359 resultados para comunista


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O escritor Dalcídio Jurandir (1909-1979) teve uma longa e profícua produção literária, da qual resultou em dez romances de ambientação amazônica e um – Linha do Parque –de orientação comunista. Entretanto, seu contato com o universo letrado não se restringiu a sua criação ficcional, o escritor exerceu intensa atividade na imprensa de modo geral e na imprensa comunista de modo particular. Essa última, em razão de seu envolvimento com o Partido Comunista Brasileiro (PCB), o qual foi substancial para a fundamentação do pensamento dalcidiano, tanto no que se refere ao modo enxergar a realidade e o seu funcionamento, quanto ao direcionamento da sua criação artística. Dois importantes periódicos para os quais Dalcídio colaborou nas cidades em que residiu foram O Estado do Pará e Diretrizes, ambos de orientações políticas esquerdistas, embora não organicamente ligados ao PCB. Nesses dois periódicos, é possível termos contanto com outra face do romancista, que além de compor seus romances, aventurou-se pelo caminho das crônicas. Dessa forma, objetivamos, com este trabalho, fazer um estudo dessas crônicas, nos dois jornais, entre os anos de 1937 a 1944, a fim de divulgar esses textos cronísticos do escritor marajoara e de compreender como ele se comportou na criação de outro gênero literário.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Il progetto di tesi dottorale qui presentato intende proporsi come il proseguimento e l’approfondimento del progetto di ricerca - svoltosi tra il e il 2006 e il 2008 grazie alla collaborazione tra l’Università di Bologna, la Cineteca del Comune e dalla Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna - dal titolo Analisi e catalogazione dell’Archivio audiovisivo del PCI dell’Emilia-Romagna di proprietà dell’Istituto Gramsci. La ricerca ha indagato la menzionata collezione che costituiva, in un arco temporale che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, una sorta di cineteca interna alla Federazione del Partito Comunista Italiano di Bologna, gestita da un gruppo di volontari denominato “Gruppo Audiovisivi della Federazione del PCI”. Il fondo, entrato in possesso dell’Istituto Gramsci nel 1993, è composto, oltre che da documenti cartacei, anche e sopratutto da un nutrito numero di film e documentari in grado di raccontare sia la storia dell’associazione (in particolare, delle sue relazioni con le sezioni e i circoli della regione) sia, in una prospettiva più ampia, di ricostruire il particolare rapporto che la sede centrale del partito intratteneva con una delle sue cellule regionali più importanti e rappresentative. Il lavoro svolto sul fondo Gramsci ha suscitato una serie di riflessioni che hanno costituito la base per il progetto della ricerca presentata in queste pagine: prima fra tutte, l’idea di realizzare un censimento, da effettuarsi su base regionale, per verificare quali e quanti audiovisivi di propaganda comunista fossero ancora conservati sul territorio. La ricerca, i cui esiti sono consultabili nell’appendice di questo scritto, si è concentrata prevalentemente sugli archivi e sui principali istituti di ricerca dell’Emilia-Romagna: sono questi i luoghi in cui, di fatto, le federazioni e le sezioni del PCI depositarono (o alle quali donarono) le proprie realizzazioni o le proprie collezioni audiovisive al momento della loro chiusura. Il risultato dell’indagine è un nutrito gruppo di film e documentari, registrati sui supporti più diversi e dalle provenienze più disparate: produzioni locali, regionali, nazionali (inviati dalla sede centrale del partito e dalle istituzioni addette alla propaganda), si mescolano a pellicole provenienti dall’estero - testimoni della rete di contatti, in particolare con i paesi comunisti, che il PCI aveva intessuto nel tempo - e a documenti realizzati all’interno dell’articolato contesto associazionistico italiano, composto sia da organizzazioni nazionali ben strutturate sul territorio 8 sia da entità più sporadiche, nate sull’onda di particolari avvenimenti di natura politica e sociale (per esempio i movimenti giovanili e studenteschi sorti durante il ’68). L’incontro con questa tipologia di documenti - così ricchi di informazioni differenti e capaci, per loro stessa natura, di offrire stimoli e spunti di ricerca assolutamente variegati - ha fatto sorgere una serie di domande di diversa natura, che fanno riferimento non solo all’audiovisivo in quanto tale (inteso in termini di contenuti, modalità espressive e narrative, contesto di produzione) ma anche e soprattutto alla natura e alle potenzialità dell’oggetto indagato, concepito in questo caso come una fonte. In altri termini, la raccolta e la catalogazione del materiale, insieme alle ricerche volte a ricostruirne le modalità produttive, gli argomenti, i tratti ricorrenti nell’ambito della comunicazione propagandistica, ha dato adito a una riflessione di carattere più generale, che guarda al rapporto tra mezzo cinematografico e storiografia e, più in dettaglio, all’utilizzo dell’immagine filmica come fonte per la ricerca. Il tutto inserito nel contesto della nostra epoca e, più in particolare, delle possibilità offerte dai mezzi di comunicazione contemporanei. Di fatti, il percorso di riflessione compiuto in queste pagine intende concludersi con una disamina del rapporto tra cinema e storia alla luce delle novità introdotte dalla tecnologia moderna, basata sui concetti chiave di riuso e di intermedialità. Processi di integrazione e rielaborazione mediale capaci di fornire nuove potenzialità anche ai documenti audiovisivi oggetto dei questa analisi: sia per ciò che riguarda il loro utilizzo come fonte storica, sia per quanto concerne un loro impiego nella didattica e nell’insegnamento - nel rispetto della necessaria interdisciplinarietà richiesta nell’utilizzo di questi documenti - all’interno di una più generale rivoluzione mediale che mette in discussione anche il classico concetto di “archivio”, di “fonte” e di “documento”. Nel tentativo di bilanciare i differenti aspetti che questa ricerca intende prendere in esame, la struttura del volume è stata pensata, in termini generali, come ad un percorso suddiviso in tre tappe: la prima, che guarda al passato, quando gli audiovisivi oggetto della ricerca vennero prodotti e distribuiti; una seconda sezione, che fa riferimento all’oggi, momento della riflessione e dell’analisi; per concludere in una terza area, dedicata alla disamina delle potenzialità di questi documenti alla luce delle nuove tecnologie multimediali. Un viaggio che è anche il percorso “ideale” condotto dal ricercatore: dalla scoperta all’analisi, fino alla rimessa in circolo (anche sotto un’altra forma) degli oggetti indagati, all’interno di un altrettanto ideale universo culturale capace di valorizzare qualsiasi tipo di fonte e documento. All’interno di questa struttura generale, la ricerca è stata compiuta cercando di conciliare diversi piani d’analisi, necessari per un adeguato studio dei documenti rintracciati i quali, come si è detto, si presentano estremamente articolati e sfaccettati. 9 Dal punto di vista dei contenuti, infatti, il corpus documentale presenta praticamente tutta la storia italiana del tentennio considerato: non solo storia del Partito Comunista e delle sue campagne di propaganda, ma anche storia sociale, culturale ed economica, in un percorso di crescita e di evoluzione che, dagli anni Cinquanta, portò la nazione ad assumere lo status di paese moderno. In secondo luogo, questi documenti audiovisivi sono prodotti di propaganda realizzati da un partito politico con il preciso scopo di convincere e coinvolgere le masse (degli iscritti e non). Osservarne le modalità produttive, il contesto di realizzazione e le dinamiche culturali interne alla compagine oggetto della ricerca assume un valore centrale per comprendere al meglio la natura dei documenti stessi. I quali, in ultima istanza, sono anche e soprattutto dei film, realizzati in un preciso contesto storico, che è anche storia della settima arte: più in particolare, di quella cinematografia che si propone come “alternativa” al circuito commerciale, strettamente collegata a quella “cultura di sinistra” sulla quale il PCI (almeno fino alla fine degli anni Sessanta) poté godere di un dominio incontrastato. Nel tentativo di condurre una ricerca che tenesse conto di questi differenti aspetti, il lavoro è stato suddiviso in tre sezioni distinte. La prima (che comprende i capitoli 1 e 2) sarà interamente dedicata alla ricostruzione del panorama storico all’interno del quale questi audiovisivi nacquero e vennero distribuiti. Una ricostruzione che intende osservare, in parallelo, i principali eventi della storia nazionale (siano essi di natura politica, sociale ed economica), la storia interna del Partito Comunista e, non da ultimo, la storia della cinematografia nazionale (interna ed esterna al partito). Questo non solo per fornire il contesto adeguato all’interno del quale inserire i documenti osservati, ma anche per spiegarne i contenuti: questi audiovisivi, infatti, non solo sono testimoni degli eventi salienti della storia politica nazionale, ma raccontano anche delle crisi e dei “boom” economici; della vita quotidiana della popolazione e dei suoi problemi, dell’emigrazione, della sanità e della speculazione edilizia; delle rivendicazioni sociali, del movimento delle donne, delle lotte dei giovani sessantottini. C’è, all’interno di questi materiali, tutta la storia del paese, che è contesto di produzione ma anche soggetto del racconto. Un racconto che, una volta spiegato nei contenuti, va indagato nella forma. In questo senso, il terzo capitolo di questo scritto si concentrerà sul concetto di “propaganda” e nella sua verifica pratica attraverso l’analisi dei documenti reperiti. Si cercherà quindi di realizzare una mappatura dei temi portanti della comunicazione politica comunista osservata nel suo evolversi e, in secondo luogo, di analizzare come questi stessi temi-chiave vengano di volta in volta declinati e 10 rappresentati tramite le immagini in movimento. L’alterità positiva del partito - concetto cardine che rappresenta il nucleo ideologico fondante la struttura stessa del Partito Comunista Italiano - verrà quindi osservato nelle sue variegate forme di rappresentazione, nel suo incarnare, di volta in volta, a seconda dei temi e degli argomenti rilevanti, la possibilità della pace; il buongoverno; la verità (contro la menzogna democristiana); la libertà (contro il bigottismo cattolico); la possibilità di un generale cambiamento. La realizzazione di alcuni percorsi d’analisi tra le pellicole reperite presso gli archivi della regione viene proposto, in questa sede, come l’ideale conclusione di un excursus storico che, all’interno dei capitoli precedenti, ha preso in considerazione la storia della cinematografia nazionale (in particolare del contesto produttivo alternativo a quello commerciale) e, in parallelo, l’analisi della produzione audiovisiva interna al PCI, dove si sono voluti osservare non solo gli enti e le istituzioni che internamente al partito si occupavano della cultura e della propaganda - in una distinzione terminologica non solo formale - ma anche le reti di relazioni e i contatti con il contesto cinematografico di cui si è detto. L’intenzione è duplice: da un lato, per inserire la storia del PCI e dei suoi prodotti di propaganda in un contesto socio-culturale reale, senza considerare queste produzioni - così come la vita stessa del partito - come avulsa da una realtà con la quale necessariamente entrava in contatto; in secondo luogo, per portare avanti un altro tipo di discorso, di carattere più speculativo, esplicitato all’interno del quarto capitolo. Ciò che si è voluto indagare, di fatto, non è solo la natura e i contenti di questi documenti audiovisivi, ma anche il loro ruolo nel sistema di comunicazione e di propaganda di partito, dove quest’ultima è identificata come il punto di contatto tra l’intellighenzia comunista (la cultura alta, legittima) e la cultura popolare (in termini gramsciani, subalterna). Il PCI, in questi termini, viene osservato come un microcosmo in grado di ripropone su scala ridotta le dinamiche e le problematiche tipiche della società moderna. L’analisi della storia della sua relazione con la società (cfr. capitolo 2) viene qui letta alla luce di alcune delle principali teorie della storia del consumi e delle interpretazioni circa l’avvento della società di massa. Lo scopo ultimo è quello di verificare se, con l’affermazione dell’industria culturale moderna si sia effettivamente verificata la rottura delle tradizionali divisioni di classe, della classica distinzione tra cultura alta e bassa, se esiste realmente una zona intermedia - nel caso del partito, identificata nella propaganda - in cui si attui concretamente questo rimescolamento, in cui si realizzi realmente la nascita di una “terza cultura” effettivamente nuova e dal carattere comunitario. Il quinto e ultimo capitolo di questo scritto fa invece riferimento a un altro ordine di problemi e argomenti, di cui in parte si è già detto. La ricerca, in questo caso, si è indirizzata verso una 11 riflessione circa l’oggetto stesso dello studio: l’audiovisivo come fonte. La rassegna delle diverse problematiche scaturite dal rapporto tra cinema e storia è corredata dall’analisi delle principali teorie che hanno permesso l’evoluzione di questa relazione, evidenziando di volta in volta le diverse potenzialità che essa può esprimere le sue possibilità d’impiego all’interno di ambiti di ricerca differenti. Il capitolo si completa con una panoramica circa le attuali possibilità di impiego e di riuso di queste fonti: la rassegna e l’analisi dei portali on-line aperti dai principali archivi storici nazionali (e la relativa messa a disposizione dei documenti); il progetto per la creazione di un “museo multimediale del lavoro” e, a seguire, il progetto didattico dei Learning Objects intendono fornire degli spunti per un futuro, possibile utilizzo di questi documenti audiovisivi, di cui questo scritto ha voluto porre in rilievo il valore e le numerose potenzialità.

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La ricerca analizza la forma di Stato e di Governo e si focalizza nel ruolo importante del Capo dello Stato in funzione alla separazione dei poteri e consolidamento della democrazia in una Repubblica Parlamentare. Questa ricerca comparativa analizza l’evoluzione della forma di governo in Italia e Albania. La ricerca analizza nei dettagli l’evoluzione della forma di Governo, focalizzandosi all’istituzione del Capo dello Stato in Albania dall’indipendenza (1912), evidenziando il ruolo dell’Italia in quest’evoluzione. In maniera comparativa si analizza l’evoluzione dell’istituzione del Capo dello Stato in Italia fin dalla sua unita e gli altri sviluppi i quali servirono come modello per l’Albania, evidenziano l’influenza a livello internazionale che ebbe l’Italia per l’indipendenza dell’Albania, che portò al consolidamento dei loro rapporti. Questa ricerca analizza la collaborazione di questi due Stati la quale culmino con la loro Unione Personale identificandosi nello stesso Capo di Stato. La ricerca inoltre evidenzia che come questa fase sia stata superata dalla II Guerra Mondiale e la Guerra Fredda che vide questi Stati a sviluppare diverse forme di Governo. Per di più la ricerca evidenzia la trasformazione politico-istituzionale e il processo di cambiamento dell’Albania dopo la caduta del muro di Berlino che segno la fine del sistema comunista, che vide l’Albania ad adottare il modello Italiano per il Capo dello Stato.

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La ricerca si propone di mostrare come il pensiero gramsciano sia stato riferimento prioritario di due intellettuali argentini in esilio in Messico dal 1976 al 1983: Juan Carlos Portantiero e José Maria Aricó. In quel periodo incentrarono le loro elaborazioni teorico-politiche sull’analisi della relazione tra Stato, società civile, democrazia e socialismo, partendo da una prospettiva gramsciana. Il fallimento della guerra di movimento in Argentina nei primi anni settanta li condusse a riflettere su strategie alternative di transizione al socialismo, il cui punto focale fu il concetto di "Egemonia". A partire dal 1975 indirizzarono la ripresa del pensiero di Gramsci alla creazione di un progetto politico adatto ad un contesto sempre più "occidentale", caratterizzato dalla presenza di una "società civile complessa", in cui risultava necessario combattere "guerre di posizione" e non "guerre di movimento". La prospettiva che connotò questo approccio alle riflessioni gramsciane rappresenta il culmine di un percorso che iniziarono negli anni ’50, quando sorsero i primi studi del pensiero gramsciano in Argentina. Sin da allora, Aricó e Portantiero si occuparono di Gramsci insieme al dirigente del PC argentino Agosti e continuarono a farlo anche durante gli anni sessanta e i primi anni settanta sulla rivista Pasado y Presente. Fu, però, nel periodo dell’esilio che ne ripresero il pensiero considerandolo nella sua totalità, a partire dagli scritti giovanili sino ai Quaderni del Carcere, rielaborandolo in maniera originale e costruendo una propria proposta di cammino verso socialismo nell' "occidente periferico" dell'Argentina, influenzati dall'azione del Partito Comunista Italiano.

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La tesi analizza una parte della politica estera dell’amministrazione Johnson, e più specificamente l’avvio del dialogo con l’Urss in materia di non proliferazione e controllo degli armamenti e la revisione della China policy, inquadrando entrambe nell’adattamento della cold war strategy all’evoluzione sistema internazionale, argomentando che la distensione intesa come rilassamento delle tensioni e ricerca di terreno comune per il dialogo, fosse perlomeno uno degli strumenti politici che l’amministrazione scelse di usare. Il primo capitolo analizza i cambiamenti che interessarono il Blocco sovietico e il movimento comunista internazionale tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, soprattutto la rottura dell’alleanza sino-sovietica, e l’impatto che essi ebbero sul sistema bipolare su cui si basava la Guerra Fredda. Il capitolo secondo affronta più specificamente l’evoluzione delle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica, il perseguimento di una politica di distensione, dopo la crisi dei missili cubani, e in che relazione si trovasse ciò con lo status della leadership sovietica a seguito dei cambiamenti che avevano avuto luogo. Soffermandosi sulla questione del controllo degli armamenti e sul percorso che portò alla firma del Trattato di Non-proliferazione, si analizza come la nuova rotta intrapresa col dialogo sulle questioni strategiche sia stato anche un cambiamento di rotta in generale nella concezione della Guerra Fredda e l’introduzione della distensione come strumento politico. Il terzo capitolo affronta la questione della modifica della politica verso Pechino e il processo tortuoso e contorto attraverso cui l’amministrazione Johnson giunse a distaccarsi dalla China policy seguita sino ad allora.

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La tesi analizza alcuni film slovacchi e cechi, prevalentemente coproduzioni, ambientati in tre contesti storici diversi. Il primo periodo storico esaminato è quello del regime comunista, la seconda metà degli anni Sessanta, il secondo fa riferimento al periodo successivo alla caduta del regime con la Rivoluzione di Velluto, quindi gli anni a partire dal 1989, attraverso i quali saranno analizzati alcuni aspetti politico-sociali della realtà cecoslovacca. Il terzo periodo storico si concentra sull’analisi della modernità, soffermandosi su alcune caratteristiche della società contemporanea, con lungometraggi ambientati al giorno d’oggi per approfondire lo studio della realtà slovacca, che ha subito radicali trasformazioni nel corso dell’ultimo ventennio. A seguito di un’analisi di carattere politico-sociale verrà poi studiato, in chiave sincronica e diacronica, l’aspetto socio-linguistico, prendendo in esame i diversi cambiamenti che la lingua ha subito nel corso degli ultimi venticinque anni e le connotazioni che essa veicola a seconda delle caratteristiche sociali che rappresenta e di cui è il riflesso. L’elaborato analizza inoltre il rapporto fra la lingua slovacca e quella ceca, come queste due lingue vengono percepite in maniera diversa da Cechi e Slovacchi e come vengono trattate diversamente nel contesto cinematografico. Per ogni periodo storico sono stati scelti due film, per presentare uno studio più completo e per poter analizzare nel migliore dei modi periodi storici estremamente diversi tra loro. In particolare, i primi due film permettono di riflettere nel dettaglio sui rapporti di estrema vicinanza fra la lingua slovacca, quella ceca e quella russa; i film riguardanti il periodo di transizione sono maggiormente incentrati sugli aspetti sociali dell’epoca, in particolare a livello famigliare ed economico. In ultimo vengono analizzati film molto moderni, che presentano una lingua particolare, caratterizzata da anglicismi, espressioni colloquiali, slang e volgarismi. Nel complesso, si è cercato di proporre film che rappresentassero al meglio i cambiamenti della società e dai quali si potesse prendere spunto per una successiva riflessione linguistica.

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Il presente elaborato ha come fine ultimo quello di presentare la cinematografia moldava durante il periodo sovietico. In particolare, nel capitolo 1, intitolato “Cenni storici della RSSM”, ho messo in evidenza i principali avvenimenti e mutamenti che hanno caratterizzato la Moldavia durante il periodo comunista di Stalin, Crusciov, Breznev e Gorbaciov. Successivamente, nel capitolo 2, intitolato “Panoramica della cinematografia nella RSSM”, ho fornito un quadro generale della cinematografia moldava e infine, nel terzo capitolo, chiamato “Analisi del film Podurile”, ho analizzato un film moldavo dal punto di vista linguistico e socio-politico.

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La producción teórica de Louis Althusser forja una alianza entre materialismo y política que asedia los espacios comunes de la tradición teórica marxista. Para Althusser, las posibilidades de actualizar la teoría, de transformarla en una herramienta útil para el análisis y la formulación de estrategias acordes a los problemas planteados por la coyuntura, implica un trabajo sobre los conceptos tal como se encontraban en la teoría marxista clásica. En la crisis manifiesta del movimiento comunista internacional se expresa el correlato entre impotencia teórica y fracaso político. Por esta razón, y aun considerando los cambios de acento que se registran a lo largo de sus escritos, su discurso insiste en señalar los bloqueos e insuficiencias conceptuales de la teoría, los “límites absolutos" que anidan en la adherencia idealista de parte de las formulaciones de Marx. En los límites que traza sobre la teoría marxista y llevando la alianza entre materialismo y política más allá de Marx, Althusser encuentra a Maquiavelo. Nos proponemos indagar cómo este rodeo permite a Althusser replantear, no sin desplazamientos, la relación entre teoría y práctica política, en el horizonte de volver a la primera permeable a los matices que la coyuntura imprime sobre la segunda.

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La doctrina cultural del realismo socialista fue aprobada por el Partido Comunista de la Unión Soviética e incorporada a la política oficial del gobierno soviético tras la realización en 1934 del Primer Congreso de la Unión de Escritores Soviéticos. Por su intermedio se establecían los parámetros metodológicos y estéticos a los que debía atenerse toda producción artística dentro de la Unión Soviética. A partir de entonces, cualquier posibilidad de independencia relativa de la cultura y el arte en relación a la política oficial quedaba severamente cuestionada. Esta situación de subordinación se producía en tiempos en que la Tercera Internacional comenzaba a abandonar la táctica de clase contra clase para pasar a volcarse a la conformación de frentes populares, generando efectos significativos en el proceso de construcción de una cultura proletaria. El objetivo de esta ponencia es indagar sobre las repercusiones registradas por esta relación entre política cultural y política a secas, entre realismo socialista y viraje político, en el interior del proyecto cultural del Partido Comunista Argentino para el proletariado de su país hacia mediados de la década de 1930. A tal fin, se analizará de qué manera fue asumida por el PCA la conversión de la cultura como herramienta de guerra de clases en herramienta de lucha por la libertad democrática contra el autoritarismo reaccionario

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A mediados de la década del 30, surgió con particular fuerza en nuestro país la idea, claramente inspirada en lo que sucedía en el viejo mundo, de que era necesario conformar un frente de partidos políticos que coordinara la acción conjunta de las fuerzas 'democráticas' que actuaban en Argentina. Guiada por el objetivo de contrarrestar el avance del conservadorismo, la estrategia de los 'Frentes Populares' fue impulsada por sectores provenientes de distintos partidos políticos: es conocido el posicionamiento de fuerte promoción de los Frentes Populares adoptado tanto por el Partido Comunista como por el Partido Socialista. Se sabe mucho menos, en cambio, acerca de aquellos sectores que dentro de la Unión Cívica Radical buscaron insistentemente acercar el radicalismo a otros partidos políticos. En nuestra ponencia analizaremos el apoyo que algunos sectores de la juventud radical dieron a los Frentes Populares; según mostraremos, los jóvenes radicales adhirieron a la política frentista con la expectativa de intervenir más enfáticamente en la coyuntura política nacional, y de operar una transformación al interior del propio radicalismo

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La obra poética de Juan L. Ortiz resuelve de una manera inédita en la literatura argentina la tensión que existe entre política y poesía. Su relación con el Partido Comunista, con ciertos escritores del grupo de Boedo y luego, centralmente, con González Tuñón, allá por la década de 1930-1940, no redundan en una adaptación de su obra a los postulados determinantes del realismo. Por partida doble, diremos, Ortiz rechaza al realismo. En un primer momento, frente al realismo de Boedo decide "envainar la espada", teniendo a la vista los resultados estéticos de aquel programa. Luego, de cara a la evolución que suponía la idea del realismo en Tuñón hacia mediados de 1930, opta por mantener un ritmo propio y reflejar la enorme crisis política que se vivía (con España como epicentro) sin quebrar su forma personal del decir. Una voz tendiente a la sutileza, a resaltar el aspecto musical del lenguaje en relación con el paisaje y loalusivo. Lo que lo hace original, entonces, es justamente el hecho de colocar la cuestión social y política dentro de esa intimidad, gracias a una concepción dialéctica de su poesía, que está en la base de su programa estético

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El presente proyecto de investigación analiza la relación entre sociedad y política en la Argentina entre 1955 y 1976. Se trata de un período signado por una aguda crisis socio-política, una profunda pérdida de legitimidad de las instituciones y el Estado y en que la acelerada modernización socio-cultural posterior a 1955 se combinó rápidamente con una tendencia a la radicalización política. Uno de los primeros efectos de este proceso fue la recomposición de la izquierda. Del seno de sus partidos "tradicionales" (el Partido Comunista y Socialista) surgieron diversas formaciones de la "nueva izquierda", mientras que rupturas y transformaciones similares se verificaban en sectores nacionalistas, peronistas y cristianos. Estos nuevos actores sociales y políticos solieron orientarse hacia objetivos que proclamaron la "liberación nacional" y el "socialismo" y hacia estrategias revolucionarias. Nuestro trabajo se interesa centralmente en reconstruir los orígenes de las nuevas prácticas y organizaciones surgidas por entonces así como las formas de articulación entre demandas sociales y propuestas políticas, y entre elencos dirigentes y sectores populares. A su vez, examina una multiplicidad de "casos" que formaron parte de este social y políticamente variado campo, sin subsumirlo exclusivamente al accionar de las organizaciones armadas.

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La vinculación entre izquierdas partidarias y clase obrera presenta tópicos invariables, aún pese a las diferencias históricas de actores y contextos. La izquierda pretende influir en los trabajadores, con el fin de convertirse en su dirección política. Cuando esa intervención se hizo inicialmente ?desde afuera?, con una izquierda que debía conquistar su presencia orgánica en las filas proletarias, las disyuntivas quedaban planteadas: ¿cómo acercarse a la clase, cómo efectuar la labor de penetración en ella, cómo lograr que sus cuadros se conviertan en referentes de los trabajadores? Las cuestiones de la ?implantación?, la ?inserción?, la ?proletarización?, así como la de los repertorios de organización relacionadas con ellas, quedan planteadas. Nos proponemos reflexionar a partir de dos casos históricos: el Partido Comunista durante 1920-1930 (en el contexto de una clase obrera industrial desorganizada y, en buena medida, carente de representación política); y el PRT-La Verdad, de orientación trotskista, que actuó durante el ciclo 1968-1972, el de la emergencia de tendencias obreras clasistas y de parcial cuestionamiento a la burocracia peronista. En el trabajo, se describirá cada proceso y se buscará alcanzar algunas conclusiones comparativas y generales

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La lectura de Maquiavelo realizada por Louis Althusser en la década de los '70, le permitirá a éste último recuperar y renovar los postulados del propio Marx y del marxismo "clásico", en aras de volverlos útiles y acordes para abordar las problemáticas que marcaba una coyuntura signada por la "crisis" del movimiento comunista internacional. En este marco, Althusser logrará -vía Maquiavelo- producir una nueva visión de la política -o, más específicamente, de la práctica política- en su relación con la "teoría". Por tanto, nos proponemos en este trabajo recorrer ese nuevo camino emprendido por el Althusser de los ?70, poniendo el foco en la novedosa interpretación del florentino a la que arribará el filósofo: la del Maquiavelo que trata de dar cuenta de un problema político concreto, marcado por la coyuntura histórica, imposible de ser tratado y reducido a una teoría general y sistemática. Por lo demás, y a partir de este abordaje que destacará la irreductibilidad de la (práctica) política a un sistema teórico abstracto, intentaremos, por último, producir un acercamiento entre estos análisis esbozados por el filósofo argelino- francés y los realizados por Theodor Adorno en su crítica al "pensamiento identitario", y sus consecuentes intentos de "salvar" la no-identidad del objeto con respecto al concepto