395 resultados para Muro de arrimo


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La mostra è diventata un nuovo paradigma della cultura contemporanea. Sostenuta da proprie regole e da una grammatica complessa produce storie e narrazioni. La presente ricerca di dottorato si struttura come un ragionamento critico sulle strategie del display contemporaneo, tentando di dimostrare, con strumenti investigativi eterogenei, assumendo fonti eclettiche e molteplici approcci disciplinari - dall'arte contemporanea, alla critica d'arte, la museologia, la sociologia, l'architettura e gli studi curatoriali - come il display sia un modello discorsivo di produzione culturale con cui il curatore si esprime. La storia delle esposizioni del XX secolo è piena di tentativi di cambiamento del rapporto tra lo sviluppo di pratiche artistiche e la sperimentazione di un nuovo concetto di mostra. Nei tardi anni Sessanta l’ingresso, nella scena dell’arte, dell’area del concettuale, demolisce, con un azzeramento radicale, tutte le convenzioni della rappresentazione artistica del dopoguerra, ‘teatralizzando’ il medium della mostra come strumento di potere e introducendo un nuovo “stile di presentazione” dei lavori, un display ‘dematerializzato” che rovescia le classiche relazioni tra opera, artista, spazio e istituzione, tra un curatore che sparisce (Siegelaub) e un curatore super-artista (Szeemann), nel superamento del concetto tradizionale di mostra stessa, in cui il lavoro del curatore, in quanto autore creativo, assumeva una propria autonomia strutturale all’interno del sistema dell’arte. Lo studio delle radici di questo cambiamento, ossia l’emergere di due tipi di autorialità: il curatore indipendente e l’artista che produce installazioni, tra il 1968 e il 1972 (le mostre di Siegelaub e Szeemann, la mimesi delle pratiche artistiche e curatoriali di Broodthaers e la tensione tra i due ruoli generata dalla Critica Istituzionale) permette di inquadrare teoricamente il fenomeno. Uno degli obbiettivi della ricerca è stato anche affrontare la letteratura critica attraverso una revisione/costruzione storiografica sul display e la storia delle teorie e pratiche curatoriali - formalizzata in modo non sistematico all'inizio degli anni Novanta, a partire da una rilettura retrospettiva della esperienze delle neoavanguardie – assumendo materiali e metodologie provenienti, come già dichiarato, da ambiti differenti, come richiedeva la composizione sfaccettata e non fissata dell’oggetto di studio, con un atteggiamento che si può definire comparato e post-disciplinare. Il primo capitolo affronta gli anni Sessanta, con la successione sistematica dei primi episodi sperimentali attraverso tre direzioni: l’emergere e l’affermarsi del curatore come autore, la proliferazione di mostre alternative che sovvertivano il formato tradizionale e le innovazioni prodotte dagli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale. Esponendo la smaterializzazione concettuale, Seth Siegelaub, gallerista, critico e impresario del concettuale, ha realizzato una serie di mostre innovative; Harald Szeemann crea la posizione indipendente di exhibition maker a partire When attitudes become forms fino al display anarchico di Documenta V; gli artisti organizzatori di mostre della Critica Istituzionale, soprattutto Marcel Broodhthears col suo Musée d’Art Moderne, Départment des Aigles, analizzano la struttura della logica espositiva come opera d’arte. Nel secondo capitolo l’indagine si sposta verso la scena attivista e alternativa americana degli anni Ottanta: Martha Rosler, le pratiche community-based di Group Material, Border Art Workshop/Taller de Arte Fronterizo, Guerrilla Girls, ACT UP, Art Workers' Coalition che, con proposte diverse elaborano un nuovo modello educativo e/o partecipativo di mostra, che diventa anche terreno del confronto sociale. La mostra era uno svincolo cruciale tra l’arte e le opere rese accessibili al pubblico, in particolare le narrazioni, le idee, le storie attivate, attraverso un originale ragionamento sulle implicazioni sociali del ruolo del curatore che suggeriva punti di vista alternativi usando un forum istituzionale. Ogni modalità di display stabiliva relazioni nuove tra artisti, istituzioni e audience generando abitudini e rituali diversi per guardare la mostra. Il potere assegnato all’esposizione, creava contesti e situazioni da agire, che rovesciavano i metodi e i formati culturali tradizionali. Per Group Material, così come nelle reading-room di Martha Rosler, la mostra temporanea era un medium con cui si ‘postulavano’ le strutture di rappresentazione e i modelli sociali attraverso cui, regole, situazioni e luoghi erano spesso sovvertiti. Si propongono come artisti che stanno ridefinendo il ruolo della curatela (significativamente scartano la parola ‘curatori’ e si propongono come ‘organizzatori’). La situazione cambia nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Oltre agli sconvolgimenti geopolitici, la fine della guerra fredda e dell’ideologia, l’apertura ai flussi e gli scambi conseguenti al crollo delle frontiere, i profondi e drammatici cambiamenti politici che coinvolgono l’Europa, corrispondono al parallelo mutamento degli scenari culturali e delle pratiche espositive. Nel terzo capitolo si parte dall’analisi del rapporto tra esposizioni e Late Capitalist Museum - secondo la definizione di Rosalind Krauss - con due mostre cruciali: Le Magiciens de la Terre, alle origini del dibattito postcoloniale e attraverso il soggetto ineffabile di un’esposizione: Les Immatériaux, entrambe al Pompidou. Proseguendo nell’analisi dell’ampio corpus di saggi, articoli, approfondimenti dedicati alle grandi manifestazioni internazionali, e allo studio dell’espansione globale delle Biennali, avviene un cambiamento cruciale a partire da Documenta X del 1997: l’inclusione di lavori di natura interdisciplinare e la persistente integrazione di elementi discorsivi (100 days/100 guests). Nella maggior parte degli interventi in materia di esposizioni su scala globale oggi, quello che viene implicitamente o esplicitamente messo in discussione è il limite del concetto e della forma tradizionale di mostra. La sfida delle pratiche contemporanee è non essere più conformi alle tre unità classiche della modernità: unità di tempo, di spazio e di narrazione. L’episodio più emblematico viene quindi indagato nel terzo capitolo: la Documenta X di Catherine David, il cui merito maggiore è stato quello di dichiarare la mostra come format ormai insufficiente a rappresentare le nuove istanze contemporanee. Le quali avrebbero richiesto - altrimenti - una pluralità di modelli, di spazi e di tempi eterogenei per poter divenire un dispositivo culturale all’altezza dei tempi. La David decostruisce lo spazio museale come luogo esclusivo dell’estetico: dalla mostra laboratorio alla mostra come archivio, l’evento si svolge nel museo ma anche nella città, con sottili interventi di dissimulazione urbana, nel catalogo e nella piattaforma dei 100 giorni di dibattito. Il quarto capitolo affronta l’ultima declinazione di questa sperimentazione espositiva: il fenomeno della proliferazione delle Biennali nei processi di globalizzazione culturale. Dalla prima mostra postcoloniale, la Documenta 11 di Okwui Enwezor e il modello delle Platforms trans-disciplinari, al dissolvimento dei ruoli in uno scenario post-szeemanniano con gli esperimenti curatoriali su larga scala di Sogni e conflitti, alla 50° Biennale di Venezia. Sono analizzati diversi modelli espositivi (la mostra-arcipelago di Edouard Glissant; il display in crescita di Zone of Urgency come estetizzazione del disordine metropolitano; il format relazionale e performativo di Utopia Station; il modello del bric à brac; la “Scuola” di Manifesta 6). Alcune Biennali sono state sorprendentemente autoriflessive e hanno consentito un coinvolgimento più analitico con questa particolare forma espressiva. Qual è l'impatto sulla storia e il dibattito dei sistemi espositivi? Conclusioni: Cos’è la mostra oggi? Uno spazio sotto controllo, uno spazio del conflitto e del dissenso, un modello educativo e/o partecipativo? Una piattaforma, un dispositivo, un archivio? Uno spazio di negoziazione col mercato o uno spazio di riflessione e trasformazione? L’arte del display: ipotesi critiche, prospettive e sviluppi recenti.

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La ricerca muove dal presupposto che l’opera di Aldo Rossi sia stata analizzata finora secondo un criterio tipologico. Tale approccio è una tra le possibili chiavi di lettura del lavoro dell’architetto. Nel tentativo di individuare un’interpretazione dell’opera di Rossi legata a sistemi immutabili nel tempo si è ritenuto necessario approfondire la relazione che si stabilisce tra la sua opera e il suolo. Attraverso la definizione di due categorie di lettura dei progetti dell’autore, che si basano su continuità o discontinuità fisica del progetto rispetto al suolo, si comprende come il rapporto tra area e progetto produca nel tempo soluzioni ricorrenti. In base a questa interpretazione muro e pilastro costituiscono due elementi fondamentali del linguaggio di Rossi. Essi a loro volta si allacciano ad un sistema di riferimento più ampio di cui tettonica e arte muraria sono i capisaldi. La ricerca si articola in tre parti, all’interno delle quali sono sviluppati specifici capitoli. La prima parte, sistema di riferimento, è necessaria a delineare un vocabolario utile per isolare il tema trattato. Essa è fondamentale per comprendere la posizione occupata da Rossi rispetto alle esperienze verificatesi nel corso della storia, relativamente al rapporto spazio - architettura - suolo. La seconda parte, arte muraria, serve a mettere in luce l’influenza che la componente massiva e plastica del terreno ha determinato nella definizione di specifiche soluzioni progettuali. La terza parte, tettonica, delinea invece un approccio opposto al precedente, individuando quei progetti in cui il rapporto col suolo è stato sminuito o addirittura negato, aumentando il senso di sospensione dei volumi nello spazio. In definitiva, l’influenza che il rapporto col suolo ha determinato sulle scelte progettuali di Rossi rappresenta l’interrogativo principale di questa ricerca.

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La ricerca analizza la forma di Stato e di Governo e si focalizza nel ruolo importante del Capo dello Stato in funzione alla separazione dei poteri e consolidamento della democrazia in una Repubblica Parlamentare. Questa ricerca comparativa analizza l’evoluzione della forma di governo in Italia e Albania. La ricerca analizza nei dettagli l’evoluzione della forma di Governo, focalizzandosi all’istituzione del Capo dello Stato in Albania dall’indipendenza (1912), evidenziando il ruolo dell’Italia in quest’evoluzione. In maniera comparativa si analizza l’evoluzione dell’istituzione del Capo dello Stato in Italia fin dalla sua unita e gli altri sviluppi i quali servirono come modello per l’Albania, evidenziano l’influenza a livello internazionale che ebbe l’Italia per l’indipendenza dell’Albania, che portò al consolidamento dei loro rapporti. Questa ricerca analizza la collaborazione di questi due Stati la quale culmino con la loro Unione Personale identificandosi nello stesso Capo di Stato. La ricerca inoltre evidenzia che come questa fase sia stata superata dalla II Guerra Mondiale e la Guerra Fredda che vide questi Stati a sviluppare diverse forme di Governo. Per di più la ricerca evidenzia la trasformazione politico-istituzionale e il processo di cambiamento dell’Albania dopo la caduta del muro di Berlino che segno la fine del sistema comunista, che vide l’Albania ad adottare il modello Italiano per il Capo dello Stato.

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Tecnologia delle terre rinforzate, meccanismo di interazione terreno rinforzo, studio di una struttura in terra rinforzata con relative verifiche a stabilità esterna ed interna, studio di un equivalente muro a mensola con relative verifiche a stabilità esterna, confronto economico tra realizzazione di un muro a mensola e una struttura in terra rinforzata, confronto tra i vari criteri progettuali e normativi

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This thesis presents a new Artificial Neural Network (ANN) able to predict at once the main parameters representative of the wave-structure interaction processes, i.e. the wave overtopping discharge, the wave transmission coefficient and the wave reflection coefficient. The new ANN has been specifically developed in order to provide managers and scientists with a tool that can be efficiently used for design purposes. The development of this ANN started with the preparation of a new extended and homogeneous database that collects all the available tests reporting at least one of the three parameters, for a total amount of 16’165 data. The variety of structure types and wave attack conditions in the database includes smooth, rock and armour unit slopes, berm breakwaters, vertical walls, low crested structures, oblique wave attacks. Some of the existing ANNs were compared and improved, leading to the selection of a final ANN, whose architecture was optimized through an in-depth sensitivity analysis to the training parameters of the ANN. Each of the selected 15 input parameters represents a physical aspect of the wave-structure interaction process, describing the wave attack (wave steepness and obliquity, breaking and shoaling factors), the structure geometry (submergence, straight or non-straight slope, with or without berm or toe, presence or not of a crown wall), or the structure type (smooth or covered by an armour layer, with permeable or impermeable core). The advanced ANN here proposed provides accurate predictions for all the three parameters, and demonstrates to overcome the limits imposed by the traditional formulae and approach adopted so far by some of the existing ANNs. The possibility to adopt just one model to obtain a handy and accurate evaluation of the overall performance of a coastal or harbor structure represents the most important and exportable result of the work.

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Intento della tesi è fornire una soluzione progettuale capace di comprendere e valorizzare i vuoti urbani che caratterizzano la città di Berlino comprendendone la genesi e l'evoluzione. La fase di analisi ha portato all'individuazione di un isolato, l’Holzuferblock, caratterizzato da tutte le peculiarità dei vuoti urbani berlinesi. Questo isolato, nonostante si presenti particolarmente frammentato e privo di identità, ha in sé tutte le caratteristiche per incentivare fenomeni di riappropriazione dei luoghi: la presenza di un edificio industriale abbandonato, la vicinanza del fiume e la presenza di resti del sistema di difesa del Muro. Cogliendo nei numerosi frammenti presenti nell’area un valore anziché una criticità, il progetto ha portato alla definizione di un “recinto” residenziale in grado di valorizzare i vuoti urbani e i frammenti presenti, tra cui la Eisfabrik, l’ex fabbrica del ghiaccio ormai abbandonata. Individuando nella fabbrica un potenziale catalizzatore urbano in grado di innescare la rivitalizzazione dell’area, è stato progettato un sistema di supporto in grado di lavorare in sinergia con essa, costituendo un sistema unitario. Il limite che definisce il vuoto è costituito da un sistema di blocchi residenziali che, reinterpretando il blocco urbano berlinese, concretizzano l’eterogeneità e la diversità tipiche dell’area.

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AIMS: We conducted a meta-analysis to evaluate the accuracy of quantitative stress myocardial contrast echocardiography (MCE) in coronary artery disease (CAD). METHODS AND RESULTS: Database search was performed through January 2008. We included studies evaluating accuracy of quantitative stress MCE for detection of CAD compared with coronary angiography or single-photon emission computed tomography (SPECT) and measuring reserve parameters of A, beta, and Abeta. Data from studies were verified and supplemented by the authors of each study. Using random effects meta-analysis, we estimated weighted mean difference (WMD), likelihood ratios (LRs), diagnostic odds ratios (DORs), and summary area under curve (AUC), all with 95% confidence interval (CI). Of 1443 studies, 13 including 627 patients (age range, 38-75 years) and comparing MCE with angiography (n = 10), SPECT (n = 1), or both (n = 2) were eligible. WMD (95% CI) were significantly less in CAD group than no-CAD group: 0.12 (0.06-0.18) (P < 0.001), 1.38 (1.28-1.52) (P < 0.001), and 1.47 (1.18-1.76) (P < 0.001) for A, beta, and Abeta reserves, respectively. Pooled LRs for positive test were 1.33 (1.13-1.57), 3.76 (2.43-5.80), and 3.64 (2.87-4.78) and LRs for negative test were 0.68 (0.55-0.83), 0.30 (0.24-0.38), and 0.27 (0.22-0.34) for A, beta, and Abeta reserves, respectively. Pooled DORs were 2.09 (1.42-3.07), 15.11 (7.90-28.91), and 14.73 (9.61-22.57) and AUCs were 0.637 (0.594-0.677), 0.851 (0.828-0.872), and 0.859 (0.842-0.750) for A, beta, and Abeta reserves, respectively. CONCLUSION: Evidence supports the use of quantitative MCE as a non-invasive test for detection of CAD. Standardizing MCE quantification analysis and adherence to reporting standards for diagnostic tests could enhance the quality of evidence in this field.

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Aim Geographical, climatic and soil factors are major drivers of plant beta diversity, but their importance for dryland plant communities is poorly known. The aim of this study was to: (1) characterize patterns of beta diversity in global drylands; (2) detect common environmental drivers of beta diversity; and (3) test for thresholds in environmental conditions driving potential shifts in plant species composition. Location Global. Methods Beta diversity was quantified in 224 dryland plant communities from 22 geographical regions on all continents except Antarctica using four complementary measures: the percentage of singletons (species occurring at only one site); Whittaker's beta diversity, β(W); a directional beta diversity metric based on the correlation in species occurrences among spatially contiguous sites, β(R2); and a multivariate abundance-based metric, β(MV). We used linear modelling to quantify the relationships between these metrics of beta diversity and geographical, climatic and soil variables. Results Soil fertility and variability in temperature and rainfall, and to a lesser extent latitude, were the most important environmental predictors of beta diversity. Metrics related to species identity percentage of singletons and β(W) were most sensitive to soil fertility, whereas those metrics related to environmental gradients and abundance (β(R2) and β(MV) were more associated with climate variability. Interactions among soil variables, climatic factors and plant cover were not important determinants of beta diversity. Sites receiving less than 178 mm of annual rainfall differed sharply in species composition from more mesic sites (> 200 mm). Main conclusions Soil fertility and variability in temperature and rainfall are the most important environmental predictors of variation in plant beta diversity in global drylands. Our results suggest that those sites annually receiving c. 178 mm of rainfall will be especially sensitive to future climate changes. These findings may help to define appropriate conservation strategies for mitigating effects of climate change on dryland vegetation.

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En este artículo nos ocupamos de las dificultades y aventuras de trabajar con el método, especialmente con el Materialismo Histórico, en la enseñanza de tercer grado, porque la formación de la mayor parte de los educadores y alumnos se dio después de 1964. Ellos son hijos de la reforma universitaria materializada en la Ley 5.540/68, que promocionó la represión y el ostracismo de este enfoque. En los cursos superiores también ocurrió la sustitución de la asignatura "Métodos, Metodologías y Teorías" por "Metodología Científica", que se ocupa de la parte formal de la construcción del trabajo científico. Luego de la apertura democrática en 1985, se adoptó la prescripción neoliberal, que contenía orientaciones dichas como infalibles para la modernización del Estado y para empujar el crecimiento económico futuro. La caída del Muro de Berlín (1989) y del socialismo real en 1991, contribuyeron para que la lógica mecanicista imperase. Frente a esta realidad, fueron muy pocos los intelectuales que se interesaron por los presupuestos de la Teoría Social de Marx. Actualmente, muchas son las dificultades a enfrentar cuando uno se propone trabajar con el método del Materialismo Histórico. Aún estamos trabajando en la construcción de posibilidades para la interpretación y explicación de la realidad de nuestro tema de estudio, es decir, "El Trabajador-Estudiante del Tercer Grado Nocturno", como categoría central y necesaria para la interpretación de las contradicciones de la sociabilidad del capital

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El debate en torno al fenómeno migratorio tiene actualmente en Europa un lugar privilegiado. Si bien los movimientos de población han sido recurrentes a lo largo de toda la historia de la humanidad, representan hoy en día una cuestión fundamental desde el punto de vista político y de la opinión pública, debido a los desafíos que plantea en el plano social, económico y cultural para el viejo continente. Italia, por su parte,registra la llegada de inmigrantes que intentan ingresar al mercado de trabajo hace pocas décadas pero en una coyuntura atravesada por un proceso de reestructuración y una profunda crisis económica que vuelven compleja la colocación para estas personas. En los últimos años, se llevan a cabo políticas cada vez más restrictivas en materia migratoria. Sin embargo, lejos defrenar los flujos, estas medidas no producen más que el efecto, entre otras cosas, de empujar a la sombra de la 'clandestinidad' a todas aquellas personas que ingresan o permanecen en el territorio sin la documentación necesaria. Nuestro trabajo buscará dar cuenta de las características de los procesos migratorios en Calabria, una de las principales, pero también una de las más pobres, zonas agrícolas de Italia meridional, atravesada por la dominación por parte del crimen organizado, la famosa mafia, aquí llamada 'ndrnagheta. Sobre todo en la ciudad de Rosarno, sobre la cual concentraremos nuestra atención, la organización criminal está involucrada en diferentes cuestiones que atañen al trabajo de los inmigrantes en los campos. Tan terribles e inhumanas son las condiciones de vida y empleo de estas personas, caracterizadas además por la discriminación y la violencia, que lograron desencadenarla conocida "rivolta di Rosarno" del 2010. El análisis que desarrollamos a partir de este episodio da cuenta de la complejidad de este territorio, del protagonismo de los inmigrantes, pero también de las oportunidades que podrían sobrevenir

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El debate en torno al fenómeno migratorio tiene actualmente en Europa un lugar privilegiado. Si bien los movimientos de población han sido recurrentes a lo largo de toda la historia de la humanidad, representan hoy en día una cuestión fundamental desde el punto de vista político y de la opinión pública, debido a los desafíos que plantea en el plano social, económico y cultural para el viejo continente. Italia, por su parte,registra la llegada de inmigrantes que intentan ingresar al mercado de trabajo hace pocas décadas pero en una coyuntura atravesada por un proceso de reestructuración y una profunda crisis económica que vuelven compleja la colocación para estas personas. En los últimos años, se llevan a cabo políticas cada vez más restrictivas en materia migratoria. Sin embargo, lejos defrenar los flujos, estas medidas no producen más que el efecto, entre otras cosas, de empujar a la sombra de la ?clandestinidad? a todas aquellas personas que ingresan o permanecen en el territorio sin la documentación necesaria. Nuestro trabajo buscará dar cuenta de las características de los procesos migratorios en Calabria, una de las principales, pero también una de las más pobres, zonas agrícolas de Italia meridional, atravesada por la dominación por parte del crimen organizado, la famosa mafia, aquí llamada?ndrnagheta. Sobre todo en la ciudad de Rosarno, sobre la cual concentraremos nuestra atención, la organización criminal está involucrada en diferentes cuestiones que atañen al trabajo de los inmigrantes en los campos. Tan terribles e inhumanas son las condiciones de vida y empleo de estas personas, caracterizadas además por la discriminación y la violencia, que lograron desencadenarla conocida ?rivolta di Rosarno? del 2010. El análisis que desarrollamos a partir de este episodio da cuenta de la complejidad de este territorio, del protagonismo de los inmigrantes, pero también de las oportunidades que podrían sobrevenir

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Tanto en el panorama cinematográfico español como en el argentino, varios son los títulos que desde el ámbito no sólo de la ficción, sino también del documental, han pretendido dar una visión de lo que sucedió durante la guerra civil y el franquismo y, en el caso del país latinoamericano, de la última dictadura militar encabezada por Jorge Rafael Videla. Dentro de este grupúsculo de películas, en la última década se ha producido un nada despreciable número de películas documentales (Nadar, Entre el dictador y yo, Muerte en El Valle, El muro de los olvidados, Cosas raras que pasaban entonces, Pepe el andaluz o Tierra encima, en España; o Los Rubios, M, En memoria de los pájaros, Encontrando a Víctor, Papá Iván o La fe del volcán, en Argentina) firmadas por la generación siguiente o subsiguiente a la de quienes fueron víctimas directas o indirectas de la tortura, el exilio, la represión y la falta de libertades impuestas por sendos regímenes totalitarios. Se trata, en todos los casos, de jóvenes cineastas y videastas que se acercan a un pasado que no recuerdan pero al cual necesitan interrogar de manera imperiosa para poder definirse en tanto que sujetos políticos. El artículo que presentamos pretende acercarse a dos corpus cinematográficos fraguados en países geográficamente muy distantes pero realizados bajo una mirada muy similar: aquella que se arroja desde la 'posmemoria', esto es, desde una distancia generacional respecto a los hechos históricos evocados que proporciona a estas cintas una voz políticamente más crítica pero no por ello menos intimista y autobiográfica que la que puede ostentar el superviviente o el testigo directo de los hechos. El propósito último de nuestro análisis es el de poder dilucidar los puntos de convergencia y de divergencia entre un conjunto de producciones documentales que si bien creemos que aboga por la transmisión de la memoria entre generaciones y su continuidad en el futuro, implica la presencia, por su misma idiosincrasia, de vacíos, silencios, recreaciones y, en definitiva, (auto)ficciones que, normalmente desde la primera persona, dan fe de unos sujetos fracturados por los traumáticos y complejos orígenes de sus respectivas genealogías familiares

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Tanto en el panorama cinematográfico español como en el argentino, varios son los títulos que desde el ámbito no sólo de la ficción, sino también del documental, han pretendido dar una visión de lo que sucedió durante la guerra civil y el franquismo y, en el caso del país latinoamericano, de la última dictadura militar encabezada por Jorge Rafael Videla. Dentro de este grupúsculo de películas, en la última década se ha producido un nada despreciable número de películas documentales (Nadar, Entre el dictador y yo, Muerte en El Valle, El muro de los olvidados, Cosas raras que pasaban entonces, Pepe el andaluz o Tierra encima, en España; o Los Rubios, M, En memoria de los pájaros, Encontrando a Víctor, Papá Iván o La fe del volcán, en Argentina) firmadas por la generación siguiente o subsiguiente a la de quienes fueron víctimas directas o indirectas de la tortura, el exilio, la represión y la falta de libertades impuestas por sendos regímenes totalitarios. Se trata, en todos los casos, de jóvenes cineastas y videastas que se acercan a un pasado que no recuerdan pero al cual necesitan interrogar de manera imperiosa para poder definirse en tanto que sujetos políticos. El artículo que presentamos pretende acercarse a dos corpus cinematográficos fraguados en países geográficamente muy distantes pero realizados bajo una mirada muy similar: aquella que se arroja desde la 'posmemoria', esto es, desde una distancia generacional respecto a los hechos históricos evocados que proporciona a estas cintas una voz políticamente más crítica pero no por ello menos intimista y autobiográfica que la que puede ostentar el superviviente o el testigo directo de los hechos. El propósito último de nuestro análisis es el de poder dilucidar los puntos de convergencia y de divergencia entre un conjunto de producciones documentales que si bien creemos que aboga por la transmisión de la memoria entre generaciones y su continuidad en el futuro, implica la presencia, por su misma idiosincrasia, de vacíos, silencios, recreaciones y, en definitiva, (auto)ficciones que, normalmente desde la primera persona, dan fe de unos sujetos fracturados por los traumáticos y complejos orígenes de sus respectivas genealogías familiares

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El debate en torno al fenómeno migratorio tiene actualmente en Europa un lugar privilegiado. Si bien los movimientos de población han sido recurrentes a lo largo de toda la historia de la humanidad, representan hoy en día una cuestión fundamental desde el punto de vista político y de la opinión pública, debido a los desafíos que plantea en el plano social, económico y cultural para el viejo continente. Italia, por su parte,registra la llegada de inmigrantes que intentan ingresar al mercado de trabajo hace pocas décadas pero en una coyuntura atravesada por un proceso de reestructuración y una profunda crisis económica que vuelven compleja la colocación para estas personas. En los últimos años, se llevan a cabo políticas cada vez más restrictivas en materia migratoria. Sin embargo, lejos defrenar los flujos, estas medidas no producen más que el efecto, entre otras cosas, de empujar a la sombra de la 'clandestinidad' a todas aquellas personas que ingresan o permanecen en el territorio sin la documentación necesaria. Nuestro trabajo buscará dar cuenta de las características de los procesos migratorios en Calabria, una de las principales, pero también una de las más pobres, zonas agrícolas de Italia meridional, atravesada por la dominación por parte del crimen organizado, la famosa mafia, aquí llamada 'ndrnagheta. Sobre todo en la ciudad de Rosarno, sobre la cual concentraremos nuestra atención, la organización criminal está involucrada en diferentes cuestiones que atañen al trabajo de los inmigrantes en los campos. Tan terribles e inhumanas son las condiciones de vida y empleo de estas personas, caracterizadas además por la discriminación y la violencia, que lograron desencadenarla conocida "rivolta di Rosarno" del 2010. El análisis que desarrollamos a partir de este episodio da cuenta de la complejidad de este territorio, del protagonismo de los inmigrantes, pero también de las oportunidades que podrían sobrevenir