930 resultados para Chiesa di S. Maria della salute (Venice, Italy)


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Il lavoro di tesi si è svolto in collaborazione con il laboratorio di elettrofisiologia, Unità Operativa di Cardiologia, Dipartimento Cardiovascolare, dell’ospedale “S. Maria delle Croci” di Ravenna, Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, ed ha come obiettivo lo sviluppo di un metodo per l’individuazione dell’atrio sinistro in sequenze di immagini ecografiche intracardiache acquisite durante procedure di ablazione cardiaca transcatetere per il trattamento della fibrillazione atriale. La localizzazione della parete posteriore dell'atrio sinistro in immagini ecocardiografiche intracardiache risulta fondamentale qualora si voglia monitorare la posizione dell'esofago rispetto alla parete stessa per ridurre il rischio di formazione della fistola atrio esofagea. Le immagini derivanti da ecografia intracardiaca sono state acquisite durante la procedura di ablazione cardiaca ed esportate direttamente dall’ecografo in formato Audio Video Interleave (AVI). L’estrazione dei singoli frames è stata eseguita implementando un apposito programma in Matlab, ottenendo cos il set di dati su cui implementare il metodo di individuazione della parete atriale. A causa dell’eccessivo rumore presente in alcuni set di dati all’interno della camera atriale, sono stati sviluppati due differenti metodi per il tracciamento automatico del contorno della parete dell’atrio sinistro. Il primo, utilizzato per le immagini più “pulite”, si basa sull’utilizzo del modello Chan-Vese, un metodo di segmentazione level-set region-based, mentre il secondo, efficace in presenza di rumore, sfrutta il metodo di clustering K-means. Entrambi i metodi prevedono l’individuazione automatica dell’atrio, senza che il clinico fornisca informazioni in merito alla posizione dello stesso, e l’utilizzo di operatori morfologici per l’eliminazione di regioni spurie. I risultati cos ottenuti sono stati valutati qualitativamente, sovrapponendo il contorno individuato all'immagine ecografica e valutando la bontà del tracciamento. Inoltre per due set di dati, segmentati con i due diversi metodi, è stata eseguita una valutazione quantitativa confrontatoli con il risultato del tracciamento manuale eseguito dal clinico.

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L’utilizzo di nanomateriali, ovvero una nuova classe di sostanze composte da particelle ultrafini con dimensioni comprese fra 1 e 100 nm (American Society for Testing Materials - ASTM), è in costante aumento a livello globale. La particolarità di tali sostanze è rappresentata da un alto rapporto tra la superficie e il volume delle particelle, che determina caratteristiche chimico-fisiche completamente differenti rispetto alle omologhe macrosostanze di riferimento. Tali caratteristiche sono tali da imporre una loro classificazione come nuovi agenti chimici (Royal Society & Royal Academy of Engineering report 2004). Gli impieghi attuali dei nanomateriali risultano in continua evoluzione, spaziando in diversi ambiti, dall’industria farmaceutica e cosmetica, all’industria tessile, elettronica, aerospaziale ed informatica. Diversi sono anche gli impieghi in campo biomedico; tra questi la diagnostica e la farmacoterapia. È quindi prevedibile che in futuro una quota sempre maggiore di lavoratori e consumatori risulteranno esposti a tali sostanze. Allo stato attuale non vi è una completa conoscenza degli effetti tossicologici ed ambientali di queste sostanze, pertanto, al fine di un loro utilizzo in totale sicurezza, risulta necessario capirne meglio l’impatto sulla salute, le vie di penetrazione nel corpo umano e il rischio per i lavoratori conseguente al loro utilizzo o lavorazione. La cute rappresenta la prima barriera nei confronti delle sostanze tossiche che possono entrare in contatto con l’organismo umano. Successivamente agli anni ‘60, quando si riteneva che la cute rappresentasse una barriera totalmente impermeabile, è stato dimostrato come essa presenti differenti gradi di permeabilità nei confronti di alcuni xenobiotici, dipendente dalle caratteristiche delle sostanze in esame, dal sito anatomico di penetrazione, dal grado di integrità della barriera stessa e dall’eventuale presenza di patologie della cute. La mucosa del cavo orale funge da primo filtro nei confronti delle sostanze che entrano in contatto con il tratto digestivo e può venir coinvolta in contaminazioni di superficie determinate da esposizioni occupazionali e/o ambientali. È noto che, rispetto alla cute, presenti una permeabilità all’acqua quattro volte maggiore, e, per tale motivo, è stata studiata come via di somministrazione di farmaci, ma, ad oggi, pochi sono gli studi che ne hanno valutato le caratteristiche di permeazione nei confronti delle nanoparticelle (NPs). Una terza importante barriera biologica è quella che ricopre il sistema nervoso centrale, essa è rappresentata da tre foglietti di tessuto connettivo, che assieme costituiscono le meningi. Questi tre foglietti rivestono completamente l’encefalo permettendone un isolamento, tradizionalmente ritenuto completo, nei confronti degli xenobiotici. L’unica via di assorbimento diretto, in questo contesto, è rappresentata dalla via intranasale. Essa permette un passaggio diretto di sostanze dall’epitelio olfattivo all’encefalo, eludendo la selettiva barriera emato-encefalica. Negli ultimi anni la letteratura scientifica si è arricchita di studi che hanno indagato le caratteristiche di assorbimento di farmaci attraverso questa via, ma pochissimi sono gli studi che hanno indagato la possibile penetrazione di nanoparticelle attraverso questa via, e nessuno, in particolar modo, ha indagato le caratteristiche di permeazione delle meningi. L’attività di ricerca svolta nell’ambito del presente dottorato ha avuto per finalità l’indagine delle caratteristiche di permeabilità e di assorbimento della cute, della mucosa del cavo orale e delle meningi nei confronti di alcune nanoparticelle, scelte fra quelle più rappresentative in relazione alla diffusione d’utilizzo a livello globale. I risultati degli esperimenti condotti hanno dimostrato, in vitro, che l’esposizione cutanea a Pt, Rh, Co3O4 e Ni NPs determinano permeazione in tracce dei medesimi metalli attraverso la cute, mentre per le TiO2 NPs tale permeazione non è stata dimostrata. È stato riscontrato, inoltre, che la mucosa del cavo orale e le meningi sono permeabili nei confronti dell’Ag in forma nanoparticellare.

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This layer is a georeferenced raster image of the historic paper map entitled: Nuova pianta di Roma Moderna, estratta dalla grande del Nolli corretta ed accresciuta de nomi delle contrade indicati al loro rispettivo sito in Roma; Pietro Ruga incise. It was published by Venanzio Monaldini Libraio e Cartolaro in 1823. Scale [ca. 1:9,120]. Covers Rome, Italy and Vatican City. The image inside the map neatline is georeferenced to the surface of the earth and fit to the "European Datum 1950 UTM Zone 33N" coordinate system. All map collar and inset information is also available as part of the raster image, including any inset maps, profiles, statistical tables, directories, text, illustrations, index maps, legends, or other information associated with the principal map. This map shows features such as roads, drainage, city districts, walls, gates, and fortifications, selected buildings, and more. Relief is shown by hachures. Includes index and inset plans: Pianta della Chiesa di S. Lorenzo fuori le mura -- Mausoleo di S. Costanza -- Pianta della Basilica di S. Paolo -- Pianta del Pantheon, degli avanzi delle Terme di Agrippa, e dé ruderi scoperti recentemente. This layer is part of a selection of digitally scanned and georeferenced historic maps from The Harvard Map Collection as part of the Imaging the Urban Environment project. Maps selected for this project represent major urban areas and cities of the world, at various time periods. These maps typically portray both natural and manmade features at a large scale. The selection represents a range of regions, originators, ground condition dates, scales, and purposes.

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"Historia della s. imagine della gloriosa Vergine, la quale si serba su'l monte della Guardia presso a Bologna, nella chiesa di san Luca, da cui fu dipinta / scritta da Ascanio Persij" con port. propia, dede p. [97], con el texto paralelo en latin y griego

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At head of title: Società reale di Napoli.

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The Cervarola Sandstones Formation (CSF), Aquitanian-Burdigalian in age, was deposited in an elongate, NW-stretched foredeep basin formed in front of the growing Northern Apennines orogenic wedge. The stratigraphic succession of the CSF, in the same way of other Apennine foredeep deposits, records the progressive closure of the basin due to the propagation of thrust fronts toward north-east, i.e. toward the outer and shallower foreland ramp. This process produce a complex foredeep characterized by synsedimentary structural highs and depocenters that can strongly influence the lateral and vertical turbidite facies distribution. Of consequence the main aim of this work is to describe and discuss this influence on the basis of a new high-resolution stratigraphic framework performed by measuring ten stratigraphic logs, for a total thickness of about 2000m, between the Secchia and Scoltenna Valleys (30km apart). In particular, the relationship between the turbidite sedimentation and the ongoing tectonic activity during the foredeep evolution has been describe through various stratigraphic cross sections oriented parallel and perpendicular to the main tectonic structures. On the basis of the high resolution physical stratigraphy of the studied succession, we propose a facies tract and an evolutionary model for the Cervarola Sandstones in the studied area. Thanks to these results and the analogies with others foredeep deposits of the northern Apennines, such as the Marnoso-arenacea Formation, the Cervarola basin has been interpreted as a highly confined foredeep controlled by an intense synsedimentary tectonic activity. The most important evidences supporting this hypothesis are: 1) the upward increase, in the studied stratigraphic succession (about 1000m thick), of sandstone/mudstone ratio, grain sizes and Ophiomorpha-type trace fossils testifying the high degree of flow deceleration related to the progressive closure and uplift of the foredeep. 2) the occurrence in the upper part of the stratigraphic succession of coarse-grained massive sandstones overlain by tractive structures such as megaripples and traction carpets passing downcurrent into fine-grained laminated contained-reflected beds. This facies tract is interpreted as related to deceleration and decoupling of bipartite flows with the deposition of the basal dense flows and bypass of the upper turbulent flows. 3) the widespread occurrence of contained reflected beds related to morphological obstacles created by tectonic structures parallel and perpendicular to the basin axis (see for example the Pievepelago line). 4) occurrence of intra-formational slumps, constituted by highly deformed portion of fine-grained succession, indicating a syn-sedimentary tectonic activity of the tectonic structures able to destabilize the margins of the basin. These types of deposits increase towards the upper part of the stratigraphic succession (see points 1 and 2) 5) the impressive lateral facies changes between intrabasinal topographic highs characterized by fine-grained and thin sandstone beds and marlstones and depocenters characterized by thick to very thick coarse-grained massive sandstones. 6) the common occurrence of amalgamation surfaces, flow impact structures and mud-draped scours related to sudden deceleration of the turbidite flows induced by the structurally-controlled confinement and morphological irregularities. In conclusion, the CSF has many analogies with the facies associations occurring in other tectonically-controlled foredeeps such as those of Marnoso-arenacea Formation (northern Italy) and Annot Sandstones (southern France) showing how thrust fronts and transversal structures moving towards the foreland, were able to produce a segmented foredeep that can strongly influence the turbidity current deposition.

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La Tesi è incentrata sulle figure di D. Dinis e Isabel d’Aragona, reali del Portogallo (fine del XIII-prima metà del XIV secolo), e si focalizza sul processo di creazione e trasmissione della memoria, elaborato e messo in atto dai sovrani nel corso della loro esistenza. L’atto finale di questo annoso processo fu la realizzazione dei loro monumenti funebri creati per essere conservati nella chiesa del monastero cistercense di So Bernardo e So Dinis di Odivelas, la tomba del re, e nella chiesa del monastero di Santa Clara e Santa Isabel di Coimbra, quella della regina. Infatti, in modo del tutto inedito rispetto alla tradizione precedente, i re commissionarono e videro in vita realizzati i sepolcri che avrebbero dovuto preservare la loro memoria per l’Eternità. Essi furono concepiti a priori come parte integrante del progetto monumentale più vasto costituito dagli edifici monastici che li avrebbero dovuti custodire. In tale prospettiva, è stata rivolta particolare attenzione alla storia del monastero di Odivelas, assurto a pantheon della Monarchia, seppure per breve tempo, e al monastero di Coimbra, ultima dimora della regina Isabel una volta fallito il progetto del pantheon reale a causa della guerra civile che sconvolse il regno del Portogallo tra il 1319 e il 1324. Oltre ai sepolcri reali, sono state prese in esame alcune opere di architettura e di scultura legate alla committenza regia – in coppia o individualmente –, in particolare tre tombe coeve, due delle quali destinate ad altrettanti membri della famiglia reale. All’interno di questa Tesi, i monumenti funebri esaminati sono stati considerati non solo come strumento privilegiato per la commemorazione del defunto, ma anche come forieri di un preciso messaggio indirizzato a tutti coloro che avrebbero fruito della loro visione. Cos, l’iconografia dei sepolcri è stata analizzata alla luce della spiritualità e della religiosità dei sovrani, oltre che dal punto di vista stilistico e formale. Come premessa allo studio prettamente storico-artistico, inizialmente sono stati approfonditi i rapporti tra il regno del Portogallo e la Sede Apostolica al momento dell’ascesa al trono di D. Dinis e, successivamente, il tema della guerra civile che vide contrapporsi il re e il principe, il futuro Alfonso IV. A questo scopo, integra la Tesi un’Appendice documentaria che presenta 64 documenti, la maggior parte dei quali inediti. Questo studio intende dimostrare come il Portogallo dionisino si collochi pienamente nell’orbita culturale mediterranea e proporre nuove affermazioni, considerazioni ed ipotesi rispetto ai re Dinis e Isabel, alle loro vicende storiche e personali e alla memoria di s che vollero trasmettere ai posteri.

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We have demonstrated previously that the complex bis[(2-oxindol-3-ylimino)-2-(2-aminoethyl)pyridine-N,N`]copper(II), named [Cu(isaepy)(2)], induces AMPK (AMP-activated protein kinase)-dependent/p53-mediated apoptosis in tumour cells by targeting mitochondria. In the present study, we found that p38(MAPK) (p38 mitogen-activated protein kinase) is the molecular link in the phosphorylation cascade connecting AMPK to p53. Transfection of SH-SY5Y cells with a dominant-negative mutant of AMPK resulted in a decrease in apoptosis and a significant reduction in phospho-active p38(MAPK) and p53. Similarly, reverse genetics of p38(MAPK) yielded a reduction in p53 and a decrease in the extent of apoptosis, confirming an exclusive hierarchy of activation that proceeds via AMPK/p38(MAPK)/p53. Fuel supplies counteracted [Cu(isaepy)(2)]-induced apoptosis and AMPK/p38(MAPK)/p53 activation, with glucose being the most effective, suggesting a role for energetic imbalance in [Cu(isaepy)(2)] toxicity. Co-administration of 3BrPA (3-bromopyruvate), a well-known inhibitor of glycolysis, and succinate dehydrogenase, enhanced apoptosis and AMPK/p38(MAPK)/p53 signalling pathway activation. Under these conditions, no toxic effect was observed in SOD (superoxide dismutase)-overexpressing SH-SY5Y cells or in PCNs (primary cortical neurons), which are, conversely, sensitized to the combined treatment with [Cu(isaepy)(2)] and 3BrPA only if grown in low-glucose medium or incubated with the glucose-6-phosphate dehydrogenase inhibitor dehydroepiandrosterone. Overall, the results suggest that NADPH deriving from the pentose phosphate pathway contributes to PCN resistance to [Cu(isaepy)(2)] toxicity and propose its employment in combination with 3BrPA as possible tool for cancer treatment.

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We previously demonstrated that Bis[(2-oxindol-3-ylimino)-2-(2-aminoethyl) pyridine-N, N`] copper(II) [Cu(isaepy)(2)] was an efficient inducer of the apoptotic mitochondrial pathway. Here, we deeply dissect the mechanisms underlying the ability of Cu(isaepy)(2) to cause mitochondriotoxicity. In particular, we demonstrate that Cu(isaepy)(2) increases NADH-dependent oxygen consumption of isolated mitochondria and that this phenomenon is associated with oxy-radical production and insensitive to adenosine diphosphate. These data indicate that Cu(isaepy)(2) behaves as an uncoupler and this property is also confirmed in cell systems. Particularly, SH-SY5Y cells show: (i) an early loss of mitochondrial transmembrane potential; (ii) a decrease in the expression levels of respiratory complex components and (iii) a significant adenosine triphosphate (ATP) decrement. The causative energetic impairment mediated by Cu(isaepy)(2) in apoptosis is confirmed by experiments carried out with rho(0) cells, or by glucose supplementation, where cell death is significantly inhibited. Moreover, gastric and cervix carcinoma AGS and HeLa cells, which rely most of their ATP production on oxidative phosphorylation, show a marked sensitivity toward Cu(isaepy)(2). Adenosine monophosphate-activated protein kinase (AMPK), which is activated by events increasing the adenosine monophosphate: ATP ratio, is deeply involved in the apoptotic process because the overexpression of its dominant/negative form completely abolishes cell death. Upon glucose supplementation, AMPK is not activated, confirming its role as fuel-sensing enzyme that positively responds to Cu(isaepy)(2)-mediated energetic impairment by committing cells to apoptosis. Overall, data obtained indicate that Cu(isaepy)(2) behaves as delocalized lipophilic cation and induces mitochondrial-sited reactive oxygen species production. This event results in mitochondrial dysfunction and ATP decrease, which in turn triggers AMPK-dependent apoptosis.

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Il lavoro è incentrato sull’applicazione ed integrazione di differenti tecniche di indagine geofisica in campo ambientale e ingegneristico/archeologico. Alcuni esempi sono stati descritti al fine di dimostrare l’utilità delle metodologie geofisiche nella risoluzione di svariate problematiche. Nello specifico l’attenzione è stata rivolta all’utilizzo delle tecniche del Ground Penetrating Radar e del Time Domain Reflectometry in misure condotte su un corpo sabbioso simulante una Zona Insatura. L’esperimento è stato realizzato all’interno di un’area test costruita presso l’azienda agricola dell’Università La Tuscia di Viterbo. Hanno partecipato al progetto le Universidi Roma Tre, Roma La Sapienza, La Tuscia, con il supporto tecnico della Sensore&Software. Nello studio è stato condotto un approccio definito idrogeofisico al fine di ottenere informazioni da misure dei parametri fisici relativi alla Zona Insatura simulata nell’area test. Il confronto e l’integrazione delle due differenti tecniche di indagine ha offerto la possibilità di estendere la profondidi indagine all’interno del corpo sabbioso e di verificare l’utilità della tecnica GPR nello studio degli effetti legati alle variazioni del contenuto d’acqua nel suolo, oltre a determinare la posizione della superficie piezometrica per i differenti scenari di saturazione. Uno specifico studio è stato realizzato sul segnale radar al fine di stabilire i fattori di influenza sulla sua propagazione all’interno del suolo. Il comportamento dei parametri dielettrici nelle condizioni di drenaggio e di imbibizione del corpo sabbioso è stato riprodotto attraverso una modellizzazione delle proprietà dielettriche ed idrologiche sulla base della dimensione, forma e distribuzione dei granuli di roccia e pori, nonché sulla base della storia relativa alla distribuzione dei fluidi di saturazione all’interno del mezzo. La modellizzazione è stata operata sulle basi concettuali del Differential Effective Medium Approximation.

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L’obiettivo della tesi riguarda l’utilizzo di immagini aerofotogrammetriche e telerilevate per la caratterizzazione qualitativa e quantitativa di ecosistemi forestali e della loro evoluzione. Le tematiche affrontate hanno riguardato, da una parte, l’aspetto fotogrammetrico, mediante recupero, digitalizzazione ed elaborazione di immagini aeree storiche di varie epoche, e, dall’altra, l’aspetto legato all’uso del telerilevamento per la classificazione delle coperture al suolo. Nel capitolo 1 viene fatta una breve introduzione sullo sviluppo delle nuove tecnologie di rilievo con un approfondimento delle applicazioni forestali; nel secondo capitolo è affrontata la tematica legata all’acquisizione dei dati telerilevati e fotogrammetrici con una breve descrizione delle caratteristiche e grandezze principali; il terzo capitolo tratta i processi di elaborazione e classificazione delle immagini per l’estrazione delle informazioni significative. Nei tre capitoli seguenti vengono mostrati tre casi di applicazioni di fotogrammetria e telerilevamento nello studio di ecosistemi forestali. Il primo caso (capitolo 4) riguarda l’area del gruppo montuoso del Prado- Cusna, sui cui è stata compiuta un’analisi multitemporale dell’evoluzione del limite altitudinale degli alberi nell’arco degli ultimi cinquant’anni. E’ stata affrontata ed analizzata la procedura per il recupero delle prese aeree storiche, definibile mediante una serie di successive operazioni, a partire dalla digitalizzazione dei fotogrammi, continuando con la determinazione di punti di controllo noti a terra per l’orientamento delle immagini, per finire con l’ortorettifica e mosaicatura delle stesse, con l’ausilio di un Modello Digitale del Terreno (DTM). Tutto ciò ha permesso il confronto di tali dati con immagini digitali più recenti al fine di individuare eventuali cambiamenti avvenuti nell’arco di tempo intercorso. Nel secondo caso (capitolo 5) si è definita per lo studio della zona del gruppo del monte Giovo una procedura di classificazione per l’estrazione delle coperture vegetative e per l’aggiornamento della cartografia esistente – in questo caso la carta della vegetazione. In particolare si è cercato di classificare la vegetazione soprasilvatica, dominata da brughiere a mirtilli e praterie con prevalenza di quelle secondarie a nardo e brachipodio. In alcune aree sono inoltre presenti comunità che colonizzano accumuli detritici stabilizzati e le rupi arenacee. A questo scopo, oltre alle immagini aeree (Volo IT2000) sono state usate anche immagini satellitari ASTER e altri dati ancillari (DTM e derivati), ed è stato applicato un sistema di classificazione delle coperture di tipo objectbased. Si è cercato di definire i migliori parametri per la segmentazione e il numero migliore di sample per la classificazione. Da una parte, è stata fatta una classificazione supervisionata della vegetazione a partire da pochi sample di riferimento, dall’altra si è voluto testare tale metodo per la definizione di una procedura di aggiornamento automatico della cartografia esistente. Nel terzo caso (capitolo 6), sempre nella zona del gruppo del monte Giovo, è stato fatto un confronto fra la timberline estratta mediante segmentazione ad oggetti ed il risultato di rilievi GPS a terra appositamente effettuati. L’obiettivo è la definizione del limite altitudinale del bosco e l’individuazione di gruppi di alberi isolati al di sopra di esso mediante procedure di segmentazione e classificazione object-based di ortofoto aeree in formato digitale e la verifica sul campo in alcune zone campione dei risultati, mediante creazione di profili GPS del limite del bosco e determinazione delle coordinate dei gruppi di alberi isolati. I risultati finali del lavoro hanno messo in luce come le moderne tecniche di analisi di immagini sono ormai mature per consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissi nelle tre applicazioni considerate, pur essendo in ogni caso necessaria una attenta validazione dei dati ed un intervento dell’operatore in diversi momenti del processo. In particolare, le operazioni di segmentazione delle immagini per l’estrazione di feature significative hanno dimostrato grandi potenzialità in tutti e tre i casi. Un software ad “oggetti” semplifica l’implementazione dei risultati della classificazione in un ambiente GIS, offrendo la possibilità, ad esempio, di esportare in formato vettoriale gli oggetti classificati. Inoltre dà la possibilità di utilizzare contemporaneamente, in un unico ambiente, più sorgenti di informazione quali foto aeree, immagini satellitari, DTM e derivati. Le procedure automatiche per l’estrazione della timberline e dei gruppi di alberi isolati e per la classificazione delle coperture sono oggetto di un continuo sviluppo al fine di migliorarne le prestazioni; allo stato attuale esse non devono essere considerate una soluzione ottimale autonoma ma uno strumento per impostare e semplificare l’intervento da parte dello specialista in fotointerpretazione.

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Il presente elaborato è stato finalizzato allo sviluppo di un processo di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU oppure, in lingua inglese OFMSW, Organic Fraction of Municipal Solid Waste) provenienti da raccolta indifferenziata e conseguente produzione di biogas da impiegarsi per il recupero energetico. Questo lavoro rientra nell’ambito di un progetto, cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna attraverso il Programma Regionale per la Ricerca Industriale, l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (PRRIITT), sviluppato dal Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali (DICASM) dell’Universidi Bologna in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Universidi Ferrara e con la società Recupera s.r.l. che applicherà il processo nell’impianto pilota realizzato presso il proprio sito di biostabilizzazione e compostaggio ad Ostellato (FE). L’obiettivo è stato la verifica della possibilità di impiegare la frazione organica dei rifiuti indifferenziati per la produzione di biogas, e in particolare di metano, attraverso un processo di digestione anaerobica previo trattamento chimico oppure in codigestione con altri substrati organici facilmente fermentabili. E’ stata inoltre studiata la possibilità di impiego di reattori con biomassa adesa per migliorare la produzione specifica di metano e diminuire la lag phase. Dalla sperimentazione si può concludere che è possibile giungere allo sviluppo di metano dalla purea codigerendola assieme a refluo zootecnico. Per ottenere però produzioni significative la quantità di solidi volatili apportati dal rifiuto non deve superare il 50% dei solidi volatili complessivi. Viceversa, l’addizione di solfuri alla sola purea si è dimostrata ininfluente nel tentativo di sottrarre gli agenti inibitori della metanogenesi. Inoltre, l’impiego di supporti di riempimento lavorando attraverso processi batch sequenziali permette di eliminare, nei cicli successivi al primo, la lag phase dei batteri metanogeni ed incrementare la produzione specifica di metano.