995 resultados para (-)-épigallocatéchine-3-gallate


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This proof-of-concept study assessed whether the reduction of the degradation of the demineralized organic matrix (DOM) by pre-treatment with protease inhibitors (PI) is effective against dentin matrix loss. Bovine dentin slices were demineralized with 0.87 M citric acid, pH 2.3, for 36 hrs. In sequence, specimens were treated or not (UT, untreated) for 1 min with gels containing epigallocatechin 3-gallate (EGCG, 400 A mu M), chlorhexidine (CHX, 0.012%), FeSO4 (1 mM), NaF (1.23%), or no active compound (P, placebo). Specimens were then stored in artificial saliva (5 days, 37 degrees C) with the addition of collagenase (Clostridium histolyticum, 100 U/mL). We analyzed collagen degradation by assaying hydroxyproline (HYP) in the incubation solutions (n = 5) and evaluated the dentin matrix loss by profilometry (n = 12). Data were analyzed by ANOVA and Tukey's test (p < 0.05). Treatment with gels containing EGCG, CHX, or FeSO4 led to significantly lower HYP concentrations in solution and dentin matrix loss when compared with the other treatments. These results strongly suggest that the preventive effects of the PI tested against dentin erosion are due to their ability to reduce the degradation of the DOM.

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Gli spermatozoi di suino sottoposti alla procedura di sessaggio mediante citofluorimetria presentano una serie di modificazioni morfo-funzionali che compromettono nel tempo la loro sopravvivenza e la capacità fecondante. Questi spermatozoi, inoltre, a causa della sensibilità ai danni indotti dalla crioconservazione, vengono solitamente conservati allo stato liquido a 15-17°C, con conseguente ulteriore peggioramento nel tempo della qualità delle cellule spermatiche sessate. Lo scopo della ricerca è stato quello di valutare le modificazioni di alcune caratteristiche morfo-funzionali degli spermatozoi in seguito a sex-sorting e conseguente conservazione. Successivamente si è cercato di migliorare i parametri qualitativi del seme sessato mediante l’aggiunta di sostanze antiossidanti e la messa a punto di una nuova metodica di conservazione. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la procedura di sessaggio e la conseguente conservazione per 24-26 ore a 15°C hanno indotto un peggioramento significativo delle caratteristiche morfo-funzionali (vitalità, integrità acrosomiale, quantità e distribuzione dell’Hsp70, capacità fecondante). Mentre l’azione degli antiossidanti non si è rivelata efficace nel miglioramento della qualità degli spermatozoi durante le fasi di colorazione e passaggio attraverso il citofluorimetro, l’azione congiunta del plasma seminale e degli antiossidanti superossido-dismutasi ed epigallocatechina-3-gallato ha indotto un miglioramento significativo della vitalità degli spermatozoi. Per la conservazione del seme di suino è stata testata la tecnica di incapsulazione in membrane di alginato di bario che permette, durante l’inseminazione artificiale, un rilascio graduale degli spermatozoi e l’utilizzo di un quantitativo inferiore di materiale seminale. L’applicazione di tale tecnica per la conservazione degli spermatozoi di suino sessati non sembra provocare un calo significativo della vitalità, dell’integrità acrosomiale e dell’efficienza totale di fecondazione rispetto al seme sortato e conservato diluito suggerendo futuri studi in vivo. Una migliore conoscenza dei danni indotti da queste tecnologie e la loro minimizzazione potrà stimolare in futuro l’utilizzo su vasta scala del seme sessato nel suino.

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Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.

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The formation of a complete solid solution between acetylacetonate (acac) complexes of chromium and gallium, (Cr1-x,Ga-x)(acac)(3) for 0.1

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beta-Casein and alpha-casein showed radical-scavenging activities in aqueous solution, whereas bovine serum albumin (BSA), alpha-lactalbumin and P-lactoglobulin showed much weaker antioxidant activity, when assessed by the 2,2'-azino-bis(3-ethylbenzothiazoline-6-sulfonic acid) diammonium salt (ABTS) radical-scavenging assay. However, beta-casein and alpha-casein showed reduced antioxidant activity after storage at 30 degrees C. An increase in radical- scavenging activity and a fall in fluorescence of the protein component were evident after 6 h, when BSA, beta-lactoglobulin or casein were mixed with EGCG, and excess EGCG was removed, indicating the formation of a complex with this protein on mixing. Storage of all the proteins with EGCG at 30 degrees C caused an increase in the antioxidant activity of the isolated protein component after separation from excess EGCG. This showed that EGCG was reacting with the proteins and that the protein-bound catechin had antioxidant properties. The reaction of EGCG with BSA, casein and beta-lactoglobulin was confirmed by the loss of fluorescence of the protein on storage, and the increase in UV absorbance between 250 and 400 nm. The increase in antioxidant activity of BSA after storage with EGCG was confirmed by the ferric reducing antioxidant potential (FRAP) and the oxygen radical antioxidant capacity (ORAC) assays. (c) 2006 Elsevier Ltd. All rights reserved.

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A low temperature synthesis method based on the decomposition of urea at 90°C in water has been developed to synthesise fraipontite. This material is characterised by a basal reflection 001 at 7.44 Å. The trioctahedral nature of the fraipontite is shown by the presence of a 06l band around 1.54 Å, while a minor band around 1.51 Å indicates some cation ordering between Zn and Al resulting in Al-rich areas with a more dioctahedral nature. TEM and IR indicate that no separate kaolinite phase is present. An increase in the Al content however, did result in the formation of some SiO2 in the form of quartz. Minor impurities of carbonate salts were observed during the synthesis caused by to the formation of CO32- during the decomposition of urea.

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The infrared (IR) spectroscopic data and Raman spectroscopic properties for a series of 13 “pinwheel-like” homoleptic bis(phthalocyaninato) rare earth complexes M[Pc(α-OC5H11)4]2 [M = Y and Pr–Lu except Pm; H2Pc(α-OC5H11)4 = 1,8,15,22-tetrakis(3-pentyloxy)phthalocyanine] have been collected and comparatively studied. Both the IR and Raman spectra for M[Pc(α-OC5H11)4]2 are more complicated than those of homoleptic bis(phthalocyaninato) rare earth analogues, namely M(Pc)2 and M[Pc(OC8H17)8]2, but resemble (for IR) or are a bit more complicated (for Raman) than those of heteroleptic counterparts M(Pc)[Pc(α-OC5H11)4], revealing the decreased molecular symmetry of these double-decker compounds, namely S8. Except for the obvious splitting of the isoindole breathing band at 1110–1123 cm−1, the IR spectra of M[Pc(α-OC5H11)4]2 are quite similar to those of corresponding M(Pc)[Pc(α-OC5H11)4] and therefore are similarly assigned. With laser excitation at 633 nm, Raman bands derived from isoindole ring and aza stretchings in the range of 1300–1600 cm−1 are selectively intensified. The IR spectra reveal that the frequencies of pyrrole stretching and pyrrole stretching coupled with the symmetrical CH bending of –CH3 groups are sensitive to the rare earth ionic size, while the Raman technique shows that the bands due to the isoindole stretchings and the coupled pyrrole and aza stretchings are similarly affected. Nevertheless, the phthalocyanine monoanion radical Pc′− IR marker band of bis(phthalocyaninato) complexes involving the same rare earth ion is found to shift to lower energy in the order M(Pc)2 > M(Pc)[Pc(α-OC5H11)4] > M[Pc(α-OC5H11)4]2, revealing the weakened π–π interaction between the two phthalocyanine rings in the same order.