965 resultados para Architectural Project


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Durante o processo de projeto, o arquiteto transpõe suas ideias para o campo real, do concreto. Os diversos modos de expressão e representação têm como função mediar essa interação, diminuindo a distância entre esses dois campos. Vive-se hoje, um momento de intensa transformação das estratégias projetuais, propiciada pelos novos meios digitais. Assim, esta pesquisa, centra-se na comparação entre diversos momentos do uso de modelos nos processos projetivos contemporâneos, através de uma investigação em escritórios de arquitetura paulistanos que utilizam o modelo físico como parte de seus processos de projeto. Busca-se entender qual o papel dessa ferramenta de representação e suas potencialidades nos dias atuais. Como estudo de caso, faz-se uma análise comparativa entre o uso das maquetes digital e física, destacando dois estudos: a maquete do Conjunto Ponte dos Remédios, do arquiteto Marcos Acayaba e as maquetes de estudos elaboradas pelo escritório Andrade Morettin Arquitetos, para o concurso para o Instituto Moreira Salles/SP. Entre os objetivos desse trabalho também se encontra uma análise da contribuição dos modelos físicos no Ensino de Arquitetura.

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Durante o processo de projeto, o arquiteto transpõe suas ideias para o campo real, do concreto. Os diversos modos de expressão e representação têm como função mediar essa interação, diminuindo a distância entre esses dois campos. Vive-se hoje, um momento de intensa transformação das estratégias projetuais, propiciadas pelos novos meios digitais. Esta pesquisa tem como objetivo o estudo do uso das representações tridimensionais, especificamente dos modelos físicos e digitais. Pretende-se flagrar os momentos contributivos dos modelos no processo projetivo e as características intrínsecas a eles. A discussão busca não apenas destacar a importância dessa ferramenta, como também, traçar uma breve comparação entre a tecnologia digital e a feitura manual. Para este trabalho foram selecionados alguns arquitetos significativos do cenário da arquitetura paulista em cujos projetos comparecem o uso de modelos. Como estudos de caso tem-se a Residência do arquiteto Marcos Acayaba e o projeto vencedor do Concurso para o Instituto Moreira Salles/ SP, do escritório Andrade Morettin Arquitetos. Soma-se a estes objetivos, a apresentação do uso de modelos físicos e digitais em uma experiência didática projetiva.

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Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredità di Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredità di Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.

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This research focuses on the definition of the complex relationship that exists between theory and project, which - in the architectural work by Oswald Mathias Ungers - is based on several essays and on the publications that - though they have never been collected in an organic text - make up an articulated corpus, so that it is possible to consider it as the foundations of a theory. More specifically, this thesis deals with the role of metaphor in Unger’s theory and its subsequent practical application to his projects. The path leading from theoretical analysis to architectural project is in Ungers’ view a slow and mediated path, where theory is an instrument without which it would not be possible to create the project's foundations. The metaphor is a figure of speech taken from disciplines such as philosophy, aesthetics, linguistics. Using a metaphor implies a transfer of meaning, as it is essentially based on the replacement of a real object with a figurative one. The research is articulated in three parts, each of them corresponding to a text by Ungers that is considered as crucial to understand the development of his architectural thinking. Each text marks three decades of Ungers’ work: the sixties, seventies and eighties. The first part of the research deals with the topic of Großform expressed by Ungers in his publication of 1966 Grossformen im Wohnungsbau, where he defines four criteria based on which architecture identifies with a Großform. One of the hypothesis underlying this study is that there is a relationship between the notion of Großform and the figure of metaphor. The second part of the thesis analyzes the time between the end of the sixties and the seventies, i.e. the time during which Ungers lived in the USA and taught at the Cornell University of Ithaca. The analysis focuses on the text Entwerfen und Denken in Vorstellungen, Metaphern und Analogien, written by Ungers in 1976, for the exhibition MAN transFORMS organized in the Cooper - Hewitt Museum in New York. This text, through which Ungers creates a sort of vocabulary to explain the notions of metaphor, analogy, signs, symbols and allegories, can be defined as the Manifesto of his architectural theory, the latter being strictly intertwined with the metaphor as a design instrument and which is best expressed when he introduces the 11 thesis with P. Koolhaas, P. Riemann, H. Kollhoff and A. Ovaska in Die Stadt in der Stadt in 1977. Berlin das grüne Stadtarchipel. The third part analyzes the indissoluble tie between the use of metaphor and the choice of the topic on which the project is based and, starting from Ungers’ publication in 1982 Architecture as theme, the relationship between idea/theme and image/metaphor is explained. Playing with shapes requires metaphoric thinking, i.e. taking references to create new ideas from the world of shapes and not just from architecture. The metaphor as a tool to interpret reality becomes for Ungers an inquiry method that precedes a project and makes it possible to define the theme on which the project will be based. In Ungers’ case, the architecture of ideas matches the idea of architecture; for Ungers the notions of idea and theme, image and metaphor cannot be separated from each other, the text on thematization of architecture is not a report of his projects, but it represents the need to put them in order and highlight the theme on which they are based.

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La tesi analizza, nel quadro del secondo dopoguerra, quattro casi studio scelti tra le opere di ricostruzione dell’architetto Josef Wiedemann (1910-2001) nel centro di Monaco di Baviera: Odeon (1951-1952), Alte Akademie (1951-1955), Siegestor (1956-1958) e Glyptothek (1961-1972). L’architetto si occupa di opere simbolo della città di Monaco, affrontando la loro ricostruzione come un tema fondante per la storia e l’identità del popolo bavarese, ma soprattutto come un’occasione per definire un metodo d’intervento sulle rovine della guerra. Il suo lavoro è caratterizzato infatti per la ricerca costante di una sintesi tra interesse per la conservazione dell’antico e apertura al nuovo; ispirandosi all’insegnamento del maestro Hans Döllgast, Wiedemann traccia una nuova originale strada per l’intervento sull’antico, segnata da una profonda capacità tecnico-progettuale e dall'attenzione alle nuove esigenze a cui deve rispondere un’architettura contemporanea. Partendo dai suoi scritti e dalle sue opere, si può rilevare un percorso coerente che, partendo dalla conoscenza della storia dell'edificio, ripercorrendone l’evoluzione dallo stato che potremmo definire “originario” allo stato di rovina, giunge a produrre nel progetto realizzato una sintesi tra il passato e il futuro. L'architetto, nella visione di Wiedemann, è chiamato a un compito di grande responsabilità: conoscere per progettare (o ri-progettare) un edificio che porta impressi su di sé i segni della propria storia. Nel metodo che viene messo progressivamente a punto operando nel corpo vivo dei monumenti feriti dalla guerra, è percepibile fino a distinguerlo chiaramente l’interesse e l’influenza del dibattito italiano sul restauro. La conservazione “viva” dell'esistente, così come viene definita da Wiedemann stesso, si declina in modo diverso per ogni caso particolare, approdando a risultati differenti tra loro, ma che hanno in comune alcuni principi fondamentali: conoscere, ricordare, conservare e innovare.

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La historia de la construcción de las catedrales góticas es la historia de la búsqueda de la luz. Esta afirmación casi metafísica, recoge una realidad asumida por todos los historiadores tanto de la arquitectura antigua como del resto de las artes. La luz en el gótico ha sido descrita bajo múltiples matices como son su carácter simbólico, cromático e incluso místico, sin embargo no existe, en el estudio del conocimiento de la luz gótica, ninguna referencia a la misma como realidad física cuantificable, cualificable y por tanto, clasificable. La presente tesis doctoral aborda el concepto de la iluminación gótica desde una perspectiva nueva. Demuestra, con un método analítico inédito, que la iluminación gótica es cuantificable y cualificable. Para ello analiza en profundidad la iluminación de una selección de 6 edificios muestra, las catedrales de Gerona, Toledo, Sevilla y León, la basílica de Santa María del Mar y la capilla de la Sainte Chapelle de París, mediante una toma de datos “in situ” de iluminación y su comparación con los datos lumínicos obtenidos por un programa de soleamiento de la simulación en tres dimensiones de los distintos proyectos originales góticos. El análisis exhaustivo de las muestras y su introducción en el método analítico descrito, permite determinar, en primer lugar, unas cualidades inéditas que identifican la luz de los espacios góticos según unos parámetros nuevos como son la intensidad, expresividad, recorrido, distorsión y color. También describe cuales son los factores determinantes, de nuevo inéditos, que modulan cada una de las cualidades y en que proporción lo hacen cada uno de ellos. Una vez establecidas las cualidades y los factores que las definen, la tesis doctoral establece los rangos en los que se mueven las distintas cualidades y que conformarán la definitiva clasificación según “tipos de cualidad lumínica”. Adicionalmente, la tesis propone un procedimiento abreviado de acercamiento a la realidad de la iluminación gótica a través de unas fórmulas matemáticas que relacionan los factores geométricos detectados y descritos en la tesis con el resultado luminoso del espacio en lo que concierne a las dos cualidades más importantes de las reflejadas, la intensidad y la expresividad. Gracias a este método y su procedimiento abreviado, la clasificación se hace extensible al resto de catedrales góticas del panorama español y europeo y abre el camino a nuevas clasificaciones de edificios históricos de distintas épocas, iniciando un apasionante camino por recorrer en la recuperación de “la luz original”. Esta clasificación y sus cualidades podrán a su vez, ser utilizadas como herramientas de conocimiento de un factor determinante a la hora de describir cualquier espacio gótico y su aportación pretende ser un nuevo condicionante a tener en cuenta en el futuro, ayudando a entender y respetar, en las posibles intervenciones a realizar sobre el patrimonio arquitectónico, aquello que fue en su inicio motor principal del proyecto arquitectónico y que hoy día no se valora suficientemente tan solo por falta de conocimiento: su luz. The history of the construction of the Gothic cathedrals is the history of the search for light. This almost etaphysical statement reflects a reality accepted by all historians both of ancient architecture and other arts. Light in the Gothic period has been described under multiple approaches such as its symbolic, chromatic and even mystical character. However, in the study of the Gothic light, no references exist to it as a physical quantifiable and qualifiable reality and therefore, classifiable. This dissertation deals with the concept of Gothic light from a new perspective. With a new analytical method, it shows that Gothic lighting is quantifiable and can be classified regarding quality. To this end, a selection of 6 buildings light samples are analyzed; the cathedrals of Gerona, Toledo, Seville and León, the basilica of Santa María of the Sea and the Sainte Chapelle in Paris. "In situ" lighting data is collected and it is compared with lighting data obtained by a program of sunlight of the 3D simulation of various Gothic original projects. The comprehensive analysis of the samples and the data introduced in the analytical method described, allows determining, first, important qualities that identify the light of Gothic spaces according to new parameters such as intensity, expressiveness, trajectory, distortion and color. It also describes the determinant factors, which modulate each of the qualities and in what proportion they do it. Once the qualities and factors that define them have been established, in this doctoral dissertation the ranges regarding different qualities are set, which will make up the final classification according to "types of light quality". In addition, this work proposes an abbreviated procedure approach to the reality of the Gothic lighting through some mathematical formulae, relating the geometric factors identified and described in the study with the bright result of space regarding the two most important qualities of the light,intensity and expressiveness. Thanks to this method and to the abbreviated procedure, the classification can be applied to other Spanish and European Gothic cathedrals and opens up the way to new classifications of historic buildings from different eras, starting an exciting road ahead in the recovery of the "original light". This classification and its qualities may in turn be used as tools to know a determinant factor when describing any Gothic space. Its contribution is intended to be a new conditioning factor to keep in mind in the future, helping to understand and respect, in possible interventions on the architectural heritage, what was the main engine to start the architectural project and which today is not valued enough due to the lack knowledge: the light.

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¿Qué son los TRAJES ESPACIALES? El término Trajes Espaciales da nombre al “equipo de inmersión” 1 necesario para garantizar las condiciones de habitabilidad en determinados entornos o circunstancias. En diferentes coyunturas sociales, políticas o ambientales el formato convencional de la arquitectura se vuelve limitado o poco eficaz. Determinadas configuraciones de “vida a la intemperie” 2, asociadas a necesidades de protección, energía, comunicación, socialización…, en situaciones de alta emancipación e itinerancia, solicitan una reflexión sobre la posible portabilidad, o más concretamente, sobre la idoneidad del uso 3 de las condiciones arquitectónicas. La tesis pretende acotar o definir un no reconocido ámbito de los recursos proyectuales del arquitecto dirigido a la confección de las más cercanas envolventes corporales entendidas como elementos arquitectónicos. Casa y vestimenta, citando a Marshall McLuhan, se identifican en un discurso que entiende ambas esferas como “extensiones de la piel” 4 que garantizan el control energético y la definición social del sujeto que las habita. En determinados momentos el arquitecto ha tenido que desestimar como principal herramienta de trabajo la construcción de edificios, para abordar ciertas demandas sociales. La tesis pretende demostrar cómo el diseño de trajes ha sido en ocasiones una estrategia proyectual del repertorio de la arquitectura. Su aportación es la de abordar el mundo de la vestimenta más allá del simple ejercicio estilístico, defendiendo estas construcciones como un elemento capaz de hacer habitable un determinado entorno. Este acercamiento ha permitido a los arquitectos ensayar en los trajes lo que posteriormente desarrollarían en sus edificios. Temas tratados por la arquitectura como higienismo, ornamento, estandarización, pliegue… han encontrado en la escala de la vestimenta su expresión más pura. El diseño de estos trajes, su pertinencia y su confección como parte del proyecto arquitectónico, conformará el hilo conductor de esta tesis. ABSTRACT The term spacesuits tries to define the “diving equipment” 5 necessary to ensure the living conditions in certain environments or circumstances. In specific social, political or environmental circumstances, the architectural standard format becomes limited or ineffective. Some configurations of “life outdoor” 6, associated with protection, energy, communication and socialization needs, in situations of high emancipation and roaming, seek a reflection on the possible portability, or more specifically, on the appropriateness of wearing the architectural features. The thesis aims to limit or define an unrecognized field from the resources of the architect focused on body emvelopes as architectural elements. House and clothing, quoting Marshall McLuhan, are matched in a speech that understand both spheres as “extensions of the skins” 7, to ensure energy control and social definition of the subject who inhabit them. At times, the architect has had to dismiss the construction of buildings as the main tool for working, to address certain social demands. The thesis aims to demonstrate how the costume design is sometimes a projectual strategy in the repertoire of architecture. Its contribution splits with Fashion as a mere stylistic exercise, defending the dress as an artefact capable of making livable a certain environment. This approach has allowed architects to explore at costumes what they develope in their buildings later. Topics covered by the architecture as hygienism, ornament, standardization, folding... have found in the scale of the dress its purest expression. The design of these suits, their techniques and their relevance as part of the architectural project, will form the core of this thesis.

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La presente tesis aborda el estudio sobre los llamados mat buildings, que surgen entre los años cincuenta y sesenta del pasado siglo. Los mat buildings, también llamados “edificios esteras” o “edificios alfombras”, nacen en gran parte como consecuencia de los desacuerdos e insatisfacciones de los CIAM con el reduccionismo funcionalista y los principios de compartimentación funcional. Estos nuevos modelos remplazan el modelo de ciudad entendido como una colección de edificios individuales por una concepción de un patrón urbano. No es la suma de la longitud, la altura y el ancho sino más bien una densa alfombra bi-dimensional, con una configuración de formas que ofrece al mismo tiempo un orden repetitivo y una infinita diversidad de secuencias con infinitas posibilidades de adaptación donde el hombre vive y se desplaza. Estas características que irán apareciendo en la obras de muchos de los arquitectos que forman parte del grupo Team X son los que Alison Smithson empieza a revelar en su artículo, con la ambición de manifestar una nueva sensibilidad y una nueva forma de entender y ver la arquitectura. Los mat buildings y los cluster serán los códigos utilizados por diferentes miembros del Team X para pensar una arquitectura y un urbanismo alternativo al propuesto por los CIAM. Mediante ellos encuentran el camino para una nueva estética de la conexión con un desplazamiento desde una concepción determinista de la forma arquitectónica (una forma cerrada y en general definida a priori) hacia una actitud más libre, más abierta, fundamentada no tanto en la entereza de la forma global sino en cuanto a la intensidad de sus redes internas y de sus diferentes niveles de asociación. La tesis tiene como propósito final cuestionar si esta tipología de edificios, cuyo principio de base es siempre una matriz geométrica abierta (trama, retícula, malla), con crecimiento ilimitado, puede redefinir la frontera entre ciudad y edificio y, por tanto, entre público y privado, individual y colectivo, estructural e infraestructural, permanente y variable. Por ello, se presenta un estudio histórico y crítico en profundidad sobre los mat buildings, analizando detenidamente y por orden cronológico cinco de sus obras más paradigmáticas: el Orfanato en Ámsterdam de Aldo Van Eyck, la Universidad Libre en Berlín de Candilis, Josic y Woods, el Hospital de Venecia de Le Corbusier y Guillermo Jullián de la Fuente, el edificio administrativo de la Centraal Beheer en Apeldoorn de Herman Hertzberger, y por último el MUSAC en León, realizado por Mansilla y Tuñon. Las cuatro primeras obras pertenecen al periodo Team X y son precursoras de muchos otros proyectos que aparecerán a posteriori. La última obra analizada, el MUSAC, es estudiada conjuntamente con algunas obras del arquitecto japonés Sou Fujimoto y otros casos contemporáneos con la intención de manifestar cómo arquitectos de horizontes muy diferentes vuelven a recurrir a estos modelos de crecimientos ilimitados. Mediante el estudio de varios ejemplos contemporáneos se examinan las repercusiones, transformaciones y evoluciones que estos modelos han tenido. La exploración contrastada permite apreciar adecuadamente la pertinencia de estos modelos y los cambios de modalidades y de procesos que advienen con la aparición en el panorama contemporáneo de la noción de campo y los cambios de paradigma que conlleva. Estos nuevos modelos abren nuevos procesos y forma de abordar la arquitectura basada en las relaciones, flujos, movimientos y asociaciones que son caracterizados por diferentes patrones que vienen a alimentar todo el proceso del proyecto arquitectónico. El estudio de estos nuevos modelos nos indica las cualidades que puede ofrecer la revisión de estos métodos para empezar a tratar nuevas cuestiones que hoy en día parecen ser, permanentemente, parte de la condición urbana. XII ABSTRACT This thesis deals with the study of the so-called mat buildings which emerged between the fifties and sixties of the last century. Mat, or carpet, buildings appeared largely as a result of the CIAM’s disagreement and dissatisfaction with functionalist reductionism and the principles of functional compartmentalisation. These new models replaced the model of the city, seen as a collection of individual buildings, with the concept of an urban pattern. It is not the sum of the length, height and width but rather a dense, two- dimensional mat with a configuration of forms offering both a repetitive order and an infinite diversity of sequences with endless possibilities for adaptation, where man lives and circulates. These characteristics, which appeared in the works of many of the architects who formed part of Team X, are those that Alison Smithson started to reveal in her article with the aim of manifesting a new sensibility and a new way of understanding and seeing architecture. Mat buildings and clusters were the codes used by different members of Team X to plan an alternative architecture and urbanism to that proposed by the CIAM. With them, they found the path for a new aesthetic of connection, with a shift from a deterministic concept of the architectural form (closed and generally defined a priori) towards a more free, more open attitude based not so much on the integrity of the overall form but on the intensity of its internal networks and different levels of association. The end purpose of this thesis is to question whether this type of building, the basic principle of which is always an open geometric matrix (grid, recticle, network) with unlimited growth, can redefine the boundary between city and building and, thus, between public and private, individual and collective, structural and infrastructural, and permanent and variable. To this end, an in-depth historical and critical study of mat buildings is presented, analysing carefully and in chronological order five of the most paradigmatic works of this style: the Orphanage in Amsterdam, by Aldo Van Eyck; the Free University of Berlin, by Candilis, Josic and Woods; Venice Hospital, by Le Corbusier and Guillermo Jullián de la Fuente; the Centraal Beheer administration building in Apeldoorn, by Herman Hertzberger; and lastly, the MUSAC (Contemporary Art Museum) in León, designed by Mansilla and Tuñon. The first four works are from the Team X period and were the precursors to many other projects that would appear later. The last work analysed, the MUSAC, is studied together with some works by Japanese architect Sou Fujimoto and other contemporary cases to show how architects with very different perspectives revert to these models of limitless growth. Through the study of several contemporary examples we examine the repercussions, transformations and evolutions these models have had. The contrasted research XIII allows us to properly appreciate the importance of these models and the changes in forms and processes that came with the emergence of the idea of field in the contemporary arena and the paradigm shifts it entailed. These new models opened up new processes and a way of approaching architecture based on relationships, flows, movements and associations characterised by different patterns that feed the entire process of the architectural project. The study of these new models shows us the benefits that a review of these methods can contribute to addressing new issues that today appear to be a permanent part of the urban condition.

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Esta tesis se basa en la hipótesis de que la modernidad arquitectónica en México no es, como se ha pretendido, una historia homogénea, centrada en un puñado de figuras clave, sino una multiplicidad de narrativas complejas en las cuales el arte y los medios impresos juegan un papel esencial. Por tanto, se propone una nueva mirada sobre la arquitectura del siglo XX en México a partir de la relación con la fotografía, el dibujo, las ideas y los medios. La tesis se plantea con el fin de vincular la arquitectura con los movimientos artísticos relevantes, los autores con las publicaciones, las formas con los manifiestos. Asímismo, uno de los principales intereses es explorar los conceptos de modernidad y de identidad, como parte de la construcción misma de la arquitectura de dicha época y del concepto de “lo mexicano”. A pesar del énfasis que se ha dado en la construcción de un canon, muchas veces ligado a la noción de monumentalidad, regionalismo, y mestizaje, este trabajo parte de una mirada puesta no en las formas sino en los procesos. A partir de las conexiones entre distintas capas de información, se buscan nuevas maneras de abordar el proyecto arquitectónico. El crítico de arquitectura brasileño Hugo Segawa ha descrito la investigación sobre la arquitectura latinoamericana como “una tarea más de índole arqueológica que historiográfica”, sin embargo, también ha calificado a México como “el más vigoroso centro de debates teóricos en Latinoamérica a lo largo del siglo XX.” Ese descompas entre la ruina y el vigor, entre la abundancia de producción y la precariedad de su conservación, ha definido no solo el estudio de la arquitectura sino las propias formas de creación. Por tanto, la tesis se plantea como una nueva plataforma desde la cual sea posible reformular la arquitectura, lejos de su condición amnésica, pensada en cambio, como un sistema basado en una misma voluntad por indagar y crear. Se busca, siguiendo al crítico británico Anthony Vidler, “relacionar” la historia con el proyecto. Con el fin de quitarle lo escurridizo a una historia incompleta y sobre todo de poder entender la manera en que las ideas se convierten en forma o en objeto, la tesis se estructura a partir de 22 líneas de tiempo organizadas en tres recorridos que se cruzan: arquitectura; arte y pensamiento. A partir de referencias como el Atlas Mnemosyne de Aby Wargurg o la serie Asterisms del artista Gabriel Orozco, se crean nuevos dispositivos para ver. De tal manera, se desdoblan los distintos temas para trazar relaciones entre la ciudad, los edificios, las utopías, las publicaciones y la publicidad. El trabajo se construye como un nuevo instrumento de exploración articulado por medio de capas, como un mapa genealógico evolutivo. El objetivo es abarcar aquella arquitectura construida no sólo en la ciudad sino también en el papel. Iniciando con el trabajo de la generación que llevó la arquitectura al siglo XX, el estudio se extiende a manera de epílogo hasta la primera década del siglo XXI, reuniendo obras que normalmente se han visto de manera aislada para entenderlas en su contexto más amplio. Como escenario de búsquedas, esta tesis intenta provocar el cruce de significados, creyendo imprescindible una nueva reflexión en torno a la disciplina y a los escenarios en los cuales se inscribe. La arquitectura de México –un país que en el siglo XX pasó de tener 13 millones de habitantes a 100 millonescorresponde esencialmente a una producción anónima, o bien, fabricada a partir de estereotipos. Pero entre la mancha de desarrollo informal y el hito reconocible está un trabajo tan amplio como inexplorado. Por tanto, se ofrece una serie de nuevas constelaciones que comprenden desde la Revolución de 1910 a los Juegos Olímpicos de 1968; del terremoto de la ciudad de México en 1985 a los concursos internacionales de las últimas décadas. This thesis’ hypothesis states that architectural modernity in Mexico is not, as sometimes pretended, a homogeneous history, focused on some key figures, but rather a multiple and complex narrative, in which art and print media have played an essential role. Therefore, it proposes a new perspective on 20th century architecture in Mexico analized through the relationship between architecture and photography, art, theory and media. Its aim is to link architecture and artistic movements, authors and publications, forms and manifestos. What is intended here is to explore the concepts of ‘modernity’ and ‘identity’ as part of the construction of architecture and the concept of ‘Mexicanity’. Despite the emphasis that has been given to the construction of an architectural canon —mostly related to the notions of monumentality, regionalism and mestizaje/métissage— this thesis’ approach is focused mainly in processes and not in forms. Through connections between diverse layers of information, new ways of dealing with the architectural project are explored. Brazilian architecture critic Hugo Segawa has described the research on Latin American architecture as «more a task of archaeology than of historiography». Nonetheless, he has also described Mexico as «the most vigorous center of theoretical debates in Latin America throughout the 20th century». This acute discrepancy between decay and vigor, between abundance of production and precarious state of conservation has determined not only the ways in which architecture is studied and understood but also the process of architectural creation. This work is therefore outlined as a new platform in order to reformulate the discipline as a system based on a common will to research and create, far from the existing amnesiac attitude. Following British critic Anthony Vidler, the interest relies in the attempt to ‘relate’ History to project. In order to reduce the elusiveness of an incomplete history and, specially, to understand how ideas become forms and objects, this thesis is composed of 22 timelines organized in three intersecting itineraries: Architecture, Art and Theory. Drawing inspiration from Aby Warburg’s Atlas Mnemosyne and Gabriel Orozco’s series Asterisms, new exploration devices are created. In such a way, diverse topics unfold to draw connections between built environment, utopian projects, publications, photography and publicity. This work is developed as a new tool for exploration, articulated by layers, like an evolutionary genealogy map. Its objective is to analyze not only the architecture build in cities, but produced on paper. Starting with the work of the generation that led Mexican architecture into the 20th century, this research extends until the first decade of the 21st century (the epilogue), gathering together works which have been usually seen in isolation, and therefore making possible its understanding in a broader context. As a scenario for exploration, this work tries to prompt the crossing of meanings, in the belief that new approaches on the discipline and its context are needed. Architecture in Mexico — a country whose population grew in the 20th century form 13 to 100 million— is related essentially with an anonymous production, or else made from stereotypes. However, between the sprawl of informal urban developments and landmark buildings there is an architectural production as extensive as it is unexamined. This essay introduces a series of new constellations, ranging from the Revolution in 1910 to the Olympic Games in 1968; from the earthquake in Mexico City in 1985 to the international competitions of the last decade. These myriad perspectives present buildings that were never built, forgotten writings, iconic images and unpublished material.

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El término imaginario, nombra el principio y el tema central de una investigación del mundo arquitectónico, necesaria para entender las condiciones alrededor de un proceso proyectual íntimo, cargado de significaciones ideológicas y simbólicas. En diferentes interpretaciones, el inconsciente colectivo y personal, científico o social, aparece en el origen de cada pensamiento y comportamiento humano, constituyendo un universo cerrado y caótico, donde todas las ideas están en constante tensión y contradicción. Por esta razón existen nociones y construcciones lógicas y coherentes que estructuran el marco de la verisimilitud y por tanto el régimen de la realidad, mediante la verdad y la verificación. Para el proyecto arquitectónico estas configuraciones se expresan en la situación del espacio, el tiempo y el cuerpo, como elementos básicos de jerarquización de la habitabilidad y de la cohabitabilidad humana. Esta tesis pretende acotar y definir un ámbito de procesos verosímiles instalados dentro del imaginario mediante el patrimonio intangible del pensamiento mítico o utópico, donde no solamente se crean envolventes del pensamiento, de iconografía o de sociedades, sino de donde también se derivan modelos rígidos y excluyentes, desde teorías basadas en la heteronormatividad y la segregación según el sexo, el género, la clase y la capacidad dentro de la diversidad funcional. La experiencia del espacio arquitectónico ha sido tradicionalmente descrita mediante palabras e imágenes: el lógos y el símbolo han sido los grandes intermediadores entre los sujetos y el habitar. Los ámbitos cotidiano y urbano se han regido por modelos y normas absolutas aplicadas universalmente y el mundo arquitectónico se ha visto estancado en la polaridad dual, entre lo público y lo privado, el dentro y el fuera, el movimiento y el reposo, el hombre y la mujer. Si el espacio-tiempo, el cuerpo y sus interpretaciones son la base para los modelos absolutistas, universalistas y perfeccionistas que han dominado el pensamiento occidental y elaborado la noción de lo “normal” en su totalidad, restando complejidad y diversidad, en la era hipermoderna ya no tiene sentido hablar en términos que no contemplen la superposición y la contradicción de la multiplicidad caótica en igualdad y en equilibrio instable. La realidad se ha visto reinventada a través de situaciones intermedias, los lugares inbetween en los espacios, tiempos, identidades y nociones presupuestas, donde se ha tergiversado el orden establecido, afectando al imaginario. La cotidianidad ha superado la arquitectura y el tiempo ha aniquilado el espacio. La conectividad, las redes y el libre acceso a la información – allá donde los haya – componen el marco que ha permitido a los sujetos subalternos emerger y empezar a consolidarse en el discurso teórico y práctico. Nuevos referentes están apareciendo en el hiper-espacio/tiempo aumentado, infringiendo todas aquellas leyes e interpretaciones impuestas para controlar los hábitos, las conductas y las personas. La casa, la ciudad y la metrópolis al vaciarse de contenidos, han dejado de cumplir funciones morales y simbólicas. Los no-lugares, los no-space, los no-time (Amann, 2011) son las condiciones radicalmente fenoménicas que reemplazan la realidad de lo vivido y activan de forma directa a los sentidos; son lugares que excitan el cuerpo como termótopos (Sloterdijk, 2002), que impulsan el crecimiento de la economía y en gran medida la multinormatividad. Sin duda alguna, aquí y ahora se requiere un nuevo modo de emplear la palabra, la imagen y la tecnología, dentro de una temporalidad efímera y eterna simultáneamente. ABSTRACT The term imaginary marks the beginning and the main topic of this research into the architectural world, presented as the necessary condition to understand the design process in its intimate layers, loaded with ideological and symbolic meanings. Through different interpretations, the unconscious, personal and collective, scientific or social, is found in the origin of every human thought and behaviour, constituting a closed chaotic universe, where all ideas are in constant tension and contradiction. This is why there are logical and coherent notions or discursive constructions which organise the context of verisimilitude and therefore the regime of reality through truth and its verification. For the architectural project, these specific configurations are associated with space, time and body as basic elements of management and hierarchization of human habitability and co-habitability. This thesis aims to demarcate and define a field of verisimilar processes installed in the imaginary, through the intangible heritage of mythical or utopian thinking, where not only enclosures of thought, iconography or utopian ideals are created, but from where rigid and exclusive models are derived as well, from theories based on heteronormativity and segregation by sex, gender, class and functional diversity. The experience of the architectural space has been described traditionally through words and images: the language and the symbol have been intermediating between the user and his habitat. Everyday life and urban interactions have been governed by absolute, universally applied, models or standards, therefore the architectural world has been stalled in a constant dual polarity between the public and the private, the inside and the outside, the movement and the repose, the man and the woman. Certainly, if the space-time notion, along with the theorization of the body, are the basis for absolutist, universalist and perfectionist models that have dominated western thought and developed the concept of “normal” in its totality, deducting all complexity and diversity, in the hypermodern era it makes no longer sense to speak in terms that ignore the overlap and contradiction of the chaotic multiplicity that characterises equality and unstable balance. Reality has been reinvented through intermediate situations, the in-between spaces, time, identities, or other presupposed notions. The order of truth has been distorted, affecting and transforming the contemporary imaginary. Everyday practices have surpassed the architectural design and time has annihilated space. Connectivity, networks, free access to information -wherever it exists-, compose the framework that has allowed subaltern subjectivity to emerge and begin to consolidate into main theoretical and practical discourses. New models are appearing in the augmented hyper-space/ time, transgressing any rule and interpretation imposed to control habits, behaviours and people. The house, the city and the metropolis are empty of content; they no longer fulfil moral and symbolic functions. The non-places, non-space, non-time (Amann, 2011) are radically phenomenal conditions that replace the reality of the lived experience and activate the senses as places that excite the body, thermotopos (Sloterdijk, 2002), which boost economic growth and to a considerable extent the multinormativity. Undoubtedly, what is required here and now is a new way of employing the word, the image and the technology within an ephemeral yet eternal temporality.

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Lo virtual es el lugar donde todo empieza, el germen de la imaginación productiva, un ámbito de pulsiones inaugurales y preexistencias sin forma donde todo convive, a la espera de ser diferenciado. Lo virtual es el sitio donde nacen las primeras exploraciones de cualquier acto de concepción, incluida la creación artística o el proyectar arquitectónico. Sin embargo, en las últimas tres décadas de revolución digital, el término ha sido utilizado de forma abusiva para referirse a todo tipo de entornos simulados informáticamente, es decir, a ficciones cerradas, programadas, controladas por el software y sus rutinas, radicalmente actualizadas, acabadas, completas, formalizadas. Paradójicamente, lo virtual ha servido para nombrar construcciones profundamente anti-virtuales. La telemática está propiciando el acceso del ser humano a un nuevo tipo de irrealidad cotidiana sustentada en prácticas espaciales cada vez menos vinculadas con la física y la biología. Esta condición fantasmagórica del habitar digital exige nuevos espacios de diálogo entre arquitectura y tecnología que se centren en el hecho imaginario. Para ello esta tesis propone —a partir de la recuperación del término griego arquitectónica— llevar el alcance de la disciplina hasta el hecho global del habitar. Y, al mismo tiempo, devolver al adjetivo virtual su auténtico significado preliminar, entendiendo que los verdaderos mundos virtuales no pueden simular nada, representar nada, formalizar nada, porque ellos son el origen infinito y amorfo de todo mundo. ABSTRACT The virtual is where it all starts, the seed of productive imagination, an area of inaugural impulses and formless preexistences that beat together, waiting to be differentiated. The virtual is the birthplace of any creative exploration, including those of the architectural project. However, in the last three decades of digital revolution, the term has been mostly misused to refer to all types of computer simulated environments; shut, finished, complete, formalized, radically actualized fictions controlled by software routines. Paradoxically, the virtual has been giving name to profoundly anti-virtual constructions. Telematics is allowing humans to access to a new kind of unreality, based on everyday spatial practices that are increasingly detached from physics and biology. This spectral condition of the digital living demands new dialectics between architecture and technology, focused on the imaginary. This thesis proposes — beginning by recovering the Greek word architectonics— to extend the scope of the discipline beyond edification to the overall fact of inhabiting. And, at the same time, to return to the adjective virtual its authentic preliminary meaning, realizing that the true virtual worlds cannot simulate, represent or formalize anything because they are the amorphous and endless source of every world.

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The architecture of Vicens and Ramos holds a privileged position within the Spanish architecture of the last few years, due to their outstanding resolution of the architectural project. Each project has posed a creative challenge for them that has resulted in unique works, with great pedagogical value for other architects. In this monograph, a selection of their most emblematic work is shown, including Las Matas, Faculty at the University of Navarra, the Church at Rivas and Coliseum of the Three Cultures among others. The project documentation is exceptionally thorough, with plans and images of all sections, from many angles. There is also an interview with Ignacio Vicens, writings from friends and colleagues, and images that reflect the professional and human aspects of this architect and professor at the Architecture School in Madrid. In English and Spanish, this book is of a seriously high standard.

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El objetivo de la presente investigación es el desarrollo de un modelo de cálculo rápido, eficiente y preciso, para la estimación de los costes finales de construcción, en las fases preliminares del proyecto arquitectónico. Se trata de una herramienta a utilizar durante el proceso de elaboración de estudios previos, anteproyecto y proyecto básico, no siendo por tanto preciso para calcular el “predimensionado de costes” disponer de la total definición grafica y literal del proyecto. Se parte de la hipótesis de que en la aplicación práctica del modelo no se producirán desviaciones superiores al 10 % sobre el coste final de la obra proyectada. Para ello se formulan en el modelo de predimensionado cinco niveles de estimación de costes, de menor a mayor definición conceptual y gráfica del proyecto arquitectónico. Los cinco niveles de cálculo son: dos que toman como referencia los valores “exógenos” de venta de las viviendas (promoción inicial y promoción básica) y tres basados en cálculos de costes “endógenos” de la obra proyectada (estudios previos, anteproyecto y proyecto básico). El primer nivel de estimación de carácter “exógeno” (nivel .1), se calcula en base a la valoración de mercado de la promoción inmobiliaria y a su porcentaje de repercusión de suelo sobre el valor de venta de las viviendas. El quinto nivel de valoración, también de carácter “exógeno” (nivel .5), se calcula a partir del contraste entre el valor externo básico de mercado, los costes de construcción y los gastos de promoción estimados de la obra proyectada. Este contraste entre la “repercusión del coste de construcción” y el valor de mercado, supone una innovación respecto a los modelos de predimensionado de costes existentes, como proceso metodológico de verificación y validación extrínseca, de la precisión y validez de las estimaciones resultantes de la aplicación práctica del modelo, que se denomina Pcr.5n (Predimensionado costes de referencia con .5niveles de cálculo según fase de definición proyectual / ideación arquitectónica). Los otros tres niveles de predimensionado de costes de construcción “endógenos”, se estiman mediante cálculos analíticos internos por unidades de obra y cálculos sintéticos por sistemas constructivos y espacios funcionales, lo que se lleva a cabo en las etapas iniciales del proyecto correspondientes a estudios previos (nivel .2), anteproyecto (nivel .3) y proyecto básico (nivel .4). Estos cálculos teóricos internos son finalmente evaluados y validados mediante la aplicación práctica del modelo en obras de edificación residencial, de las que se conocen sus costes reales de liquidación final de obra. Según va evolucionando y se incrementa el nivel de definición y desarrollo del proyecto, desde los estudios previos hasta el proyecto básico, el cálculo se va perfeccionando en su nivel de eficiencia y precisión de la estimación, según la metodología aplicada: [aproximaciones sucesivas en intervalos finitos], siendo la hipótesis básica como anteriormente se ha avanzado, lograr una desviación máxima de una décima parte en el cálculo estimativo del predimensionado del coste real de obra. El cálculo del coste de ejecución material de la obra, se desarrolla en base a parámetros cúbicos funcionales “tridimensionales” del espacio proyectado y parámetros métricos constructivos “bidimensionales” de la envolvente exterior de cubierta/fachada y de la huella del edificio sobre el terreno. Los costes funcionales y constructivos se ponderan en cada fase del proceso de cálculo con sus parámetros “temáticos/específicos” de gestión (Pg), proyecto (Pp) y ejecución (Pe) de la concreta obra presupuestada, para finalmente estimar el coste de construcción por contrata, como resultado de incrementar al coste de ejecución material el porcentaje correspondiente al parámetro temático/especifico de la obra proyectada. El modelo de predimensionado de costes de construcción Pcr.5n, será una herramienta de gran interés y utilidad en el ámbito profesional, para la estimación del coste correspondiente al Proyecto Básico previsto en el marco técnico y legal de aplicación. Según el Anejo I del Código Técnico de la Edificación (CTE), es de obligado cumplimiento que el proyecto básico contenga una “Valoración aproximada de la ejecución material de la obra proyectada por capítulos”, es decir , que el Proyecto Básico ha de contener al menos un “presupuesto aproximado”, por capítulos, oficios ó tecnologías. El referido cálculo aproximado del presupuesto en el Proyecto Básico, necesariamente se ha de realizar mediante la técnica del predimensionado de costes, dado que en esta fase del proyecto arquitectónico aún no se dispone de cálculos de estructura, planos de acondicionamiento e instalaciones, ni de la resolución constructiva de la envolvente, por cuanto no se han desarrollado las especificaciones propias del posterior proyecto de ejecución. Esta estimación aproximada del coste de la obra, es sencilla de calcular mediante la aplicación práctica del modelo desarrollado, y ello tanto para estudiantes como para profesionales del sector de la construcción. Como se contiene y justifica en el presente trabajo, la aplicación práctica del modelo para el cálculo de costes en las fases preliminares del proyecto, es rápida y certera, siendo de sencilla aplicación tanto en vivienda unifamiliar (aisladas y pareadas), como en viviendas colectivas (bloques y manzanas). También, el modelo es de aplicación en el ámbito de la valoración inmobiliaria, tasaciones, análisis de viabilidad económica de promociones inmobiliarias, estimación de costes de obras terminadas y en general, cuando no se dispone del proyecto de ejecución y sea preciso calcular los costes de construcción de las obras proyectadas. Además, el modelo puede ser de aplicación para el chequeo de presupuestos calculados por el método analítico tradicional (estado de mediciones pormenorizadas por sus precios unitarios y costes descompuestos), tanto en obras de iniciativa privada como en obras promovidas por las Administraciones Públicas. Por último, como líneas abiertas a futuras investigaciones, el modelo de “predimensionado costes de referencia 5 niveles de cálculo”, se podría adaptar y aplicar para otros usos y tipologías diferentes a la residencial, como edificios de equipamientos y dotaciones públicas, valoración de edificios históricos, obras de urbanización interior y exterior de parcela, proyectos de parques y jardines, etc….. Estas lineas de investigación suponen trabajos paralelos al aquí desarrollado, y que a modo de avance parcial se recogen en las comunicaciones presentadas en los Congresos internacionales Scieconf/Junio 2013, Rics‐Cobra/Septiembre 2013 y en el IV Congreso nacional de patología en la edificación‐Ucam/Abril 2014. ABSTRACT The aim of this research is to develop a fast, efficient and accurate calculation model to estimate the final costs of construction, during the preliminary stages of the architectural project. It is a tool to be used during the preliminary study process, drafting and basic project. It is not therefore necessary to have the exact, graphic definition of the project in order to be able to calculate the cost‐scaling. It is assumed that no deviation 10% higher than the final cost of the projected work will occur during the implementation. To that purpose five levels of cost estimation are formulated in the scaling model, from a lower to a higher conceptual and graphic definition of the architectural project. The five calculation levels are: two that take as point of reference the ”exogenous” values of house sales (initial development and basic development), and three based on calculation of endogenous costs (preliminary study, drafting and basic project). The first ”exogenous” estimation level (level.1) is calculated over the market valuation of real estate development and the proportion the cost of land has over the value of the houses. The fifth level of valuation, also an ”exogenous” one (level.5) is calculated from the contrast between the basic external market value, the construction costs, and the estimated development costs of the projected work. This contrast between the ”repercussions of construction costs” and the market value is an innovation regarding the existing cost‐scaling models, as a methodological process of extrinsic verification and validation, of the accuracy and validity of the estimations obtained from the implementation of the model, which is called Pcr.5n (reference cost‐scaling with .5calculation levels according to the stage of project definition/ architectural conceptualization) The other three levels of “endogenous” construction cost‐scaling are estimated from internal analytical calculations by project units and synthetic calculations by construction systems and functional spaces. This is performed during the initial stages of the project corresponding to preliminary study process (level.2), drafting (level.3) and basic project (level.4). These theoretical internal calculations are finally evaluated and validated via implementation of the model in residential buildings, whose real costs on final payment of the works are known. As the level of definition and development of the project evolves, from preliminary study to basic project, the calculation improves in its level of efficiency and estimation accuracy, following the applied methodology: [successive approximations at finite intervals]. The basic hypothesis as above has been made, achieving a maximum deviation of one tenth, in the estimated calculation of the true cost of predimensioning work. The cost calculation for material execution of the works is developed from functional “three‐dimensional” cubic parameters for the planned space and constructive “two dimensional” metric parameters for the surface that envelopes around the facade and the building’s footprint on the plot. The functional and building costs are analyzed at every stage of the process of calculation with “thematic/specific” parameters of management (Pg), project (Pp) and execution (Pe) of the estimated work in question, and finally the cost of contractual construction is estimated, as a consequence of increasing the cost of material execution with the percentage pertaining to the thematic/specific parameter of the projected work. The construction cost‐scaling Pcr.5n model will be a useful tool of great interest in the professional field to estimate the cost of the Basic Project as prescribed in the technical and legal framework of application. According to the appendix of the Technical Building Code (CTE), it is compulsory that the basic project contains an “approximate valuation of the material execution of the work, projected by chapters”, that is, that the basic project must contain at least an “approximate estimate” by chapter, trade or technology. This approximate estimate in the Basic Project is to be performed through the cost‐scaling technique, given that structural calculations, reconditioning plans and definitive contruction details of the envelope are still not available at this stage of the architectural project, insofar as specifications pertaining to the later project have not yet been developed. This approximate estimate of the cost of the works is easy to calculate through the implementation of the given model, both for students and professionals of the building sector. As explained and justified in this work, the implementation of the model for cost‐scaling during the preliminary stage is fast and accurate, as well as easy to apply both in single‐family houses (detached and semi‐detached) and collective housing (blocks). The model can also be applied in the field of the real‐estate valuation, official appraisal, analysis of the economic viability of real estate developments, estimate of the cost of finished projects and, generally, when an implementation project is not available and it is necessary to calculate the building costs of the projected works. The model can also be applied to check estimates calculated by the traditional analytical method (state of measurements broken down into price per unit cost details), both in private works and those promoted by Public Authorities. Finally, as potential lines for future research, the “five levels of calculation cost‐scaling model”, could be adapted and applied to purposes and typologies other than the residential one, such as service buildings and public facilities, valuation of historical buildings, interior and exterior development works, park and garden planning, etc… These lines of investigation are parallel to this one and, by way of a preview, can be found in the dissertations given in the International Congresses Scieconf/June 2013, Rics‐Cobra/September 2013 and in the IV Congress on building pathology ‐Ucam/April 2014.

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El convento de la Tourette se concibe en un marco temporal concreto. Sin embargo sería erróneo limitarse a él a la hora de intentar desentrañar las claves del proyecto y llegar a un entendimiento completo del mismo. Es necesario analizarlo atendiendo al conjunto global de la producción del arquitecto, la cual ha ido forjando una forma propia de hacer que condicionará en gran medida las decisiones tomadas en cada momento. Esta tesis realiza una investigación de doble sentido (recogida en los dos volúmenes que la componen). Por un lado analiza el proceso evolutivo en el que se enhebra la obra intentando desentrañar la influencia de aquel en ésta, pero por otro, invirtiendo el sentido, también desvela ciertas claves de la arquitectura de Le Corbusier a través del preciso análisis de proyecto de la Tourette. Pero aún más, la pertenencia del convento de la Tourette al “tipo monacal” introduce la presencia de un tiempo histórico “ab origine, in hillo tempore” del que la investigación se hace eco. Un tiempo al que Le Corbusier siempre volverá la mirada, y que en este caso se encuentra muy presente, determinando el devenir del proyecto de una forma particular y definitiva. Por tanto este trabajo pretende convocar los dos tiempos que conviven en el proyecto del convento de la Tourette, el corto, concreto y cerrado de su génesis y desarrollo, que se circunscribe al periodo de proyecto comprendido entre los años 1953 y 1956, y el más dilatado, abstracto y abierto, que enlaza el proyecto con la producción de Le Corbusier, y aún más atrás, con el tiempo histórico. En la primera parte del trabajo (A. “PROYECTO”) se realiza un análisis cronológico de la documentación gráfica ‐incluyendo su re‐dibujo‐ y escrita del proyecto, desde los croquis que el arquitecto esboza en su primera visita al valle del Turdine hasta el documento final del project d’exécution, a partir del cual se materializará la obra. El objetivo de la investigación no es describir la realidad construida, sino participar del secreto de su génesis analizando y intentando comprender los dibujos o el pensamiento de sus creadores. Frente a la multitud de escritos sobre la obra del convento de la Tourette el foco de atención de la tesis se centra en el proyecto. Es en esta fase de elaboración y desarrollo de las ideas, previa a la acción de construir, donde pensamos que La deriva de la propia actividad del arquitecto avala esta decisión. A lo largo de su carrera Le Corbusier va reduciendo progresivamente su presencia en la obra centrándose cada vez más en las fases de la concepción y proyecto arquitectónico. Considera que en ellas se produce lo “esencial” mientras que deja las decisiones de obra en manos de sus colaboradores y de los diversos “operadores”, participando tan solo en el visto bueno final de las mismas (esta posición contrasta con la entrega de los constructores para quienes el arquitecto encarna la innovación tecnológica). En la Tourette realiza exclusivamente tres visitas de obra en las que actúa como un mero escenógrafo, ajustando aquí y allá pequeñas decisiones de la construcción. Esta distancia refuerza su posición en el proceso y subraya su búsqueda de un ideal teórico desarrollado sobre todo en la fase de proyecto frente a lo subsidiario de la realidad práctica. En la segunda parte de la tesis, denominada “RE‐VISIONES”, se abre el campo de acción a otras facetas de la ingente actividad de Le Corbusier como la pintura, la escritura o incluso la escultura; una nueva MIRADA bajo el prisma de una serie de conceptos‐llave recurrentes en su Petit vocabulaire (l’homme, la céllule, la bôite, l’organisme). Se amplía, por tanto, el marco temporal, repasando de modo genérico y transversal la evolución de los mismos en la trayectoria del arquitecto, comprobándose como el convento de la Tourette es un eslabón característico y clave en todos ellos. ABSTRACT The Convent of La Tourette is conceived in a specific time frame. However, it would be erroneous to limit oneself simply to this when trying to unravel the keys to the project and to fully understand it. It is necessary to analyse the project attending to the entire production of the architect, who progressively shaped his own way of doing things which would condition to a large extent the decisions taken at each point in time. This thesis carries out its research in a dual sense (brought together in both its volumes). On the one hand, it analyses the development process threading the work attempting to fathom the influence of the former on the latter but, on the other hand, inverting the sense which also reveals certain keys to the architecture of Le Corbusier by means of a detailed analysis of the project for La Tourette. Even more so, the Convent of La Tourette belonging to the “monastic type” introduces the presence of a historical period “ab origine, in hillo tempore" reflected in the research. A period to which Le Corbusier would always look back on and which is extremely present in this case, determining the evolution of the project in a particular and definitive manner. Therefore, this piece of work attempts to bring together both time periods co‐existing in the project for the Convent of La Tourette, the short, specific and closed one regarding its genesis development, encompassing the project period going from 1953 to 1956, and the broader, more abstract and open one linking the project with the production by Le Corbusier, and even further back, with the historical period. The first part of this work (A. “PROJECT") performs a chronological analysis of the graphic – including its re‐drawing –and written documentation of the project, from the outlines the architect sketched in his first visit to the Turdine valley up to the final document of the project d’exécution from which the works would materialise. The main object of the investigation is not intend to describe the reality constructed, but to participate in the secret of its genesis, analysing and trying to understand the drawings or the thoughts of its creators. As opposed to the many writings on the work of the Convent of La Tourette, the attention of this thesis focusses on the project. It is in this preparation and development stage, previous to the construction action, where it is believed the real keys to understand and explain it lie. The enormous work collecting, ordering and analysing the abundant graphic and written information reveals “a multidirectional process, full of regrets and securities, errors and certainties, leaps backwards and tremendous foresight in the process” directed not only by the conditions of the assignment, but also by the way of doing things of Le Corbusier and his collaborator I. Xenakis. A web of hidden relationships is weaved in this open space of the process, often distant in time, allowing us to draw a new route, not only towards the constructed works of the Convent of La Tourette, but towards understanding his entire production. It is in the creation of this new path of knowledge, and not only in its conclusion, where the “thesis” acquires its true meaning. In second place, the drift in the actual activity of the architect backs this decision. Throughout his career, Le Corbusier progressively reduced his presence on site, focussing more and more on the conception and architectural project stages. He considered that which was “essential” took place in these, while leaving the on‐site decisions to his collaborators and the different “operators”, only participating in their final approval (this position is in contrast with the delivery by the constructors for whom the architect embodies the technological innovation). In La Tourette he exclusively made three on‐site visits, in which acted as a pure stage designer, adjusting small construction decisions here and there. This distance reinforces his position in the process and underlines his search for a theoretical ideal developed primarily in the project stage as opposed to that which is secondary of the practical reality. The second part of the thesis, called “RE‐VISIONS”, widens the scope of action to other aspects of the huge activity by Le Corbusier, encompassing painting, writing or even sculpture; a new VIEW under the prism of a series of recurrent key concepts in his Petit vocabulaire (l’homme, la céllule, la bôite, l’organisme). The time frame is therefore extended, revising in a generic and transversal manner the development of these concepts throughout the career of Le Corbusier, confirming how the Convent of La Tourette is a characteristic and key link to each of them.

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La escasez de recursos, la desertización creciente y el previsible calentamiento global forman un escenario físico sin precedentes que urge la revisión de las relaciones entre arquitectura y agua en la urbanización de los paisajes secos, donde la aridez es el factor limitante principal. Cuestionar la idea de escasez, la de residuo o la de confort es el punto de partida para analizar la hidrología urbana. La condición ubicua y dinámica del agua, sus continuos cambios de estado y las implicaciones energéticas y ambientales involucradas argumentan a favor de un entendimiento integral, holístico, que aborda el diseño en relación a lo paisajístico, lo infraestructural y lo ambiental como un único ámbito de investigación, planteado en términos no solo de materia o de escasez, sino de energía. Este trabajo se interesa por el rol de la arquitectura en este proyecto conjunto, integral, del espacio físico con el ciclo hidrológico donde lo orgánico, lo geológico y lo atmosférico están ligados, y donde las categorías de lo hidrológico y lo hidráulico se confunden. Las profundas implicaciones culturales en la construcción de la naturaleza urbana y en la relación con el cuerpo humano adquieren especial notoriedad en los modelos de paisaje y de espacio público adoptados, importados desde las geografías húmedas, y en la estigmatización del agua desde los presupuestos del higienismo decimonónico, que conduce al hidrofugado general de una ciudad aséptica y estéril, que se extiende hasta las envolventes de fachadas estancas y los interiores blancos y satinados. La búsqueda de referentes salta la modernidad hacia contextos de baja energía como el oasis tradicional de las tierras áridas, que concilia la formación de un ecosistema productivo con la climatización de un espacio público exterior, o los ambientes aislados de la investigación aeroespacial, con ciclos cerrados de materia. Las condiciones del ciclo del agua, como la vinculación con el suelo y el territorio, la capacidad de disolver, de mezclarse y de lavar, su volumen variable y su papel como termorregulador señalan el interés que características físicas como la fluidez, la biodiversidad, la hidrofilia y la transpirabilidad tienen para una arquitectura con competencias hidráulicas y un espacio urbano transparente a los procesos del agua. La morfología y localización, la elección de escalas, jerarquías y relaciones entre espacios y la reformulación de los sistemas constructivos aparecen como herramientas y categorías propias desde las que proponer mejores respuestas a problemas como la deshidratación, la erosión y la contaminación. Una urbanización permeable e hidrófila que absorba el agua como un recurso valioso, nuevos ensamblajes para la bioquímica urbana (que introduzcan una idea de limpieza más próxima a fertilidad que a la desinfección), y el diseño de las condiciones atmosféricas a través de una arquitectura transpirable, que se empapa y rezuma frescor, son las claves de este nuevo proyecto. La ciudad se piensa como una síntesis multiescalar de espacios hidráulicos que aporta mayor resiliencia frente a la desertificación y las condiciones climáticas extremas, y mayor visibilidad en la escena pública al agua y a las inevitables conexiones entre ecología y economía. Pero también es una oportunidad para revisar las categorías disciplinares, para renovar las consistencias materiales, las calidades ambientales y las relaciones entre el cuerpo y el espacio. ABSTRACT The shortage of resources, foreseeable global warming and increasing desertification create an unprecedented prospect that question the existing relationships between water and architecture, in the urbanization of the arid lands. The awareness of the huge volumes of water that pierce unnoticed through urban space, their impact on the landscape as well as on environmental qualities, promote a design field where cultural, social and political considerations intersect, related to the body and the physical experience of space within the built environment. Fluidity and ubiquity, solution ability, variability and cyclical processes are characteristic of water as material, directly related with the fields of potential, chemical and thermal energy and the reality of its mass, as it occupies a changing volume in space. These are also the imposing cross sections that water introduces into the project, that argue in favor of a comprehensive and holistic understanding, of addressing design in relationship to landscape, infrastructure and environmental issues as a one single area of research. This work attempts to investigate how architecture, with its specific tools, can partake in the design of water cycle in the space, linking the organic, geological, and atmospheric, blurring the lines between hydrology and hydraulic. It aims to identify issues, within the continuous query associated with water, that deal with the architectural project and may have here better results. The deep cultural implications in the construction of urban nature and the relationship with the body, acquire special notoriety in the models of landscape and public space adopted, imported from humid geographies. Also in the stigmatization of water from the premises of nineteenth- century hygienics, which lead to the entire waterproofing of an aseptic and sterile city, to the sealed facades and white and polished interiors. The search for alternative references goes beyond modernity towards a mindset of low energy, as the traditional oasis of arid lands, which aims to reconcile the formation of a productive ecosystem with the conditioning of an outdoor public space, or the controlled environments of aerospace research, with closed cycles of matter. Fluidity, biodiversity, hydrophilicity and breathability are characteristic of an architecture with hydraulic competences. The distributing phenomenon of water, its necessary connectivity to the ground and to small cycles in the ecosystems, shows strong affinities with an infrastructural architecture, as an alternative to large-scale centralized networks. Its volume has approximated to the dimensions of the built space, promoting a new found condition of coexistence. A permeable and hydrophilic urbanization absorbs water as a valuable resource; new assemblies for urban biochemistry introduce an idea of sanitation closer to fertility than to disinfection; a breathable architecture that soaks and exudes freshness design the atmospheric conditions: these are the essential components of this new project. The city is understood as a synthesis of multi-scale hydraulic spaces that provides greater resilience against desertification and increases the visibility of water and the linkages between ecology and economy in the public scene. It is also an opportunity to review the disciplinary categories of architecture, the material consistencies, the environmental qualities and the relationship between body and space.