti di variazione delle concentrazioni di elementi in traccia (con particolare riferimento a stronzio e bario) lungo la giunzione smalto dentinale, ottenuti tramite LA-ICPMS (Laser Ablation Inductively Coupled Mass Spectrometry), in funzione dei cambiamenti nella dieta (allattamento, svezzamento) nel primo anno di età di individui a storia nutrizionale nota (utilizzando denti decidui naturalmente esfoliati). In una prospettiva bioarcheologica, i risultati delle indagini sulla dieta altamente risolte nel tempo e interpretate con modelli come quelli proposti si correlano direttamente alle life histories individuali e consentono una analisi più sfumata e completa del comportamento umano nel passato, fornendo informazioni essenziali per la comprensione degli adattamenti bioculturali e aprendo finestre conoscitive su aspetti quali il rapporto madre-progenie, la gravidanza, l’allattamento, lo stress infantile, la dieta sia della progenie che della madre, la mobilità ad alta risoluzione e molti altri aspetti della vita delle popolazioni del passato che lo studio del DNA antico e della morfologia scheletrica non possono fornire. Dove il DNA antico tace, lo studio avanzato delle life histories parla.

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I generatori compatti di neutroni possono rappresentare un grande progresso nell'ambito della Medicina Nucleare. Sono una valida alternativa rispetto ai metodi tradizionali per la produzione dei radioisotopi necessari per la sintesi dei radiofarmaci, e permettono di esplorare e sviluppare nuove metodologie radioterapeutiche innovative, complementari e potenzialmente più efficaci rispetto a quelle già esistenti. Enea sta portando avanti due progetti in questo ambito. Il primo, SORGENTINA-RF, è volto allo sviluppo di una macchina in grado di produrre un fascio di neutroni a 14MeV, con la quale irradiare un target di molibdeno metallico, in modo da ottenere tecnezio-99 metastabile (99mTc), il radioisotopo più usato al mondo nelle procedure di imaging biomedico. Il secondo progetto, LINC-ER, ha lo scopo di progettare le infrastrutture necessarie ad accogliere un generatore compatto di neutroni, il cui scopo sarà quello di eliminare le residue cellule tumorali dopo un intervento chirurgico, a ferita aperta, in modo simile alle attuali tecniche di radioterapia intraoperatoria, che però sfruttano elettroni o raggi X. Questo lavoro di tesi trova posto in questi progetti perché ha contributo a portare avanti le ricerche in due aspetti specifici. Nel caso di SORGENTINA-RF, sono stati studiati tutti gli aspetti radiochimici per ottenere dal molibdeno metallico la soluzione liquida di molibdato sodico da cui si estrae il 99mTc. In questo caso si è deciso di puntare su processo “green” e innovativo basato sull’uso di perossido di idrogeno. Durante la tesi si sono studiati i più importanti fattori che governano questo processo e si è definito un meccanismo chimico che lo spiega. Nel caso di LINC-ER, invece, il lavoro sperimentale è stato quello di studiare metodi e rotte sintetiche nuove per ottenere nanoparticelle di composti di boro e bario, dispersi in hydrogels in grado di amplificare gli effetti del fascio neutronico sui tessuti cancerogeni e ridurli su quelli sani.