996 resultados para Rheinisches Landesmuseum Bonn


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Oggetto della ricerca è il museo Wilhelm Lehmbruck di Duisburg, un'opera dell'architetto Manfred Lehmbruck, progettata e realizzata tra il 1957 e il 1964. Questa architettura, che ospita la produzione artistica del noto scultore Wilhelm Lehmbruck, padre di Manfred, è tra i primi musei edificati ex novo nella Repubblica Federale Tedesca dopo la seconda guerra mondiale. Il mito di Wilhelm Lehmbruck, costruito negli anni per donare una identità culturale alla città industriale di Duisburg, si rinvigorì nel secondo dopoguerra in seno ad una più generale tendenza sorta nella Repubblica di Bonn verso la rivalutazione dell'arte moderna, dichiarata “degenerata” dal nazionalsocialismo. Ricollegarsi all'arte e all'architettura moderna degli anni venti era in quel momento funzionale al ridisegno di un volto nuovo e democratico del giovane stato tedesco, che cercava legittimazione proclamandosi erede della mitica e gloriosa Repubblica di Weimar. Dopo anni di dibattiti sulla ricostruzione, l'architettura del neues Bauen sembrava l'unico modo in cui la Repubblica Federale potesse presentarsi al mondo, anche se la realtà del paese era assai più complessa e svelava il “doppio volto” che connotò questo stato a partire dal 1945. Le numerose dicotomie che popolarono presto la tabula rasa nata dalle ceneri del conflitto (memoria/oblio, tradizione/modernità, continuità/discontinuità con il recente e infausto passato) trovano espressione nella storia e nella particolare architettura del museo di Duisburg, che può essere quindi interpretato come un'opera paradigmatica per comprendere la nuova identità della Repubblica Federale, un'identità che la rese capace di risorgere dopo l' “anno zero”, ricercando nel miracolo economico uno strumento di redenzione da un passato vergognoso, che doveva essere taciuto, dimenticato, lasciato alle spalle.

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In der vorliegenden Arbeit werden Photopionproduktion (PPP) und Elektropionproduktion (EPP) im Rahmen der manifest lorentzinvarianten baryonischen chiralen Störungstheorie untersucht. Dabei werden zwei verschiedene Ansätze verfolgt. Zum einen wird eine Rechnung auf Einschleifenniveau bis zur chiralen Ordnung O(q^4) mit Pionen und Nukleonen als Freiheitsgrade durchgeführt, um die Energieabhängigkeit der Reaktionen über einen möglichst großen Bereich zu beschreiben. Um die Abhängigkeit von der Photonvirtualität in der EPP zu verbessern, werden zum anderen in einer zweiten Rechnung Vektormesonen in die Theorie einbezogen. Diese Rechnung wird bis zur chiralen Ordnung O(q^3) auf Einschleifenniveau durchgeführt. rnrnVon den vier physikalischen Prozessen in PPP und EPP sind nur drei experimentell zugänglich. Untersucht werden diese Reaktionen an mehreren verschiedenen Anlagen, z.B. in Mainz, Bonn oder Saskatoon. Die dort gewonnenen Daten werden hier verwendet, um die Grenzen der chiralen Störungstheorie auszuloten. rnrnDiese Arbeit stellt die erste, vollständige, manifest lorentzinvariante Rechnung in O(q^4) für PPP und EPP, und die erste jemals durchgeführte Rechnung mit Vektormesonen als Freiheitsgrade für diesen Prozess, dar. Neben der Berechnung der physikalischen Observablen wird auch eine Partialwellenzerlegung durchgeführt und die wichtigsten Multipole untersucht. Diese lassen sich aus den gewonnenen Amplituden extrahieren und bieten eine gute Möglichkeit das Nukleon und Resonanzen zu untersuchen. rnrnUm das Matrixelement für die Prozesse berechnen zu können, wurden verschiedene Routinen für das Computeralgebrasystem Mathematica entwickelt, da die Anzahl der zu bestimmenden Diagramme sehr groß ist. Für die Multipolzerlegung werden zwei verschiedene Programme verwendet. Zum einen das bereits existierende Programm XMAID, welches für diese Arbeit entsprechend modifiziert wurde. Zum anderen wurden vergleichbare Routinen für Mathematica entwickelt. Am Ende der Analysen werden die verschiedenen Rechnungen bezüglich ihrer Anwendbarkeit auf PPP und EPP verglichen.

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La labioschisi con o senza palatoschisi non-sindromica (NSCL/P) è tra le più frequenti alterazioni dello sviluppo embrionale, causata dall’interazione di fattori genetici e ambientali, moti dei quali ancora ignoti. L'obiettivo del mio progetto di Dottorato consiste nell’identificazione di fattori di rischio genetico in un processo a due stadi che prevede la selezione di geni candidati e la verifica del loro coinvolgimento nella determinazione della malformazione mediante studi di associazione. Ho analizzato alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) dei geni RFC1 e DHFR, appartenenti alla via metabolica dell’acido folico, evidenziando una debole associazione tra alcuni degli SNPs indagati e la NSCL/P nella popolazione italiana. Presso il laboratorio della Dott.ssa Mangold dell’Università di Bonn, ho valutato il ruolo di 15 diverse regioni cromosomiche nel determinare la suscettibilità alla malattia, evidenziando una significativa associazione per i marcatori localizzati in 8q24 e 1p22. Ho quindi rivolto la mia attenzione al ruolo del complesso Polycomb nell’insorgenza della schisi. Nell’uomo i due complessi Polycomb, PRC1 e PRC2, rimodellano la cromatina agendo da regolatori dei meccanismi trascrizionali alla base della differenziazione cellulare e dello sviluppo embrionale. Ho ipotizzato che mutazioni a carico di geni appartenenti a PRC2 possano essere considerati potenziali fattori di rischio genetico nel determinare la NSCL/P. Il razionale consiste nel fatto che JARID2, una proteina che interagisce con PRC2, è associata all’insorgenza della NSCL/P ed espressa a livello delle cellule epiteliali delle lamine palatine che si approssimano alla fusione. L’indagine condotta analizzando i geni di elementi o partner dei due complessi Polycomb, ha evidenziato un’associazione significativa con alcuni polimorfismi dei geni indagati, associazione ulteriormente confermata dall’analisi degli aplotipi. Le analisi condotte sui geni candidati mi hanno permesso di raccogliere dati interessanti sull’eziologia della malformazione. Studi indipendenti saranno necessari per poter validare l'associazione tra le varianti genetiche di questi geni candidati e la NSCL/P.

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Im Mittelpunkt der vorliegenden Arbeit stehen zwei spätgotische Verglasungen aus der Region des Mittelrheins, die bislang zumeist aus stilistischen Gründen mehr oder weniger eng miteinander verknüpft worden sind. Die Partenheimer Scheiben entstanden für die nach 1435 erneuerte Pfarrkirche des gleichnamigen Ortes in Rheinhessen, die Bopparder Fenster waren für das ab 1440 errichtete Seitenschiff der dortigen Karmeliterkirche bestimmt. Beide Zyklen wurden bereits im frühen 19. Jahrhundert ihren ursprünglichen Standorten entfremdet. Der Partenheimer Bestand gelangte vor allem in das Hessische Landesmuseum von Darmstadt. Die Bopparder Glasmalereien haben sich mittlerweile weltweit über Museen und Privatsammlungen verstreut. Im Nachzeichnen der dabei gewählten Wege liegt einer der Schwerpunkte der Arbeit, im Feststellen der zugleich vorgenommenen Strukturveränderungen ein weiterer. Die nicht zuletzt auf dieser Basis erstellten Vorschläge zur Rekonstruktion der einst in situ bestehenden Verhältnisse erlauben dabei vor allem dem Bopparder Komplex eine Präzisierung oder sogar Korrektur von früheren Annahmen: Datieren lassen sich die Karmeliterfenster nunmehr in die Jahre zwischen 1443 und 1446. Zu ihren Stiftern zählten neben dem Trierer Erzbischof Jakob v. Sierck offenbar ausschließlich der lokale Adel sowie diverse Bruderschaften der Stadt inklusive einzelner Vertreter derselben. Das wichtigste Fazit dieser Neubestimmung ist deshalb die regionale Verankerung der Fenster. Nicht zu bestätigen ist die vormals postulierte Werkstattgemeinschaft beider Zyklen: Der um 1440 geschaffene Kernbestand von Partenheim scheint im Rhein-Main-Gebiet verwurzelt und nur das nördlichste Chorfenster wurde nach etwa zehnjähriger Pause von anderen Glasmalern ausgeführt. Den Bopparder Auftrag teilten sich stattdessen von vornherein eine vielleicht in Koblenz ansässige Werkstatt sowie ein in Lothringen tätiges Atelier. Vollkommen eigenständig sind die Zyklen von Partenheim und Boppard damit gleichwohl exemplarische Vertreter für die stilistische Vielfalt am Mittelrhein im 15. Jahrhundert.