813 resultados para Ovid - Preceptor of love


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Eduardo Zamacois (Pinar del Río, 1873- Buenos Aires, 1971) was a main actor of the spanish’s literature and edition movement from the first third of the 20th century. He was the founder of magazines that had a big impact like “Germinal”, introductive of the sicalipsis (“La Vida Galante”) or so innovative that deserved an special chapter in the history of literature (“El Cuento Semanal” e “Los Contemporáneos”). With this work, it is intended to recreate the most significant stages from his autobiography adventure including the new information that offers his non before published letters exchange with his last sentimental partner. As a writer, his work was very popular in his homeland, translated to the world and reissued in Ibero-America. His literature work is based in three different phases. He began with the use of gallant literature (with books like La enferma, Punto negro) and took an adventure with the pays of mystery and irony (El otro, El misterio de un hombre pequñito, La opinion ajena) to finally focused in a narrative style of a realistic kind, that includes social critique (Las raíces). His last published novel in Spain is a portrait of Madrid during its long siege by the nationalist troops (El asedio de Madrid), a profound tribute to the people’s heroism and a declaration of love to the capital, that was his place of residence for a long time. While his exile, that took him to Cuba, New York and Buenos Aires, he worked in the radio, the dubbing industry and in finishing his most detailed bibliography, Un hombre que se va, a valuable document of that time.

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Ce travail est une analyse de la représentation du pathétique masculin dans le roman dit sentimental dans la deuxième moitié du dix-huitième siècle en Europe, ou plutôt dans les littératures anglaise, française, allemande et italienne. La thèse soutenue est celle de la dérivation du pathétique romanesque de l’âge des Lumières des pratiques de prédication religieuse du siècle précédent et donc de la valeur normative du roman sentimental à ses débuts : celui-ci aurait relayé le rôle des manuels de conduite des siècles précédents et se serait posé comme un répertoire d’exempla comportementaux adaptés aux différentes situations de la vie. Nous avons suivi les évolutions historiques du genre à travers l’analyse thématique du motif des larmes masculines. Pour ce faire, nous avons examiné la complexe proxémique de représentation de l’émotion et la diégèse qui en résulte, qui peut être nuancée, selon une terminologie récente, en pathétique attendrissant, sentimental et spectaculaire. Cela a entraîne la prise en compte de diverses formes artistiques, de la peinture au théâtre. La méthodologie utilisé conjugue l’histoire des idées et l’étude des formes de l’imaginaire, le pathétique appartenant au domaine de la philosophie autant qu’à celui de la représentation artistique : le concept glisse au dix-huitième siècle du champ rhétorique et stylistique à une dimension esthétique et anthropologique. Le travail a donc été divisé en trois grandes parties qui analysent les trois dimensions anthropologiques fondamentales : l’imaginaire religieux et l’héritage des anciens, c’est–à-dire le rapport que l’époque établit avec la tradition culturelle qui la précède ; l’imaginaire amoureux, qui se concentre sur les rapports entre les deux sexes et sur la « féminisation » du héros romanesque sentimental ; l’imaginaire familial, qui aborde les conséquences de ce changement dans la représentation de la masculinité au sein de la représentation de la famille et des rapports intergénérationnels.

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Il presente studio si è posto come obiettivo quello di redigere un lessico dei termini d’amore nella poesia di Orazio, e, specificamente, dei lemmi presenti nei primi tre libri delle Odi. L’interesse per la lirica del Venosino ci ha indotti ad affrontarne la lettura non solo considerando quelle che sono le tematiche diremo topiche della sua poetica ( modus, angulus, mors, tempus, cura, solo per citare quelle più significative ), ma anche quelle meno note, quale appunto il tema dell’amore, oggetto di questo lavoro. Si è proceduto così all’analisi di ogni singolo libro di ogni ode, catalogandone ed analizzandone rispettivamente tutte le occorrenze di quei termini che abbiamo ritenuto essere propri del lessico amoroso. Il commento ad ogni libro è stato supportato dagli studi di Nisbet-Hubbard per il primo ed il secondo libro delle Odi ( cfr. R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 1, Oxford 1970; R.G.M. Nisbet-M. Hubbard, A commentary on Horace: Odes Book 2, Oxford 1978 ) e Nisbet-Rudd per il terzo ( cfr. R.G.M. Nisbet-Rudd, A commentary on Horace: Odes Book 3, Oxford, 2003 ). Trattandosi di un lessico è stato altresì fondamentale il contributo dell’ Index uerborum amatorium ( Cfr. R. Pichon, De sermone amatorio apud Latinos elegiarum scriptores, Paris 1902 ) e del ThLL. Si è infine proceduto ad individuare quei termini maggiormente significativi nell’ambito della poesia d’amore in generale, il cui riflesso è presente anche nella poesia oraziana, con una particolare attenzione al rapporto che intercorre tra Orazio e la tradizione neoterica ed elegiaca e al lessico dei colori, che vanta numerose occorrenze nella poesia d’amore, soprattutto in riferimento alla bellezza muliebre e maschile e che quindi appare di rilevante importanza per comprendere l’estetica della poesia oraziana nel ritrarre la forma degli amanti che popolano i suoi più celebri versi d’amore.

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Lo studio si tratta di mettere in evidenza il cambiamento che ha subito il termine Oriente nel secolo XX in alcuni testi della letteratura italiana contemporanea. L’opera di Edward Said, L’Orientalismo è un testo di riferimento per i nostri studi. Nel quale abbiamo focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti salienti: il concetto di orientalismo; l’interesse nei confronti dell’Oriente sul piano politico, scientifico, letterario; l’impossibilità di separare lo studioso dalle circostanze biografiche e sociali. Siamo riusciti, quindi, a stabilire che il cambiamento dell’immagine orientale dipende da tre fattori: lo scrittore (emittente), il soggetto (la fonte) ed il lettore (destinatario), dai quali si origina l’oggetto (il testo). Basandoci su questi tre elementi abbiamo cercato di inquadrare l’interesse letterario per l’Oriente vista da una triplice prospettiva: imperialismo, fascino ed erotismo. Per studiare le prime due prospettive, abbiamo scelto due opere. La prima presenta l’immagine dell’imperialismo, si tratta di Sanya, La moglie egiziana e il Romanzo dell’Oriente Moderno (1927) di Bruno Corra. La seconda prospettiva dove troviamo l’immagine dell’Oriente fascinoso è nello scritto di Annie Vivanti, La terra di Cleopatra (1925). Il punto centrale della tesi si tratta di studiare Annie Messina (1910-1996), è una scrittrice che ha uno stile peculiare ed un approccio tutto suo al tema dell’Oriente. I testi studiati sono : "Il mirto e la rosa" (1982), "Il banchetto dell'emiro" (1997) e "La principessa e il wâlî" (1996), tutti pubblicati dalla casa editrice Sellerio.L’unico pubblicato da Mondadori è "La palma di Rusafa" (1989). L’ultima parte del lavoro abbiamo esposto un profilo storico e socio-religioso della letteratura erotica araba. In cui abbiamo rintracciato le origini dell’immagine erotico dell’Oriente e il tema dell’omosessualità, mettendo a confronto il testo omosessuale di Messina con la letteratura italiana contemporanea.

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Die Dissertation Gender und Genre in melodramatischen Literaturverfilmungen der Gegenwart untersucht das Medium Film anhand von Todd Haynes’ Far from Heaven (2002), Stephen Daldrys The Hours (2002) und Tom Fords A Single Man (2009) als Quelle des Wissens über gesellschaftlich-normierte Geschlechterrollen und sozialkonstruierte Genderkonzepte. Die Arbeit versteht sich als eine nachhaltige Schnittstellenforschung zwischen Gender-, Literatur-, Film- und Medienwissenschaften und zeigt die Öffnung der Germanistik für den medial geprägten Kulturwandel, welcher den deutschen bzw. den deutschsprachigen Kulturraum betrifft. Gender und Geschlecht destabilisieren die Gesellschaft und die „heterosexuelle Matrix“ durch das individuelle Suchen, Finden, Konstruieren und Anerkennen einer eigenen, individuellen Genderidentität. Dieser Prozess kann unter Zuhilfenahme des Erzählens von Geschlecht im Film verdeutlicht werden, denn die audiovisuelle Fiktion modelliert Wirklichkeitsvorstellungen und das Wirklichkeitsverständnis der Rezipienten. Wobei offen bleibt, ob die Fiktion die Realität oder die Realität die Fiktion imitiert. Denn es gibt nicht nur eine Wahrheit, sondern mehrere, vielleicht unzählige Bedeutungszuschreibungen. Die drei paradigmatischen Literaturverfilmungen wurden jeweils in Bezug zu ihren Literaturvorlagen von Virginia Woolf, Michael Cunningham und Christopher Isherwood gesetzt. Sie können als Beispiele für ein wissendes, postmodernes Pastiche des Themen-Clusters Diskriminierung/Homophobie/Homosexualität/„Rasse“ gelten. Alle drei Filme verhandeln durch gemeinsame, melodramatische Motive (Spiegel, Telefon, Krieg, Familie) die Darstellbarkeit von Emotionen, Begehren, Sehnsüchten, Einsamkeit und dem Verlust der Liebe. Durch Verbindungslinien zu den Melodramen von Douglas Sirk und mittels den Theorien von u.a. Judith Butler, Stanley Cavell, Carolin Emcke, Thomas Elsaesser, Sigmund Freud, Hermann Kappelhoff und Laura Mulvey wurde das Begriffspaar Genre und Gender her-ausgestellt und im zeitgenössischen Geschlechter-Diskurs verortet. Das im Verlauf der Arbeit erarbeitete Wissen zu Gender, Sexualität, Körper und Geschlecht wurde als ein Gender-Genre-Hybrid verstanden und im Genre des queeren bzw. homosexuellen Melodrams (gay melodrama) neu verortet. Die drei Filme sind als ein Wiederbelebungsversuch bzw. ein Erweiterungsversuch des melodramatischen Genres unter dem Genderaspekt anzusehen. Die Analyse und Dekonstruktion feststehender Begriffe im Kontext der Gender- und Gay Studies und dem Queer Cinema lösen produktive Krisen und damit emanzipierte Verfahren aus. Diese müssen immer wieder neu beschrieben werden, damit sie wahrgenommen und verstanden werden. Daher sind die drei melodramatischen Literaturverfilmungen ein fiktionales Dokumentationsmodell gesellschaftlicher Konflikte, welches anhand individueller Schicksale verdeutlicht wird.

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In writing “Not in the Legends”, one of the images and concepts which constantly returned was that of pilgrimage. I began to write these poems while studying abroad in London, after having passed the previous semester in France and travelling around Europe. There was something in the repetition of sightseeing— walking six miles in Luxembourg to see the grave of General Patton, taking photographs of the apartment where Sylvia Plath ended her life, bowing before the bones of saints, searching through Père Lachaise for the grave of Théodore Gericault— which struck me as numinous and morbid. At the same time, I came to love living abroad and I grew discontent with both remaining and returning. I wanted the opportunity to live everywhere all the time and not have to choose between home and away. Returning from abroad, I turned my attention to the landscape of my native country. I found in the New England pilgrims a narrative of people who had left their home in search of growth and freedom. In these journeys I began to appreciate the significance of place and tried to understand what it meant to move from one place to another, how one chose a home, and why people searched for meaning in specific locations. The processes of moving from student to worker and from childhood to adulthood have weighed on me. I began to see these transitions towards maturity as travels to a different land. Memory and nostalgia are their own types of pilgrimage in their attempts to return to lost places, as is the reading of literature. These pilgrimages, real and metaphorical, form the thematic core of the collection. I read the work of many poets who came before me, returning to the places where the Canon was forged. Those poets have a large presence in the work I produced. I wondered how I, as a young poet, could earn my own place in the tradition and sought models in much the same way a painter studies the brushstrokes of a master. In the process, I have tried to uncover what it means to be a poet. Is it something like being a saint? Is it something like being a colonist? Or is to be the one who goes in search of saints and colonists? In trying to measure my own life and work based on the precedent, I have questioned what role era and generation have on the formation of identity. I focused my reading heavily on the early years of English poetry, trying to find the essence of the time when the language first achieved the transcendence of verse. In following the development of English poetry through Coleridge, John Berryman, and Allison Titus, I have explored the progression of those basic virtues in changing contexts. Those bearings, applied to my modern context, helped to shape the poetry I produced. Many of the poems in “Not in the Legends” are based on my own personal experience. In my recollections I have tried to interrogate nostalgia rather than falling into mere reminiscence. Rather than allowing myself poems of love and longing, I have tried to find the meaning of those emotions. A dominant conflict exists between adventure and comfort which mirrors the central engagement with the nature of being “here” or “there”. It is found in scenes of domesticity and wilderness as I attempt to understand my own simultaneous desire for both. For example, in “Canned Mangoes…” the intrusion of nature, even in a context as innocuous as a poem by Sir Walter Raleigh, unravels ordinary comforts of the domestic sphere. The character of “The Boy” from Samuel Beckett’s Waiting for Godot proved such an interesting subject for me because he is one who can transcend the normal boundaries of time and place. The title suggests connections to both place and time. “Legends” features the dual meaning of both myths and the keys to maps. To propose something “Not in the Legends” is to find something which has no precedent in our histories and our geographies, something beyond our field of knowledge and wholly new. One possible interpretation I devised was that each new generation lives a novel existence, the future being the true locus of that which is beyond our understanding. The title comes from Keats’ “Hyperion, a Fragment”, and details the aftermath of the Titanomachy. The Titans, having fallen to the Olympians, are a representation of the passing of one generation for the next. Their dejection is expressed by Saturn, who laments: Not in my own sad breast, Which is its own great judge and searcher out, Can I find reason why ye should be thus: Not in the legends of the first of days… (129-132) The emotions of the conquered Titans are unique and without antecedent. They are experiencing feelings which surpass all others in history. In this, they are the equivalent of the poet who feels that his or her own sufferings are special. In contrast are Whitman’s lines from “Song of Myself” which serve as an epigraph to this collection. He contends for a sense of continuity across time, a realization that youth, age, pleasure, and suffering have always existed and will always exist. Whitman finds consolation in this unity, accepting that kinship with past generations is more important that his own individuality. These opposing views offer two methods of presenting the self in history. The instinct of poetry suggests election. The poet writes because he feels his experiences are special, or because he believes he can serve as a synecdoche for everyone. I have fought this instinct by trying to contextualize myself in history. These poems serve as an attempt at prosopography with my own narrative a piece of the whole. Because the earth abides forever, our new stories get printed over the locations of the old and every place becomes a palimpsest of lives and acts. In this collection I have tried to untangle some of those layers, especially my own, to better understand the sprawling legend of history.

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En el presente artículo tenemos como soporte el Libro III del De docta ignorantia de Nicolás de Cusa (1401-1464) y buscamos mostrar como el referido texto ya demonstra el necesario equilíbrio entre affectus y intellectus, poniendo en relieve, sin embargo, la importancia del amor como instancia importante para el ser humano a buscar Dios.

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Elísabeth de Austria (1837-1898) no pudo escapar a su destino de emperatriz y reina, pero eso no la detuvo en la búsqueda de la libertad que anhelaba y que desató la crítica de la sociedad vienesa. La artifícialidad y los intereses cortesanos tan diferentes a los suyos, hicieron que escapara cada vez más lejos y durante más tiempo. A los 22 años, seis después de su matrimonio, luego de haber dado a luz al heredero, y por una serie de desavenencias con su marido, comenzó la búsqueda de su individualidad y ya no se detuvo. Madeira, Corfú, Venecia, las termas de Austria y Alemania, su amada Hungría, las ruinas de Grecia y la pasión por los lugares que vieron al legendario Aquiles la llevaron de uno a otro lado. La escritura de sus poemas comenzó cuando ya casi contaba 50 años, y por cuatro años consecutivos llevó un Diario Poético que quedó inconcluso cuando su hijo fue encontrado muerto en Mayerling. Son poemas que denuncian la caducidad de la monarquía, la corrupción de la corte, la falta de amor y comprensión, y que logran su efecto cuando Elísabeth describe los lugares que la conectan con la naturaleza del mundo.

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En el presente trabajo me interesa sostener que en el Banquete Platón procura reflejar el carácter agonal propio de la mentalidad griega, a través de la intertextualidad entre géneros discursivos que recorre el diálogo. Desde esta perspectiva, para examinar la naturaleza del éros, se torna necesario confrontar las distintas representaciones intelectuales que sobre él existen, las cuales aparecen plasmadas en los diferentes géneros discursivos de la época (retórica, medicina, comedia, tragedia, filosofía, entre otros)

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El encomio del trágico Agatón es un intermedio musical, una canción que detiene la avanzada conceptual del Banquete, pero con gravísimo poder proléptico. Se recupera todo lo dicho hasta allí, pero tergiversado por su enfoque de marcada impronta gorgiana. Cada comensal conlleva la concepción compuesta Amor-Belleza, donde todo amor es amor de cierta belleza. Distinguiendo el éros presentado por Agatón (erótica narcisista) intentaremos mostrar qué tipo de belleza nos presenta este comensal, y cuál es la poesía que le corresponde. Entonces se dará un agón paratextual, una referencia al gran combate que Platón sostuvo toda su vida: el conflicto entre filosofía y poesía. Mostraremos que Agatón, a la vez Narciso, poeta mimético, inspirado, poseso y cosmético, es la imagen del poeta que el filósofo ateniense detesta, que, como paradigma construido para este diálogo, tiene todos los defectos criticados a lo largo de la obra platónica y sirve para tematizar este enfrentamiento

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Pocos líderes de la historia política contemporánea han generado tantos estudios e impactado de forma tan contundente en los medios de comunicación como la figura emblemática de Juan Domingo Perón. Fundador de un movimiento masivo que construyó, más allá de textos políticos deliberados, una constelación de discursos mediáticos y artísticos. Los alcances semánticos de estas construcciones implosionan, en el campo simbólico, con un vocabulario e imágenes que difícilmente podrán ser desterrados de la memoria de los argentinos. Resulta sugestivo caminar a través de esta senda de amores y de odios. Por un lado a través del análisis de los epítetos descalificatorios que pueblan el diccionario de los antiperonistas. Por el otro, desandando el camino de los mitos, las versiones posmodernas del fenómeno peronista y escuchando las voces quienes adhirieron al movimiento y recrearon sus pasiones tanto en su producción testimonial, ficcional e historiográfica. En esta investigación se analizaron las formas con las que el peronismo constituyó el mito de origen y, a la vez, un mito social popular, en tanto promovió un armazón representacional utópico desde el cual ha sabido generar sus propias creencias

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El trabajo indaga aspectos vinculados a la gestión pública de la prostitución, en cuánto estrategia biopolítica aplicada sobre el binomio sexualidad-reproducción, para concentrarse particularmente en Argentina y España durante las últimas décadas del siglo XIX y las primeras del XX. El interés comparativo del enfoque halla sustento en la existencia en esos países de ciudades afines en lo cultural, como Buenos Aires y Barcelona, con urbanización creciente y paralela inmigración masculina, por una parte; y, por otra, por la impronta eugénico-biotipológica compartida entre ambos y que resultara funcional a ciertas hipótesis construidas en torno a las enfermedades de transmisión sexual

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El artículo trata del análisis de fragmentos dedicados al paidikòs éros y que están en los Theognidea, Libro II, con el objetivo de presentar el horizonte de actuación de la diosa del amor y de la seducción, Afrodita, debido a que ella preside el amor del erastés hacia el erômenos

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El trabajo trata sobre un recorrido por la teorización psicoanalítica del amor tomando como referencia a Sigmund Freud y Jacques Lacan. Ello lleva desde la consideración freudiana del amor bajo los pliegues del narcisismo hasta la definición lacaniana del amor como dispositivo para sostener la diferencia heterónima del otro. Se refiere una antigua discusión que en el ámbito de la iglesia católica, llevó a la cuestión del amor puro y como, de alguna manera, el psicoanálisis la retoma. Esto realiza un camino por los distintos seminarios concluyendo en el seminario XX y la tesis central del no hay relación-proporción sexual. Y ello apunta a establecer las coordenadas necesarias para el desarrollo de una clínica de la des-pareja en los avatares de la vida contemporánea

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La novela griega, género polifacético de ficción en prosa, que floreció del siglo I al IV d.C., tuvo su continuación en la literatura bizantina. La trascendencia de la novela llegó al Renacimiento con Longo y su Dafnis y Cloe, que influenció obras como la Arcadia de Sanazzaro, en Italia, o la Diana, de Jorge de Montemayor, en España; y tuvo cierto influjo en la Galatea de Cervantes e incluso en El Quijote. También la Arcadia de Sidney es tributaria del tema y la Astrea de Honoré d' Urfé, en Francia, refleja también este efecto. En esta comunicación quiero destacar la influencia de la novela griega en La Tempestad, comedia en cinco actos de Shakespeare, que revela gran afinidad con la novela de amor y aventuras, de Longo, Jenofonte de Éfeso y Aquiles Tacio, así como con la novela utópica