688 resultados para vena cava


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Aperfeiçoamento introduzido em filtro interno de veia cava, onde um filtro interno de veia cava que permanece alinhado em relação ao eixo longitudinal da VCI, sem causar perfuração, e sem perder as demais características benéficas do filtro convencional, tais como: pouca frequência de migração, pouca trombogenicidade, pouca reação tecidual e alto índice de captura de êmbolos "in vitro".

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[ES] Este trabajo aborda aspectos morfológicos de la pared venosa afecta de Insuficiencia Venosa Crónica, cuya manifestación más frecuente, las varices, tiene un gran impacto socioeconómico dada su alta prevalencia (10-50%) y costoso tratamiento.

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Lo studio effettuato verte sulla ricerca delle cave storiche di pietra da taglio in provincia di Bologna, facendo partire la ricerca al 1870 circa, data in cui si hanno le prime notizie cartacee di cave bolognesi. Nella ricerca si è potuto contare sull’aiuto dei Dott. Stefano Segadelli e Maria Tersa De Nardo, geologi della regione Emilia-Romagna, che hanno messo a disposizione la propria conoscenza e le pubblicazioni della regione a questo scopo. Si è scoperto quindi che non esiste in bibliografia la localizzazione di tali cave e si è cercato tramite l’utilizzo del software ArcGIS , di georeferenziarle, correlandole di informazioni raccolte durante la ricerca. A Bologna al momento attuale non esistono cave di pietra da taglio attive, così tutte le fonti che si sono incontrate hanno fornito dati parziali, che uniti hanno permesso di ottenere una panoramica soddisfacente della situazione a inizio secolo scorso. Le fonti studiate sono state, in breve: il catasto cave della regione Emilia-Romagna, gli shape preesistenti della localizzazione delle cave, le pubblicazioni “Uso del Suolo”, oltre ai dati forniti dai vari Uffici Tecnici dei comuni nei quali erano attive le cave. I litotipi cavati in provincia sono quattro: arenaria, calcare, gesso e ofiolite. Per l’ofiolite si tratta di coltivazioni sporadiche e difficilmente ripetibili dato il rischio che può esserci di incontrare l’amianto in queste formazioni; è quindi probabile che non verranno più aperte. Il gesso era una grande risorsa a fine ‘800, con molte cave aperte nella Vena del Gesso. Questa zona è diventata il Parco dei Gessi Bolognesi, lasciando alla cava di Borgo Rivola il compito di provvedere al fabbisogno regionale. Il calcare viene per lo più usato come inerte, ma non mancano esempi di formazioni adatte a essere usate come blocchi. La vera protagonista del panorama bolognese rimane l’arenaria, che venne usata da sempre per costruire paesi e città in provincia. Le cave, molte e di ridotte dimensioni, sono molto spesso difficili da trovare a causa della conseguente rinaturalizzazione. Ci sono possibilità però di vedere riaprire cave di questo materiale a Monte Finocchia, tramite la messa in sicurezza di una frana, e forse anche tramite la volontà di sindaci di comunità montane, sensibili a questo argomento. Per avere una descrizione “viva” della situazione attuale, sono stati intervistati il Dott. Maurizio Aiuola, geologo della Provincia di Bologna, e il Geom. Massimo Romagnoli della Regione Emilia-Romagna, che hanno fornito una panoramica esauriente dei problemi che hanno portato ad avere in regione dei poli unici estrattivi anziché più cave di modeste dimensioni, e delle possibilità future. Le grandi cave sono, da parte della regione, più facilmente controllabili, essendo poche, e più facilmente ripristinabili data la disponibilità economica di chi la gestisce. Uno dei problemi emersi che contrastano l’apertura di aree estrattive minori, inoltre, è la spietata concorrenza dei materiali esteri, che costano, a parità di qualità, circa la metà del materiale italiano. Un esempio di ciò lo si è potuto esaminare nel comune di Sestola (MO), dove, grazie all’aiuto e alle spiegazioni del Geom. Edo Giacomelli si è documentato come il granito e la pietra di Luserna esteri utilizzati rispondano ai requisiti di resistenza e non gelività che un paese sottoposto ai rigori dell’inverno richiede ai lapidei, al contrario di alcune arenarie già in opera provenienti dal comune di Bagno di Romagna. Alla luce di questo esempio si è proceduto a calcolare brevemente l’ LCA di questo commercio, utilizzando con l’aiuto dell’ Ing. Cristian Chiavetta il software SimaPRO, in cui si è ipotizzato il trasporto di 1000 m3 di arenaria da Shanghai (Cina) a Bologna e da Karachi (Pakistan) a Bologna, comparandolo con le emissioni che possono esserci nel trasporto della stessa quantità di materiale dal comune di Monghidoro (BO) al centro di Bologna. Come previsto, il trasporto da paesi lontani comporta un impatto ambientale quasi non comparabile con quello locale, in termini di consumo di risorse organiche e inorganiche e la conseguente emissione di gas serra. Si è ipotizzato allora una riapertura di cave locali a fini non edilizi ma di restauro; esistono infatti molti edifici e monumenti vincolati in provincia, e quando questi devono essere restaurati, dove si sceglie di cavare il materiale necessario e rispondente a quello già in opera? Al riguardo, si è passati attraverso altre due interviste ai Professori Francesco Eleuteri, architetto presso la Soprintendenza dei Beni Culturali a Bologna e Gian Carlo Grillini, geologo-petrografo e esperto di restauro. Ciò che è emerso è che effettivamente non esiste attualmente una panoramica soddisfacente di quello che è il patrimonio lapideo della provincia, mancando, oltre alla georeferenziazione, una caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica adeguata a poter descrivere ciò che veniva anticamente cavato; l’ipotesi di riapertura a fini restaurativi potrebbe esserci, ma non sembra essere la maggiore necessità attualmente, in quanto il restauro viene per lo più fatto senza sostituzioni o integrazioni, tranne rari casi; è pur sempre utile avere una carta alla mano che possa correlare l’edificio storico con la zona di estrazione del materiale, quindi entrambi i professori hanno auspicato una prosecuzione della ricerca. Si può concludere dicendo che la ricerca può proseguire con una migliore e più efficace localizzazione delle cave sul terreno, usando anche come fonte il sapere della popolazione locale, e di procedere con una parte pratica che riguardi la caratterizzazione minero-petrografica e fisico-meccanica. L’utilità di questi dati può esserci nel momento in cui si facciano ricerche storiche sui beni artistici presenti a Bologna, e qualora si ipotizzi una riapertura di una zona estrattiva.

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In questo lavoro sono state analizzate diverse strategie di recupero di una cava dismessa situata presso la località Colombara (Monte San Pietro, Bologna). Su questi terreni sono state condotte tre prove, costituite da diverse parcelle nelle quali sono stati adottati differenti trattamenti. Sono state svolte analisi di tipo quantitativo del suolo e della parte epigea delle specie arbustive e arboree, focalizzandosi sull'azoto (N totale, ammoniacale, nitrico, e firma isotopica) e sulla sostanza organica del suolo. Inoltre è stata effettuata un'indagine qualitativa della composizione floristica. Scopo della tesi è quello di individuare le strategie più efficaci per un recupero di suoli degradati. Non sempre a trattamenti iniziali migliori corrispondono i migliori risultati portando a conclusioni apparentemente controintuitive a cui si è cercato di dare risposta.

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Questo elaborato ha come obiettivo quello di analizzare, inquadrandolo anche da un punto di vista tecnologico, un trattamento innovativo di bioremediation in situ realizzato in una ex-area di cava, nella quale, in seguito al ripristino ambientale mediante fanghi di cartiera, si è verificato un fenomeno di degradazione anaerobica del materiale tombato che ha portato alla produzione di una ingente quantità di biogas e alla sua successiva migrazione verso abitazioni limitrofe.

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Oggetto della presente tesi di laurea è quello di analizzare sia dal punto di vista teorico che da quello pratico l’impiego di geosintetici di rinforzo per il consolidamento di rilevati e sponde arginali al fine di ottenere un sistema pluricomposto terreno-rinforzo che manifesti adeguati margini di sicurezza nei confronti delle verifiche di stabilità prescritte dalla normativa vigente, soprattutto nei confronti dell’azione indotta dal sisma. In particolare il lavoro è suddiviso di due macro parti fondamentali: una prima parte dedicata allo studio degli aspetti teorici legati alla caratterizzazione dei materiali di rinforzo con particolare riferimento ai geotessili ed alle geogriglie, ai principi fondamentali di funzionamento del sistema terreno-rinforzi, alla normativa di riferimento per tali costruzioni, al dimensionamento dei pendii in terra rinforzata ed al loro inserimento ambientale; la seconda parte, basata sullo studio di un caso di reale applicazione del metodo di rinforzo con geosintetici, si svolge attraverso una approfondita e critica analisi della relazione geologica messa a disposizione dal Comune di Cesenatico (FC) con lo scopo di elaborare le prove svolte in situ, ricavare i parametri geotecnici caratteristici del terreno e definire un modello geologico e geotecnico di riferimento per le successive elaborazioni. Il progetto prevede infatti il consolidamento delle sponde del canale che attraversa, parallelamente alla linea di costa, la città di Cesenatico (FC) e denominato “Vena Mazzarini”, dal nome dell’Ingegnere che ne curò il progetto originale. In particolare si è previsto l’impiego di geogriglie di rinforzo in HDPE e tutte le verifiche sono state realizzate mediante il software di calcolo Geostru Slope® e Slope/M.R.E® messi cordialmente a disposizione dalla software house Geostru S.r.l.

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Von Jos. Scholz