322 resultados para Acido fluoridrico


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Si è calcolata la percentuale di metalli rimossi (R%) da fly ash e scarti industriali ceramici sottoposti a vari tipi di leaching con acqua deionizzata, acido solforico (pH1), attacco alcalino (pH14) e trattamento combinato acido-alcalino. Il parametro R è molto importante perché è in grado di fornire un’indicazione riguardo l’effettiva efficacia di un tipo di leaching rispetto ad un altro. Così facendo è possibile valutare la reale fattibilità del recupero di materie prime critiche (secondo la Commissione Europea) da questi rifiuti. Per quanto riguarda il recupero da fly ash, il trattamento con leaching acido si dimostra il più valido per numero di elementi e percentuale di recupero. Tuttavia, anche se il leaching combinato per certi aspetti può sembrare migliore, bisogna anche considerare i costi di lavorazione, che in questo caso aumenterebbero sensibilmente. Per quanto riguarda gli scarti ceramici, è il leaching combinato a mostrare il miglior potenziale di rimozione dei metalli critici, sia in termini di percentuali che per il numero di elementi rimossi.

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Tra i prodotti vegani più richiesti vi sono i “formaggi” vegani, alimenti fermentati a base di frutta secca o ottenuti attraverso trattamenti su latte di mandorla e latte di soia, e successivamente fermentati. Nella mia attività ho caratterizzato un alimento fermentato vegano e studiato la successione microbica durante la fermentazione di un “formaggio” ottenuto partendo da anacardi e preparato in maniera artigianale. Oltre agli aspetti microbiologici, ho analizzato anche alcune caratteristiche fisico chimiche. Durante il processo di produzione gli anacardi vengono messi in ammollo per 8 ore a temperatura ambiente e, successivamente, i semi vengono scolati e risciacquati sotto acqua corrente. Gli anacardi vengono poi addizionati di acqua e microrganismi probiotici e tritati in un mixer fino al raggiungimento di una crema omogenea. A questo punto il prodotto viene lasciato riposare a temperatura ambiente per 48 ore durante le quali ha luogo la fermentazione e poi addizionato di ingredienti. Le indagini chimico fisiche effettuate hanno evidenziato che il pH si mostra già basso prima dell’inizio della fermentazione vera e propria e scende a 4.5 dopo 48 ore di riposo a causa dell’accumulo di acidi organici, ed in particolare di acido lattico e acetico che indicando un’attività fermentativa condotta dai batteri lattici. Le analisi microbiologiche hanno confermato che l’effettivo agente di fermentazione era costituito da questi batteri che sono stati identificati a livello molecolare. Le specie identificate due eterofermentanti (Weissella e Leuconostoc), presenti soprattutto nelle prime fasi della fermentazione, ed una omofermentante (Pediococcus), prende il sopravvento mano a mano che la fermentazione procede. Il lavoro svolto ha permesso di ottenere alcune importanti informazioni per la produzione industriale di un “formaggio” vegano fermentato. Il processo studiato presenta numerosi punti di rischio che devono essere presi in considerazione prima di poter giungere alla messa a punto di un prodotto definitivo.

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Si è valutata l'efficienza di estrazione di metalli pesanti (Al, Zn, Pb, V, Cr, Cu, Ti, Co, Cd, Ni) da soluzioni ottenute da leaching acido di fly ash da termovalorizzatore. L'efficienza è stata stimata in funzione del pH e del tempo (esperimenti di 24 h e 3 h) e tramite l'utilizzo di un agente chelante (EDTA). Si è dimostrata l'efficienza dell'esperimento di 3 h, che si traduce in un beneficio economico in quanto si ottiene un elevato grado di estrazione in minor tempo.

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Con il seguente lavoro di tesi si propone un excursus dell’evoluzione della tecnica che ha permesso l’amplificazione del DNA in laboratorio, spiegandone i principi elementari di base. La scoperta che il DNA è il depositario dell’informazione genica ha aperto la strada a una nuova disciplina: la biologia molecolare, dove molte delle tecniche utilizzate limitano le funzioni naturali degli acidi nucleici. Dalla sua introduzione, la tecnologia PCR ha modificato il modo nel quale l’analisi del DNA viene condotta nei laboratori di ricerca e di diagnostica. Con lo scopo di rilevare direttamente sequenze genomiche specifiche in un campione biologico nasce l’esigenza di avere a disposizione metodologie con un’elevata soglia di sensibilità e specificità. Il primo capitolo di questo elaborato introduce la PCR nella sua prima formulazione. A partire da quantità estremamente ridotte di DNA, questa tecnica di amplificazione in vitro, consente di ottenere rapidamente milioni di molecole identiche della sequenza bersaglio di acido nucleico. A seguire, nel secondo capitolo, verrà trattata un’implementazione della PCR: la real-time PCR. La RT-PCR, introduce nuove opportunità poiché rende possibile la misurazione diretta e la quantificazione della reazione mentre è in atto. Con l’utilizzo di molecole fluorescenti che vengono incorporate nel prodotto in formazione o che si intercalano alla doppia elica, si può monitorare la formazione del prodotto di amplificazione in tempo reale seguendone l’assorbimento con un sistema spettrofotometrico, in un sistema automatizzato che provvede anche alle routine della PCR. Nel terzo e ultimo capitolo si analizza una nuova tecnologia recentemente commercializzata: la PCR in formato digitale. Verranno prese in esame essenzialmente due metodologie, la dPCR su chip e la ddPCR (Droplet Digital Polymerase Chain Reaction).

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L’incremento dell’istallazione di collettori solari termici e panelli solari ibridi nell’ultimo decennio ha spinto il mercato settoriale alla ricerca di nuovi sistemi di accumulo termico da implementare a tali impianti, al fine di poter sfruttare l’energia derivante dal sole con una efficienza termica maggiore. I dispositivi oggigiorno in commercio, nonostante le tecnologie impiantistiche risultino essere state migliorate, non hanno subito un’evoluzione ed ancora oggi il principale materiale d’accumulo è l’acqua, ottenendo così dispositivi con efficienze molto ridotte, di dimensioni elevate e collocabili in zone interne abitabili. L’utilizzo di fluido a cambiamento di stato come mezzo di accumulo può essere una valida alternativa al fine di incrementare l’efficienza dal punto di vista energetico e la riduzione degli ingombri, data l’elevata energia interna posseduta dal materiale durante il cambiamento di fase. Nel seguente elaborato di tesi, si è posto come obbiettivo quello di effettuare uno studio sulla possibilità di accumulare energia termica mediante l’utilizzo di un fluido a cambiamento di fase a base organica, tramite un’analisi sperimentale ed energetica dei meccanismi di fusione attorno ad un ramo dello scambiatore di calore, al fine di valutare la conformazione migliore che permetta la sottrazione di energia termica latente durante la fase di solidificazione. Questo ha comportato, oltre alla scelta del PCM ottimale per l’accumulo, la progettazione e realizzazione del prototipo e l’attrezzatura sperimentale.

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I carboidrati, come il D-glucosio, sono i principali costituenti della biomasse e potrebbero rappresentare un’alternativa concreta alla chimica tradizionale del petrolio per la produzione dei building-blocks, utili quest’ultimi per lo sviluppo della filiera produttiva della chimica industriale. Dal D-glucosio è possibile ottenere epimeri importanti per la medicina o zuccheri largamente utilizzati in campo alimentare come il D-fruttosio tramite isomerizzazione strutturale del D-glucosio. Attualmente, la maggior parte dei metodi di sintesi di questa molecole prevedono l’utilizzo enzimi, o la catalisi omogenea con impiego di grandi quantità di basi e acidi minerali dannosi per l’ambiente. Lo scopo di questo lavoro è stato lo studio di innovativi catalizzatori eterogenei capaci operare in soluzione acquosa la conversione acido catalizzata del D-glucosio in prodotti di epimerizzazione e isomerizzazione strutturale. I catalizzatori dei nostri test sono stati caratterizzati tramite tecniche BET, ATR-IR, DRUv-Vis e XRD. Lo studio, quindi, è stato focalizzato sulle valutazioni delle prestazioni catalitiche di questi sistemi e sull’individuazione, tramite caratterizzazione strumentale, degli ioni costituenti questi solidi responsabili delle alte selettività nelle reazioni di riarrangiamento strutturale del D-glucosio. Gli studi condotti hanno portato alla conclusione che, grazie all’utilizzo di questi sistemi inorganici è possibile ottenere con alte selettività prodotti di riarrangiamento strutturale del D-glucosio, evitando al contempo la degradazione del substrato che in genere accompagna queste reazioni in condizioni di catalisi acida. Ulteriori studi riguardanti questi catalizzatori apriranno con buone probabilità la strada allo sviluppo di un nuovo processo industriale per la sintesi di questi zuccheri derivati, rendendo possibile una via produttiva sostenibile da un punto di vista economico che ambientale.

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L’alchilazione del fenolo (PhOH) è un processo di grande rilevanza. I prodotti, alchilfenoli (dall’alchilazione del carbonio d’anello) ed eteri fenilici (dall’alchilazione dell’ossigeno fenolico), sono usati nella produzione di resine fenoliche ed in sintesi organica. I carbonati organici sono atossici, biodegradabili, ottenibili da fonti rinnovabili ed hanno un ottimo potere solvente per i composti organici e aromatici. Con un opportuno catalizzatore sono reattivi per l’alchilazione del PhOH, e potrebbero sostituire gli alchilanti usati industrialmente: quelli per la O- alchilazione, alchilioduro e dialchilsolfato, sono estremamente tossici, mentre gli alcoli, impiegati per la C-alchilazione, decompongono estesamente sui catalizzatori industriali. In questo lavoro di tesi, le prestazioni del dietilcarbonato (DEC) come agente etilante del PhOH sono state indagate a fondo al variare dei parametri operativi, e sono state poi confrontate con quelle dell’etanolo, dimostrando che il carbonato è molto più reattivo: sui catalizzatori basici il DEC mostra una chemoselettività prettamente orientata alla O-alchilazione e la conversione del PhOH può essere massimizzata agendo sui parametri operativi senza grandi variazioni nella selettività del prodotto di interesse; sui sistemi acido/base (ossido misto di Mg e Al) si è invece dimostrato possibile orientare l’alchilazione alternativamente all’ossigeno (fenetoli) o al carbonio (etilfenoli) aumentando la temperatura.

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Le condizioni iperacide presenti nelle acque di alcuni laghi craterici, combinate con altre proprietà chimico-fisiche quali densità e temperatura, possono favorire processi di degassamento anche di specie ad elevata solubilità e geochimicamente conservative in acque “normali”. In questa tesi si sono studiati i meccanismi e l’influenza di tali proprietà nel processo di degassamento attraverso la ricostruzione in laboratorio delle condizioni iperacide che caratterizzano i laghi iperacidi in natura. Particolare attenzione è posta al comportamento dello ione Cl-, diffusamente presente nelle acque crateriche e considerato fin ora tipicamente “conservativo”. In condizioni di estrema acidità questo ione modifica la sua tendenza conservativa, attivando le sue caratteristiche di base coniugata. In tali condizioni infatti esso si lega agli ioni H+ presenti formando acido cloridrico molecolare (HCl), parte del quale inevitabilmente degassa. Lo studio di soluzioni preparate in laboratorio e poste a condizioni di temperatura, densità ed acidità iniziale differenti, sono stati raccolti una serie di dati relativi al pH e alle variazioni della concentrazione dello ione Cl- imputabile a fenomeni di degassamento. I dati così ottenuti, sono stati poi confrontati con le caratteristiche chimico-fisiche di una serie di laghi craterici iperacidi esistenti in varie parti del mondo. Questo confronto ha consentito di definire più in dettaglio le cause ed i meccanismi che portano al degassamento di acidi forti (HCl) da acque iperacide e il grado di influenza delle varie proprietà sopra citate in questo fenomeno naturale.

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In questo lavoro verra presentata la realizzazione e la caratterizzazione di transistor organici basati su un polimero conduttore, il poli(3,4-etilenediossitiofene) polistirene sulfonato, o PEDOT:PSS. Tali transistor rientrano nella categoria degli OECT o transistor elettrochimici organici e hanno la capacita di poter rilevare ed analizzare sostanze chimiche di diverso genere presenti in soluzione. I dispositivi implementati in questa tesi sono stati ottenuti tramite la deposizione del materiale organico conduttivo su substrato tessile al fine di creare un device completamente integrabile in un capo di abbigliamento o in un qualsiasi utilizzo in campo tessile. In particolare questi transistor sono stati studiati per la rilevazione di sostanze quali acido ascorbico, dopamina e adrenalina. Gli ultimi due analiti sono di importanza particolare poiche facenti parte della famiglia dei neurotrasmettitori. Inoltre in questa tesi sono stati creati fili di cotone conduttivi, sempre tramite l'utilizzo di PEDOT:PSS. Tali fili infatti sono risultati ottimi candidati per il trasporto di un segnale elettrico e per questo sono stati implementati nella costruzione di un OECT. La realizzazione dei fili conduttivi potra permettere un ulteriore avanzamento nella completa integrabilita dell'elettronica con il settore tessile. Una peculiarita aggiuntiva di questo lavoro e stata quella di utilizzare il sudore artificiale come elettrolita, oltre al normale PBS che costituisce ormai uno standard in questo tipo di ricerche. L'utilizzo del sudore artificiale rientra nell'ottica futura di un utilizzo di questi sensori come rilevatori di sostanze chimiche emesse dal corpo umano sfruttabili diversi ambiti, ovvero dall'attivita sportiva alla prevenzione, in ambito medico, di diverse malattie.

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I transistor elettrochimici a base organica (OECT) hanno attratto sempre maggior interesse e sono oggetto di molti studi dagli anni '70 no ai nostri giorni. Questo lavoro di tesi ha come oggetto la realizzazione e la caratterizzazione di OECT a base di poli(3,4-etilen-diossi-tiofene) complessato con l'acido stirensolfonico (PSS). Questi dispositivi sono stati costruiti utilizzando solamente semiconduttori organici come materiali conduttivi ovvero senza l'uso di metalli, quindi risultano essere biocompatibili, economici e di semplice realizzazione. Questo tipo di sensori presenta un elevata sensibilità agli analiti e necessita di un'elettronica di controllo molto più semplice rispetto a metodi elettrochimici tradizionali che utilizzano un potenziostato ed un elettrodo di riferimento. Sono state studiate diverse geometrie e spessori di polimero depositato per ottimizzare le condizioni di lavoro per avere alta sensibilità e guadagno in corrente attraverso l'uso di misure di corrente di drain in funzione del tempo con aggiunte successive di analita. Questi dispositivi sono stati utilizzati come sensori di analiti quali la dopamina, l'acido ascorbico e l'acido urico. Attraverso scansioni in transcaratteristica, si è studiata la risposta dei transistor relativa agli analiti ed attraverso lo studio della transconduttanza si è ottenuta una nuova metodologia di lavoro in grado di separare i contributi relativi ai vari composti. Inoltre, in questa modalità, è stato possibile ottenere una selettività dei sensori ai vari analiti, problema principale dell'utilizzo di transistor elettrochimici, ed attraverso la modulazione della velocità di scansione dello strumento, è stata ottenuta una risposta alla sola dopamina, analita di maggior interesse per applicazioni biosensoristiche. In conclusione si può affermare che questo tipo di dispositivo possiede ottime proprietà e caratteristiche per ulteriori studi e sviluppi in applicazioni reali.

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En este trabajo se exponen los resultados obtenidos en pruebas de germinación realizadas durante los años 1947, 1948 y 1949 de semillas de Gymnocladus dioica L. producidas en esta región, previamente tratadas con ácido sulfúrico concentrado (d. 1,84) . Estos ensayos fueron efectuados con el objeto de lograr una buena germinación, ya que la aplicación del tratamiento empleado por Wiesehugel (1935) resultó ineficaz. Los porcentajes más altos de germinación, 72% y 75%, se obtuvieron con inmerciones de las semillas en ácido, durante 16 y 18 horas.

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Durante el proceso de elaboración de las porcelanas feldespáticas se producen en su interior micro rajaduras las cuales se propagan a través de la matriz vítrea aumentando la fragilidad del material cuando se lo expone a los esfuerzos mecánicos. Las restauraciones rígidas de porcelanas feldespáticas son sometidas a distintos tratamientos en su superficie para aumentar la adhesión a las estructuras dentarias cuando son cementadas. Estos tratamientos son acondicionamiento con ácido fluorhídrico y microarenado. Objetivos de este trabajo: 1. Evaluar la resistencia flexural de este material mediante ensayo mecánico en máquina Instron, previo tratamiento en su superficie con ácido fluorhídrico y microarenado. 2. Observar al MEB las alteraciones de superficie producidas por el microarenado y el ácido fluorhídrico. Los resultados obtenidos demostraron que el tratamiento de microarenado produjo una reducción de la resistencia flexural. El MEB confirmó la presencia de mayor cantidad de microgrietas que podrían ser responsables de la disminución de la resistencia flexural.

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El fotoperíodo es la cantidad de horas de luz solar en un ciclo de 24 h. La percepción del fotoperíodo permite a las plantas ubicarse en las estaciones del año y ajustar la ocurrencia de procesos en los momentos más favorables, evitando los más adversos. Muchas plantas utilizan el fotoperíodo como señal ambiental que regula el cambio de la fase vegetativa hacia la fase reproductiva definiendo el tiempo a floración y determinando si el cultivar es de ciclo corto o largo. El objetivo de esta tesis es identificar los mecanismos que utilizan las plantas para integrar el paso de sucesivos ciclos con fotoperíodos inductores de la floración, como así también identificar otros procesos (además de la floración) controlados por las señales fotoperiódicas. Plantas de Arabidopsis thaliana cultivadas en días cortos fueron transferidas a días largos (ciclos inductores) y se analizaron los cambios en la expresión de genes a medida que los ciclos sucesivos de días largos inducían más fuertemente la expresión. Proponemos un modelo en que la permanencia de los ciclos inductores actúa manteniendo niveles altos y relativamente estables de expresión del gen FLOWERING LOCUS T (FT), más que incrementando los niveles máximos de expresión de FT con el correr de los ciclos. Además, demostramos que la señal fotoperiódica controla las defensas de las plantas a través de la señalización del ácido jasmónico (JA) y también el aborto de granos por medio de un mecanismo que involucra a las proteínas con arabinogalactanos (AGP).

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El objetivo principal de esta tesis fue incrementar el valor proteico para rumiantes de la harina de girasol mediante tratamientos combinados con ácidos y calor para proteger sus proteínas frente a la degradación ruminal. Estos estudios comprenden dos experimentos realizados sobre ovinos mediante tecnologías in vitro (experimento 1) o in situ e in vivo (experimento 2), empleando siempre dos ácidos: málico u ortofosfórico. Aprovechando este último experimento, también se consideraron otros objetivos de carácter metodológico con el fin de mejorar la precisión de las estimas de i) la degradabilidad ruminal y la digestibilidad intestinal de la proteína y los aminoácidos (AAs) de los alimentos y ii) la síntesis microbiana ruminal y su contribución al flujo post-ruminal de nutrientes al animal. En el experimento 1 (capítulo 2) se efectuaron cuatro ensayos in vitro para estudiar la influencia de distintos factores que puedan afectar la eficacia de estos tratamientos. En cada ensayo se utilizó una réplica por tratamiento (dos para el tratamiento control) y dos bolsas vacías (empleadas para corregir la contaminación microbiana) en cada una de las cuatro botellas del incubador (ANKOM Daisy II). Cada botella contenía 2 l de medio de incubación, saturado con CO2 para asegurar la anaerobiosis. Este medio consistió en una mezcla de solución McDougall y liquido ruminal filtrado en relación 4:1. El liquido ruminal fue obtenido de 2 corderos canulados en rumen, utilizándose bien solo o mezclado con el del otro cordero en una relación 3:1. Así, cada botella de incubación contenía un inoculo ruminal diferente. Las incubaciones se realizaron a 39 ºC durante 20 h, siendo las bolsas lavadas con agua corriente y almacenadas a -20 ºC. Tras ser descongeladas, se lavaron 3 veces durante 5 min en una mini-lavadora de turbina, se desecaron a 80 ºC durante 48 h y se destinaron íntegras al análisis de N-Kjeldahl. En el ensayo 1 se estudió el efecto del volumen de disolución de dos dosis de ácido ortofosfórico (0,4 y 1,2 equivalentes gramo (eq)/kg de harina de girasol), testando cinco volúmenes de disolución (80, 160, 240, 320 and 400 ml/kg de harina) para cada dosis, desecándose las harinas a 60 ºC hasta sequedad al tacto. La proteína bruta (PB) indegradada se incremento con la dosis de ácido empleada y también (como tendencia, P < 0,1) con el volumen de dilución. En base a ello en los siguientes ensayos se utilizo el volumen de dilución mayor (400 ml/kg). En el ensayo 2 se estudió el efecto de la dosis y del tipo de ácido a cuatro dosis (1,2; 2,4; 3,6 y 4,8 eq/kg), secándose igualmente las muestras tratadas a 60 ºC. La PB indegradada aumentó con la dosis de ácido, siendo también mayor para el ácido málico, tanto en este ensayo como en los posteriores. En el ensayo 3 se estudiaron los efectos de los dos ácidos, cuatro concentraciones (0,6; 1,2; 1,8 y 2,4 eq/kg) y tres tratamientos térmicos para el secado de las muestras (100, 150 and 200 ºC durante 60, 30 y 20 minutos, respectivamente). Con los tratamientos térmicos a 100 y 150 ºC no hubo un incremento de protección para concentraciones superiores a 0,8 eq/kg para ambos ácidos. Para incrementar la protección fue necesario aumentar la temperatura a 200 ºC y la dosis a 1,2 eq/kg, no observándose un aumento de protección a dosis mayores. En el ensayo 4 se estudiaron los efectos sobre la lisina disponible, la solubilidad de la PB en saliva artificial de McDougall y la PB indegradada in vitro de tratar la harina solo con agua o con disoluciones de ambos ácidos a dosis de 0,8 eq/kg y temperaturas de secado de 100 ó 150 ºC en las mismas condiciones que en el ensayo 3. No se apreciaron efectos sobre la lisina disponible para ninguno de los tratamientos. El efecto específico de los ácidos quedo demostrado tanto por la fuerte reducción de la solubilidad de la PB como por el aumento de la PB indegradada frente al tratamiento con agua. En conjunto, los resultados de este experimento mostraron que la eficacia de estos tratamientos depende del tipo y dosis de ácido y de su dilución, así como de las condiciones de secado. Como tratamiento de mayor interés a aplicar posteriormente en el experimento 2 se consideró una dosis de 0,8 eq/kg de harina, aplicada en un volumen de 400 ml/kg (correspondiente a soluciones 1 M y 0,67 M para los ácidos málico y ortofosfórico, respectivamente) y desecación a 150 ºC. El experimento 2 (capítulos 3 a 7) se realizó con un diseño en cuadrado latino 3x3, empleando tres corderos canulados en rumen y duodeno y tres dietas isoproteicas: U, M y P, que incluían harinas de girasol sin tratar (control) y tratadas con acido málico u ortofosfórico, respectivamente. La harina de girasol se trató en las condiciones ya indicadas siendo necesarias 6 horas para su secado en estufa. Las dietas incluían 40% de heno de raigrás italiano y 60% de concentrado a base de harina de girasol (tratada y/o sin tratar), trigo y corrector vitamínico-mineral, siendo suministradas a 75 g/kg P0.75 (equivalente a 2,3 × mantenimiento). La relación harina de girasol sin tratar y tratada fue de 100:0 en la dieta U y entorno a 40:60 en las dietas M y P. Tras 10 días de adaptación a la dieta, se estudiaron sucesivamente: i) el tránsito hasta el duodeno de las partículas del heno (solo en la dieta control) y de la harina de girasol marcadas previamente con europio e iterbio, respectivamente; ii) la fermentación ruminal durante el periodo postprandial, iii) la degradación ruminal in situ de la harina de girasol específica de cada dieta (y del trigo y el heno en la dieta control) y iv) la magnitud y composición del contenido ruminal mediante el vaciado manual del rumen-retículo. Durante todo el periodo experimental se infundio de forma continua una solución de sulfato amónico enriquecido en 15N (98 átomos %) para corregir la contaminación microbiana ruminal en los estudios in situ y para establecer las diferencias de composición química entre las bacterias libres (BAL) y adherentes (BAS) del rumen. Esta solución incluyó en los dos últimos días Li-Cr- EDTA para determinar la tasa de dilución ruminal. Posteriormente, y tras un periodo de al menos 10 días para eliminar el enriquecimiento en 15N de la digesta, se estudió la digestibilidad intestinal de los distintos alimentos mediante la técnica de bolsas móviles. La determinación del bypass (BP) o de la degradabilidad efectiva (DE) de la materia seca (MS) y de la PB se realizó por el método tradicional de integración matemática; estos valores se obtuvieron también para la PB y los AAs generando una muestra representativa del flujo post-ruminal del alimento en estudio en cada animal. Ello se realizó mediante la mezcla de los distintos residuos de incubación en base a la función que describe el flujo de alimento indegradado que abandona el rumen. Todos estos trabajos se realizaron considerando la tasa de salida de partículas del rumen (kp) y, según casos, considerando también la tasa de conminución y mezcla de las partículas en este compartimento (kc). Para este último caso se ha desarrollado también el modelo matemático que describe este flujo y permite este cálculo. Los valores no corregidos por la contaminación microbiana del BP (o de DE) de la PB resultantes de ambos métodos se han comparado tanto en las harinas de girasol como en los restantes alimentos de la dieta, obteniéndose valores similares, sin apreciarse desviaciones sistemáticas. Sobre las muestras compuestas representativas de la composición química del BP se determino la digestibilidad intestinal efectiva (DIE) de la MS, PB y AAs. Todos los valores resultantes de esta técnica fueron corregidos para la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen. Los estudios de transito digestivo se realizaron tras suministrar en el comedero a los corderos una dosis simple de los alimentos marcados, seguida de la toma de muestras de la digesta duodenal durante 82 h. En la dieta testigo se suministraron simultáneamente el heno de raigrás y la harina de girasol, mientras que en las otras dietas solo se suministró esta última. La harina de girasol mostro un mayor valor para kc frente al heno (0,5766 v. 0,0892, /h), mientras que no hubo diferencias entre los dos alimentos para kp (0,0623 v. 0,0609, /h). Para la harina de girasol no se apreciaron diferencias entre dietas para kc, pero si se redujo de manera moderada la tasa kp con los tratamientos, siendo ésta también menor al utilizar ácido ortofosfórico frente al uso de ácido malico (0,0577 v. 0,0600, /h). El empleo de las harinas tratadas no modifico los parámetros de fermentación ruminal, la composición de los contenidos ruminales o la tasa de dilución del rumen. Los valores efectivos del BP y de DIE de la MS, PB y AAs de las harinas de girasol se obtuvieron considerando kc y kp, conjuntamente. Los tratamientos de protección incrementaron el BP de MS y PB en 48,5 y 268% de media, respectivamente. Estos incrementos se debieron principalmente al descenso de la fracción soluble y de la velocidad de degradación, pero también al aumento de la fracción indegradable, especialmente usando ácido ortofosfórico. Con los tratamientos se incrementó también la DIE de la MS (108% de media) y de la PB con gran diferencia entre los ácidos málico y ortofosfórico (20,7 v. 11,8%). Como consecuencia de estos cambios la protección aumentó la fracción realmente digerida en el intestino en 211% (MS) y 325% (PB), sin efectos entre ambos ácidos. Considerando la reducción del suministro de energía fermentable para los microorganismos ruminales asociada a la protección y los parámetros indicados por el sistema PDI francés para la síntesis de proteína microbiana digestible, la eficacia de conversión de PB en proteína metabolizable aumentó de 0,244 a 0,559 y 0,515 con el tratamiento con acido málico y ortofosfórico, respectivamente. El contenido en aminoácidos (AAs) fue similar en todas las harinas salvo por una disminución de lisina en las harinas tratadas. De forma análoga a la PB, los tratamientos de protección incrementaron el BP y la DIE de la mayoría de AAs. El aporte de AAs metabolizabes de la harina se multiplico en 3,87 para los AAs azufrados y en menor medida (2,5 veces) para la lisina, como consecuencia de las pérdidas sufridas a consecuencia del tratamiento térmico. Estos tratamientos se muestran, por tanto, útiles para incrementar el valor proteico de la harina de girasol, si bien su empleo junto con concentrados proteicos ricos en lisina bypass digestible mejoraría el perfil de la proteína metabolizable. La corrección de la contaminación microbiana de las partículas que tiene lugar en el rumen se asoció en todos los alimentos testados y, de forma general, con reducciones del BP y de su DIE en todas las fracciones estudiadas. Estas reducciones fueron pequeñas en todos los concentrados, de forma acorde con los muy pequeños niveles de contaminación registrados tanto en las harinas de girasol como en el grano de trigo. Por el contrario, esta contaminación, al igual que los efectos de su corrección, fueron muy importantes en el heno de raigrás. Esta contaminación aumentó al tener en cuenta kc. Así, para la proporción de PB de origen microbiano existente en las muestras compuestas representativas del BP, este aumento fue significativo para el heno de raigrás (0,463 v. 0,706) y solo numérico para la harina de girasol (0,0170 v. 0,0208). La reducción de las estimas de DIE al corregir esta contaminación fue consecuencia de la eliminación de forma casi completa de los microorganismos adherentes en todos los residuos testados. Así, esta biomasa se redujo en 96,1% como media de 7x3 observaciones. Como resultado de las diferencias acumulativas a nivel del rumen e intestino, la no corrección de la contaminación microbiana junto con la no consideración de kc condujo a fuertes sobrestimaciones de la PB digerida en el intestino. Ésta fue de 39% en la harina de girasol (0,146 v. 0,105) y de 761% en el heno de raigrás (0,373 v. 0,0433). Estos resultados muestran que es necesario considerar tanto kc como corregir la contaminación microbiana para obtener estimas in situ precisas en forrajes, mientras que en concentrados, siempre que la contaminación microbiana sea pequeña, es más importante considerar kc. La elevada contaminación microbiana observada en el heno de raigrás se asoció también con importantes errores a nivel del N asociado a la fibra neutro (FND) y ácido (FAD) detergente (NDIN y ADIN, respectivamente) e incluso de estas fracciones de fibra, evidenciándose que estos métodos no eliminan completamente la contaminación microbiana que sufren los alimentos en su paso por el retículorumen. Así, en la muestra compuesta representativa de la composición química del flujo postruminal antes descrita, la sobrevaloración por no corregir la contaminación microbiana fue de 99,8; 24,2; 3,34 y 0,48% para NDIN, ADIN, FND y FAD, respectivamente. Las subvaloraciones asociadas para su DE fueron 34,1; 8,79; 4,41 y 0,51%, respectivamente. La DE corregida del NDIN y ADIN (0,743 y 0,728, respectivamente) mostró un aprovechamiento ruminal elevado de estos compuestos, si bien menor al de la PB total (0,85). El estudio de este aprovechamiento sobre los residuos de incubación ruminal a 6 y 72 h demostró, además, una más rápida degradación del ADIN frente al NDIN, así como un mayor potencial de degradación de este último en este alimento. Para comprobar si la digestión en el abomaso eliminaba la contaminación microbiana en la FND y FAD se estudio esta contaminación y sus posibles errores en muestras liofilizadas de contenidos ruminales y duodenales correspondientes a una dieta mixta de similar composición a la utilizada en el experimento 2, comparándose, además, las diferencias entre la extracción secuencial o directa de la FAD. Utilizando como referencia las BAS se apreciaron elevadas contaminaciones en la FND y FAD y su N asociado tanto en las muestras ruminales como en las duodenales. Sin embargo, los resultados de enriquecimiento en 15N de las partículas fueron intermedios entre los correspondientes a BAS y BAL lo que evidencia una elevada contaminación con BAL en estas muestras probablemente durante el proceso de liofilización. Ello conlleva una sobrevaloración de esta estimación. El método de extracción directa de FAD se mostró, por otra parte, marcadamente menos eficaz en la eliminación de la contaminación microbiana. Los resultados muestran la necesidad de corregir la contaminación microbiana para obtener estimaciones precisas de la degradabilidad de las proteínas de las paredes celulares vegetales. Estos errores deberían ser también considerados para FND y FAD en estudios in situ e in vivo. La elevada tasa fraccional de degradación del grano de trigo (60,9 y 42,0%/h para MS y PB, respectivamente) implico que su flujo de material indegradado (calculado solo en base a la kp obtenida para la harina de girasol) se redujera muy rápidamente, de forma que es casi nulo a 8 h tras la ingestión. Los valores corregidos de PB digerida en el intestino (0,15) representan solo el 18,7% de la proteína metabolizable, lo que muestra que el valor proteico del grano de trigo está estrechamente ligado a la síntesis de proteína microbiana derivada de su fermentación. En el experimento 2 se observaron menores concentraciones para materia orgánica, lípidos y PB, así como en la proporción N-AAs/N total en BAL que en BAS, siendo, por el contrario, mayor su enriquecimiento en 15N. Estos últimos resultados se utilizaron (junto con los de otros trabajos previos de este equipo) para validar una predicción preexistente del enriquecimiento en 15N de las BAS a partir de este valor en las BAL. Esta ecuación, de muy alta precisión (R2 = 0.995), permite calcular la subvaloración que se comete en los aportes de nutrientes correspondientes a las BAS al usar las BAL como muestra de referencia. Esta subvaloración representa aproximadamente 21, 32,5 y 60% para PB, proteína verdadera y lípidos.

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Resumo:

El principal objetivo de esta tesis fue incrementar la eficiencia proteica en las dietas de rumiantes mediante el uso de proteínas protegidas (harina de girasol y guisante de primavera), así como mejorar la predicción de los aportes de proteína microbiana. Una partida de harinas comerciales de girasol (HG) y de guisante de primavera (GP) fueron tratadas con soluciones 4 N de ácido málico (268,2 g/L) o ácido ortofosfórico (130,6 g/L). Para cada harina, ácido y día de tratamiento, dos fracciones de 12,5 kg fueron pulverizadas sucesivamente en una hormigonera con la solución de ácido correspondiente mediante un pulverizador de campo. Las dos fracciones fueron mezcladas posteriormente y se dejaron reposar durante 1 h a temperatura ambiente. La mezcla fue luego secada en una estufa de aire forzado a 120 ºC durante 1 h. La estufa fue apagada inmediatamente después y el material tratado se mantuvo dentro de ésta hasta la mañana siguiente. El material fue removido durante el proceso de secado cada 30 min durante las primeras 2 h y cada 60 min durante las 5 h posteriores. Este proceso se repitió hasta conseguir las cantidades de harinas tratadas necesarias en los distintos ensayos. En el primer experimento (capitulo 3) se llevaron a cabo estudios de digestión ruminal e intestinal para evaluar los efectos de la aplicación de las soluciones ácidas indicadas y calor a fin de proteger las proteínas de HG y GP contra la degradación ruminal. Estos estudios se realizaron con tres corderos canulados en el rumen y en el duodeno. El estudio de digestión ruminal fue realizado en tres periodos experimentales en los que los corderos fueron alimentados sucesivamente con tres dietas isoproteicas que incluían HG y GP, sin tratar o tratadas con ácidos málico u ortofosfórico. Cada periodo experimental de 21 días incluyó sucesivamente: 10 días de adaptación a las dietas, un estudio del tránsito ruminal de las partículas de HG y GP (días 11 a 14), y la incubación de las muestras de ambos alimentos en bolsas de nailon (días 15–21). Las harinas incubadas en cada periodo experimental correspondieron a las que fueron incluidas en las dietas. Las bacterias ruminales fueron marcadas desde el día 11 hasta el día 21 del periodo experimental mediante infusión intra-ruminal continua con una fuente de 15N. Tras finalizar las incubaciones in situ el día 21 el rumen fue vaciado en cada periodo para aislar las bacterias asociadas a la fase sólida y liquida del rumen. El estudio de digestión intestinal fue realizado veinte días después del final del estudio ruminal a fin de eliminar el enriquecimiento en 15N de la digesta. En este estudio se incubaron muestras compuestas obtenidas mediante la combinación de los diferentes residuos no degradados en el rumen de forma que fuesen representativas de la composición química de la fracción no degradada en el rumen (RU). En esta fase los corderos fueron alimentados con la dieta sin tratar para determinar la digestibilidad de las harinas tanto tratadas como sin tratar mediante la técnica de las bolsas móviles. Además, las proteínas contenidas en las harinas tratadas y sin tratar, así como en las muestras correspondientes a los residuos a 0 h, las muestras compuestas anteriormente indicadas y las muestras no digeridas intestinalmente fueron extraídas y sometidas a electroforesis para determinar el sitio de digestión de las diferentes fracciones proteicas. Las estimaciones de la RU y la digestibilidad intestinal de la materia seca, la materia orgánica (solamente para RU), la proteína bruta (PB) y el almidón (solamente en GP) fueron obtenidos considerando la contaminación microbiana y las tasas de conminución y salida de partículas. Las estimaciones de RU y de la digestibilidad intestinal disminuyeron en todas las fracciones evaluadas de ambos alimentos al corregir por la contaminación microbiana acaecida en el rumen. Todas las estimaciones de RU aumentaron con los tratamientos de protección, incrementándose también la digestibilidad intestinal de la materia seca en la HG. Los bajos valores de la digestibilidad de la proteína de GP tratado y sin tratar sugieren la presencia de algún factor antitripsico no termolábil es esta harina. Los tratamientos de protección incrementaron consistentemente la fracción de materia seca y PB digerida intestinalmente en los dos alimentos, mientras que la fracción de almidón en la muestra de GP solamente aumentó numéricamente (60,5% de media). Sin embargo, los tratamientos también redujeron la fermentación de la materia orgánica, lo cual podría disminuir la síntesis de proteína microbiana. Los estudios de electroforesis muestran la práctica desaparición de la albumina por la degradación ruminal en ambos alimentos, así como que los cambios en otras proteínas de la muestra RU fueron más pronunciados en GP que en HG. La composición de las bacterias asociadas con las fases de digesta ruminal sólida (BAS) y líquida (BAL) fue estudiada para revisar la precisión de un sistema de predicción previo que determinaba la infravaloración del aporte de nutrientes correspondiente a las BAS cuando de usa 15N como marcador y las BAL como referencia microbiana (capitulo 4). Al comparar con BAS, BAL mostraron menores contenidos en materia orgánica, polisacáridos de glucosa y lípidos totales y un mayor contenido en PB, así como un mayor enriquecimiento en 15N. Los datos obtenidos en el estudio actual se ajustan bien a la ecuación previa que predice el enriquecimiento en 15N de las BAS a partir del mismo valor en BAL. Esta nueva ecuación permite establecer que se produce una infravaloración de un 22% en el aporte de PB al animal a partir de las BAS sintetizadas si las BAL son usadas como muestras de referencia. Una segunda relación calculada utilizando los valores medios por dieta expuestos en numerosos trabajos encontrados en la literatura confirma la magnitud de este error. Esta infravaloración asociada al uso de BAL como referencia fue mayor para el aporte de glucosa (43,1%) y todavía mayor para el aporte de lípidos (59,9%), como consecuencia de los menores contenidos de ambas fracciones en BAL frente a SAB. Estos errores deberían ser considerados para obtener mayor precisión en la estimación del aporte de nutrientes microbianos y mejorar la nutrición de los rumiantes. En el experimento 2 se realizó un estudio de producción (capitulo 5) para evaluar los efectos del tratamiento de las harinas HG y GP con soluciones de ácido málico o ácido ortofosfórico sobre el crecimiento, el consumo de concentrado y el rendimiento y engrasamiento de las canales de corderos de engorde. Noventa corderos machos de cruce entrefino procedentes de tres granjas comerciales (peso inicial medio = 14,6, 15,3 y 13,3 kg, respectivamente) fueron asignados aleatoriamente a cinco dietas con diferentes niveles de proteína y diferentes tratamientos con ácidos y engordados hasta un peso medio al sacrificio de 25 kg. Las fuentes de proteína en el pienso control (C; PB=18,0%) fueron harina de soja, HG y GP sin tratar. En tres de los piensos experimentales, las harinas tratadas con ácido ortofosfórico sustituyeron a las de HG y GP sin tratar (Control Ortofosfórico, PC; PB=18,0% sobre materia seca), sustituyéndose, además, la harina de soja parcialmente (Sustitución Media Ortofosfórico, MSP; PB=16,7%) o totalmente (Sustitución Total Ortofosfórico, TSP; PB=15,6%). Finalmente, en uno de los piensos el ácido ortofosfórico fue reemplazo por acido málico para proteger ambas harinas (Sustitución Media Málico, MSM; PB= 16,7%). La paja de trigo (fuente de forraje) y el concentrado fueron ofrecidos ad libitum. Dieciocho corderos fueron distribuidos en seis cubículos con tres animales para cada dieta. Los datos fueron analizados según un análisis factorial considerando el peso inicial como covariable y la granja de procedencia como bloque. Los datos de consumo de concentrado y eficiencia de conversión fueron analizados usando el cubículo como unidad experimental, mientras que los datos sobre ganancia media diaria, rendimiento a la canal, grasa dorsal y grasa pélvico renal fueron analizados usando el cordero como unidad experimental. No se encontró ningún efecto asociado con el nivel de PB sobre ninguna variable estudiada. Esto sugiere que usando proteínas protegidas es posible utilizar concentrados con 15,6% de PB (sobre materia seca) disminuyendo así la cantidad de concentrados de proteína vegetal a incluir en los piensos y la calidad de los concentrados proteicos. Los corderos alimentados con la dieta MSM tuvieron mayores ganancias medias diarias (15,2%; P= 0,042), y mejores rendimiento a la canal en caliente (1,3 unidades porcentuales; P= 0,037) que los corderos alimentados con el concentrado MSP. Esto podría ser explicado por los efectos benéficos ruminales del malato o por el mayor efecto de protección conseguido con el ácido málico. ABSTRACT The main objective of this thesis project was to increase the protein efficiency in ruminant diets by using protected protein (sunflower meal and spring pea), and improving the prediction of microbial protein supply. Commercial sunflower meal (SFM) and spring pea (SP) were treated with 4 N solutions (200 mL/kg) of malic acid (268.2 g/L) or orthophosphoric acid (130.6 g/L). Daily, two fractions of 12.5 kg of one of these meals were successively sprayed with the tested acid solution in a concrete mixer using a sprayer. Both fractions were then mixed and allowed to rest for 1 h at room temperature. The blend was then dried in a forced air oven at 120 ºC for 1 h. Then the oven was turned off and the treated material was left in the oven overnight. During the drying process, the material was stirred every 30 min during the first 2 h and then every 60 min for the subsequent 5 h. This process was repeated until the amounts of treated flour needed for the different trials performed. In the first experiment (chapter 3), ruminal and intestinal digestion trials were conducted to study the effects of the application of these acid solutions and heat to protect proteins of SFM and SP against ruminal degradation using three wethers fitted with rumen and duodenum cannulae. The ruminal digestion study was carried out in three experimental periods in which the wethers were successively fed three isoproteic diets including SFM and SP, untreated or treated with malic or orthophosphoric acids. The experimental periods of 21 days included successively: 10 days of diet adaptation, SFM and SP particle ruminal transit study (days 11–14) and ruminal nylon-bag incubations (days 15–21). The meals incubated in each experimental period were those corresponding to the associated diet. Rumen bacteria were labelled from days 11 to 21 by continuous intra-ruminal infusion of a 15N source and the rumen was emptied at the end of in situ incubations in each period to isolate solid adherent bacteria and liquid associate bacteria. The intestinal digestion trial was conducted twenty days after the end of the ruminal studies to eliminate the 15N enrichment in the digesta. The tested samples were composite samples obtained pooling the different ruminally undegraded residues to be representative of the chemical composition of the ruminally undegraded fraction (RU). Wethers were fed the untreated diet to determine the intestinal digestibility of untreated and treated meals using the mobile nylon bag technique. In addition, protein in untreated and treated meals and their 0 h, composite and intestinally undigested samples were extracted and subjected to electrophoresis to determine the digestion site of the different protein fractions. Estimates of the RU and its intestinal digestibility of dry matter, organic matter (only for RU), crude protein (CP) and starch (only in SP) were obtained considering ruminal microbial contamination and particle comminution and outflow rates. When corrected for the microbial contamination taking place in the rumen, estimates of RU and intestinal digestibility decreased in all tested fractions for both feeds. All RU estimates increased with the protective treatments, whereas intestinal digestibility-dry matter also increased in SFM. Low intestinal digestibility-CP values in untreated and treated samples suggested the presence of non-heat labile antitrypsin factors in SP. Protective treatments of both feeds led to consistent increases in the intestinal digested fraction of dry matter and CP, being only numerically different for SP-starch (60.5% as average). However, treatments also reduced the organic matter fermentation, which may decrease ruminal microbial protein synthesis. Electrophoretic studies showed albumin disappearance in both SFM and SP, whereas changes in other RU proteins were more pronounced in SP than SFM. The chemical composition of bacteria associated with solid (SAB) and liquid (LAB) rumen-digesta phases was studied to examine the accuracy of a previous regression system determining the underevaluation of SAB-nutrient supply using 15N as marker and LAB as microbial reference (chapter 4). Compared with SAB, LAB showed lower contents of organic matter, polysaccharide-glucose and total lipids and the opposite for the CP content and the 15N enrichment. Present data fitted well to the previous relationship predicting the 15N enrichment of SAB from the same value in LAB. This new equation allows establishing an underevaluation in the supply of CP from the synthesized SAB in 22.0% if LAB is used as reference. Another relationship calculated using mean diet values from the literature confirmed the magnitude of this error. This underevaluation was higher for the supply of glucose (43.1%) and still higher for the lipid supply (59.9%) as a consequence of the lower contents of these both fractions in LAB than in SAB. These errors should be considered to obtain more accurate estimates of the microbial nutrient supply and to improve ruminant nutrition. A production study was performed in experiment 2 (chapter 5) to examine the effects of treating SFM and SP meals with orthophosphoric or malic acid solutions on growth performance, concentrate intake, and carcass yield and fatness of growing-fattening lambs. Ninety "Entrefino" cross male lambs from three commercial farms (average initial body weights (BW) = 14.6, 15.3 and 13.3 kg) were randomly assigned to five diets with different acid treatment and protein levels, and fattened to an average slaughter weight of 25 kg. Protein sources in the control concentrate (C; CP=18%) were soybean meal and untreated SFM and SP. In three of the experimental concentrates, orthophosphoric acid-treated meals substituted untreated SFM and SP (Orthophosphoric Control, PC; CP=18% dry matter basis), and soybean meal was partially (Medium Substitution Orthophosphoric, MSP; CP=16.7%) or totally removed (Total Substitution Orthophosphoric, TSP; CP=15.6%). In addition, in one concentrate orthophosphoric acid was replaced by malic acid to protect these meals (Medium Substitution Malic, MSM; CP= 16.7%). Wheat straw (roughage source) and concentrate were offered ad libitum. Eighteen lambs were allocated to six pens of three animals on each diet. Data were analyzed using a factorial analysis with initial body weight BW as covariate and farm of origin as block. Data on concentrate intake and feed conversion efficiency were analyzed using pen as experimental unit, while data on average daily gain, carcass yield, dorsal fat, and kidney-pelvic-fat were analyzed with lamb as experimental unit. No effect associated with the CP level was observed on any parameter. This suggests that with protected proteins it is possible to feed concentrates with 15.6% CP (dry matter basis) reducing the quantity of vegetable protein meals to include in the concentrate as well as the quality of the protein concentrates. Lambs feed MSM had higher average daily gains (15.2%; P= 0.042), and better hot carcass yields (1.3 percentage points; P= 0.037) than lambs feed MSP. This probably can be explained by ruminal malate actions and by greater protection effects obtained with malic acid.