966 resultados para SODIO - METABOLISMO
Resumo:
Il BPA è un composto aromatico precursore di materiali plastici e additivi chimici, ed è entrato a far parte della categoria dei contaminanti che alterano il sistema endocrino con molteplici effetti negativi sulla salute umana (azione di mimesi estrogenica, alterazioni della funzione tiroidea e dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario). Nella fase produttiva industriale si hanno emissioni accidentali di BPA durante il trattamento e la lavorazione dei monomeri plastici. Piccole frazioni di BPA possono essere ingerite dall’uomo poiché la sostanza migra nel tempo dal contenitore alimentare al contenuto (es. bevanda in lattina o contenitore per microonde) soprattutto se esposto ad alte temperature. Anche il contatto con composti acidi o basici, la presenza di elevati livelli di cloruro di sodio o di oli vegetali, è in grado di provocare un incremento del rilascio di BPA dai materiali polimerici. Il BPA viene rilasciato dai biberon in policarbonato, che in molti Paesi sono stati ritirati dal commercio nel 2011, e da bottiglie di acqua riutilizzabili. Infine, la carta termica degli scontrini e delle fotocopie rilasciano BPA. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta, tuttavia l'esposizione nel feto e nel neonato può risultare deleteria. Al di là della tossicità, l'aspetto che al momento preoccupa maggiormente è l'effetto che il BPA ha anche a basse dosi sul metabolismo: diversi studi in tutto il mondo correlano questa sostanza all'incidenza di diabete, ipertensione, obesità e problemi cardiaci. L’attenzione per il BPA è piuttosto recente a livello umano, mentre è assai ridotta per la salute dell’ecosistema. Tuttavia è noto che il BPA è presente anche come contaminante dei suoli, e pur essendo stato documentato il suo bioaccumulo negli organismi vegetali, non sono disponibili informazioni precedenti relativi agli effetti del BPA sugli organismi animali del suolo, in linea con il fatto che il suolo è stato una matrice ambientale molto trascurata. Il presente lavoro di tesi quindi si pone come uno studio pilota per valutare la possibile tossicità del BPA su organismi modello che vivono in questa matrice. In questo studio è stato scelto come bioindicatore “sentinella” il lombrico Eisenia andrei, il comune verme rosso, come suggeriscono le linee guida internazionali (OECD, OCSE). I possibili effetti biologici del Bisfenolo A nei lombrichi sono stati indagati sia attraverso endpoint del ciclo vitale (accrescimento, riproduzione e mortalità), sia attraverso una batteria di biomarker (generali e specifici). Data la mancanza di osservazioni precedenti si è scelto un approccio integrato tra i parametri del ciclo vitale, in genere meno sensibili ma ecologicamente più rilevanti, e i biomarker, risposte più sensibili che possono rappresentare segnali precoci di allarme inerenti l’esposizione a contaminanti ambientali o l’effetto di questi ultimi sugli organismi indagati, ma non necessariamente predittivi sulla salute della comunità. Al momento non esistono batterie di biomarker specifiche per questa sostanza, quindi un ulteriore scopo della ricerca è stato quello di evidenziare biomarker utili ad indagare eventuali alterazioni biochimiche e funzionali nei lombrichi in risposta all’esposizione a dosi crescenti di bisfenolo A. Le risposte biologiche indagate sono: - la diminuzione della stabilità delle membrane lisosomiali, che indica una riduzione dello stato di salute generale degli organismi; - l’alterazione dell’attività degli enzimi catalasi e glutatione-S-trasferasi, indice di stress ossidativo o induzione di meccanismi di detossificazione; - la diminuzione dell’attività dell’enzima acetilcolinesterasi, la quale indica neurotossicità; - l’accumulo di lipofuscine o lipidi neutri, che è sintomo rispettivamente di stress ossidativo o alterazioni del metabolismo; - la variazione della malondialdeide, composto intermedio della perossidazione lipidica, indica un stress ossidativo in corso. Sulla base dei dati ottenuti possiamo dire che il BPA, alle concentrazioni ambientali, non costituisce un elemento di rischio ecologico per gli organismi sentinella Eisenia andrei. Alle concentrazioni più elevate (che superano quelle ambientali di almeno 10 volte) si osservano delle alterazioni sui livelli di lipidi neutri e lipofuscine che pur non essendo preoccupanti dal punto di vista ecologico sono indice di vulnerabilità, dato che si tratta di alterazioni del metabolismo in conseguenza delle quali gli animali accumulano residui normalmente degradati a livello lisosomiale. Questo accumulo nei lisosomi delle cellule del tessuto cloragogeno dei vermi, che rivestono il tubo digerente, sembrano indicare una esposizione attraverso la dieta a seguito della ingestione del terreno. E’interessante il fatto che l’accumulo di lipidi è in linea con le caratteristiche obesogene del BPA, ben manifestate nei mammiferi, uomo compreso. Tuttavia non ci sono ancora conoscenze sufficienti per stabilire se questo accumulo nei vermi sia dovuto ad una specifica alterazione degli enzimi di sintesi dei lipidi oppure più genericamente ad un aumento dello stress ossidativo. Molti studi stanno valutando la capacità del BPA di alterare la sintesi e il rilascio di lipidi in cellule umane e di ratto, ma non ci sono ancora studi di questo tipo per gli organismi edafici. E’ auspicabile che questo aspetto venga approfondito, ed eventualmente venga identificato un nuovo biomarker specifico dell’azione del BPA sull’accumulo di lipidi. Un altro aspetto che sarà interessante approfondire è il bioaccumulo: la valutazione del rischio ecotossicologico di una sostanza si basa anche sul potenziale di BCF che può essere pericoloso per il biota (incluso l’uomo) per trasferimento nella catena trofica. Considerando che non esistono ancora studi specifici del bioaccumulo del BPA in organismi del suolo, ed avendo messo in luce che l’assunzione della sostanza è avvenuta (probabilmente per via alimentare) ci si pone l’obiettivo futuro di valutare questo parametro nei lombrichi, in modo da avere un quadro più ampio degli effetti associati a questo interferente endocrino nei suoli.
Resumo:
La carbamazepina fu commercializzata a partire dagli anni Sessanta; è un analgesico anticonvulsivante e specifico per la nevralgia del trigemino ed è uno dei principali farmaci usati nel trattamento dell’epilessia. La sua azione più nota a livello del sistema nervoso è quella di rallentare il recupero dei canali al sodio, sebbene abbia anche effetti metabolici importanti interferendo con il ciclo degli inositoli e con la GSK-3 (glicogeno sintasi-chinasi 3). Tale sostanza è sotto la lente d’ingrandimento sia per le sue caratteristiche chimico-fisiche (vedi la sua alta persistenza in ambiente) sia per la sua alta tossicità per la salute umana. Le sue proprietà terapeutiche spesso sono accompagnate da effetti collaterali sia nei pazienti che assumono direttamente il medicinale, sia negli organismi non-bersaglio che vengono a contatto con i residui ed i metaboliti del farmaco in ambiente. Le principali fonti di contaminazione dell’ambiente sono rappresentate dagli scarichi domestici, urbani, ospedalieri ed industriali e dagli effluenti di impianti di depurazione. Inoltre, l’uso irriguo di acque contenenti residui del farmaco oppure fenomeni di esondazione di corpi idrici contaminati contribuiscono ampiamente alla distribuzione di questo composto nei suoli. La matrice suolo ha avuto relativamente poca attenzione per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento sugli organismi in generale, ed in particolare non vi sono studi sui farmaci. Il presupposto di questo studio dunque è stato quello di mettere a punto una metodologia volta a valutare gli effetti all’esposizione del farmaco carbamazepina su organismi bioindicatori, i lombrichi della specie Eisenia andrei. Il seguente progetto è durato da Maggio 2012 a Febbraio 2013, periodo in cui sono stati effettuati saggi sub cronici per valutare l’effetto di suoli sperimentalmente contaminati con il farmaco sui parametri del ciclo vitale del lombrico (accrescimento, mortalità e riproduzione) e su una serie di biomarker cellulari (neutral red retention assay, accumulo lisosomiale di lipofuscine, accumulo lisosomiale di lipidi neutri insaturi, attività dell’enzima acetilcolinsterasi, attività dell’enzima catalasi, attività dell’ enzima glutatione-S-transferasi e concentrazione di malondialdeide). I risultati ottenuti mostrano che la carbamazepina non ha effetti sui parametri del ciclo vitale. Per quanto riguarda i parametri fisiologici si notano tuttavia dei risultati diversi. L’accumulo lisosomiale di lipofuscine e lipidi neutri indica che il metabolismo dei vermi risulta in qualche modo alterato dall’esposizione alla carbamazepina alle concentrazioni saggiate. Queste alterazioni potrebbero essere spiegate da un effetto di tipo ossidante; infatti i due biomarker oltre a rappresentare un segnale di alterazione metabolica rappresentano anche un indicazione di perossidazione lipidica. Queste osservazioni meritano di essere approfondite studiando il bioaccumulo e la degradazione della carbamazepina nei suoli, che potrebbero essere alla base della diversità di risultati rispetto alla tossicità evidenziata negli organismi acquatici. A fronte della consapevolezza dei rischi potenziali dovuti alla presenza di farmaci nelle acque e nel suolo, molto resta da fare per ampliare le conoscenze su questa tipologia di contaminazione, in particolare nei campi del monitoraggio e del comportamento ambientale, degli studi ecotossicologici e delle procedure e tecnologie idonee a limitare la loro immissione nell’ambiente.
Resumo:
Utilizzo di un modello matematico monocompartimentale per simulare la cinetica del sodio in sedute di dialisi (HD e HDF on-line) che prevedono l'utilizzo del sistema Hemocontrol, quindi quantificare le prestazioni di tale modello per evidenziarne limiti ed adeguatezza in alternativa all'utilizzo di modelli bicompartimentali più complessi.
Resumo:
Lo scenario della dialisi di oggi si presenta con un progressivo invecchiamento della popolazione dialitica sia in termini di età media dei pazienti in trattamento sostitutivo renale, sia in termini di età media dei nuovi pazienti che entrano in dialisi. La stabilità cardiovascolare è il problema che presenta la maggiore incidenza in sala dialisi.
Resumo:
Il presente lavoro di tesi ha portato a caratterizzare e validare un modello bicompartimentale per la cinetica del sodio. Si discutono gli aspetti fondamentali del trattamento di dialisi e si evidenzia come un approccio modellistico possa essere seguito ai fini di una maggiore comprensione dei fenomeni non direttamente osservabili determinati dalla terapia e dell’adeguatezza dei parametri. La validazione del modello è stata effettuata su 144 sedute dialitiche in HD e HDF integrate con HC e su 7 sedute in HD e dai risultati si evince che il modello è in grado di riprodurre i dati sperimentali con un errore dello stesso ordine di grandezza dell’accuratezza degli strumenti utilizzati per la rilevazione della concentrazione plasmatica di sodio.
Resumo:
Questo lavoro di tesi si è posto i seguenti obiettivi: - Analizzare come i singoli parametri infuenzano le prestazioni del modello, in maniera tale da capire su quali di essi il modello risulta essere più sensibile, al fine di ottimizzare le sue prestazioni; - Fare in modo che l'intervallo di confidenza del modello sia il più vicino possibile a quello dello strumento di misura utilizzato durante lo studio clinico \Socrathe(3 mmol/l). Riuscire a portare, infatti, la deviazione standard sull'errore globale ottenuta dal modello da 1,83 mmol/l a 1,50 mmol/l significa avere un IC95% uguale a quello dello strumento di misura; - Migliorare la predizione del modello negli istanti temporali in cui esso si discosta di più dal valore vero. Una volta messi in evidenza i parametri più significativi, grazie all'analisi di sensitività, si andrà ad effettuare una procedura di ottimizzazione di tali parametri al fine di minimizzare una funzione costo rappresentante il grado di scarto tra modello e realtà. La struttura della tesi consta di tre capitoli: il primo rigurda una introduzione alle funzioni del rene e alle terapie dialitiche, il secondo rigurda gli strumenti e i metodi utilizzato in questo lavoro, mentre il terzo capitolo illustra i risultati ottenuti.
Resumo:
L’obiettivo della tesi è stato quello di integrare un feedback sul sodio plasmatico all’interno di un sistema di biofeedback sul volume ematico già esistente. I vantaggi del nuovo sistema risiedono nella capacità del sistema di rispondere in modo ancora più accurato alle specifiche esigenze dei singoli pazienti. Il sistema è stato implementato in Matlab/Simulink. Sono stati effettuate 72 simulazioni di trattamenti reali di emodialisi. Il sistema si è dimostrato capace di portare a compimento il raggiungimento dei target di sodio plasmatico e volume ematico, con rimozione delle masse di sodio dal plasma simile a quella ottenuta utilizzando il sistema privo di feedback sul sodio plasmatico.
Resumo:
Las diferencias individuales ante cualquier estímulo son parte de la condición humana, y reflejan nuestra diversidad genética, así como la influencia del entorno. Conocer el papel que juegan las variaciones genéticas o polimorfismos, es vital para entender de forma integral la respuesta del organismo al ejercicio. Por tanto, el presente trabajo tiene como objetivo fundamental definir el posible rol de tres variantes genéticas en el metabolismo energético durante la realización de ejercicio físico. Más concretamente, los objetivos principales son, por un lado, observar si existen diferencias en la respuesta láctica en sangre capilar y venosa en función del polimorfismo A1470T del gen del Transportador de Monocarboxilatos 1 (MCT1) (rs1049434). Por otro lado, el segundo objetivo es estudiar si presencia del polimorfismo del gen MCT1 determina parcialmente la máxima concentración de lactato en sangre venosa alcanzada durante diferentes protocolos de circuitos de fuerza. Por último, los objetivos tercero y cuarto se centran en analizar si existen diferencias en las ratios de acilcarnitinas en sangre, que reflejan la actividad de la Carnitina Palmitoiltransferasa II (CPTII), en función de los polimorfismo Val368Ile (rs1799821) y Met647Val (rs1799822) del gen de la CPTII (CPT2) durante la realización de una sesión de Circuito Mixto de musculación-aeróbico. Para la consecución de estos objetivos se realizaron dos estudios (Piloto y General). En el primero de ellos (Estudio Piloto) 10 hombres estudiantes de la Licenciatura en Ciencias de la Actividad Física y del Deporte (CCAFD) realizaron 6 sesiones de fuerza en circuito. En días no continuados y a una intensidad diferente (30%, 40%, 50%, 60%, 70% u 80% de la 15 repetición máxima, 15RM), los sujetos ejecutaron tres vueltas a un mismo circuito de 8 ejercicios. A lo largo de la sesión se tomaron muestras de sangre capilar para el análisis de la concentración de lactato. En el Estudio General, 15 hombres y 14 mujeres estudiantes de la Licenciatura en CCAFD realizaron 3 protocolos de fuerza en circuito, al 70% de la 15 RM y al 70% de la reserva de la frecuencia cardiaca. Cada día ejecutaron un protocolo diferente: Circuito de Máquinas, Circuito de Peso Libre o Circuito Mixto de musculación- aeróbico, completando en cada uno tres vueltas. Durante cada una de las sesiones se extrajeron muestras de sangre venosa para el análisis de la concentración de lactato y del perfil de acilcarnitinas. Los resultados del presente trabajo evidencian que los sujetos portadores del polimorfismo A1470T del MCT1 (genotipos AT y TT) tienen un comportamiento de lactato diferente que los sujetos no portadores (genotipo AA) cuando se someten a diferentes circuitos de fuerza. En el Estudio Piloto los portadores tuvieron mayor pendiente de acumulación de lactato capilar a la intensidad del 80% de la 15RM, mientras que en el Estudio General los sujetos homocigotos para la variante genética (TT) registraron menores concentraciones de lactato venoso que los homocigotos normales (AA) durante el Circuito de Máquinas. No podemos concluir si esta diferencia de resultados se deriva del tipo de sangre analizada (capilar VS. venosa), de la existencia de un efecto umbral para el transportador o de una bidireccionalidad del MCT1, aunque la hipótesis de bidireccionalidad parece la más integradora. En el grupo de mujeres, no se observó un patrón claro de diferencias entre grupos genéticos por lo que no podemos concluir si el polimorfismo tiene efecto o no en este sexo. En el estudio 2 del Estudio General, la inclusión la variante del MCT1 como variable predictora cuando las variables dependientes fueron la máxima concentración de lactato venosa en los tres protocolos en conjunto, o la máxima concentración venosa durante el Circuito de Máquinas, confirma su influencia en los entrenamientos con elevada producción de lactato. No obstante, en los entrenamientos con concentraciones de lactato más bajas, parece que existen factores más determinantes para la máxima concentración que el polimorfismo del MCT1. Por último, los resultados del tercer estudio del Estudio General, aunque preliminares, sugieren que la presencia de las variantes polimórficas del CPT2 podría influir sobre el transporte de los ácidos grasos durante la realización de actividad física, particularmente en hombres. Aún así, son necesarios más estudios para confirmar, especialmente en mujeres, la influencia de ambos polimorfismos en la actividad de la CPTII.
Resumo:
El aceite de pescado ha sido la principal fuente de grasa incluida en la dieta de salmón Atlántico ya que su uso optimiza el crecimiento y aporta grandes cantidades de ácidos grasos poliinsaturados (PUFA) omega 3, principalmente los ácidos eicosapentaenoico (EPA) y docosahexaenoico (DHA). En los años 90 se utilizaba un 24% de aceite de pescado en los piensos para salmón, sin embargo la escasez del recurso y la presión comercial sobre su demanda por parte de distintos sectores ha dado lugar a una progresiva reducción de su inclusión teniendo la industria como objetivo llegar a utilizar en 2020 tan sólo un 8%. Al reducir los niveles de aceite de pescado disminuye el contenido de EPA y DHA aportado, por lo que se hace necesario diseñar estrategias que permitan maximizar la retención de EPA y DHA en los tejidos del animal. De esta forma, la optimización del uso de antioxidantes para prevenir la peroxidación lipídica de los ácidos grasos poliinsaturados de cadena larga (LC-PUFA), puede ser una estrategia a seguir. Entre los antioxidantes empleados en acuicultura destaca la vitamina E. Aunque el α-tocoferol es el isómero principal de la vitamina E, estudios recientes sugieren que el γ-tocoferol presenta igualmente una potente actividad antioxidante. Sin embargo, hasta la fecha no hay muchos estudios con salmón Atlántico empleando γ-tocoferol como principal isómero añadido en la dieta. Además de su función como antioxidante, en investigaciones recientes la vitamina E ha mostrado capacidad para inducir de manera directa o indirecta la expresión de genes que codifican enzimas implicadas en el metabolismo de los ácidos grasos. Con esta perspectiva el presente trabajo tiene como principal objetivo determinar si la incorporación de 300 ppm de γ-tocoferol a la dieta del salmón da lugar a una mayor capacidad antioxidante en los tejidos del animal, disminuyendo la oxidación lipídica in vivo y afectando tanto a la composición como al metabolismo lipídico. Un total de 180 esguines de salmón Atlántico (Salmo Salar) con un peso inicial de 137,4 ± 1g fueron distribuidos al azar y uniformemente en 6 tanques y fueron alimentados con una de las tres dietas experimentales. Se aportó agua salada a los tanques y la temperatura se mantuvo a 12°C. Las dietas experimentales se formularon para tener: bajo contenido en EPA y DHA (CB); alto en EPA y DHA (CA); y con bajos niveles de EPA y DHA pero con un suplemento de 300 ppm de γ-tocoferol como antioxidante (CB+γtoc). Las dietas fueron suministradas en tanques duplicados durante 14 semanas. Al final del experimento, se sacrificaron 4 peces de cada tanque y se tomaron muestras de hígado y filete izquierdo para realizar el análisis de ácidos grasos y de expresión génica. A pesar de que los peces alimentados con la dieta CB+γtoc presentaron 3 veces más concentración de γ-tocoferol en los tejidos, la administración de esta dieta no tuvo un efecto significativo (P>0.05) sobre la composición de EPA, DHA y ácido araquidónico (ARA) en los tejidos del salmón. Los resultados del análisis de expresión de genes mostraron que la incorporación de 300 ppm de γ-tocoferol dio lugar a una cierta inhibición del metabolismo lipídico tanto de genes relacionados con la β-oxidación como de aquellos relacionados con la síntesis de LC-PUFA. En cuanto al sistema de defensa antioxidante GPx4, los resultados indicaron que no hubo efecto estimulatorio del γ-tocoferol sobre el mismo. Sin embargo, se observó un aumento de omega 3 totales (P<0.05) en el músculo del animal. La incorporación de 300 ppm de γ-tocoferol tuvo un efecto limitado sobre la composición lipídica y un efecto inhibitorio del metabolismo lipídico a nivel de expresión.
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Se profundiza en aspectos de física y de química a través de la observación del comportamiento del sodio colocado en la superficie del agua
Resumo:
Lagartos teiú eclodem no verão e enfrentam o desafio de crescer e armazenar substratos em um curto período de tempo, antes do início do período de jejum e depressão metabólica (≈80%) a temperaturas amenas durante o inverno (≈17 °C). No despertar, o aumento do metabolismo e a reperfusão de órgãos favoreceriam a ocorrência de estresse oxidativo. Na primeira parte do presente estudo investigou−se os ajustes que compatibilizam as demandas em teiús neonatos, especialmente na pré-hibernação, por meio da gravação do comportamento em vídeo e da análise da massa dos corpos gordurosos abdominais e do nível plasmático de corticosterona (CORT) durante o primeiro ciclo anual. No início do outono a massa corpórea dos teiús foi 27 g e o comprimento rostro−cloacal 9,3 cm e aumentaram 40% e 20%, respectivamente, ao longo do outono, enquanto que as taxas diminuíram progressivamente até atingirem o valor zero no início do inverno. Na primavera, a massa corpórea dos teiús aumentou 80% em relação ao despertar e dobrou em relação ao final do verão; o comprimento acumulou um aumento de 27% em relação ao final do verão. A massa relativa dos corpos gordurosos foi 3,7% no início do outono e diminuiu nos meses subsequentes; no despertar, este estoque acumulou uma perda de 63% da sua massa. No início do outono 74% dos teiús estavam ativos por 4,7 h e permaneceram 2 h assoalhando diariamente; ao longo do outono o número de animais ativos e o tempo em atividade diminuíram até que todos se tornaram inativos. Na primavera 83% dos teiús estavam ativos por 7 h e permaneceram 4 h assoalhando. Um padrão sazonal similar foi observado na atividade locomotora e na alimentação. No outono, a alimentação cessou antes da atividade diária e os teiús tornaram−se afágicos algumas semanas antes da entrada em hibernação. Os maiores níveis de CORT foram observados no início do outono, reduzindo progressivamente até valores 75 e 86% menores na dormência e despertar, respectivamente; na primavera os níveis de CORT foram 32% menores em comparação com o início do outono. Este padrão sugere um papel da CORT nos ajustes que promovem a ingestão de alimento e a deposição de substratos energéticos no outono. A redução da atividade geral no final do outono contribuiria para a economia energética e manutenção da massa corpórea, apesar da redução da ingestão de alimento. O curso temporal das alterações fisiológicas e comportamentais em neonatos reforça a ideia de que a dormência sazonal nos teiús é o resultado da expressão de um ritmo endógeno. Na segunda parte do estudo foi investigada a hipótese de que ocorreriam ajustes das defesas antioxidantes durante a hibernação, em antecipação ao despertar. Foram analisados marcadores de estresse oxidativo e antioxidantes em vários órgãos de teiús em diferentes fases do primeiro ciclo anual. A CS, um indicador do potencial oxidante, não variou no fígado e foi menor no rim e no pulmão na hibernação. As enzimas antioxidantes revelaram (1) um efeito abrangente de redução das taxas na hibernação e despertar; por exemplo, GR e CAT foram menores em todos órgãos analisados e a GST tendeu a diminuir no fígado e no rim, embora constante no coração e no pulmão. A G6PDH no fígado e no rim não variou. (2) No fígado, a GST, a Se−GPX e o teor de TBARS foram maiores na atividade de outono em relação à primavera e a Se−GPX permaneceu elevada na hibernação. (3) No fígado, a SOD foi maior na hibernação e despertar em relação ao outono e a Mn−SOD seguiu este padrão. Em contraste, no rim, coração e pulmão a SOD foi menor na hibernação e as taxas se recuperaram no coração e pulmão no despertar. A Mn−SOD seguiu este padrão no pulmão. A concentração e o estado redox da glutationa não variaram no fígado, rim e coração; no pulmão o teor de Eq−GSH e GSH foi menor na hibernação, com tendência à recuperação no despertar. O teor de PC no rim foi maior na hibernação e diminuiu no despertar. No fígado, as alterações no jejum se assemelham às sazonais, como sugerem a inibição da CAT e GR e aumento da Se−GPX. Os efeitos do jejum na primavera no rim diferem dos efeitos sazonais, como sugerem a redução do teor de Eq−GSH e GSH e o aumento da razão GSSG:GSH, a redução da G6PDH e o aumento de PC. No conjunto, houve um efeito predominante de redução das taxas enzimáticas na hibernação e no despertar, exceto pelas taxas aumentadas da SOD e Se−GPX no fígado e pela recuperação da SOD no coração e da GR, SOD e Mn−SOD no pulmão no despertar. As elevadas taxas das enzimas antioxidantes no teiú em comparação a outros ectotermos e a ausência de evidências de estresse oxidativo no despertar sugerem que a atividade enzimática remanescente é suficiente para prevenir danos aos tecidos face às flutuações do metabolismo
Resumo:
Introdução: A polpa farinácea do jatobá-do-cerrado (Hymenaea stigonocarpa Mart.) apresenta alto teor de fibra alimentar, em média 60 g/100 g, que são importantes para a redução do risco e controle de doenças crônicas não transmissíveis (DCNT). A extrusão termoplástica neutraliza aromas intensos, proporciona a formação de amido resistente, aumenta a fibra alimentar solúvel e melhora a textura do produto final. Objetivo: Estudar o efeito das farinhas de jatobá-do-cerrado in natura (FIN) e extrusada (FE) no metabolismo lipídico e parâmetros fermentativos em hamsters, bem como verificar a resposta glicêmica em humanos após a extrusão. Métodos: Processo de extrusão: velocidade de 200 rpm; matriz com 4 mm de diâmetro; taxa de compressão 3:1; alimentação constante de 70 gramas/minuto; temperatura de 150 °C; proporção farinha de jatobá-do-cerrado e amido de milho: 70:30 por cento e umidade a 25 por cento . Foi realizado um experimento animal com hamsters durante 21 dias, em que se analisou alguns parâmetros do metabolismo lipídico e colônico (fermentativos) dos animais, divididos em quatro grupos experimentais, se diferenciando pela dieta. As dietas controle (GC), in natura (GFI) e extrusada (GFE) eram hipercolesterolemizantes (13,5 por cento de gordura de coco e 0,1 por cento de colesterol) e a dieta referência (GR) com óleo de soja como fonte lipídica, não. Todas as dietas apresentavam 15 por cento de fibra alimentar, sendo que as dietas GR e GC tinham como fonte de fibra a celulose, e as dietas GFI e GFE tiveram as próprias fibras como fonte. A resposta glicêmica em humanos foi verificada por meio do ensaio do índice glicêmico e carga glicêmica da FE, com dez voluntários saudáveis que consumiram 25 gramas de carboidratos disponíveis do alimento teste (farinha extrusada) ou do pão branco como alimento controle. Resultados: Não foi observada diferença significativa entre o peso final, ingestão diária média e total, ganho de peso e CEA entre os animais dos quatro grupos. A concentração de triglicerídeos foi menor em 41 por cento e 38 por cento nos animais que receberam as dietas GFI e GFE, em relação aqueles que receberam a dieta GC, assim como também para o colesterol total (55 por cento e 47 por cento ), LDL-c (70 por cento e 53 por cento ) e não-HDL-c (63 por cento e 49 por cento ) séricos, lipídeos totais hepáticos (39 por cento e 45 por cento ) e o peso dos fígados dos animais também foi menor (21 por cento em ambos os grupos). Não houve diferença no colesterol hepático e excretado nas fezes dos animais dos quatro grupos. Os animais do GFE excretaram 57 por cento mais ácidos biliares nas fezes que os animais do GC. Com relação aos parâmetros fermentativos, observou-se maior excreção de fibras (1,24 ± 0,08 e 1,52 ± 0,09 gramas) nos animais dos grupos GR e GC respectivamente, em relação aos do GFI e GFE (0,50 e 0,48 gramas), porém o escore fecal (3,50 ± 0,19 e 3,38 ± 0,18) e o grau de fermentação (54 e 52 por cento ) foi maior nos animais dos grupos GFI e GFE. Houve uma maior produção de AGCC no ceco dos animais dos grupos GFI e GFE (80 e 57,5 µmol/g de ceco respectivamente) e maior diminuição do pH no conteúdo cecal nos animais do grupo GFI (7,49 ± 0,10), em relação ao GC (8,06 ± 0,13). Os ácidos acético e propiônico, estiveram presentes em maior quantidade no ceco dos animais dos grupos GFI (58,5 e 6,1 µmol/g de ceco) e GFE (42,5 e 6,6 µmol/g de ceco) e os animais do GFI produziram mais ácido butírico (15 µmol/g de ceco), em relação aos demais grupos. Quanto à resposta glicêmica da farinha pós extrusão, não houve diferença entre a área de resposta glicêmica da farinha extrusada e do pão branco, o índice glicêmico da farinha extrusada (glicose como controle) foi classificado como moderado, e a carga glicêmica (na porção de 30 gramas), baixa. Conclusão: As FIN e FE favoreceram a redução do colesterol total, LDL-c, não-HDL-c e dos triglicerídeos séricos, além da diminuição do acúmulo de lipídeos hepáticos. Foi observado também aumento expressivo na formação de AGCC e no grau de fermentação. A FE proporcionou um aumento na excreção de ácidos biliares nas fezes e apresentou índice glicêmico moderado e baixa carga glicêmica.
Resumo:
O estudo químico das folhas e dos frutos de P. richardiaefolium resultou no isolamento de oito lignanas, sendo duas lignanas furofurânicas (sesamina e kobusina), quatro lignanas dibenzilbutirolactônicas (hinokinina, kusunokinina, arctigenina e haplomirfolina), duas lignanas dibenzilbutirolactólicas (cubebina e 3,4- dimetoxi-3,4-desmetilenodioxicubebina), dois cinamatos de bornila (ferulato de bornila e cumarato de bornila) e na identificação de duas amidas (piplartina e diidropiplartina). Das folhas de P. richardiaefolium foi extraído e analisado o óleo volátil. As estruturas das substâncias isoladas foram identificadas através de métodos espectroscópicos (RMN de 1H e de 13C e espectrometria de massas). O estudo de análise de componentes principais (PCA) das espécies Piper (P. truncatum - k 616, P. richardiaefolium - k 290, P. richardiaefolium - k 350, P. richardiaefolium - k 593, P. truncatum - k 597, P. pseudopotifolium - k 598, P. richardiaefolium - k 854, P. richardiaefolium - k 610, P. truncatum - k 112, P. pseudopotifolium - k 211 e P. cernuum - k 137) permitiu agrupar as espécies em dois grandes grupos e quatro subgrupos em relação à similaridade entre elas. Ligninas do caule de seis espécies de Piper foram extraídas utilizando o método de degradação de Klason e método de Bjorkman, e analisadas por métodos espectroscópicos (IV, RMN de 1H e de 13C). O método de degradação por oxidação por nitrobenzeno foi o escolhido para determinar a relação entre os monolignóis siringila e guaiacila. Os principais metabólitos das espécies estudadas foram comparados com os tipos de ligninas das mesmas espécies e os resultados sugeriram uma independência entre as vias biossintéticas de ligninas e lignanas.
Resumo:
A elevada concentração de cloro das bifenilas policloradas provoca alta toxicidade do composto, o qual dificulta sua biodegradação. A contaminação de PCB no Brasil foi confirmada em estudo realizado na Bahia de Santos-São Vicente (São Paulo), o qual revelou a necessidade de um plano de ação para o controle e remoção de PCB no Brasil. Pretendeu-se assim, na realização da presente pesquisa, verificar quatro hipóteses: (1) A técnica de Microextração em fase sólida é uma metodologia eficaz para avaliação de bifenilas policloradas de amostras de reatores; (2) A condição fermentativa-metanogênica abriga comunidade resistente ao PCB, e removê-lo; (3) A condição desnitrificante abriga comunidade resistente ao PCB, e removê-lo e (4) A remoção de PCB, bem como, a composição microbiana é distinta em cada condição metabólica. Para tanto, reatores em batelada foram montados separadamente com biomassa anaeróbia proveniente de reator UASB usado no tratamento de água residuária de avicultura e biomassa de sistemas de lodos ativados de tratamento de esgoto sanitário. Os reatores operados em condição mesófila foram alimentados com meio sintético, co-substratos, sendo etanol (457 mg.L-1) e formiato de sódio (680 mg.L-1) para os reatores anaeróbios, e somente etanol (598 mg.L-1) para os reatores anóxicos, além de PCB padrão Sigma (congêneres PCBs 10, 28, 52, 153, 138 e 180) em diferentes concentrações, dependendo do objetivo do ensaio. A aplicação do método de extração por SPME com análise em cromatógrafo gasoso com detector por captura de elétrons foi adequada para a determinação dos seis congêneres de PCB. Obteve-se ampla faixa de linearidade, seletividade frente aos vários interferentes, além da robustez do método, utilidade e confiabilidade na identificação e quantificação específica dos seis congêneres de PCB. A Hipótese 1 foi aceita; ou seja, por meio da aplicação da metodologia SPME foi possível quantificar os PCB nos reatores em batelada. Apesar de ter sido comprovada a inibição metanogênica na presença de PCB, com IC50 de 0,03 mg.L-1 (concentração na qual 50% da atividade metanogênica é inibida), a partir da análise dos reatores metanogênicos no Ensaio de Remoção, foi confirmada a remoção de 0,92 mg.L-1, 0,19 mg.L-1, 0,18 mg.L-1, 0,07 mg.L-1, 0,55 mg.L-1 e 0,47 mg.L-1 para os PCBs 10, 28, 52, 153, 138 e 180, respectivamente, para 1,5 mg.L-1 inicial. Thermotogaceae, Sedimentibacter, Anaerolinaceae e Pseudomonas, foram identificadas nos reatores anaeróbios por meio da plataforma Illumina. Representantes de Thermotogaceae e Sedimentibacter foram identificados em sistemas com elevada taxa de remoção de PCB, e representantes do filo Chloroflexi (grupo no qual representantes da Anaerolineae estão inseridos) foram os primeiros microrganismos desalogenadores de PCB identificados. Assim a Hipótese 2 foi aceita; ou seja, por meio de ensaios em batelada foi comprovada a toxicidade do PCB sobre a comunidade anaeróbia, a alteração da composição microbiana influenciada pela presença de PCB e a remoção nesta condição. Verificou-se ainda que na presença de PCB ocorreu a desnitrificação e comparando-se diferentes relações C/N-NO3-, foi estipulado a relação 6,95 como ideal na presença de PCB. Mesmo sendo confirmada a inibição da comunidade anóxica na presença de PCB com IC50 de 1,0 mg.L-1, verificou-se remoção de 1,02 mg.L-1, 0,85 mg.L-1, 1,31 mg.L-1, 1,02 mg.L-1, 0,03 mg.L-1, e 0,09 mg.L-1, para os PCBs 10, 28, 52, 153, 138 e 180, respectivamente, para 1,5 mg.L-1, inicial. Bactérias semelhantes a Aeromonadaceae, Lutispora, Sedimentibacter e Thermotogaceae foram identificadas nos reatores desnitrificantes. Representantes de Aeromonadaceae e Lutispora estão relacionados com o metabolismo desnitrificante e representantes de Thermotogaceae e Sedimentibacter foram identificados em sistemas com elevada taxa de remoção de PCB. A Hipótese 3 foi também aceita; ou seja, por meio de ensaios em batelada foi calculada a relação C/N-NO3- ideal na presença de PCB e foi comprovada a toxicidade do PCB sobre a comunidade anóxica, a alteração da composição microbiana influenciada pela presença de PCB e a remoção nesta condição. A maior remoção de PCB foi verificada para a condição anaeróbia (entre 45% a 100%), quando comparada com a condição anóxica (entre 10% a 95%). Bactérias semelhantes a Sedimentibacter e pertencentes a família Thermotogaceae foram identificadas nas duas condições nutricionais. Entretanto, mesmo verificando-se elevada abundancia relativa desses grupos nos reatores, evidenciou-se distinção entre as biomassas em cada condição. Assim, a Hipótese 4 foi aceita; ou seja, por meio de ensaios em batelada foi comprovada maior eficiência de remoção sob condição anaeróbia e distinta composição microbiana em cada condição.