404 resultados para Evasion


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Zu den Immunevasionsmechanismen des murinen Cytomegalovirus, die sich im Laufe der Koevolution von Virus und Wirt entwickelt haben, gehört die Interferenz von drei viralen Regulatoren mit der Antigenpräsentation über MHC-Klasse-I-Moleküle, wodurch die Aktivierung von zytotoxischen CD8 T-Zellen beeinflusst wird: Während m152/gp40 peptidbeladene MHC-Klasse-I-Komplexe im cis-Golgi-Kompartiment akkumuliert, führt m06/gp48 diese Komplexe der lysosomalen Degradation zu. Im Gegensatz dazu vermittelt m04/gp34 deren Transport an die Zelloberfläche, wurde in der Literatur bisher aber trotzdem als Inhibitor der CD8 T-Zellaktivierung beschrieben. Ziel der vorliegenden Arbeit war es, den Einfluss dieser viralen Proteine auf die Peptidpräsentation bzw. die T-Zellaktivierung zu untersuchen. Dazu wurde ein Set von Viren verwendet, das neben mCMV-WT aus mCMV-Deletionsmutanten besteht, die jedes der regulatorischen Proteine einzeln bzw. in allen möglichen Kombinationen exprimieren, einschließlich einer Mutante, die keines der Proteine besitzt. Entgegen der bisher gültigen Annahme konnte in der vorliegenden Arbeit gezeigt werden, dass m04/gp34 die Antigenpräsentation nicht inhibiert. Wird es allein exprimiert, bleibt die T-Zellaktivierung unbeeinflusst. Wird es zusammen mit m152/gp40 exprimiert, stellt es die T-Zellaktivierung wieder her, indem es den herunter regulierenden Effekt von m152/gp40 antagonisiert. Dieser positiv regulierende Effekt von m04/gp34 wird wiederum durch m06/gp48 aufgehoben. Es konnte ebenfalls gezeigt werden, wie die verschiedenen Effekte dieser Virusproteine in vivo das Überleben im infizierten Wirt steuern. So wird im adoptiven Transfermodell die Infektion mit der Deletionsmutante, die m152/gp40 alleine exprimiert, schlechter kontrolliert als die Infektion mit der m152/gp40 und m04/gp34 exprimierenden Mutante. Dieser die CD8 T-Zellkontrolle verbessernde Effekt von m04/gp34 wird durch m06/gp48 wieder aufgehoben. Dass ein viraler Erreger nicht nur negative Regulatoren der Antigenpräsentation exprimiert, sondern auch einen positiven Regulator, der den Effekt eines negativen Regulators wieder aufhebt, ist in der Literatur beispiellos. Durch differentielle Expression dieser Regulatoren eröffnet sich damit dem Virus die Möglichkeit, die Antigenpräsentation gezielt zu modulieren.

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La ricerca oggetto della tesi riguarda la disamina delle esperienze comunitarie e nazionali in Europa in materia di elusione IVA ed antielusione IVA, al fine di esaminare le utilizzabili esperienze in materia per la Cina che dovrebbe iniziare a prendere le giuste azioni per fronteggiare il problema della crescente diffusione dei fenomeni dell’elusione IVA, in particolare nel contesto della riforma perdurante dell’IVA cinese verso il modello moderno. A questo fine, prima la tesi ha analizzato dettagliatamente le seguenti principali questioni sulla base delle esperienze comunitarie e nazionali dei determinati Stati Membri dell’UE: la definizione dell’elusione fiscale generale (a tale proposito, più rilevanti le differenze tra elusione fiscale ed altri relativi concetti come risparmio d’imposta, evasione fiscale e simulazione e la relazione intrinseca tra elusione fiscale ed altri relativi concetti come frode alla legge ed abuso del diritto), la definizione dell’elusione IVA (a tale proposito, più rilevanti gli aspetti di particolare interesse ai fini della definizione dell’elusione IVA), i principi e metodologie dell’elusione IVA, le applicazioni delle varie misure antielusive rivolte all’elusione IVA nell’ordinamento comunitario e negli ordinamenti interni degli alcuni principali Stati Membri dell’UE (a tale proposito, più rilevanti l’applicazone del principio Halifax, quale norma antielusiva generale basata sul principio di divieto dell’abuso del diritto, e la considerazione delle altre soluzioni antielusive applicabili nell’IVA, comprese correzioni normative e clausole antielusive specifiche), gli effetti dell’antielusione IVA e i limiti entro cui l’autorità impositiva può esercitare l’antielusione IVA per la tutela degli interessi legittimi dei soggetti passivi come certezza giuridica ed autonomia contrattuale. Poi, la tesi ha avanzato le proposte relative al perfezionamento delle soluzioni antielusive IVA nell’ordinamento tributario cinese, dopo presentati i principali regimi attuali dell’IVA cinese e analizzate le situazioni attuali realtive all’elusione IVA e all’antielusione IVA nel sistema fiscale cinese.

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L’armonizzazione fiscale è una importante sfida che l’Unione Europea si trova ad affrontare per la completa realizzazione del mercato interno. Le istituzioni comunitarie, tuttavia, non dispongono delle competenze legislative per intervenire direttamente negli ordinamenti tributari degli Stati membri. Svolgendo una analisi del contesto legislativo vigente, ed esaminando le prospettive de iure condendo della materia fiscale dell’Unione, il presente lavoro cerca di comprendere le prospettive di evoluzione del sistema, sia dal punto di vista della normativa fiscale sostanziale, che procedimentale. Mediante la disciplina elaborata a livello comunitario che regola la cooperazione amministrativa in materia fiscale, con particolare riferimento alle direttive relative allo scambio di informazioni e all’assistenza alla riscossione (dir. 2011/16/UE e dir. 2010/24/UE) si permette alle Amministrazioni degli Stati membri di avere accesso ai reciproci ordinamenti giuridici, e conoscerne i meccanismi. L’attuazione di tali norme fa sì che ciascun ordinamento abbia l’opportunità di importare le best practices implementate dagli altri Stati. L’obiettivo sarà quello di migliorare il proprio procedimento amministrativo tributario, da un lato, e di rendere più immediati gli scambi di informazione e la cooperazione alla riscossione, dall’altro. L’armonizzazione fiscale all’interno dell’Unione verrebbe perseguita, anziché mediante un intervento a livello europeo, attraverso un coordinamento “dal basso” degli ordinamenti fiscali, realizzato attraverso l’attività di cooperazione delle amministrazioni che opereranno su un substrato di regole condivise. La maggiore apertura delle amministrazioni fiscali dei Paesi membri e la maggiore spontaneità degli scambi di informazioni, ha una efficacia deterrente di fenomeni di evasione e di sottrazione di imposta posti in essere al fine di avvantaggiarsi delle differenze dei sistemi impositivi dei vari paesi. Nel lungo periodo ciò porterà verosimilmente, gli Stati membri a livellare i sistemi impositivi, dal momento che i medesimi non avranno più interesse ad utilizzare la leva fiscale per generare una concorrenza tra gli ordinamenti.

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Il presente lavoro parte dalla constatazione che l’Imposta sul valore aggiunto è stata introdotta con lo scopo specifico di tassare il consumo in modo uniforme a livello europeo. La globalizzazione dell’economia con l’abolizione delle frontiere ha tuttavia favorito la nascita non solo di un mercato unico europeo, ma anche di “un mercato unico delle frodi”. L’esistenza di abusi e frodi in ambito Iva risulta doppiamente dannosa per l’Unione europea: tali condotte incidono quantitativamente sull'ammontare delle risorse proprie dell’Unione e sulle entrate fiscali dei singoli Stati membri nonché violano il principio di concorrenza e producono distorsioni nel mercato unico. È in questo contesto che intervengono i giudici nazionali e la Corte di Giustizia, al fine di porre un freno a tali fenomeni patologici. Quest’ultima, chiamata a far rispettare il diritto comunitario, ha sviluppato una misura antifrode e antiabuso consistente nel diniego del diritto alla detrazione qualora lo stesso venga invocato dal soggetto passivo abusivamente o fraudolentemente. Vedremo però che il problema non può essere facilmente ridotto a formule operative: al di là dello schema, fin troppo scontato, dell’operatore apertamente disonesto e degli operatori con esso dichiaratamente correi, rimane il territorio grigio dei soggetti coinvolti, qualche volta inconsapevolmente qualche volta consapevolmente, ma senza concreta partecipazione nella frode da altri orchestrata. Permane a questo punto la domanda se sia coerente - in un sistema impositivo che privilegia i profili oggettivi, prescindendo, salvo gli aspetti sanzionatori, da quelli soggettivi- negare il diritto alla detrazione Iva per asserita consapevolezza di comportamenti fraudolenti altrui o se non vi siano regole più adatte al fine di porre un freno alle frodi e dunque più conformi al principio di proporzionalità.

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In this work I discuss several key aspects of welfare economics and policy analysis and I propose two original contributions to the growing field of behavioral public policymaking. After providing a historical perspective of welfare economics and an overview of policy analysis processes in the introductory chapter, in chapter 2 I discuss a debated issue of policymaking, the choice of the social welfare function. I contribute to this debate by proposing an original methodological contribution based on the analysis of the quantitative relationship among different social welfare functional forms commonly used by policy analysts. In chapter 3 I then discuss a behavioral policy to contrast indirect tax evasion based on the use of lotteries. I show that the predictions of my model based on non-expected utility are consistent with observed, and so far unexplained, empirical evidence of the policy success. Finally, in chapter 4 I investigate by mean of a laboratory experiment the effects of social influence on the individual likelihood to engage in altruistic punishment. I show that bystanders’ decision to engage in punishment is influenced by the punishment behavior of their peers and I suggest ways to enact behavioral policies that exploit this finding.

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Die effiziente Generierung von Peptid-Epitopen aus zelleigenen oder viralen Proteinen für die Präsentation auf „Major Histocompatibility Complex I“ (MHC I) Molekülen ist essentiell für die Aktivierung des adaptiven Immunsystems und die Effektorfunktion der CD8+ zytotoxischen T-Zellen (CTLs). CTLs erkennen diese Peptide in Kontext mit MHC I Molekülen über ihren spezifischen T-Zellrezeptor (TCR). Die Generierung dieser Epitope ist das Resultat eines komplexen proteolytischen Prozesses, der im Zytosol und im endoplasmatischen Retikulum (ER) stattfindet. Im Zytosol generiert das Proteasom N-terminal verlängerte Epitop-Vorläufer. Diese werden durch weitere zytosolische Proteasen abgebaut, es sei denn, sie werden durch den „transporter associated with antigen processing“ (TAP) in das ER transportiert. Dort werden sie durch Aminopeptidasen getrimmt, um den Bindungsvoraussetzungen der MHC I Moleküle zu genügen. Im murinen System ist die „ER aminopeptidase associated with antigen processing“ (ERAAP) die bislang einzige beschriebene Aminopeptidase, die dieses N-terminale Trimming von CTL Epitopen vermitteln kann. Das Profil der proteolytischen Aktivität in angereichertem murinen ER kann jedoch nicht allein durch die Aktivität von ERAAP erklärt werden, was auf die Anwesenheit weiterer Aminopeptidasen mit einer potentiellen Funktion in der Antigenprozessierung hinweist. In dieser Arbeit konnte die immunologisch bislang noch nicht beschriebene Aminopeptidase ERMP1 (endoplasmic reticulum metallopeptidase 1) im murinen ER identifiziert werden. Nach Aufreinigung muriner Mikrosomen und anschließender Anionenaustausch-Chromatographie wurden die gesammelten Fraktionen mit fluorogenen Substraten auf Aminopeptidase-Aktivität getestet. Durch massenspektrometrische Analyse konnten in den beobachteten Peaks die schon beschriebenen Aminopeptidasen ERAAP, die „insulin regulated aminopeptidase“ IRAP und die immunologisch bislang nicht beschriebene Aminopeptidase ERMP1 identifiziert werden. Durch Fluoreszenzmikroskopie konnte die intrazelluläre Lokalisation von ERMP1 im ER durch Kolokalisation mit TAP verifiziert werden. Wie viele Komponenten des MHC I Prozessierungsweges wird auch die Expression von ERMP1 durch IFN-γ stimuliert. Dies macht ERMP1 zu einer potentiellen zweiten trimmenden Aminopeptidase im murinen ER. Überexpression von ERMP1 hat einen allelspezifischen Einfluss auf die globale MHC I Präsentation auf der Zelloberfläche und durch Überexpression und shRNA vermitteltes gene silencing konnte außerdem ein epitopspezifischer Effekt nachgewiesen werden. Da N-terminales Trimming durch ERAAP mit der Evasion von Tumoren und veränderter Immundominanz assoziiert wird, ist die detaillierte Charakterisierung der Aminopeptidase ERMP1 ein wichtiger Schritt zum Verständnis der MHC I Antigen-Prozessierung und der Generierung von CTL Epitopen im ER.

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Die Kontrolle der Cytomegalovirus(CMV)-Infektion durch CD8 T-Zellen ist abhängig von der effizienten MHC-Klasse-I-Präsentation viraler Peptide auf der Zelloberfläche. Um die Erkennung infizierter Zellen zu unterdrücken, interferieren während der Early (E)-Phase der murinen CMV (mCMV)-Infektion virale Immunevasine mit dem intrazellulären Transport von Peptid-MHC-I (pMHC-I) Komplexen. Den Immunevasinen gelingt es allerdings nicht, ein Priming mCMV-spezifischer CD8 T-Zellen zu verhindern. Daher wurde angenommen, dass die Initiation der antiviralen CD8 T-Zellantwort primär auf der Cross-Präsentation viraler Peptide auf nicht-infizierten, professionellen Antigen-präsentierenden Zellen (profAPC) beruht und damit unabhängig von viralen Immunevasionsmechanismen ist.rnIm Rahmen der vorliegenden Arbeit wurde mittels BAC-Mutagenese eine mCMV-Rekombinante generiert, um die direkte Präsentation viraler Peptide durch die zusätzliche Expression des zentralen Immunevasins m152 bereits in der Immediate Early (IE)-Phase verstärkt zu unterdrücken. Wie erwartet reduzierte die verstärkte m152-Expression sowohl in der IE- als auch in der E-Phase die pMHC-I-Präsentation in vitro. Dies führte überraschenderweise nach Infektion immunkompetenter BALB/c-Mäuse (Haplotyp H-2d) zu einer verminderten CD8 T-Zellantwort und damit zur Verschlechterung der Kontrolle der Infektion im drainierenden Lymphknoten. Diese Beobachtungen weisen erstmals auf einen wichtigen Beitrag der direkten Antigenpräsentation bei der Initiation der mCMV-spezifischen CD8 T-Zellantwort im immunkompetenten Wirt hin. Zusätzlich konnte auch nach mCMV-Infektion von Cross-Präsentations-defizienten Mäusen (Haplotyp H-2b) eine antivirale CD8 T-Zellantwort initiiert werden. Diese Beobachtung bestätigt, dass durch direkte Antigenpräsentation auf infizierten profAPC trotz viraler Immunevasionsmechanismen eine CD8 T-Zellantwort induziert werden kann. Allerdings wurde weder die antivirale CD8 T-Zellantwort noch die Kontrolle der Infektion im Haplotyp H-2b durch die verstärkte m152-Expression moduliert.rnIn einem weiteren Teil der Arbeit konnte im klinisch relevanten Modellsystem der mCMV-Infektion von Knochenmarktransplantations (KMT)-Rezipienten (Haplotyp H-2d) gezeigt werden, dass die verstärkte m152-Expression die Rekrutierung IE1-spezifischer CD8 T-Zellen in die infizierte Lunge unterdrückt. Dies konnte sowohl früh nach Infektion, als auch während der viralen Latenz nachgewiesen werden. Zusätzlich war die Rekrutierung IE1-spezifischer CD8 T-Zellen in die Lunge deutlich vermindert in Ld--Rezipienten von Ld+-hämatopoetischen Zellen, die das IE1-präsentierende MHC-I-Molekül Ld nicht auf den nicht-hämatopoetischen Gewebszellen exprimieren. Diese Beobachtungen zeigen, dass die Rekrutierung antiviraler CD8 T-Zellen in ein peripheres Organ von der direkten Antigenpräsentation auf nicht-hämatopoetischen, infizierten Gewebszellen bestimmt wird.rnIn der vorliegenden Arbeit konnte somit erstmals gezeigt werden, dass trotz viraler Immunevasionsmechanismen nach mCMV-Infektion des immunkompetenten Wirtes und des KMT-Rezipienten die antivirale CD8 T-Zellantwort von der direkten Antigenpräsentation bestimmt wird.

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Die Kontrolle der Infektion mit dem humanen Cytomegalovirus (HCMV) wird primär durch antivirale CD8 T-Zellen vermittelt. Während der Koevolution zwischen Virus und Wirt wurden Immunevasionsmechanismen entwickelt, die direkt die Expression der Peptid-MHC-Klasse-I-Komplexe an der Zelloberfläche beeinflussen und es dem Virus ermöglichen, der Immunkontrolle des Wirtes zu entkommen. Da HCMV und das murine CMV (mCMV) zum Teil analoge Strategien zur Modulation des MHC-Klasse-I-Antigen-Präsentationswegs entwickelt haben, wurde in der vorliegenden Arbeit auf das experimentelle Modell mit mCMV zurückgegriffen. Die für die Immunevasion verantwortlichen Genprodukte m04/gp34, m06/gp48 und m152/gp40 werden aufgrund ihres regulatorischen Einflusses auf die Antigenpräsentation als vRAPs (viral regulators of antigen presentation) bezeichnet. Diese interferieren mit dem Transport Peptid-beladener MHC-Klasse-I-Moleküle und reduzieren in ihrer konzertierten Wirkung die Präsentation viraler Peptide an der Zelloberfläche.rnDie Transplantation hämatopoietischer Zellen nach Immunoablation stellt eine etablierte Therapieform bei malignen hämatologischen Erkrankungen dar. Zwischen Immunoablation und der Rekonstitution des Immunsystems sind die Empfänger der transferierten Zellen stark immunsupprimiert und anfällig für eine CMV-Erkrankung bei Reaktivierung des Virus. Neben der Gabe antiviraler Medikamente ist der adoptive Transfer antiviraler CD8 T-Zellen eine vielversprechende Therapiemöglichkeit, um reaktivierende CMV zu kontrollieren, bis das körpereigene Immunsystem wieder funktionsfähig ist. Obwohl im murinen Modell sehr wohl etabliert, stellen im humanen System die eingeschränkte Wirkung und die Notwendigkeit der konsequenten Gabe hoher Zellzahlen gewisse logistische Schwierigkeiten dar, welche die Methode bisher von der klinischen Routine ausschließen.rnDas murine Modell sagte eine Rolle von IFN-γ voraus, da Depletion dieses Zytokins zu einer verminderten Schutzwirkung gegen die mCMV-Infektion führt.rnIm ersten Teil dieser Arbeit sollte ein möglicher inhibitorischer Effekt von m04 auf m152 untersucht werden, der bei der Rekombinanten Δm06W beobachtet wurde. Mit neu generierten Viren (Δm06L1+2) konnte dieser Effekt allerdings nicht bestätigt werden. Bei Δm06W fehlte jedoch eine höher N-glykosylierte Isoform des m152-Proteins. Um zu untersuchen, ob die N-Glykosylierung von m152 für seine Funktion notwendig ist, wurde ein rekombinantes Virus generiert, das in Folge einer Deletion aller 3 N-Glykosylierungssequenzen nur eine nicht-glykosylierte Isoform des m152-Proteins bilden kann. In Übereinstimmung mit der zwischenzeitlich publizierten Kristallstruktur das Komplexes von m152 und dem Liganden RAE-1 des aktivierenden NK-Zellrezeptors NKG2D konnte erstmals gezeigt werden, dass die Funktionen von m152 in der adaptiven und in der angeborenen Immunität auch von der nicht N-glykosylierten Isoform wahrgenommen werden können.rnIm zweiten Teil der Arbeit sollte mit Hilfe eines Sets an vRAP Deletionsmutanten der Einfluss von IFN γ auf die einzeln oder in Kombination exprimierten vRAPs untersucht werden. Es zeigte sich, dass Vorbehandlung der Zellen mit IFN-γ die Antigenprozessierung nach Infektion stark erhöht und die vRAPs dann nicht mehr in der Lage sind, die Präsentation aller Peptid-beladener MHC-Klasse-I-Komplexe zu verhindern. Des Weiteren konnte gezeigt werden, dass vorher nicht-schützende CD8 T-Zellen Schutz vermitteln können, wenn das Gewebe der Rezipienten konstitutiv mit IFN-γ versorgt wird. Die zusätzliche Gabe von IFN-γ stellt daher eine vielversprechende Möglichkeit dar, den adoptiven Transfer als Therapie in der klinischen Routine einzusetzen.

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Glioblastoma multiforme (GBM) is the most common and most aggressive astrocytic tumor of the central nervous system (CNS) in adults. The standard treatment consisting of surgery, followed by a combinatorial radio- and chemotherapy, is only palliative and prolongs patient median survival to 12 to 15 months. The tumor subpopulation of stem cell-like glioma-initiating cells (GICs) shows resistance against radiation as well as chemotherapy, and has been suggested to be responsible for relapses of more aggressive tumors after therapy. The efficacy of immunotherapies, which exploit the immune system to specifically recognize and eliminate malignant cells, is limited due to strong immunosuppressive activities of the GICs and the generation of a specialized protective microenvironment. The molecular mechanisms underlying the therapy resistance of GICs are largely unknown. rnThe first aim of this study was to identify immune evasion mechanisms in GICs triggered by radiation. A model was used in which patient-derived GICs were treated in vitro with fractionated ionizing radiation (2.5 Gy in 7 consecutive passages) to select for a more radio-resistant phenotype. In the model cell line 1080, this selection process resulted in increased proliferative but diminished migratory capacities in comparison to untreated control GICs. Furthermore, radio-selected GICs downregulated various proteins involved in antigen processing and presentation, resulting in decreased expression of MHC class I molecules on the cellular surface and diminished recognition potential by cytotoxic CD8+ T cells. Thus, sub-lethal fractionated radiation can promote immune evasion and hamper the success of adjuvant immunotherapy. Among several immune-associated proteins, interferon-induced transmembrane protein 3 (IFITM3) was found to be upregulated in radio-selected GICs. While high expression of IFITM3 was associated with a worse overall survival of GBM patients (TCGA database) and increased proliferation and migration of differentiated glioma cell lines, a strong contribution of IFITM3 to proliferation in vitro as well as tumor growth and invasiveness in a xenograft model could not be observed. rnMultiple sclerosis (MS) is the most common autoimmune disease of the CNS in young adults of the Western World, which leads to progressive disability in genetically susceptible individuals, possibly triggered by environmental factors. It is assumed that self-reactive, myelin-specific T helper cell 1 (Th1) and Th17 cells, which have escaped the control mechanisms of the immune system, are critical in the pathogenesis of the human disease and its animal model experimental autoimmune encephalomyelitis (EAE). It was observed that in vitro differentiated interleukin 17 (IL-17) producing Th17 cells co-expressed the Th1-phenotypic cytokine Interferon-gamma (IFN-γ) in combination with the two respective lineage-associated transcription factors RORγt and T-bet after re-isolation from the CNS of diseased mice. Pathogenic molecular mechanisms that render a CD4+ T cell encephalitogenic have scarcely been investigated up to date. rnIn the second part of the thesis, whole transcriptional changes occurring in in vitro differentiated Th17 cells in the course of EAE were analyzed. Evaluation of signaling networks revealed an overrepresentation of genes involved in communication between the innate and adaptive immune system and metabolic alterations including cholesterol biosynthesis. The transcription factors Cebpa, Fos, Klf4, Nfatc1 and Spi1, associated with thymocyte development and naïve T cells were upregulated in encephalitogenic CNS-isolated CD4+ T cells, proposing a contribution to T cell plasticity. Correlation of the murine T-cell gene expression dataset to putative MS risk genes, which were selected based on their proximity (± 500 kb; ensembl database, release 75) to the MS risk single nucleotide polymorphisms (SNPs) proposed by the most recent multiple sclerosis GWAS in 2011, revealed that 67.3% of the MS risk genes were differentially expressed in EAE. Expression patterns of Bach2, Il2ra, Irf8, Mertk, Odf3b, Plek, Rgs1, Slc30a7, and Thada were confirmed in independent experiments, suggesting a contribution to T cell pathogenicity. Functional analysis of Nfatc1 revealed that Nfatc1-deficient CD4+ T cells were restrained in their ability to induce clinical signs of EAE. Nfatc1-deficiency allowed proper T cell activation, but diminished their potential to fully differentiate into Th17 cells and to express high amounts of lineage cytokines. As the inducible Nfatc1/αA transcript is distinct from the other family members, it could represent an interesting target for therapeutic intervention in MS.rn

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Due to multiple immune evasion mechanisms of cancer cells, novel therapy approaches are required to overcome the limitations of existing immunotherapies. Bispecific antibodies are potent anti-cancer drugs, which redirect effector T cells for specific tumor cell lysis, thus enabling the patient’s immune system to fight cancer cells. The antibody format used in this proof of concept study–bispecific ideal monoclonal antibodies termed BiMAB–is a tailor-made recombinant protein, which consists of two fused scFv antibodies recognizing different antigens. Both are arranged in tandem on a single peptide chain and the individual variable binding domains are separated by special non-immunogenic linkers. The format is comprised of a scFv targeting CLDN18.2–a gastric cancer tumor associated antigen (TAA) –while the second specificity binds the CD3 epsilon (CD3ε) subunit of the T cell receptor (TCR) on T cells. For the first time, we compared in our IMAB362-based BiMAB setting, four different anti-CD3-scFvs, respectively derived from the mAbs TR66, CLB-T3, as well as the humanized and the murine variant of UCHT1. In addition, we investigated the impact of an N- versus a C-terminal location of the IMAB362-derived scFv and the anti-CD3-scFvs. Thus, nine CLDN18.2 specific BiMAB proteins were generated, of which all showed a remarkably high cytotoxicity towards CLDN18.2-positive tumor cells. Because of its promising effectiveness, 1BiMAB emerged as the BiMAB prototype. The selectivity of 1BiMAB for its TAA and CD3ε, with affinities in the nanomolar range, has been confirmed by in vitro assays. Its dual binding depends on the design of an N-terminally positioned IMAB362 scFv and the consecutive C-terminally positioned TR66 scFv. 1BiMAB provoked a concentration and target cell dependent T cell activation, proliferation, and upregulation of the cytolytic protein Granzyme B, as well as the consequent elimination of target cells. Our results demonstrate that 1BiMAB is able to activate T cells independent of elements that are usually involved in the T cell recognition program, like antigen presentation, MHC restriction, and co-stimulatory effector molecules. In the first in vivo studies using a subcutaneous xenogeneic tumor mouse model in immune incompetent NSG mice, we could prove a significant therapeutic effect of 1BiMAB with partial or complete tumor elimination. The initial in vitro RIBOMAB experiments correspondingly showed encouraging results. The electroporation of 1BiMAB IVT-RNA into target or effector cells was feasible, while the functionality of translated 1BiMAB was proven by induced T cell activation and target cell lysis. Accordingly, we could show that the in vitro RIBOMAB approach was applicable for all nine BiMABs, which proves the RIBOMAB concept. Thus, the CLDN18.2-BiMAB strategy offers great potential for the treatment of cancer. In the future, administered either as protein or as IVT-RNA, the BiMAB format will contribute towards finding solutions to raise and sustain tumor-specific cellular responses elicited by engaged and activated endogenous T cells. This will potentially enable us to overcome immune evasion mechanisms of tumor cells, consequently supporting current solid gastric cancer therapies.

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In der vorliegenden Arbeit fokussierten wir uns auf drei verschiedene Aspekte der Leishmanien-Infektion. Wir charakterisierten den Prozess des Zelltods „Apoptose“ bei Parasiten (1), untersuchten die Eignung von Makrophagen und dendritischen Zellen als Wirtszelle für die Entwicklung der Parasiten (2) und analysierten die Konsequenzen der Infektion für die Entstehung einer adaptiven Immunantwort im humanen System. Von zentraler Bedeutung für dieses Projekt war die Hypothese, dass apoptotische Leishmanien den Autophagie-Mechanismus ihrer Wirtszellen ausnutzen, um eine T-Zell-vermittelte Abtötung der Parasiten zu vermindern.rnWir definierten eine apoptotische Leishmanien-Population, welche durch eine rundliche Morphologie und die Expression von Phosphatidylserin auf der Parasitenoberfläche charakterisiert war. Die apoptotischen Parasiten befanden sich zudem in der SubG1-Phase und wiesen weniger und fragmentierte DNA auf, welche durch TUNEL-Assay nachgewiesen werden konnte. Bei der Interaktion der Parasiten mit humanen Makrophagen und dendritischen Zellen zeigte sich, dass die anti-inflammatorischen Makrophagen anfälliger für Infektionen waren als die pro-inflammatorischen Makrophagen oder die dendritischen Zellen. Interessanterweise wurde in den dendritischen Zellen jedoch die effektivste Umwandlung zur krankheitsauslösenden, amastigoten Lebensform beobachtet. Da sowohl Makrophagen als auch dendritische Zellen zu den antigenpräsentierenden Zellen gehören, könnte dies zur Aktivierung der T-Zellen des adaptiven Immunsystems führen. Tatsächlich konnte während der Leishmanien-Infektion die Proliferation von T-Zellen beobachtet werden. Dabei stellten wir fest, dass es sich bei den proliferierenden T-Zellen um CD3+CD4+ T-Zellen handelte, welche sich überraschenderweise als Leishmanien-spezifische CD45RO+ T-Gedächtniszellen herausstellten. Dies war unerwartet, da ein vorheriger Kontakt der Spender mit Leishmanien als unwahrscheinlich gilt. In Gegenwart von apoptotischen Parasiten konnte eine signifikant schwächere T-Zell-Proliferation in Makrophagen, jedoch nicht in dendritischen Zellen beobachtet werden. Da sich die T-Zell-Proliferation negativ auf das Überleben der Parasiten auswirkt, konnten die niedrigsten Überlebensraten in dendritischen Zellen vorgefunden werden. Innerhalb der Zellen befanden sich die Parasiten in beiden Zelltypen im Phagosom, welches allerdings nur in Makrophagen den Autophagie-Marker LC3 aufwies. Chemische Induktion von Autophagie führte, ebenso wie die Anwesenheit von apoptotischen Parasiten, zu einer stark reduzierten T-Zell-Proliferation und dementsprechend zu einem höheren Überleben der Parasiten.rnZusammenfassend lässt sich aus unseren Daten schließen, dass Apoptose in Einzellern vorkommt. Während der Infektion können sowohl Makrophagen, als auch dendritische Zellen mit Leishmanien infiziert und das adaptive Immunsystem aktivert werden. Die eingeleitete T-Zell-Proliferation nach Infektion von Makrophagen ist in Gegenwart von apoptotischen Parasiten reduziert, weshalb sie im Vergleich zu dendritischen Zellen die geeigneteren Wirtszellen für Leishmanien darstellen. Dafür missbrauchen die Parasiten den Autophagie-Mechanismus der Makrophagen als Fluchtstrategie um das adaptive Immunsystem zu umgehen und somit das Überleben der Gesamtpopulation zu sichern. Diese Ergebnisse erklären den Vorteil von Apoptose in Einzellern und verdeutlichen, dass der Autophagie-Mechanismus als potentielles therapeutisches Ziel für die Behandlung von Leishmaniose dienen kann.rn

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Knowledge of the dynamic features of the processes driven by malaria parasites in the spleen is lacking. To gain insight into the function and structure of the spleen in malaria, we have implemented intravital microscopy and magnetic resonance imaging of the mouse spleen in experimental infections with non-lethal (17X) and lethal (17XL) Plasmodium yoelii strains. Noticeably, there was higher parasite accumulation, reduced motility, loss of directionality, increased residence time and altered magnetic resonance only in the spleens of mice infected with 17X. Moreover, these differences were associated with the formation of a strain-specific induced spleen tissue barrier of fibroblastic origin, with red pulp macrophage-clearance evasion and with adherence of infected red blood cells to this barrier. Our data suggest that in this reticulocyte-prone non-lethal rodent malaria model, passage through the spleen is different from what is known in other Plasmodium species and open new avenues for functional/structural studies of this lymphoid organ in malaria.

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Infection with the Gram-negative pathogen Prevotella intermedia gives rise to periodontitis and a growing number of studies implies an association of P. intermedia with rheumatoid arthritis. The serine protease Factor I (FI) is the central inhibitor of complement degrading complement components C3b and C4b in the presence of cofactors such as C4b-binding protein (C4BP) and Factor H (FH). Yet, the significance of complement inhibitor acquisition in P. intermedia infection and FI binding by Gram-negative pathogens has not been addressed. Here we show that P. intermedia isolates bound purified FI as well as FI directly from heat-inactivated human serum. FI bound to bacteria retained its serine protease activity as shown in degradation experiments with (125)I-labeled C4b. Since FI requires cofactors for its activity we also investigated the binding of purified cofactors C4BP and FH and found acquisition of both proteins, which retained their activity in FI mediated degradation of C3b and C4b. We propose that FI binding by P. intermedia represents a new mechanism contributing to complement evasion by a Gram-negative bacterial pathogen associated with chronic diseases.

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Tannerella forsythia is a poorly studied pathogen despite being one of the main causes of periodontitis, which is an inflammatory disease of the supporting structures of the teeth. We found that despite being recognized by all complement pathways, T. forsythia is resistant to killing by human complement, which is present at up to 70% of serum concentration in gingival crevicular fluid. Incubation of human serum with karilysin, a metalloproteinase of T. forsythia, resulted in a decrease in bactericidal activity of the serum. T. forsythia strains expressing karilysin at higher levels were more resistant than low-expressing strains. Furthermore, the low-expressing strain was significantly more opsonized with activated complement factor 3 and membrane attack complex from serum compared with the other strains. The high-expressing strain was more resistant to killing in human blood. The protective effect of karilysin against serum bactericidal activity was attributable to its ability to inhibit complement at several stages. The classical and lectin complement pathways were inhibited because of the efficient degradation of mannose-binding lectin, ficolin-2, ficolin-3, and C4 by karilysin, whereas inhibition of the terminal pathway was caused by degradation of C5. Interestingly, karilysin was able to release biologically active C5a peptide in human plasma and induce migration of neutrophils. Importantly, we detected the karilysin gene in >90% of gingival crevicular fluid samples containing T. forsythia obtained from patients with periodontitis. Taken together, the newly characterized karilysin appears to be an important virulence factor of T. forsythia and might have several important implications for immune evasion.

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Canine distemper virus (CDV) causes in dogs a severe systemic infection, with a high frequency of demyelinating encephalitis. Among the six genes transcribed by CDV, the P gene encodes the polymerase cofactor protein (P) as well as two additional nonstructural proteins, C and V; of these V was shown to act as a virulence factor. We investigated the molecular mechanisms by which the P gene products of the neurovirulent CDV A75/17 strain disrupt type I interferon (IFN-alpha/beta)-induced signaling that results in the establishment of the antiviral state. Using recombinant knockout A75/17 viruses, the V protein was identified as the main antagonist of IFN-alpha/beta-mediated signaling. Importantly, immunofluorescence analysis illustrated that the inhibition of IFN-alpha/beta-mediated signaling correlated with impaired STAT1/STAT2 nuclear import, whereas the phosphorylation state of these proteins was not affected. Coimmunoprecipitation assays identified the N-terminal region of V (VNT) responsible for STAT1 targeting, which correlated with its ability to inhibit the activity of the IFN-alpha/beta-mediated antiviral state. Conversely, while the C-terminal domain of V (VCT) could not function autonomously, when fused to VNT it optimally interacted with STAT2 and subsequently efficiently suppressed the IFN-alpha/beta-mediated signaling pathway. The latter result was further supported by a single mutation at position 110 within the VNT domain of CDV V protein, resulting in a mutant that lost STAT1 binding while retaining a partial STAT2 association. Taken together, our results identified the CDV VNT and VCT as two essential modules that complement each other to interfere with the antiviral state induced by IFN-alpha/beta-mediated signaling. Hence, our experiments reveal a novel mechanism of IFN-alpha/beta evasion among the morbilliviruses.