945 resultados para riqualificazione energetica, prestazioni energetiche,efficienza energetica degli edifici
Resumo:
Le encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST), o malattie da prioni, sono malattie neurodegenerative che colpiscono l'uomo e gli animali. Le più note tra le EST animali sono la scrapie della pecora e della capra, l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la Sindrome del dimagrimento cronico (CWD) dei cervidi. Negli uomini ricordiamo la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) nelle sue diverse forme (sporadica, genetica, iatrogenica e variante). La dimostrazione che la variante della CJD (vCJD) sia causata dallo stesso agente eziologico della BSE, ha evidenziato il potenziale zoonotico di queste malattie. Le EST sono caratterizzate da tempi di incubazione estremamente lunghi ed esito invariabilmente fatale. Il momento patogenetico centrale comune a tutte queste malattie è rappresentato dalla modificazione conformazionale di una proteina cellulare denominata PrPC (proteina prionica cellulare) in una isoforma patologica denominata PrPSc, insolubile e caratterizzata da una parziale resistenza alle proteasi, che tende a depositarsi sotto forma di fibrille amiloidee nel SNC dei soggetti colpiti. La suscettibilità degli ovini alla scrapie è largamente influenzata dal genotipo del gene dell’ospite che codifica per la PrP (PRNP), e più precisamente da tre polimorfismi presenti ai codoni 136, 154 e 171. Questi si combinano in cinque principali alleli, ARQ, VRQ, AHQ, ARH e ARR, correlati a differenti gradi di suscettibilità alla malattia. Risultati ottenuti da un precedente studio d’infezione sperimentale di ovini di razza Sarda con scrapie classica (Vaccari G et al 2007), hanno suggeriscono l’ordine di suscettibilità ARQ>AHQ>ARH. L’allele ARR, è risultato invece associato ai più alti livelli di protezione dalla malattia. Dallo stesso studio di trasmissione sperimentale e da uno studio epidemiologico di tipo caso-controllo, è inoltre emerso che nella razza Sarda, ovini con l’allele ARQ, con sostituzione amminoacidica al codone 137 Metionina (M)/Treonina (T) (AT137RQ) o al 176 Asparagina (N)/Lisina (K) (ARQK176) in eterozigosi sono protetti dalla scrapie. Inoltre studi di trasmissione sperimentale della BSE in ovini della stessa razza con tre differenti genotipi (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR), hanno dimostrato come la BSE abbia un targeting genetico molto simile a quello della scrapie, evidenziando il genotipo ARQ/ARQ come il più suscettibile. L’obbiettivo della seguente tesi è stato quello di verificare se fosse possibile riprodurre in vitro la differente suscettibilità genetica degli ovini alle EST evidenziata in vivo, utilizzando il PMCA (Protein Misfolding Cyclic Amplification), la metodica ad oggi più promettente e di cui è stata dimostrata la capacità di riprodurre in vitro diverse proprietà biologiche dei prioni. La tecnica, attraverso cicli ripetuti di sonicazione/incubazione, permette la conversione in vitro della PrPC presente in un omogenato cerebrale (substrato), da parte di una quantità minima di PrPSc (inoculo) che funge da “innesco” della reazione. Si è voluto inoltre utilizzare il PMCA per indagare il livello di protezione in omozigosi di alleli rari per i quali, in vivo, si avevano evidenze di protezione dalla scrapie solo in eterozigosi, e per studiare la suscettibilità degli ovini alla BSE adattata in questa specie. È stata quindi testata in PMCA la capacità diversi substrati ovini recanti differenti genotipi, di amplificare la PrPSc dello stesso isolato di scrapie classica impiegato nel precedente studio in vivo o di un inoculo di BSE bovina. Inoltre sono stati saggiati in vitro due inoculi di BSE costituiti da omogenato cerebrale di due ovini sperimentalmente infettati con BSE (BSE ovina) e recanti due differenti genotipi (ARQ/ARQ e ARR/ARR). Per poter descrivere quantitativamente il grado di correlazione osservato i risultati ottenuti in vitro e i quelli riscontrati dallo studio di sperimentazione con scrapie, espressi rispettivamente come fattori di amplificazione e tempi d’incubazione registrati in vivo, sono stati analizzati con un modello di regressione lineare. Per quanto riguarda la scrapie, i risultati ottenuti hanno evidenziato come i genotipi associati in vivo a suscettibilità (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ and AHQ/ARH) siano anche quelli in grado di sostenere in PMCA l’amplificazione della PrPSc, e come quelli associati a resistenza (ARQ/ARR and ARR/ARR) non mostrino invece nessuna capacità di conversione. Dall’analisi di regressione lineare è inoltre emerso come l’efficienza di amplificazione in vitro dei differenti genotipi testati sia inversamente proporzionale ai tempi d’incubazione registrati in vivo. Inoltre nessuna amplificazione è stata riscontrata utilizzando il substrato con genotipo raro ARQK176/ARQK176 suggerendo come anche questo possa essere associato a resistenza, almeno nei confronti dell’isolato di scrapie classica utilizzato. Utilizzando come inoculo in PMCA l’isolato di BSE bovina, è stato possibile riscontrare, nei tre genotipi analizzati (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR) un evidente amplificazione per il solo genotipo ARQ/ARQ, sottolineando anche in questo caso l’esistenza di una correlazione tra suscettibilità riscontrata in vivo e capacità di conversione in PMCA. I tre i substrati analizzati mostrano inoltre una buona efficienza di amplificazione, per altro simile, se si utilizza la PrPSc dell’inoculo di BSE sperimentalemente trasmessa agli ovini. Questi genotipi sembrerebbero dunque ugualmente suscettibili se esposti a BSE adattata alla specie ovina. I risultati di questa tesi indicano dunque una correlazione diretta tra la capacità di conversione della PrPC con il PMCA e la suscettibilità osservata in vivo per i differenti genotipi analizzati. Mostrano inoltre come il PMCA possa essere una valida alternativa agli studi di trasmissione in vivo e un rapido strumento utile non soltanto per testare, ma anche per predire la suscettibilità genetica degli ovini a diversi ceppi di EST, rappresentando un valido aiuto per l’individuazione di ulteriori genotipi resistenti, così da incrementare la variabilità genetica dei piani di selezione attuati per gli ovini per il controllo di queste malattie.
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Lo scopo di questa tesi di dottorato di ricerca consiste nel fornire la giusta collocazione della manutenzione fra le discipline dell'ingegneria, raccogliendo e formalizzando le metodologie di analisi di affidabilità e di pianificazione degli interventi all'interno di un unico processo di progettazione e di controllo. In linea di principio, un processo di analisi dei guasti e di programmazione della manutenzione deve essere in grado di fornire chiare e sicure risposte ai seguenti interrogativi: Quali sono le funzioni richieste e con quali criteri di prestazioni il sistema è chiamato ad assolverle? Qual'è l'andamento della disponibilità del sistema in funzione del tempo? Quanti guasti e di quale tipo si possono verificare durante la vita del sistema? Quali possono essere le conseguenze che ledono la sicurezza e la protezione ambientale? Quanti pezzi di ricambio sono necessari? Che tipo di interventi di manutenzione preventiva risultano tecnicamente fattibili? A quali scadenze devono essere programmati? A quanto ammonta la previsione del costo di esercizio del sistema? Quante squadre di manutenzione devono essere assegnate al sistema? Come deve essere organizzata la logistica di manutenzione? Con quali tecniche si prevede di riconoscere i guasti e quali procedure devono essere attivate per farvi fronte? E' possibile implementare tecniche di `condition monitoring' delle macchine? Su quali tempi di preavviso sui guasti si può contare? In tal senso, la manutenzione necessita delle tecniche e degli opportuni strumenti che siano in grado di misurarne l'efficacia e l'efficienza. L'efficacia in primo luogo, in quanto l'obiettivo principe consiste nel garantire che il sistema oggetto di studio continui a svolgere le proprie funzioni nei limiti di prestazioni accettabili, secondo le specifiche richieste degli utilizzatori. L'efficienza in secondo luogo, ma non per questo di minore importanza, in quanto perseguendo l'obiettivo di cui sopra, occorre impegnare il minimo di risorse possibili, organizzando con razionalità il supporto logistico del sistema al fine di raggiungere i massimi livelli di rendimento di gestione. La migliore strategia di manutenzione può essere pianificata, a priori, solo se si è in grado di prevedere con la necessaria precisione l'evoluzione del sistema nel suo contesto operativo futuro. E' allora possibile formulare un modello matematico del sistema, studiarne la dinamica ed osservare le reazioni alla simulazione di eventuali stimoli esterni. I metodi ed i modelli noti dell'ingegneria dei sistemi possono essere molto utili per la risoluzione di casi semplici, ma sovente richiedono la formulazione di ipotesi troppo restrittive che aumentano in modo inaccettabile la distanza del modello dalla realtà. Una strada alternativa ed affascinante, che ho percorso con entusiasmo durante questi tre anni di studi e ricerca, consiste nella simulazione numerica della vita del sistema, utilizzando il metodo Monte Carlo per la gestione dei processi stocastici di guasto e per l'esecuzione degli interventi di manutenzione. Ho quindi messo a punto il codice di simulazione RAMSES, perseguendo l'idea di costruire uno strumento di misura dell'efficacia e dell'efficienza di una politica di manutenzione simulata al calcolatore. Nella tesi si presentano i concetti di base dell'ingegneria dei sistemi applicata al caso della manutenzione e si introduce il formalismo della Reliability Centred Maintenance come miglior guida nella pianificazione delle schede di manutenzione. Si introducono le nozioni di base per fornire una struttura solida e corretta alla simulazione numerica dei sistemi riparabili e si presenta il codice RAMSES corredando le informazioni tecniche con i dovuti esempi ed applicazioni pratiche. Si conclude il lavoro, infine, con la presentazione di un modello di massima verosimiglianza particolarmente utile per le analisi dei dati sperimentali di guasto dei componenti.
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Nel presente elaborato si è affrontato il tema dell’utilizzo di biogas per la produzione di energia elettrica e termica; in primo luogo è stata fatta una panoramica sulla diffusione degli impianti di digestione anaerobica in Europa e in Italia, con particolare attenzione alla logica degli incentivi volti alla promozione delle fonti rinnovabili. Il biogas presenta infatti il duplice vantaggio di inserirsi sia nell’ottica del “Pacchetto Clima-Energia” volto alla riduzione di consumi energetici da fonti fossili, sia nella migliore gestione dei rifiuti organici volta alla riduzione del conferimento in discarica. L’allineamento degli incentivi italiani con quelli europei, prevista dal Decreto Ministeriale 6 luglio 2012, presuppone un’espansione del settore biogas più oculata e meno speculativa di quella degli ultimi anni: inoltre la maggiore incentivazione all’utilizzo di rifiuti come materia prima per la produzione di biogas, comporta l’ulteriore vantaggio di utilizzare, per la produzione di energia e compost di qualità, materia organica che nel peggiore dei casi sarebbe inviata in discarica. Il progetto oggetto di studio nasce dalla necessità di trattare una quantità superiore di Frazione Organica di Rifiuti Solidi Urbani da R.D, a fronte di una riduzione drastica delle quantità di rifiuti indifferenziati conferiti ai siti integrati di trattamento di rifiuti non pericolosi. La modifica nella gestione integrata dei rifiuti prevista dal progetto comporta un aumento di efficienza del sito, con una drastica riduzione dei sovvalli conferiti a discariche terze, inoltre si ha una produzione di energia elettrica e termica annua in grado di soddisfare gli autoconsumi del sito e di generare un surplus di elettricità da cedere in rete. Nel contesto attuale è perciò conveniente predisporre nei siti integrati impianti per il trattamento della FORSU utilizzando le Migliori Tecniche Disponibili proposte dalle Linee Guida Italiane ed Europee, in modo tale da ottimizzare gli aspetti ambientali ed economici dell’impianto. Nell’elaborato sono stati affrontati poi gli iter autorizzativi necessari per le autorizzazioni all’esercizio ed alla costruzione degli impianti biogas: a seguito di una dettagliata disamina delle procedure necessarie, si è approfondito il tema del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale, con particolare attenzione alla fase di Studio di Impatto Ambientale. Inserendosi il digestore in progetto in un sito già esistente, era necessario che il volume del reattore fosse compatibile con l’area disponibile nel sito stesso; il dimensionamento di larga massima, che è stato svolto nel Quadro Progettuale, è stato necessario anche per confrontare le tipologie di digestori dry e wet. A parità di rifiuto trattato il processo wet richiede una maggiore quantità di fluidi di diluizione, che dovranno essere in seguito trattati, e di un volume del digestore superiore, che comporterà un maggiore dispendio energetico per il riscaldamento della biomassa all’interno. È risultata perciò motivata la scelta del digestore dry sia grazie al minore spazio occupato dal reattore, sia dal minor consumo energetico e minor volume di reflui da trattare. Nella parte finale dell’elaborato sono stati affrontati i temi ambientali,confrontando la configurazione del sito ante operam e post operam. È evidente che la netta riduzione di frazione indifferenziata di rifiuti, non totalmente bilanciata dall’aumento di FORSU, ha consentito una riduzione di traffico veicolare indotto molto elevato, dell’ordine di circa 15 mezzi pesanti al giorno, ciò ha comportato una riduzione di inquinanti emessi sul percorso più rilevante per l’anidride carbonica che per gli altri inquinanti. Successivamente è stata valutata, in modo molto conservativo, l’entità delle emissioni ai camini dell’impianto di cogenerazione. Essendo queste l’unico fattore di pressione sull’ambiente circostante, è stato valutato tramite un modello semplificato di dispersione gaussiana, che il loro contributo alla qualità dell’aria è generalmente una frazione modesta del valore degli SQA. Per gli ossidi di azoto è necessario un livello di attenzione superiore rispetto ad altri inquinanti, come il monossido di carbonio e le polveri sottili, in quanto i picchi di concentrazione sottovento possono raggiungere frazioni elevate (fino al 60%) del valore limite orario della qualità dell’aria, fissato dal D.Lgs 155/2010. Infine, con riferimento all’ energia elettrica producibile sono state valutate le emissioni che sarebbero generate sulla base delle prestazioni del parco elettrico nazionale: tali emissioni sono da considerare evitate in quanto l’energia prodotta nel sito in esame deriva da fonti rinnovabili e non da fonti convenzionali. In conclusione, completando il quadro di emissioni evitate e indotte dalla modifica dell’impianto, si deduce che l’impatto sull’ambiente non modificherà in maniera significativa le condizioni dell’aria nella zona, determinando una variazione percentuale rispetto agli inquinanti emessi a livello regionale inferiore all’1% per tutti gli inquinanti considerati (CO, PM10, NOX, NMCOV). Il vantaggio più significativo riguarda una riduzione di emissioni di CO2 dell’ordine delle migliaia di tonnellate all’anno; questo risultato è importante per la riduzione di emissione dei gas serra in atmosfera e risulta in accordo con la logica dell’utilizzo di biomasse per la produzione di energia. Dal presente elaborato si evince infine come l’utilizzo del biogas prodotto dalla digestione anaerobica della Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani non comporti solo un vantaggio dal punto di vista economico, grazie alla presenza degli incentivi nazionali, ma soprattutto dal punto di vista ambientale, grazie alla riduzione notevole dei gas serra in atmosfera, in accordo con gli obiettivi europei e mondiali, e grazie al recupero di rifiuti organici per la produzione di energia e compost di qualità.
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The objective of this thesis was to improve the commercial CFD software Ansys Fluent to obtain a tool able to perform accurate simulations of flow boiling in the slug flow regime. The achievement of a reliable numerical framework allows a better understanding of the bubble and flow dynamics induced by the evaporation and makes possible the prediction of the wall heat transfer trends. In order to save computational time, the flow is modeled with an axisymmetrical formulation. Vapor and liquid phases are treated as incompressible and in laminar flow. By means of a single fluid approach, the flow equations are written as for a single phase flow, but discontinuities at the interface and interfacial effects need to be accounted for and discretized properly. Ansys Fluent provides a Volume Of Fluid technique to advect the interface and to map the discontinuous fluid properties throughout the flow domain. The interfacial effects are dominant in the boiling slug flow and the accuracy of their estimation is fundamental for the reliability of the solver. Self-implemented functions, developed ad-hoc, are introduced within the numerical code to compute the surface tension force and the rates of mass and energy exchange at the interface related to the evaporation. Several validation benchmarks assess the better performances of the improved software. Various adiabatic configurations are simulated in order to test the capability of the numerical framework in modeling actual flows and the comparison with experimental results is very positive. The simulation of a single evaporating bubble underlines the dominant effect on the global heat transfer rate of the local transient heat convection in the liquid after the bubble transit. The simulation of multiple evaporating bubbles flowing in sequence shows that their mutual influence can strongly enhance the heat transfer coefficient, up to twice the single phase flow value.
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Le reti di sensori non cablate producono una grande quantità di informazioni sotto forma di flusso continuo di dati, provenienti da una certa area fisica. Individualmente, ogni sensore è autonomo, dotato di batteria limitata e possiede una piccola antenna per la comunicazione; collettivamente, i sensori cooperano su un’ area più o meno vasta per far giungere i dati gene- rati ad un unità centrale. Poiché la sostituzione delle batterie è spesso un operazione troppo costosa o inattuabile, l’efficienza energetica è considerata una metrica prioritaria durante la progettazione delle reti di sensori non cablate. Si richiede non solo di ridurre le richieste energetiche di ogni singolo nodo, ma anche di massimizzare il tempo di vita dell’intera rete, considerando i costi di comunicazione tra sensori. Ciò ha portato allo studio di come rimuo- vere le inefficienze energetiche sotto ogni aspetto: dalla piattaforma hardware, al software di base, ai protocolli di comunicazione al software applicativo. Nella tesi è illustrata una tecnica per il risparmio energetico che consiste nell’applicare memorie fisiche ad alcuni nodi della rete, in modo da accumulare in esse porzioni dei dati ge- nerati; successivamente le informazioni possono essere recuperate dall’unità centrale tramite interrogazioni. Questo permette di ridurre il numero di dati trasmessi, e conseguentemente diminuire l’assorbimento energetico della rete. Scopo della presente tesi è individuare algo- ritmi per determinare la disposizione ottima delle memorie tra i nodi.
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L’anguilla europea (Anguilla anguilla) è una specie eurialina catadroma, la cui area di riproduzione si trova a grande distanza dall’areale di distribuzione. Presenta un ciclo biologico piuttosto complesso caratterizzato da due metamorfosi: la prima, tipicamente larvale permette al “leptocefalo”, forma larvale marina tipica degli anguilliformi, di trasformarsi in anguilla “ceca”; la seconda, invece, trasforma l’anguilla “gialla” in “argentina” attraverso un processo definito di “argentinizzazione” nel quale si delineano preadattamenti alla maturazione sessuale che sarà completa durante la migrazione riproduttiva verso il Mar dei Sargassi. L’”argentinizzazione” innesca modificazioni fisiologiche (regressione del tratto digestivo), e morfologiche (aumento della massa corporea, ispessimento della pelle, modificazione dell’occhio e nuova pigmentazione). Il colore bruno verdastro con ventre giallo è prerogativa delle anguille in fase trofica, cioè quelle gialle, sessualmente immature. Quelle argentine presentano, invece, una colorazione più scura sul dorso e argenteo sul ventre. Inoltre le anguille argentine vanno incontro a cambiamenti ormonali per adattarsi all’ambiente marino, compiere la lunga migrazione e riprodursi. Per avere a disposizione risorse energetiche anche senza nutrirsi per molti mesi, devono accumulare grandi riserve di cui il 60% è destinato per lo sviluppo delle gonadi. Tuttavia i processi metabolici che consentono alle anguille argentine di effettuare lunghe migrazioni mantenendo un’alta efficienza del nuoto e nel contempo utilizzando limitate risorse, non sono sufficientemente conosciuti. Per fornire nuove informazioni, questo lavoro di tesi ha indagato se vi sia una modificazione del quadro proteico del siero delle anguille argentine rispetto alle gialle, e quali proteine eventualmente risultino sovra- o sotto- espresse in ciascuna delle due fasi del ciclo biologico. A tale fine si è applicata una tecnica innovativa, quale l’analisi proteomica, che permette di identificare in modo sistematico le proteine all’interno di un substrato biologico come iin questo caso il siero. Le anguille gialle ed argentine prese in esame sono state prelevate nelle Valli di Comacchio (FE). La valutazione quantitativa delle proteine, separate tramite elettroforesi bidimensionale su gel di poliacrilamide, si è fondata sull’analisi delle immagini attraverso specifici programmi (Proteomweaver). A tale proposito, si sono confrontati i gel di anguilla gialla ed argentina individuando gli spot corrispondenti alle proteine e quantificandoli. Gli spot differenzialmente espressi sono stati prelevati per essere poi identificati tramite spettrometria di massa (MS/MS), arrivando al riconoscimento di diverse proteine. Tra queste, sono state identificate due diverse isoforme di apolipoproteina, l’una più espressa nell’anguilla gialla, l’altra nell’argentina; tali proteine svolgono un ruolo importante nella facilitazione del trasporto lipidico e nell’assorbimento dei lipidi associato anche con la crescita degli ovociti. Il treno di spot relativo alla transferrina è decisamente più evidente nelle anguille argentine, il che potrebbe essere correlato al ruolo del ferro nell’emoglobina, mirato ad un maggiore apporto di ossigeno ai tessuti durante la lunga migrazione riproduttiva di questi animali. Lo studio è del tutto nuovo e al momento non sono disponibili sufficienti informazioni al contorno per trarre più ampie conclusioni; tuttavia esso merita di essere proseguito per contribuire alla comprensione degli eventi di metamorfosi in questa specie dal ciclo vitale complesso e in gran parte sconosciuto.
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The Plasma Focus is a device designed to generate a plasma sheet between two coaxial electrodes by means of a high voltage difference. The plasma is then driven to collapse into a “pinch”, where thermonuclear conditions prevail. During the “pinch phase” charged particles are emitted, with two main components: an ion beam peaked forward and an electron beam directed backward. The electron beam emitted backward by Plasma Focus devices is being investigated as a radiation source for medical applications, using it to produce x-rays by interaction with appropriate targets (through bremsstrahlung and characteristic emission). A dedicated Plasma Focus device, named PFMA-3 (Plasma Focus for Medical Applications number 3), has been designed, put in operation and tested by the research groups of the Universities of Bologna and Ferrara. The very high dose rate (several gray per discharge, in less than 1 µs) is a peculiarity of this device that has to be investigated, as it might modify the relative biological effectiveness (RBE). Aim of this Ph.D. project was to investigate the main physical properties of the low-energy x-ray beams produced by a Plasma Focus device and their potential medical applications to IORT treatments. It was necessary to develop the optimal geometrical configuration; to evaluate the x-rays produced and their dose deposited; to estimate the energy electron spectrum produced in the “pinch phase”; to study an optimal target for the conversion of the x-rays; to conduct simulations to study the physics involved; and in order to evaluate the radio-biological features of the beam, cell holders had to be developed for both irradiations and cell growth conditions.
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Microprocessori basati su singolo processore (CPU), hanno visto una rapida crescita di performances ed un abbattimento dei costi per circa venti anni. Questi microprocessori hanno portato una potenza di calcolo nell’ordine del GFLOPS (Giga Floating Point Operation per Second) sui PC Desktop e centinaia di GFLOPS su clusters di server. Questa ascesa ha portato nuove funzionalità nei programmi, migliori interfacce utente e tanti altri vantaggi. Tuttavia questa crescita ha subito un brusco rallentamento nel 2003 a causa di consumi energetici sempre più elevati e problemi di dissipazione termica, che hanno impedito incrementi di frequenza di clock. I limiti fisici del silicio erano sempre più vicini. Per ovviare al problema i produttori di CPU (Central Processing Unit) hanno iniziato a progettare microprocessori multicore, scelta che ha avuto un impatto notevole sulla comunità degli sviluppatori, abituati a considerare il software come una serie di comandi sequenziali. Quindi i programmi che avevano sempre giovato di miglioramenti di prestazioni ad ogni nuova generazione di CPU, non hanno avuto incrementi di performance, in quanto essendo eseguiti su un solo core, non beneficiavano dell’intera potenza della CPU. Per sfruttare appieno la potenza delle nuove CPU la programmazione concorrente, precedentemente utilizzata solo su sistemi costosi o supercomputers, è diventata una pratica sempre più utilizzata dagli sviluppatori. Allo stesso tempo, l’industria videoludica ha conquistato una fetta di mercato notevole: solo nel 2013 verranno spesi quasi 100 miliardi di dollari fra hardware e software dedicati al gaming. Le software houses impegnate nello sviluppo di videogames, per rendere i loro titoli più accattivanti, puntano su motori grafici sempre più potenti e spesso scarsamente ottimizzati, rendendoli estremamente esosi in termini di performance. Per questo motivo i produttori di GPU (Graphic Processing Unit), specialmente nell’ultimo decennio, hanno dato vita ad una vera e propria rincorsa alle performances che li ha portati ad ottenere dei prodotti con capacità di calcolo vertiginose. Ma al contrario delle CPU che agli inizi del 2000 intrapresero la strada del multicore per continuare a favorire programmi sequenziali, le GPU sono diventate manycore, ovvero con centinaia e centinaia di piccoli cores che eseguono calcoli in parallelo. Questa immensa capacità di calcolo può essere utilizzata in altri campi applicativi? La risposta è si e l’obiettivo di questa tesi è proprio quello di constatare allo stato attuale, in che modo e con quale efficienza pùo un software generico, avvalersi dell’utilizzo della GPU invece della CPU.
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Nonostante il fatto che una gran parte del mondo viva ancora oggi a livelli di sussistenza, i dati in nostro possesso ci indicano che le attività umane stanno esaurendo le risorse ambientali del pianeta. La causa di questo eccessivo sfruttamento delle risorse è da ricercare nei pattern non sostenibili di produzione e consumo dei paesi sviluppati. La preoccupazione per le conseguenze sull'ambiente e la lotta al cambiamento climatico hanno posto le politiche ambientali al centro dell'attenzione internazionale. Il Protocollo di Kyoto e la Commissione Europea hanno stabilito degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, rispettivamente del 12% entro il 2012 e del 20% entro il 2020. All'interno del Protocollo di Kyoto l'obiettivo per l'Italia è ridurre del 6,5% le emissioni di gas serra nazionali rispetto al 1990. Le politiche mirate alla riduzione delle emissioni di gas serra hanno in genere come obiettivo gli impianti energetici e i trasporti. Poca attenzione viene data alla filiera agroalimentare pur sapendo che l'agricoltura ha un forte impatto sull'ambiente e recenti studi stimano che circa il 50% del cibo prodotto viene perso o buttato via dalla produzione al consumo. Alla luce di questi dati, il mio lavoro di tesi ha avuto come obiettivo quello di quantificare i rifiuti e gli sprechi agroalimentari in Europa e in Italia e stimare l'impatto ambientale associato. I dati raccolti in questa tesi mettono in evidenza l'importanza di migliorare l'efficienza della filiera agroalimentare per ridurre l'impatto ambientale nazionale e rispettare gli accordi internazionali sulla lotta ai cambiamenti climatici.
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Il progetto di valorizzazione dell’area del parco archeologico dell’anfiteatro romano di Ancona affronta il problema del recupero delle zone lacerate del centro antico della città, di quelle aree che in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e del terremoto del 1972 hanno perso la loro identità. Dopo aver analizzato le fasi evolutive della struttura urbana della città e il sistema di relazioni sociali che la caratterizza, il progetto ha individuato nella zona dell’ex convento di Santa Palazia, sul versante ovest del colle Guasco e attigua al parco archeologico dell’anfiteatro romano, il sito idoneo per la localizzazione di un nuovo complesso architettonico. È prevista la realizzazione di residenze, spazi per la didattica e per la cultura, attività di servizio e commerciale e la realizzazione della sede del nuovo Museo d’Arte Contemporanea della Regione Marche. Il progetto definisce un macrosistema in grado di mettere ordine e porre in relazione, attraverso spazi condivisi, edifici primari (come l’anfiteatro, la chiesa dei SS Pellegrino e Teresa e il Museo Archeologico), siti archeologici, edifici pubblici legati alla archeologia, ed edifici privati, prevalentemente ad uso residenziale. Ridisegna la città facendo della misura dell’eccellenza del passato di Ancona, la misura del nuovo progetto per recuperare l’identità perduta.
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Il presente lavoro analizza il ruolo ricoperto dal legislatore e dalla pubblica amministrazione rispettivamente nel delineare e attuare politiche pubbliche volte alla promozione di modelli di sviluppo economico caratterizzati da un elevato tasso di sostenibilità ambientale. A tal fine, il lavoro è suddiviso in quattro capitoli. Nel primo capitolo vengono presi in considerazione i principali elementi della teoria generale che costituiscono i piani di lettura del tema trattato. Questa prima fase della ricerca è incentrata, da un lato, sull’analisi (storico-evolutiva) del concetto di ambiente alla luce della prevalente elaborazione giuridica e, dall’altro, sulla formazione del concetto di sviluppo sostenibile, con particolare riguardo alla sua declinazione in chiave ambientale. Nella parte centrale del lavoro, costituita dal secondo e dal terzo capitolo, l’analisi è rivolta a tre settori d’indagine determinanti per l’inquadramento sistematico delle politiche pubbliche del settore: il sistema di rapporti che esiste tra i molteplici soggetti (internazionali, nazionali e locali) coinvolti nella ricerca di soluzioni alla crisi sistemica ambientale; l’individuazione e la definizione dell’insieme dei principi sostanziali che governano il sistema di tutela ambientale e che indirizzano le scelte di policy nel settore; i principali strumenti (giuridici ed economici) di protezione attualmente in vigore. Il quarto ed ultimo capitolo prende in considerazione le politiche relative alle procedure di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti per la produzione di energia alimentati da fonti energetiche rinnovabili, analizzate quale caso specifico che può essere assunto a paradigma del ruolo ricoperto dal legislatore e dalla pubblica amministrazione nel settore delle politiche di sviluppo sostenibile. L’analisi condotta mostra un elevato tasso di complessità del sistema istituzionale e organizzativo, a cui si aggiungono evidenti limiti di efficienza per quanto riguarda il regime amministrativo delle autorizzazioni introdotto dal legislatore nazionale.
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Il lavoro è costituito da una prima parte nella quale sono analizzate in dettaglio le caratteristiche fisiche e tecnologiche degli impianti a vapore, a gas e combinati. Segue quindi una seconda parte nella quale è introdotto l'ambiente di programmazione Matlab, sono spiegate alcune funzionalità del programma e infine vengono analizzate alcune toolboxes rilevanti per la parte conclusiva del lavoro, che riguarda l'analisi numerica dei cicli sopra menzionati volta all'ottenimento di interfacce user-friendly che consentono l'approccio analitico completo a questo tipo di sistemi anche da parte di utenti inesperti di programmazione.
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Diodi organici emettitori di luce bianca (WOLEDs) sono dei dispositivi promettenti per la realizzazione di sorgenti luminose a basso consumo di energia, in quanto essi combinano un’alta efficienza e bassi costi di produzione con l’interessante caratteristica di poter produrre grandi superfici che emettono luce bianca di buona qualità. Tuttavia, la durata, le prestazioni e i costi devono ancora essere ottimizzati affinché i WOLEDs possano diventare commercialmente competitivi con le altre più comuni fonti di illuminazione; in particolare è necessario migliorare la stabilità e l’efficienza degli emettitori. Nella presente tesi viene trattata la sintesi di molecole organometalliche a singolo componente per ottenere un’elettroluminescenza di un bianco più puro possibile. In particolare l’attenzione è stata rivolta all’ottenimento di complessi eterometallici Ir-Eu. Sono stati sintetizzati tre diversi dimeri di Ir (III), con sistemi fenilpiridinici variamente fluorurati come leganti; a secondo del tipo di legante si hanno delle variazioni delle proprietà fotofisiche del complesso di Ir (III) successivamente prodotto. In seguito sono stati sintetizzati leganti bifunzionali contenenti un’unità isocianuro (in grado di coordinare selettivamente l’Iridio) e un gruppo acetilacetonato (in grado di coordinare selettivamente l’Europio). Tali leganti sono stati poi impiegati per formare il complesso di Eu (III). Infine, la reazione tra i dimeri di Ir (III) e il complesso di Eu (III) ha portato alla formazione dei complessi eterometallici Ir-Eu, che sono stati poi caratterizzati sia strutturalmente che fotofisicamente. Grazie ai due diversi centri emissivi presenti nella stessa molecola si è ottenuta una complessiva luce bianca.
Resumo:
L'outcome dei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è fortemente influenzato da graft versus leukemia (GvL) e graft versus host disease (GvHD) che sono mediate, almeno in parte, dagli antigeni minori di istocompatibilità (mHAgs). In letteratura sono stati identificati 26 mHAgs che sono stati correlati a GvHD/GvL con risultati incompleti e in alcuni casi contrastanti; inoltre manca una metodica che sia in grado di genotipizzare contemporaneamente un pannello così ampio. Il lavoro è stato finalizzato alla preparazione di un protocollo di laboratorio che permetta di studiare in modo efficace i 26 mHAgs identificati, per poi correlarli con GvHD/GvL all’interno di uno specifico gruppo di trapiantati. Utilizzando la metodica IPlex Gold Mass Array Sequenom e tecniche di biologia molecolare convenzionale sono stati genotipizzati 26 antigeni minori di istocompatibilità per 46 coppie full-matched. Tutti i pazienti inclusi nel progetto di studio erano stati sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche da donatore familiare o volontario full-compatibile per leucemia mieloide cronica (n=46) o leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (LAL-Ph+, n=24). Il progetto ha confermato l'efficienza (98.6%) e la fattibilità delle metodiche proposte. Dal lavoro è inoltre emerso che, le differenze tra donatore e ricevente a libello mHAgs ACC-1, ACC-4, ACC-5, LB-MTHFD1-1Q, UGT2B17, DPH1, LRH1 potrebbero essere fattori predittivi di GvHD (p<0.05). La seconda evidenza è legata a un trend secondo cui il mismatch per LB-ADIR1 protegge dalla recidiva di malattia, in particolare nei confronti della LAL-Ph+ che è scarsamente responsiva all'allo-immunoterapia. Questo lavoro pilota, la cui casistica deve quindi essere ampliata, ha dimostrato l’efficacia della genotipizzazione con IPlex Gold Sequenom e l’elevato potenziale degli mHAgs sia come fattori predittivi di GvHD che come driver di GvL.