977 resultados para Má oclusão Classe II


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Introduction: The aims of this meta-analysis were to quantify and to compare the amounts of distalization and anchorage loss of conventional and skeletal anchorage methods in the correction of Class II malocclusion with intraoral distalizers. Methods: The literature was searched through 5 electronic databases, and inclusion criteria were applied. Articles that presented pretreatment and posttreatment cephalometric values were preferred. Quality assessments of the studies were performed. The averages and standard deviations of molar and premolar effects were extracted from the studies to perform a meta-analysis. Results: After applying the inclusion and exclusion criteria, 40 studies were included in the systematic review. After the quality analysis, 2 articles were classified as high quality, 27 as medium quality, and 11 as low quality. For the meta-analysis, 6 studies were included, and they showed average molar distalization amounts of 3.34 mm with conventional anchorage and 5.10 mm with skeletal anchorage. The meta-analysis of premolar movement showed estimates of combined effects of 2.30 mm (mesialization) in studies with conventional anchorage and 4.01 mm (distalization) in studies with skeletal anchorage. Conclusions: There was scientific evidence that both anchorage systems are effective for distalization; however, with skeletal anchorage, there was no anchorage loss when direct anchorage was used.

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Introduction: The aim of this study was to compare the dentoskeletal changes of patients with Class II Division 1 malocclusion treated with either the Jasper jumper appliance or the activator-headgear combination, both associated with fixed appliances. Methods: The sample comprised 72 subjects with Class II Division 1 malocclusion divided into 3 groups: group 1 included 25 subjects treated with fixed appliances and the force modules of the Jasper jumper at an initial mean age of 12.72 years, group 2 included 25 subjects treated with the activator-headgear combination followed by fixed appliances at an initial mean age of 11.07 years, and group 3 included 22 untreated subjects at an initial mean age of 12.67 years. Initial cephalometric characteristics and dentoskeletal changes were compared with analysis of variance. Results: Both experimental groups had similar dentoskeletal changes: restrictive effect on the maxilla, clockwise mandibular rotation and a slight increase in anterior face height, retrusion of the maxillary incisors, distalization of the maxillary molars, protrusion of the mandibular incisors, extrusion of the mandibular molars, and significant improvements of the maxillomandibular relationship, overjet, overbite, and the molar relationship. Conclusions: The effects of the Jasper jumper and the activator-headgear combination followed by fixed orthodontic appliances were similar in Class II malocclusion treatment.

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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.

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As aves silvestres são importantes reservatórios de vírus que podem acometer as aves domésticas. O monitoramento da circulação viral em aves silvestres é de extrema importância para garantir a sanidade dos plantéis avícolas. O presente estudo teve como objetivo 1) comparar dois testes moleculares de RT-PCR para a detecção dos vírus da família Paramyxoviridae em aves silvestres e sinantrópicas; 2) caracterizar os vírus detectados nestas amostras. Dois testes de RT-PCR e testes específicos de RT-PCR em tempo real (RRT-PCR) para o vírus da doença de Newcastle (NDV) e o metapneumovírus aviário (aMPV) foram utilizados para comparar o limite de detecção entre as amostras. As amostras de aves silvestres foram testadas por dois testes de RT-PCR. Um pequeno fragmento da região do sítio de clivagem do gene F das amostras positivas foi sequenciado. Os testes de RT-PCR foram validados com sucesso, mas apresentaram diferenças entre os limites de detecção quando comparados aos testes específicos de RRT-PCR utilizando diferentes vírus. No total, 100 amostras de aves (suabes) foram testados pelo teste RT-PCR que apresentou um limite de detecção similar entre os diferentes agentes virais. O teste selecionado foi capaz de detectar duas amostras de aves silvestres que foram também detectadas pelo testes específico para NDV e relacionadas às amostras de NDV vacinais do genótipo II da classe II referentes aos vírus de NDV lentogênico (113RQGR ↓ L117). Nosso estudo demonstra a deficiência na biosseguridade adotada pelos sistemas avícolas por permitir a saída dos vírus vacinais para as aves silvestres

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A infecção por papilomavirus é a principal causa de desenvolvimento de neoplasias intraepiteliais cervicais (NIC) e câncer do colo do útero (CCU). Estudos epidemiológicos têm demonstrado que a persistência do genoma viral encontra-se associado a variantes moleculares específicas de papilomavirus humano (HPV) de alto risco. As moléculas HLA de classe II têm um importante papel na resposta imune. Associações entre HLA e CCU ou infecção por HPV tem sido demonstrado em diferentes populações. O nosso objetivo foi verificar se a variabilidade de HLA-DRB1 e DQB1 estavam associada ao CCU e NIC III em mulheres de Belém, uma população formada pelos 3 principais grupos étnicos humanos e uma área de alto risco para o CCU no Norte do Brasil. Foi investigada a existência de diferenças na distribuição de alelos HLA entre mulheres com CCU e NIC III portadoras de diferentes variantes de HPV-16 e mulheres citologicamente normais. Os genes HLA DQB1 e DRB1 foram tipados pelo método de PCR-SSO em 95 casos e 287 controles de mulheres com citologia normal atendidas em um centro de prevenção do colo do útero na mesma cidade. As variantes de HPV-16 foram tipadas por sequenciamento de um fragmento da região controladora do genoma viral (LCR). O polimorfismo na posição 350 do gene E6 foi tipado baseado em um protocolo de hibridização em pontos, para identificar a alteração na posição 350T→G. A magnitude das associações foi estimada por odds ratio (OR) e os respectivos intervalos de confiança (IC), ajustados para potenciais fatores de confusão. Uma associação positiva foi observada entre CCU e os haplótipos DRB1* 150 l-DQB1*0602, DRB1*04-DQB1*0301 e DRB1*1602-DQB1*0301. Ao contrário, DRB1*01-DQB1*0501 mostrou um efeito protetor. Os alelos DRB1*0804, DQB1*0402 apresentaram efeito protetor contra positividade por HPV. O alelo DQB1*0502 e o grupo DRB1*15 foram positivamente associados. Os nossos resultados mostram que as associações positivas de DRB1*1501 e DRB1*1602 podem ser atribuídas a variantes asiático-americanas quando comparado a variantes européias. O risco conferido a DRB1*1501 foi encontrado associado tanto a variantes E6350G quanto a variantes E6350T, entretanto, o maior efeito foi devido às variantes E6250T. A associação positiva de DRB1*1602 foi significativa somente no grupo de mulheres positivas para E6350G. Estes resultados estão de acordo com a composição étnica da população estudada bem como um maior potencial oncogênico de certas variantes. Nossos dados sugerem que a contribuição dos alelos HLA na susceptibilidade genética ao CCU difere de acordo com a distribuição das variantes de HPV em uma dada região geográfica ou grupo étnico.

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Trabalho Final do Curso de Mestrado Integrado em Medicina, Faculdade de Medicina, Universidade de Lisboa, 2014

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Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz

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Dissertação para obtenção do grau de Mestre no Instituto Superior de Ciências da Saúde Egas Moniz

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"Le me̲moire original se trouve dans les 'Rozpravy' de l'Acade̲mie des Sciences de Bohe̲me, Anne̲e XII, Classe II, No 21 sous le titre: Studie o cirkumzenitalu."

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The causal relationship between Human Papilloma Virus (HPV) infection and cervical cancer has motivated the development, and further improvement, of prophylactic vaccines against this virus. 70% of cervical cancers, 80% of which in low-resources countries, are associated to HPV16 and HPV18 infection, with 13 additional HPV types, classified as high-risk, responsible for the remaining 30% of tumors. Current vaccines, Cervarix® (GlaxoSmithKline) and Gardasil®(Merk), are based on virus-like particles (VLP) obtained by self-assembly of the major capsid protein L1. Despite their undisputable immunogenicity and safety, the fact that protection afforded by these vaccines is largely limited to the cognate serotypes included in the vaccine (HPV 16 and 18, plus five additional viral types incorporated into a newly licensed nonavalent vaccine) along with high production costs and reduced thermal stability, are pushing the development of 2nd generation HPV vaccines based on minor capsid protein L2. The increase in protection broadness afforded by the use of L2 cross-neutralizing epitopes, plus a marked reduction of production costs due to bacterial expression of the antigens and a considerable increase in thermal stability could strongly enhance vaccine distribution and usage in low-resource countries. Previous studies from our group identified three tandem repeats of the L2 aa. 20-38 peptide as a strongly immunogenic epitope if exposed on the scaffold protein thioredoxin (Trx). The aim of this thesis work is the improvement of the Trx-L2 vaccine formulation with regard to cross-protection and thermostability, in order to identify an antigen suitable for a phase I clinical trial. By testing Trx from different microorganisms, we selected P. furiosus thioredoxin (PfTrx) as the optimal scaffold because of its sustained peptide epitope constraining capacity and striking thermal stability (24 hours at 100°C). Alternative production systems, such as secretory Trx-L2 expression in the yeast P. pastoris, have also been set-up and evaluated as possible means to further increase production yields, with a concomitant reduction of production costs. Limitations in immune-responsiveness caused by MHC class II polymorphisms –as observed, for example, in different mouse strains- have been overcome by introducing promiscuous T-helper (Th) epitopes, e.g., PADRE (Pan DR Epitope), at both ends of PfTrx. This allowed us to obtain fairly strong immune responses even in mice (C57BL/6) normally unresponsive to the basic Trx-L2 vaccine. Cross-protection was not increased, however. I thus designed, produced and tested a novel multi-epitope formulation consisting of 8 and 11 L2(20-38) epitopes derived from different HPV types, tandemly joined into a single thioredoxin molecule (“concatemers”). To try to further increase immunogenicity, I also fused our 8X and 11X PfTrx-L2 concatemers to the N-terminus of an engineered complement-binding protein (C4bp), capable to spontaneously assemble into ordered hepatmeric structures, previously validated as a molecular adjuvant. Fusion to C4bp indeed improved antigen presentation, with a fairly significant increase in both immunogenicity and cross-protection. Another important issue I addressed, is the reduction of vaccine doses/treatment, which can be achieved by increasing immunogenicity, while also allowing for a delayed release of the antigen. I obtained preliminary, yet quite encouraging results in this direction with the use of a novel, solid-phase vaccine formulation, consisting of the basic PfTrx-L2 vaccine and its C4bp fusion derivative adsorbed to mesoporus silica-rods (MSR).

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O presente estudo avaliou a velocidade da movimentação ortodôntica e as alterações dentárias e esqueléticas na distalização de molares superiores sob influência do laser de baixa intensidade por meio de telerradiografias laterais. A amostra foi constituída por 18 pacientes, portadores de maloclusão Classe II, com idade média inicial de 14,4 anos e divididos em dois grupos: Grupo I - laser e Grupo II - controle. Os pacientes foram tratados com um dispositivo ortodôntico denominado Pêndulo de Hilgers modificado, concomitantemente foi realizado a aplicação do laser de baixa intensidade na região radicular dos primeiros e segundos molares superiores, dos lados direito e esquerdo, nos pacientes do grupo I, sob o seguinte protocolo: 780nm de comprimento de onda, 40mW de potência, 10J/cm² de densidade de energia, 0,4J de energia por ponto durante 10 segundos cada e resultando em energia total de 20,8J. Foram distribuídos 52 pontos por vestibular e palatina dos primeiros e segundos molares superiores. A aplicação do laser foi realizada no dia da ativação da mola de TMA e repetida a cada mês até a sobrecorreção da relação molar. As telerradiografias laterais foram realizadas no início do tratamento (T1), ao final do terceiro mês (T2) e ao final da distalização (T3) com a relação molar sobrecorrigida em aproximadamente 1mm. Após análise cefalométrica foram realizadas comparações das alterações obtidas entre as fases Inicial (T1) e Final (T3) e Inicial (T1) e terceiro mês (T2) e comparadas entre os grupos. Os resultados mostraram inclinação para distal dos primeiros e segundos molares superiores, inclinação vestibular dos incisivos centrais superiores acentuada pela presença dos segundos molares e ausência de alterações dentárias verticais significativas, rotação do plano mandibular no sentido horário e o consequente aumento da altura facial anterior inferior. Concluiu-se que os efeitos do Pêndulo de Hilgers modificado sob a metodologia realizada provocaram alterações predominantemente dentoalveolares e que a movimentação dos primeiros e segundos molares superiores sob efeito da laserterapia, não apresentou diferença estatisticamente significante na velocidade de movimentação ortodôntica e em nenhuma das variáveis estudadas.

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O presente estudo avaliou as dimensões transversais dos arcos dentais mandibulares em indivíduos com diferentes padrões faciais. A amostra foi constituída por telerradiografias em norma lateral direita e modelos em gesso de 33 indivíduos, leucodermas, em ambos os sexos, com idade entre 13 e 25 anos, na fase de dentição permanente. O Padrão Facial foi obtido pela análise facial subjetiva em fotografias frontal e de perfil de 1500 documentações ortodonticas, foi utilizada análise cefalométrica por meio do ângulo ANB para confirmar o padrão esquelético, o qual deveria coincidir com a classificação de maloclusão de Angle. A amostra foi dividida em três grupos: Grupo I Padrão I, Classe I de Angle e ANB 2,0 o ±0,5o; Grupo II Padrão II, Classe II divisão 1 de Angle e ANB ≥ 4,0, e Grupo III Padrão III, Classe III de Angle e ANB ≥ - 4,5o. As dimensões transversais do arco foram mensuradas após a digitalização dos modelos em gesso pelo Scanner Dental Wings (3D), a partir dos quais foram estabelecidas as distâncias transversais intercanino, inter 1º PM, inter 2º PM, inter 1º M (cúspide mesial e distal), inter 2º M (cúspide mesial e distal), com o auxílio do software Geomagic Studio® 12. As médias e desvio padrão das dimensões transversais foram obtidas, e, para comparação entre os três grupos foi utilizado a Análise de Variância e teste de Tukey. Em todos os testes estatísticos foi adotado nível de significância de 5% (p<0,05). Houve diferença estatística em duas dimensões transversais das 14 avaliadas no arco maxilar na região mesial do segundo molar (p=0,024) e no mandibular na região distal do primeiro molar (p=0,047). Os arcos dentais mandibulares foram semelhantes nos três grupos estudados.

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A reabsorção condilar interna no adolescente (RCIA) é uma doença progressiva que afeta a articulação temporomandibular (ATM) e que pode resultar em maloclusão, deformidade facial, disfunção de ATM e dor. O aparecimento desta doença ocorre entre os 10 e os 15 anos, sendo mais freqüente em adolescentes do sexo feminino. Esses pacientes apresentam sinais clínicos característicos como: ângulo do plano oclusal e do plano mandibular aumentados, retrusão progressiva da mandíbula e maloclusão Classe II, com ou sem mordida aberta. Nos exames de imagem (tomografia computadorizada e ressonância magnética), observa-se reabsorção interna dos côndilos e deslocamento dos discos articulares da ATM. Tendo em vista a dificuldade em determinar a causa da RCIA e a importância em eliminar a dor e melhorar a função mastigatória, este estudo se propôs a avaliar as alterações promovidas no posicionamento mandibular, a sintomatologia dolorosa e a estabilidade do tratamento da RCIA, utilizando o protocolo de tratamento (Dr. Larry M. Wolford) em pacientes adolescentes submetidos a cirurgia de reposicionamento do disco articular e cirurgia ortognática, realizadas no mesmo ato cirúrgico. Neste estudo retrospectivo, foram avaliadas as telerradiografias laterais adquiridas na avaliação inicial (T1), pré-cirúrgica (T2), pós-cirúrgica imediata (T3) e de maior acompanhamento, com pelo menos um ano pós-cirurgia (T4) e questionários de dor e função mandibular de uma amostra de 24 pacientes com maloclusão de Classe II (20 do sexo feminino e 4 do sexo masculino) diagnosticados com RCIA, os quais foram submetidos ao protocolo de tratamento composto pela cirurgia de reposicionamento do disco articular da ATM concomitantemente à cirurgia ortognática. O protocolo de tratamento utilizado mostrou-se bastante positivo, uma vez que a estabilidade foi adquirida e uma melhora significativa nos níveis de dor e função mandibular foram atingidos. O tratamento dos pacientes diagnosticados com RCIA, através do protocolo de tratamento proposto, é um procedimento estável e atua diretamente em um ganho na redução da dor.

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Este estudo avaliou os efeitos do laser de baixa intensidade na velocidade de movimentação ortodôntica dos caninos durante a fase de retratação e na ancoragem dos molares por meio de tomografia computadorizada de feixe cônico. Foram selecionados 21 pacientes que necessitavam de extração de primeiros pré-molares sendo que 15 apresentavam maloclusão de classe I de Angle e 6 classe II de Angle. Foram avaliados 72 caninos e 72 molares , sendo 72 molares, sendo 42 caninos e 42 molares superiores, e 30 caninos e 30 molares inferiores. A retratação inicial dos caninos foi realizada com arco segmentado 0,014, por mio de mola de níquel titâneo com uma força de 150 g. Um dos caninos foi irradiado com laser de diodo, com o protocolo de aplicação de 0nm/40mW/10J/cm2/04,J por ponto, sendo cinco pontos por vestibular e cinco pontos por lingual na região radicular , totalizando Et=4J. Esta aplicação foi realizada no dia em que foi ativada a mola de retratação, sendo que no canino contralateral foi realizada uma simulação (placebo). Decorridos trinta dias em média, houve nova ativação da mola e aplicação do laser no mesmo canino já irradiado.(AU)