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Resumo:
Nell'ambito dell'industria di processo, si definisce "effetto domino" la propagazione di un evento incidentale primario dovuta all’accadimento di uno o più incidenti secondari innescati dall’evento primario, con amplificazione dell’area di danno. Un incidente con effetto domino vede infatti la presenza iniziale di uno scenario incidentale primario, solitamente causato dal rilascio di sostanze pericolose e/o dal rilascio di energia tali da determinare effetti dannosi in grado di innescare successivamente degli eventi incidentali secondari, che determinino un'intensificazione delle conseguenze dell'evento iniziale. Gli incidenti con effetto domino possono avere conseguenze all'interno dello stabilimento in cui ha origine lo scenario incidentale primario o all'esterno, eventualmente coinvolgendo, stabilimenti limitrofi: nel primo caso si parla di effetto domino intra-stabilimento, nel secondo di effetto domino inter-stabilimento. Gli ultimi decenni hanno visto un forte aumento della domanda di prodotti dell'industria chimica e dunque del numero di impianti di processo, talvolta raggruppati nei cosiddetti "chemical clusters", ossia aree ad elevata concentrazione di stabilimenti chimici. In queste zone il rischio di effetto domino inter-stabilimento è particolarmente alto, a causa della stretta vicinanza di installazioni che contengono elevati quantitativi di sostanze pericolose in condizioni operative pericolose. È proprio questa consapevolezza, purtroppo confermata dal verificarsi di diversi incidenti con effetto domino, che ha determinato negli ultimi anni un significativo aumento delle ricerche relative all'effetto domino e anche una sua maggiore considerazione nell'ambito della normativa. A riguardo di quest'ultimo aspetto occorre citare la Direttiva Europea 2012/18/UE (comunemente denominata Direttiva Seveso III) e il suo recepimento nella normativa italiana, il Decreto Legislativo del 26 giugno 2015, "Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, entrato in vigore il 29 luglio 2015: questo decreto infatti dedica ampio spazio all'effetto domino e introduce nuovi adempimenti per gli stabilimenti a Rischio di Incidente Rilevante presenti sul territorio nazionale. In particolare, l'Allegato E del D. Lgs. 105/2015 propone una metodologia per individuare i Gruppi domino definitivi, ovvero i gruppi di stabilimenti a Rischio di Incidente Rilevante tra i quali è possibile il verificarsi di incidenti con effetto domino inter-stabilimento. Nel presente lavoro di tesi, svolto presso ARPAE (Agenzia Regionale per la Prevenzione, l'Ambiente e l'Energia) dell'Emilia Romagna, è stata effettuata, secondo la metodologia proposta dall'Allegato E del D. Lgs. 105/2015, la valutazione dell'effetto domino inter-stabilimento per gli stabilimenti a Rischio di Incidente Rilevante presenti in Emilia Romagna, al fine di individuare i Gruppi domino definitivi e di valutare l'aggravio delle conseguenze fisiche degli eventi incidentali primari origine di effetto domino.
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L’elaborato ha l’obiettivo di analizzare lo sviluppo di un nuovo prodotto destinato al mercato delle macchine utensili ad elevata produttività, dette macchine transfer. Verranno esaminate le varie fasi che consentono la definizione del nuovo prodotto e delle relative specifiche. La tesi è divisa in due parti principali: -Analisi di mercato e design strategico, la quale consiste nell’analisi dei concorrenti e del mercato al fine di comprendere quali funzioni deve avare la macchina per poter essere competitiva. -Progettazione e ingegnerizzazione di una macchina con le caratteristiche precedentemente individuate, con approfondimento sui gruppi più importanti della stessa.
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Le macchine automatiche prodotte dall’azienda VIRE Automation di Faenza sono atte al confezionamento di prodotti igienico sanitari del settore baby, femminile e adulto. La macchina può essere suddivisa in due gruppi funzionali, il primo legato al raggruppamento dei prodotti in pile e il secondo dedicato al confezionamento vero e proprio. Il presente elaborato consiste nello studio e nella progettazione del raggruppatore della macchina dedicata ai prodotti femminili; in particolare lo scopo è il corretto funzionamento del gruppo con performance superiori a quelle attuali. Il progetto si è articolato nell’applicazione del metodo della Casa della Qualità come strumento di supporto, per poi passare allo studio della parte logica della macchina e ad un'analisi cinematica e dinamica del gruppo estrattore; infine vengono presentate ulteriori soluzioni tecniche adottate.
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Il presente lavoro si prefigge come scopo la validazione e successiva taratura dei modelli di cavitazione di Merkle e Kunz, basati sulla modellazione del trasferimento di massa, implementati nel software OpenFOAM. Lo studio riguarda la fluidodinamica computazionale. L'operazione di taratura e condotta dall'utente variando i parametri liberi dei vari modelli, con lo scopo di avvicinare il risultato computazionale a quello sperimentale.
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I Social Network sono una fonte di informazioni di natura spontanea, non guidata, provviste di posizione spaziale e prodotte in tempo reale. Il Social Sensing si basa sull'idea che gruppi di persone possano fornire informazioni, su eventi che accadono nelle loro vicinanze, simili a quelle ottenibili da sensori. La letteratura in merito all’utilizzo dei Social Media per il rilevamento di eventi catastrofici mostra una struttura comune: acquisizione, filtraggio e classificazione dei dati. La piattaforma usata, nella maggior parte dei lavori e da noi, è Twitter. Proponiamo un sistema di rilevamento di eventi per l’Emilia Romagna, tramite l’analisi di tweet geolocalizzati. Per l’acquisizione dei dati abbiamo utilizzato le Twitter API. Abbiamo effettuato due passaggi per il filtraggio dei tweet. Primo, selezione degli account di provenienza dei tweet, se non sono personali è improbabile che siano usati per dare informazioni e non vanno tenuti in considerazione. Secondo, il contenuto dei tweet, vengono scartati se presentano termini scurrili, parole come “buon giorno” e un numero di tag, riferiti ad altri utenti, superiore a quattro. La rilevazione di un valore anomalo rispetto all'insieme delle osservazioni che stiamo considerando (outlier), è il primo indice di un evento eccezionale. Per l’analisi siamo ricorsi all’outlier detection come indice di rilevamento di un evento. Fatta questa prima analisi si controlla che ci sia un effettivo picco di tweet in una zona della regione. Durante il periodo di attività non sono accaduti eventi straordinari, abbiamo quindi simulato un avvenimento per testare l'efficacia del nostro sistema. La maggior difficoltà è che i dati geolocalizzati sono in numero molto esiguo, è quindi difficile l'identificazione dei picchi. Per migliorare il sistema si propone: il passaggio a streaming dei tweet e un aumento della velocità di filtraggio; la automatizzazione dei filtri; l'implementazione di un modulo finale che operi a livello del testo.
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In questo lavoro di tesi è presentato un metodo per lo studio della compartimentalizzazione dell’acqua in cellule biologiche, mediante lo studio dell’autodiffusione delle molecole d’acqua tramite uno strumento NMR single-sided. Le misure sono state eseguite nel laboratorio NMR all’interno del DIFA di Bologna. Sono stati misurati i coefficienti di autodiffusione di tre campioni in condizione bulk, ottenendo risultati consistenti con la letteratura. È stato poi analizzato un sistema cellulare modello, Saccharomyces cerevisiae, allo stato solido, ottimizzando le procedure per l’ottenimento di mappe di correlazione 2D, aventi come assi il coefficiente di autodiffusione D e il tempo di rilassamento trasversale T2. In questo sistema l’acqua è confinata e l’autodiffusione è ristretta dalle pareti cellulari, si parla quindi di coefficiente di autodiffusione apparente, Dapp. Mediante le mappe sono state individuate due famiglie di nuclei 1H. Il campione è stato poi analizzato in diluizione in acqua distillata, confermando la separazione del segnale in due distinte famiglie. L’utilizzo di un composto chelato, il CuEDTA, ha permesso di affermare che la famiglia con il Dapp maggiore corrisponde all’acqua esterna alle cellule. L’analisi dei dati ottenuti sulle due famiglie al variare del tempo lasciato alle molecole d’acqua per la diffusione hanno portato alla stima del raggio dei due compartimenti: r=2.3±0.2µm per l’acqua extracellulare, r=0.9±0.1µm per quella intracellulare, che è probabilmente acqua scambiata tra gli organelli e il citoplasma. L’incertezza associata a tali stime tiene conto soltanto dell’errore nel calcolo dei parametri liberi del fit dei dati, è pertanto una sottostima, dovuta alle approssimazioni connesse all’utilizzo di equazioni valide per un sistema poroso costituito da pori sferici connessi non permeabili. Gli ordini di grandezza dei raggi calcolati sono invece consistenti con quelli osservabili dalle immagini ottenute con il microscopio ottico.
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Der Beitrag zum Thema "Italienisch in den Institutionen" beruht auf der Feststellung von Unterschieden im Vergleich der italienischen Rechts- und Verwaltungssprache, die in den europäischen und in den italienischen Institutionen verwendet wird. Im Gegensatz zu Englisch, Französisch und Deutsch gilt Italienisch auf europäischer Ebene als "kleine", weniger wichtige Sprache. Trotz des Grundsatzes der Gleichstellung der Amtssprachen in der Europäischen Union hat dies Konsequenzen, vor allem hinsichtlich der täglich in den Institutionen verwendeten Arbeitssprachen. Im Mittelpunkt des Beitrages stehen Produktion und Typologisierung von Verwaltungs- und Rechtstexten in den europäischen Institutionen und die für größere sprachliche Einheitlichkeit bereitgestellten Hilfsmittel und Übersetzungshilfen. Danach werden die typischen Unterschiede zwischen "europäischem" und "nationalem" Rechts- und Verwaltungsitalienisch dargestellt. Konkrete Einblicke in die Arbeit zur Verbesserung der Sprachqualität der unterschiedlichen Formen des Italienischen in den Institutionen runden den Beitrag ab. Ziel des zum Zweck der Koordinierung dieser Bemühungen gegründete Expertennetzwerks REI (Rete di eccellenza dell’italiano istituzionale) ist es, Bezugspunkt und Ansprechpartner für alle diejenigen zu sein, welche sich auf europäischer oder nationaler Ebene mit Übersetzung, Terminologie oder dem Verfassen von italienischen Rechts- oder Verwaltungstexten befassen. Das auf Vorschlag der Generaldirektion Übersetzung der Europäischen Kommission gegründete Netzwerk arbeitet in verschiedenen Fachgruppen, an denen Experten aus Forschung und Praxis, Linguisten und Juristen, teilnehmen.
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Entrevista en la revista del Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti de Italia
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Nas décadas de 1970 e 1980 houve a eclosão de experiências comunicacionais populares, em todo Brasil, com vasta produção de materiais, especialmente arquivados pelos centros de documentação. Em sua maioria, criados e financiados por setores progressistas da Igreja Católica e Protestante. Entre eles, o Centro de Pastoral Vergueiro (CPV) e o Centro de Comunicação e Educação Popular de São Miguel Paulista (CEMI) que também tiveram importante papel na construção e preservação da memória das lutas populares no período de reorganização social, no contexto de distensão da ditadura militar. No entanto, tais acervos estão em iminente risco, por falta de investimento e vontade política. O que seria um prejuízo histórico e científico para movimentos sociais atuais e à pesquisa acadêmica. O objetivo do estudo é identificar a que se deve este desinteresse. A abordagem se dá pelo método da história oral e como técnicas de investigação adotamos a pesquisa bibliográfica, documental e a pesquisa de campo, por meio da entrevista em profundidade. A falta de uma política pública que garanta a preservação dos documentos é sinal de que no Brasil predomina uma cultura que não privilegia a memória, sobretudo das camadas empobrecidas da população. Além do que, a memória pode ser subversiva. Afinal tais documentos expressam a força da participação popular no processo de transformação social e podem despertar novas ações, o que não interessa aos grupos que estão no poder.
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La diagnosi di neoplasia epiteliale maligna polmonare è legata tradizionalmente alla distinzione tra carcinoma a piccole cellule (small-cell lung cancer, SCLC) e carcinoma non-a piccole cellule del polmone (non-small-cell lung cancer, NSCLC). Nell’ambito del NSCLC attualmente è importante di-stinguere l’esatto istotipo (adenocarcinoma, carcinoma squamocellulare e carcinoma neuroendocrino) perchè l’approccio terapeutico cambia a seconda dell’istotipo del tumore e la chemioterapia si dimostra molto spesso inefficace. Attualmente alcuni nuovi farmaci a bersaglio molecolare per il gene EGFR, come Erlotinib e Gefitinib, sono utilizzati per i pazienti refrattari al trattamento chemioterapico tradizionale, che non hanno risposto a uno o più cicli di chemioterapia o che siano progrediti dopo questa. I test per la rilevazione di specifiche mutazioni nel gene EGFR permettono di utilizzare al meglio questi nuovi farmaci, applicandoli anche nella prima linea di trattamento sui pazienti che hanno una maggiore probabilità di risposta alla terapia. Sfortunatamente, non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo quando trattati con farmaci anti-EGFR. Di conseguenza, l'individuazione di biomarcatori predittivi di risposta alla terapia sarebbe di notevole importanza per aumentare l'efficacia dei questi farmaci a target molecolare e trattare con farmaci diversi i pazienti che con elevata probabilità non risponderebbero ad essi. I miRNAs sono piccole molecole di RNA endogene, a singolo filamento di 20-22 nucleotidi che svolgono diverse funzioni, una delle più importanti è la regolazione dell’espressione genica. I miRNAs possono determinare una repressione dell'espressione genica in due modi: 1-legandosi a sequenze target di mRNA, causando così un silenziamento del gene (mancata traduzione in proteina), 2- causando la degradazione dello specifico mRNA. Lo scopo della ricerca era di individuare biomarcatori capaci di identificare precocemente i soggetti in grado di rispondere alla terapia con Erlotinib, aumentando così l'efficacia del farmaco ed evitan-do/riducendo possibili fenomeni di tossicità e il trattamento di pazienti che probabilmente non ri-sponderebbero alla terapia offrendo loro altre opzioni prima possibile. In particolare, il lavoro si è fo-calizzato sul determinare se esistesse una correlazione tra la risposta all'Erlotinib ed i livelli di espressione di miRNAs coinvolti nella via di segnalazione di EGFR in campioni di NSCLC prima dell’inizio della terapia. Sono stati identificati 7 microRNA coinvolti nel pathway di EGFR: miR-7, -21, 128b, 133a, -133b, 146a, 146b. Sono stati analizzati i livelli di espressione dei miRNA mediante Real-Time q-PCR in campioni di NSCLC in una coorte di pazienti con NSCLC metastatico trattati con Erlotinib dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2014 in 2°-3° linea dopo fallimento di almeno un ciclo di chemioterapia. I pazienti sottoposti a trattamento con erlotinib per almeno 6 mesi senza presentare progressione alla malattia sono stati definiti “responders” (n=8), gli altri “non-responders” (n=25). I risultati hanno mostrato che miR-7, -133b e -146a potrebbero essere coinvolti nella risposta al trat-tamento con Erlotinib. Le indagini funzionali sono state quindi concentrate su miR-133b, che ha mo-strato la maggiore espressione differenziale tra i due gruppi di pazienti. E 'stata quindi studiata la capacità di miR-133b di regolare l'espressione di EGFR in due linee di cellule del cancro del polmone (A549 e H1299). Sono stati determinati gli effetti di miR-133b sulla crescita cellulare. E’ stato anche analizzato il rapporto tra miR-133b e sensibilità a Erlotinib nelle cellule NSCLC. L'aumento di espressione di miR-133b ha portato ad una down-regolazione del recettore di EGF e del pathway di EGFR relativo alla linea cellulare A549. La linea cellulare H1299 era meno sensibili al miR-133b up-regulation, probabilmente a causa dell'esistenza di possibili meccanismi di resistenza e/o di com-pensazione. La combinazione di miR-133b ed Erlotinib ha aumentato l'efficacia del trattamento solo nella linea cellulare A549. Nel complesso, questi risultati indicano che miR-133b potrebbe aumentare / ripristinare la sensibilità di Erlotinib in una frazione di pazienti.
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Background: sulla base delle evidenze emerse dalle rassegne sistematiche in materia (Johnstone, 1994; Cohen et al.,1998; Robson et al., 2012; Burke et al., 2006; Ricci et al., 2015) si è ipotizzato che la formazione alla salute e sicurezza sul lavoro sia maggiormente efficace quando non è presentata come obbligatoria e venga articolata su più livelli di apprendimento, attraverso metodologie adeguate per ogni livello, con docenti che abbiano caratteristiche corrispondenti allo specifico obiettivo di apprendimento e la cui durata sia parametrata all’obiettivo stesso. Obiettivo di questa ricerca è valutare se esista e quanto sia intensa la relazione causale tra la formazione alla sicurezza sul lavoro e i suoi effetti sul miglioramento delle conoscenze, degli atteggiamenti, dei comportamenti, degli esiti per la salute, del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione. Metodo: la variabile indipendente è costituita dell’intervento formativo erogato, articolato in tre condizioni: formazione obbligatoria, formazione non obbligatoria, gruppo di controllo: sono stati posti a confronto due interventi di pari durata (16 settimane, per 10h complessive), realizzati con identiche modalità (step1 audio-visivo; step2 affiancamento su lavoro da parte del preposto; step3 discussione di auto-casi), ma differenziati rispetto all’essere presentati uno come formazione obbligatoria, l’altro come non obbligatoria. I due gruppi sono anche stati confrontati con un gruppo di controllo per il quale la formazione è prevista successivamente. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al gruppo con obbligo formativo, senza obbligo formativo, di controllo. Sono stati presi come indicatori (variabili dipendenti) per valutare l’effetto della formazione: I livello – conoscenze: riconoscimento o produzione di un maggior numero di risposte corrette. II livello – atteggiamenti e credenze: maggiore propensione a mettere in atto comportamenti auto ed etero protettivi. III livello – comportamenti: comportamenti osservati più adeguati per la tutela della salute propria e altrui. IV livello – salute: maggior grado di benessere bio-psico-sociale auto-riferito. Le misure di esito consistono nella variazione tra la rilevazione iniziale e ogni rilevazione successiva, sulla base delle diverse misure registrate per ognuno dei quattro livelli dell’intervento formativo. Lo stesso confronto del tempo è stato realizzato per le misure del clima di sicurezza aziendale, del controllo comportamentale percepito dai lavoratori, delle condizioni operative e procedure interne, oltre l’eventuale effetto di moderazione determinato da caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti e dal gradimento della formazione, quest’ultimo misurato solo immediatamente al termine dell’intervento. Risultati: le condizioni di intervento non differiscono in termini di efficacia, la formazione determina infatti gli stessi risultati per i partecipanti del gruppo obbligo formativo e di quello non obbligo, con una significativa differenza post-intervento rispetto al gruppo di controllo. La formazione ha un effetto forte nel miglioramento delle conoscenze che solo parzialmente decade nel tempo, ma comunque mantenendo un livello maggiore rispetto ai valori iniziali. In relazione al miglioramento di atteggiamenti e comportamenti sicuri nel lavoro al Videoterminale, l’effetto della formazione è modesto: per gli atteggiamenti si registra solo un miglioramento verso l’applicazione delle procedure come utili realmente e non come mero adempimento, ma tale effetto decade entro quattro mesi riportando i partecipanti su valori iniziali; i comportamenti invece migliorano nel tempo, ma con deboli differenze tra partecipanti alla formazione e gruppo di controllo, tuttavia tale miglioramento non decade in seguito. Non si registrano invece effetti della formazione nella direzione attesa in termini di esiti per la salute, per il miglioramento del clima di sicurezza e come maggior controllo comportamentale percepito, non risultano nemmeno dati evidenti di moderazione degli effetti dovuti a caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti. Inoltre emerge che il gradimento per la formazione è correlato con migliori atteggiamenti (strumento audio-visivo), il miglioramento del clima di sicurezza e un maggior controllo comportamentale percepito (studio di auto-casi), ovvero gli step che hanno visto l’intervento di formatori qualificati. Infine, la formazione ha determinato migliori condizioni operative e l’adeguamento delle procedure interne. Conclusioni: la presente ricerca ci consente di affermare che la formazione erogata è stata efficace, oltre che molto gradita dai partecipanti, in particolare quando il formatore è qualificato per questa attività (step1 e 3). L’apprendimento prodotto è tanto più stabile nel tempo quanto più i contenuti sono in stretta relazione con l’esperienza lavorativa quotidiana dei partecipanti, mentre negli altri casi il decremento degli effetti è alquanto rapido, di conseguenza ribadiamo la necessità di erogare la formazione con continuità nel tempo. E’ risultato comunque modesto l’effetto della formazione per migliorare gli atteggiamenti e i comportamenti nel lavoro al VDT, ma, al di là di alcuni limiti metodologici, sono obiettivi ambiziosi che richiedono più tempo di quanto abbiamo potuto disporre in questa occasione e il cui conseguimento risente molto delle prassi reali adottate nel contesto lavorativo dopo il termine della formazione. Le evidenze finora prodotte non hanno poi chiarito in modo definitivo se attraverso la formazione si possano determinare effetti significativi nel miglioramento di esiti per la salute, anche eventualmente attraverso interventi di supporto individuale. Inoltre l’assenza di differenze significative negli effetti tra i partecipanti assegnati alla condizione di obbligo e quelli di non obbligo, eccezion fatta in direzione opposta alle attese per la misura del danno da lavoro, suggeriscono che nell’erogare la formazione, occorre sottolineare in misura molto rilevante l’importanza dell’intervento che viene realizzato, anche qualora esistesse una prescrizione normativa cogente. Infine, la ricerca ci ha fornito anche indicazioni metodologiche e misure valide che invitano ad estendere questa formazione, e la sua valutazione di efficacia, a diversi comparti economici e svariate mansioni. Nel fare questo è possibile fare riferimento, e testare nuovamente, un modello che indica la corretta percezione del rischio (conoscenza) come fattore necessario, ma non sufficiente per ottenere, con la mediazione di atteggiamenti favorevoli allo specifico comportamento, azioni sicure, attraverso le quali si rinforza l’atteggiamento e migliorano le conoscenze. La formazione, per raggiungere i propri obiettivi, deve tuttavia agire anche sui meccanismi di conformismo sociale favorevoli alla safety, questi originano da conoscenze e azioni sicure e reciprocamente le rinforzano.
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Clusterina (CLU) è una proteina ubiquitaria, presente nella maggior parte dei fluidi corporei e implicata in svariati processi fisiologici. Dalla sua scoperta fino ad oggi, CLU è risultata essere una proteina enigmatica, la cui funzione non è ancora stata compresa appieno. Il gene codifica per 3 varianti trascrizionali identificate nel database NCBI con i codici: NM_001831 (CLU 1 in questo lavoro di tesi), NR_038335 (CLU 2 in questo lavoro di tesi) e NR_045494 (CLU 3 in questo lavoro di tesi). Tutte le varianti sono trascritte come pre-mRNA contenenti 9 esoni e 8 introni e si differenziano per l’esone 1, la cui sequenza è unica e caratteristica di ogni variante. Sebbene in NCBI sia annotato che le varianti CLU 2 e CLU 3 non sono codificanti, tramite analisi bioinformatica è stato predetto che da tutti e tre i trascritti possono generarsi proteine di differente lunghezza e localizzazione cellulare. Tra tutte le forme proteiche ipotizzate, l’unica a essere stata isolata e sequenziata è quella tradotta dall’AUG presente sull’esone 2 che dà origine a una proteina di 449 aminoacidi. Il processo di maturazione prevede la formazione di un precursore citoplasmatico (psCLU) che subisce modificazioni post-traduzionali tra cui formazione di ponti disolfuro, glicosilazioni, taglio in due catene denominate β e α prima di essere secreta come eterodimero βα (sCLU) nell’ambiente extracellulare, dove esercita la sua funzione di chaperone ATP-indipendente. Oltre alla forma extracellulare, è possibile osservare una forma intracellulare con localizzazione citosolica la cui funzione non è stata ancora completamente chiarita. Questo lavoro di tesi si è prefissato lo scopo di incrementare le conoscenze in merito ai trascritti CLU 1 e CLU 2 e alla loro regolazione, oltre ad approfondire il ruolo della forma citosolica della proteina in relazione al signaling di NF-kB che svolge un ruolo importante nel processo di sviluppo e metastatizzazione del tumore. Nella prima parte, uno screening di differenti linee cellulari, quali cellule epiteliali di prostata e di mammella, sia normali sia tumorali, fibroblasti di origine polmonare e linfociti di tumore non-Hodgkin, ha permesso di caratterizzare i trascritti CLU 1 e CLU 2. Dall’analisi è emerso che la sequenza di CLU 1 è più corta al 5’ rispetto a quella depositata in NCBI con l’identificativo NM_001831 e il primo AUG disponibile per l’inizio della traduzione è localizzato sull’esone 2. È stato dimostrato che CLU 2, al contrario di quanto riportato in NCBI, è tradotto in proteina a partire dall’AUG presente sull’esone 2, allo stesso modo in cui viene tradotto CLU 1. Inoltre, è stato osservato che i livelli d’espressione dei trascritti variano notevolmente tra le diverse linee cellulari e nelle cellule epiteliali CLU 2 è espressa sempre a bassi livelli. In queste cellule, l’espressione di CLU 2 è silenziata per via epigenetica e la somministrazione di farmaci capaci di rendere la cromatina più accessibile, quali tricostatina A e 5-aza-2’-deossicitidina, è in grado di incrementarne l’espressione. Nella seconda parte, un’analisi bioinformatica seguita da saggi di attività in vitro in cellule epiteliali prostatiche trattate con farmaci epigenetici, hanno permesso di identificare, per la prima volta in uomo, una seconda regione regolatrice denominata P2, capace di controllare l’espressione di CLU 2. Rispetto a P1, il classico promotore di CLU già ampiamente studiato da altri gruppi di ricerca, P2 è un promotore debole, privo di TATA box, che nelle cellule epiteliali prostatiche è silente in condizioni basali e la cui attività incrementa in seguito alla somministrazione di farmaci epigenetici capaci di alterare le modificazioni post-traduzionali delle code istoniche nell’intorno di P2. Ne consegue un rilassamento della cromatina e un successivo aumento di trascrizione di CLU 2. La presenza di un’isola CpG differentemente metilata nell’intorno di P1 spiegherebbe, almeno in parte, i differenti livelli di espressione di CLU che si osservano tra le diverse linee cellulari. Nella terza parte, l’analisi del pathway di NF-kB in un modello sperimentale di tumore prostatico in cui CLU è stata silenziata o sovraespressa, ha permesso di capire come la forma citosolica di CLU abbia un ruolo inibitorio nei confronti dell’attività del fattore trascrizionale NF-kB. CLU inibisce la fosforilazione e l’attivazione di p65, il membro più rappresentativo della famiglia NF-kB, con conseguente riduzione della trascrizione di alcuni geni da esso regolati e coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare, quali l’urochinasi attivatrice del plasminogeno, la catepsina B e la metallo proteinasi 9. È stato dimostrato che tale inibizione non è dovuta a un’interazione fisica diretta tra CLU e p65, per cui si suppone che CLU interagisca con uno dei componenti più a monte della via di segnalazione responsabile della fosforilazione ed attivazione di p65.
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Obiettivi. Lo scopo di questo studio è di confrontare la mortalità e l’incidenza per tutte le cause, tutti i tumori, tumori specifici e per le cause non neoplastiche, in una coorte dei lavoratori impiegati nel cantiere navale di Monfalcone (GO) tra il 1974 e il 1994, con quella della popolazione generale della regione FVG e d’Italia. L’obiettivo è eseguire tali confronti considerando il livello di esposizione ad amianto, la durata di esposizione (in anni) precedente al 1985, il periodo di prima assunzione, quali principali indicatori di esposizione occupazionale ad asbesto. Obiettivo secondario è quello di contribuire alla conoscenza circa la correlazione tra esposizione ad asbesto e l’incidenza di tumori nelle principali sedi digestive. Metodi. Tramite metodo indiretto sono stati calcolati SIR (periodo 1995-2009) e SMR (periodo 1995-2012) per tumore maligno della pleura, tumore di trachea bronchi e polmone, per tutti i tumori e per malattie non neoplastiche. È stato condotto uno studio caso- controllo nested per la stima degli gli ORs rispettivamente per tumore maligno della pleura e del polmone. Sono stati applicati modelli di Poisson per la stima degli IRRs riguardanti le principali sedi digestive, utilizzando quali variabili esplicative: a) il rischio di esposizione ad asbesto legato alla mansione e b) il numero di anni di esposizione precedenti al 1985. Risultati. Nell’intera coorte (5582 uomini) gli SMR indicavano un eccesso di mortalità per tumore maligno della pleura incrementato rispettivamente di circa 7 volte (SMR= 7,03; IC95% 5,61-8,79) e di poco più di 14 volte (SMR= 14,20; IC95% 11,33-17,75) rispettivamente quando il confronto è stato fatto con la popolazione standard del FVG e dell’Italia. L’aumento della mortalità per tumore maligno della pleura risulta fortemente aumentato in tutte le stratificazioni. Gli SMR per il tumore di trachea, bronchi e polmone sono risultati essere prossimi all'unità quando le analisi sono state eseguite nell’intera coorte, mentre risultano aumentati in modo significativo rispetto alla popolazione generale quando calcolati nei soggetti a rischio medio e assunti presso i cantieri navali di Monfalcone prima del 1974 (SMR= 1,38 95%CI 1,00-1,85) e nei soggetti classificati a rischio medio e assunti nel periodo 1985-1994 (SMR= 4,88 95%CI 1,00-14,25). Analogamente, nell’intera coorte, i SIR per tumore maligno della pleura calcolati nell’intera coorte erano aumentati di oltre 7 volte (SIR= 7,65; IC95% 6,19-9,49), mentre l’incidenza del tumore di trachea bronchi e polmone non vede incrementi rispetto alla popolazione di riferimento. Coloro che hanno avuto una durata di esposizione maggiore di 30 anni prima del 1985 dimostrano un aumento dell’incidenza di tumore di trachea, bronchi e polmone (SIR=1,34 IC95% 1,00-1,77), statisticamente significativo, così come per coloro che son stati classificati a rischio medio di esposizione e assunti precedentemente al 1974 (SIR=1,46 IC95% 1,06-1,95) e per coloro che sono stati classificati ad alto rischio e assunti nel periodo 1985-1994 (SIR=5,68 IC95% 1,17-16,60). Nell’intera coorte si registra un significativo aumento di incidenza di tumore dello stomaco in coloro classificati a alto rischio (SIR= 1,47 IC95% 1,05-2,00), mentre l’incidenza di tumore del pancreas vede un incremento dell’incidenza in coloro classificati a medio rischio di esposizione ad asbesto (SIR= 2,21 IC95% 1,21-3,72). Il sottogruppo le cui informazioni risultavano mancanti mostrano un incremento del SIR, borderline ma non significativo, per tumore del colon-retto (SIR= 1,29 IC95% 0,94-1,73). Emerge un significativo aumento dell’incidenza del tumore dello stomaco in coloro con un periodo di esposizione precedente al 1985 compreso tra 10 e 20 anni (SIR= 1,71 IC95% 1,12-2,49). Anche i SIR per il tumore del pancreas vedono un incremento statisticamente significativo in coloro che hanno una durata di esposizione precedente al 1985 inferiore a 10 anni e maggiore di 30: rispettivamente i SIR sono stati di 2,23 (IC95% 1,07-4,10) e 2,57 (IC95% 1,53-4,07). I risultati relativi ai confronti interni non mostrano significatività statistica. Conclusioni. I risultati indicano che nella coorte degli uomini ex- lavoratori dei cantieri navali di Monfalcone vi era un incremento forte e statisticamente significativo della mortalità e dell’incidenza di tumore maligno della pleura rispetto sia alla popolazione generale del FVG sia a quella dell’Italia. Eccessi di mortalità ed incidenza sono stati rilevati talvolta anche per il tumore di trachea, bronchi e polmone, quando le analisi sono state condotte stratificando la coorte in gruppi omogenei di rischio. Il più elevato eccesso rispetto all’atteso sia della mortalità per tumore maligno della pleura e del tumore del polmone, che dell’incidenza, si osservava nei lavoratori con mansioni a rischio medio, seguito dal gruppo con mansioni a rischio elevato. I Risultati riguardanti l’incidenza dei tumori delle principali sedi digestive ha visto nell’intera coorte un aumento significativo dei SIR per tumore dello stomaco e del pancreas, anche quando condotti per sottogruppi. Tuttavia le stime relative agli outcome diversi dal tumore maligno della pleura e del tumore del polmone devono essere interpretate con cautela. Le associazioni positive riscontrate tramite confronti interni non presentano significatività statistica.
Resumo:
Riassunto La spettrometria di massa (MS) nata negli anni ’70 trova oggi, grazie alla tecnologia Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Flight (MALDI-TOF), importanti applicazioni in diversi settori: biotecnologico (per la caratterizzazione ed il controllo di qualità di proteine ricombinanti ed altre macromolecole), medico–clinico (per la diagnosi di laboratorio di malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici mirati), alimentare ed ambientale. Negli ultimi anni, questa tecnologia è diventata un potente strumento anche per la diagnosi di laboratorio in microbiologia clinica, rivoluzionando il flusso di lavoro per una rapida identificazione di batteri e funghi, sostituendo l’identificazione fenotipica convenzionale basata su saggi biochimici. Attualmente mediante MALDI-TOF MS sono possibili due diversi approcci per la caratterizzazione dei microrganismi: (1) confronto degli spettri (“mass spectra”) con banche dati contenenti profili di riferimento (“database fingerprints”) e (2) “matching” di bio-marcatori con banche dati proteomiche (“proteome database”). Recentemente, la tecnologia MALDI-TOF, oltre alla sua applicazione classica nell’identificazione di microrganismi, è stata utilizzata per individuare, indirettamente, meccanismi di resistenza agli antibiotici. Primo scopo di questo studio è stato verificare e dimostrare l’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF MS mediante approccio di comparazione degli spettri di differenti microrganismi di interesse medico per i quali l’identificazione risultava impossibile a causa della completa assenza o presenza limitata, di spettri di riferimento all’interno della banca dati commerciale associata allo strumento. In particolare, tale scopo è stato raggiunto per i batteri appartenenti a spirochete del genere Borrelia e Leptospira, a miceti filamentosi (dermatofiti) e protozoi (Trichomonas vaginalis). Secondo scopo di questo studio è stato valutare il secondo approccio identificativo basato sulla ricerca di specifici marcatori per differenziare parassiti intestinali di interesse medico per i quali non è disponibile una banca dati commerciale di riferimento e la sua creazione risulterebbe particolarmente difficile e complessa, a causa della complessità del materiale biologico di partenza analizzato e del terreno di coltura nei quali questi protozoi sono isolati. Terzo ed ultimo scopo di questo studio è stata la valutazione dell’applicabilità della spettrometria di massa con tecnologia MALDI-TOF per lo studio delle resistenze batteriche ai carbapenemi. In particolare, è stato messo a punto un saggio di idrolisi dei carbapenemi rilevata mediante MALDI-TOF MS in grado di determinare indirettamente la produzione di carbapenemasi in Enterobacteriaceae. L’efficacia identificativa della metodica MALDI-TOF mediante l’approccio di comparazione degli spettri è stata dimostrata in primo luogo per batteri appartenenti al genere Borrelia. La banca dati commerciale dello strumento MALDI-TOF MS in uso presso il nostro laboratorio includeva solo 3 spettri di riferimento appartenenti alle specie B. burgdorferi ss, B. spielmani e B. garinii. L’implementazione del “database” con specie diverse da quelle già presenti ha permesso di colmare le lacune identificative dovute alla mancanza di spettri di riferimento di alcune tra le specie di Borrelia più diffuse in Europa (B. afzelii) e nel mondo (come ad esempio B. hermsii, e B. japonica). Inoltre l’implementazione con spettri derivanti da ceppi di riferimento di specie già presenti nel “database” ha ulteriormente migliorato l’efficacia identificativa del sistema. Come atteso, il ceppo di isolamento clinico di B. lusitaniae (specie non presente nel “database”) è stato identificato solo a livello di genere corroborando, grazie all’assenza di mis-identificazione, la robustezza della “nuova” banca dati. I risultati ottenuti analizzando i profili proteici di ceppi di Borrelia spp. di isolamento clinico, dopo integrazione del “database” commerciale, indicano che la tecnologia MALDI-TOF potrebbe essere utilizzata come rapida, economica ed affidabile alternativa ai metodi attualmente utilizzati per identificare ceppi appartenenti a questo genere. Analogamente, per il genere Leptospira dopo la creazione ex-novo della banca dati “home-made”, costruita con i 20 spettri derivati dai 20 ceppi di riferimento utilizzati, è stata ottenuta una corretta identificazione a livello di specie degli stessi ceppi ri-analizzati in un esperimento indipendente condotto in doppio cieco. Il dendrogramma costruito con i 20 MSP-Spectra implementati nella banca dati è formato da due rami principali: il primo formato dalla specie non patogena L. biflexa e dalla specie a patogenicità intermedia L. fainei ed il secondo che raggruppa insieme le specie patogene L. interrogans, L. kirschneri, L. noguchii e L. borgpetersenii. Il secondo gruppo è ulteriormente suddiviso in due rami, contenenti rispettivamente L. borgpetersenii in uno e L. interrogans, L. kirschneri e L. noguchii nell’altro. Quest’ultimo, a sua volta, è suddiviso in due rami ulteriori: il primo comprendente la sola specie L. noguchii, il secondo le specie L. interrogans e L. kirshneri non separabili tra loro. Inoltre, il dendrogramma costruito con gli MSP-Spectra dei ceppi appartenenti ai generi Borrelia e Leptospira acquisiti in questo studio, e appartenenti al genere Brachyspira (implementati in un lavoro precedentemente condotto) mostra tre gruppi principali separati tra loro, uno per ogni genere, escludendo possibili mis-identificazioni tra i 3 differenti generi di spirochete. Un’analisi più approfondita dei profili proteici ottenuti dall’analisi ha mostrato piccole differenze per ceppi della stessa specie probabilmente dovute ai diversi pattern proteici dei distinti sierotipi, come confermato dalla successiva analisi statistica, che ha evidenziato picchi sierotipo-specifici. È stato, infatti, possibile mediante la creazione di un modello statistico dedicato ottenere un “pattern” di picchi discriminanti in grado di differenziare a livello di sierotipo sia i ceppi di L. interrogans sia i ceppi di L. borgpetersenii saggiati, rispettivamente. Tuttavia, non possiamo concludere che i picchi discriminanti da noi riportati siano universalmente in grado di identificare il sierotipo dei ceppi di L. interrogans ed L. borgpetersenii; i picchi trovati, infatti, sono il risultato di un’analisi condotta su uno specifico pannello di sierotipi. È stato quindi dimostrato che attuando piccoli cambiamenti nei parametri standardizzati come l’utilizzo di un modello statistico e di un programma dedicato applicato nella routine diagnostica è possibile utilizzare la spettrometria di massa MALDI-TOF per una rapida ed economica identificazione anche a livello di sierotipo. Questo può significativamente migliorare gli approcci correntemente utilizzati per monitorare l’insorgenza di focolai epidemici e per la sorveglianza degli agenti patogeni. Analogamente a quanto dimostrato per Borrelia e Leptospira, l’implementazione della banca dati dello spettrometro di massa con spettri di riferimento di miceti filamentosi (dermatofiti) si è rilevata di particolare importanza non solo per l’identificazione di tutte le specie circolanti nella nostra area ma anche per l’identificazione di specie la cui frequenza nel nostro Paese è in aumento a causa dei flussi migratori dalla zone endemiche (M. audouinii, T. violaceum e T. sudanense). Inoltre, l’aggiornamento del “database” ha consentito di superare la mis-identificazione dei ceppi appartenenti al complesso T. mentagrophytes (T. interdigitale e T. mentagrophytes) con T. tonsurans, riscontrata prima dell’implementazione della banca dati commerciale. Il dendrogramma ottenuto dai 24 spettri implementati appartenenti a 13 specie di dermatofiti ha rivelato raggruppamenti che riflettono quelli costruiti su base filogenetica. Sulla base dei risultati ottenuti mediante sequenziamento della porzione della regione ITS del genoma fungino non è stato possibile distinguere T. interdigitale e T. mentagrophytes, conseguentemente anche gli spettri di queste due specie presentavano picchi dello stesso peso molecoalre. Da sottolineare che il dendrogramma costruito con i 12 profili proteici già inclusi nel database commerciale e con i 24 inseriti nel nuovo database non riproduce l’albero filogenetico per alcune specie del genere Tricophyton: gli spettri MSP già presenti nel database e quelli aggiunti delle specie T. interdigitale e T. mentagrophytes raggruppano separatamente. Questo potrebbe spiegare le mis-identificazioni di T. interdigitale e T. mentagrophytes con T. tonsurans ottenute prima dell’implementazione del database. L’efficacia del sistema identificativo MALDI-TOF è stata anche dimostrata per microrganismi diversi da batteri e funghi per i quali la metodica originale è stata sviluppata. Sebbene tale sistema identificativo sia stato applicato con successo a Trichomonas vaginalis è stato necessario apportare modifiche nei parametri standard previsti per l’identificazione di batteri e funghi. Le interferenze riscontrate tra i profili proteici ottenuti per i due terreni utilizzati per la coltura di questo protozoo e per i ceppi di T. vaginalis hanno, infatti, reso necessario l’utilizzo di nuovi parametri per la creazione degli spettri di riferimento (MSP-Spectra). L’importanza dello sviluppo del nuovo metodo risiede nel fatto che è possibile identificare sulla base del profilo proteico (e non sulla base di singoli marcatori) microorganismi cresciuti su terreni complessi che potrebbero presentare picchi nell'intervallo di peso molecolare utilizzato a scopo identificativo: metaboliti, pigmenti e nutrienti presenti nel terreno possono interferire con il processo di cristallizzazione e portare ad un basso punteggio identificativo. Per T. vaginalis, in particolare, la “sottrazione” di picchi dovuti a molecole riconducibili al terreno di crescita utilizzato, è stata ottenuta escludendo dall'identificazione l'intervallo di peso molecolare compreso tra 3-6 kDa, permettendo la corretta identificazione di ceppi di isolamento clinico sulla base del profilo proteico. Tuttavia, l’elevata concentrazione di parassita richiesta (105 trofozoiti/ml) per una corretta identificazione, difficilmente ottenibile in vivo, ha impedito l’identificazione di ceppi di T. vaginalis direttamente in campioni clinici. L’approccio identificativo mediante individuazione di specifici marcatori proteici (secondo approccio identificativo) è stato provato ed adottato in questo studio per l’identificazione e la differenziazione di ceppi di Entamoeba histolytica (ameba patogena) ed Entamoeba dispar (ameba non patogena), specie morfologiacamente identiche e distinguibili solo mediante saggi molecolari (PCR) aventi come bersaglio il DNA-18S, che codifica per l’RNA della subunità ribosomiale minore. Lo sviluppo di tale applicazione ha consentito di superare l’impossibilità della creazione di una banca dati dedicata, a causa della complessità del materiale fecale di partenza e del terreno di coltura impiagato per l’isolamento, e di identificare 5 picchi proteici in grado di differenziare E. histolytica da E. dispar. In particolare, l’analisi statistica ha mostrato 2 picchi specifici per E. histolytica e 3 picchi specifici per E. dispar. L’assenza dei 5 picchi discriminanti trovati per E. histolytica e E. dispar nei profili dei 3 differenti terreni di coltura utilizzati in questo studio (terreno axenico LYI-S-2 e terreno di Robinson con e senza E. coli) permettono di considerare questi picchi buoni marcatori in grado di differenziare le due specie. La corrispondenza dei picchi con il PM di due specifiche proteine di E. histolytica depositate in letteratura (Amoebapore A e un “unknown putative protein” di E. histolytica ceppo di riferimento HM-1:IMSS-A) conferma la specificità dei picchi di E. histolytica identificati mediante analisi MALDI-TOF MS. Lo stesso riscontro non è stato possibile per i picchi di E. dispar in quanto nessuna proteina del PM di interesse è presente in GenBank. Tuttavia, va ricordato che non tutte le proteine E. dispar sono state ad oggi caratterizzate e depositate in letteratura. I 5 marcatori hanno permesso di differenziare 12 dei 13 ceppi isolati da campioni di feci e cresciuti in terreno di Robinson confermando i risultati ottenuti mediante saggio di Real-Time PCR. Per un solo ceppo di isolamento clinico di E. histolytica l’identificazione, confermata mediante sequenziamento della porzione 18S-rDNA, non è stata ottenuta mediante sistema MALDI-TOF MS in quanto non sono stati trovati né i picchi corrispondenti a E. histolytica né i picchi corrispondenti a E. dispar. Per questo ceppo è possibile ipotizzare la presenza di mutazioni geno/fenotipiche a livello delle proteine individuate come marcatori specifici per E. histolytica. Per confermare questa ipotesi sarebbe necessario analizzare un numero maggiore di ceppi di isolamento clinico con analogo profilo proteico. L’analisi condotta a diversi tempi di incubazione del campione di feci positivo per E. histolytica ed E. dipar ha mostrato il ritrovamento dei 5 picchi discriminanti solo dopo 12 ore dall’inoculo del campione nel terreno iniziale di Robinson. Questo risultato suggerisce la possibile applicazione del sistema MALDI-TOF MS per identificare ceppi di isolamento clinico di E. histolytica ed E. dipar nonostante la presenza di materiale fecale che materialmente può disturbare e rendere difficile l’interpretazione dello spettro ottenuto mediante analisi MALDI-TOF MS. Infine in questo studio è stata valutata l’applicabilità della tecnologia MALDI-TOF MS come saggio fenotipico rapido per la determinazione di ceppi produttori di carbapenemasi, verificando l'avvenuta idrolisi del meropenem (carbapeneme di riferimento utilizzato in questo studio) a contatto con i ceppi di riferimento e ceppi di isolamento clinico potenzialmente produttori di carbapenemasi dopo la messa a punto di un protocollo analitico dedicato. Il saggio di idrolisi del meropenem mediante MALDI-TOF MS ha dimostrato la presenza o l’assenza indiretta di carbapenemasi nei 3 ceppi di riferimento e nei 1219 (1185 Enterobacteriaceae e 34 non-Enterobacteriaceae) ceppi di isolamento clinico inclusi nello studio. Nessuna interferenza è stata riscontrata per i ceppi di Enterobacteriaceae variamente resistenti ai tre carbapenemi ma risultati non produttori di carbapenemasi mediante i saggi fenotipici comunemente impiegati nella diagnostica routinaria di laboratorio: nessuna idrolisi del farmaco è stata infatti osservata al saggio di idrolisi mediante MALDI-TOF MS. In un solo caso (ceppo di K. pneumoniae N°1135) è stato ottenuto un profilo anomalo in quanto presenti sia i picchi del farmaco intatto che quelli del farmaco idrolizzato. Per questo ceppo resistente ai tre carbapenemi saggiati, negativo ai saggi fenotipici per la presenza di carbapenemasi, è stata dimostrata la presenza del gene blaKPC mediante Real-Time PCR. Per questo ceppo si può ipotizzare la presenza di mutazioni a carico del gene blaKPC che sebbene non interferiscano con il suo rilevamento mediante PCR (Real-Time PCR positiva), potrebbero condizionare l’attività della proteina prodotta (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia negativi) riducendone la funzionalità come dimostrato, mediante analisi MALDI-TOF MS, dalla presenza dei picchi relativi sia all’idrolisi del farmaco sia dei picchi relativi al farmaco intatto. Questa ipotesi dovrebbe essere confermata mediante sequenziamento del gene blaKPC e successiva analisi strutturale della sequenza amminoacidica deducibile. L’utilizzo della tecnologia MALDI-TOF MS per la verifica dell’avvenuta idrolisi del maropenem è risultato un saggio fenotipico indiretto in grado di distinguere, al pari del test di Hodge modificato impiegato comunemente nella routine diagnostica in microbiologia, un ceppo produttore di carbapenemasi da un ceppo non produttore sia per scopi diagnostici che per la sorveglianza epidemiologica. L’impiego del MALDI-TOF MS ha mostrato, infatti, diversi vantaggi rispetto ai metodi convenzionali (Saggio di Hodge modificato e Test di Sinergia) impiegati nella routine diagnostica di laboratorio i quali richiedono personale esperto per l’interpretazione del risultato e lunghi tempi di esecuzione e di conseguenza di refertazione. La semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questa tecnica un metodo accurato e rapido. Inoltre, il metodo risulta conveniente dal punto di vista economico, con un costo totale stimato di 1,00 euro per ceppo analizzato. Tutte queste considerazioni pongono questa metodologia in posizione centrale in ambito microbiologico anche nel caso del rilevamento di ceppi produttori di carbapenemasi. Indipendentemente dall’approccio identificativo utilizzato, comparato con i metodi convenzionali il MALDI-TOF MS conferisce in molti casi un guadagno in termini di tempo di lavoro tecnico (procedura pre-analititca per la preparazione dei campioni) e di tempo di ottenimento dei risultati (procedura analitica automatizzata). Questo risparmio di tempo si accentua quando sono analizzati in contemporanea un maggior numero di isolati. Inoltre, la semplicità e la facilità richieste per la preparazione dei campioni e l’immediata acquisizione dei dati rendono questo un metodo di identificazione accurato e rapido risultando più conveniente anche dal punto di vista economico, con un costo totale di 0,50 euro (materiale consumabile) per ceppo analizzato. I risultati ottenuti dimostrano che la spettrometria di massa MALDI-TOF sta diventando uno strumento importante in microbiologia clinica e sperimentale, data l’elevata efficacia identificativa, grazie alla disponibilità sia di nuove banche dati commerciali sia di aggiornamenti delle stesse da parte di diversi utenti, e la possibilità di rilevare con successo anche se in modo indiretto le antibiotico-resistenze.
Resumo:
L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione