544 resultados para Modelización-prognosi


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Programa de doctorado: Economía

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Máster Universitario en Oceanografía

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[ES] Ilustra dos vías matemáticas (la optimización de estructuras y la discretización del procesado de información) para explicar los fenómenos observados en las relaciones entre la estructura y la función de neuronas del sistema visual, que suponen una innovación metológica en la modelización forman de estructuras neuronales.

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Programa de doctorado en Oceanografía

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Programa de doctorado: Sistemas inteligentes y aplicaciones numéricas en ingeniería.

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[ES] Se analizan las posibilidades del Image based modeling (IBM), como técnica de escaneado 3D de bajo coste para la modelización de inscripciones romanas, a partir del trabajo realizado en el Museo Arqueológico Nacional de Madrid sobre una amplia tipología de soportes epigráficos (piedra, bronce, arcilla), con resultados óptimos para la catalogación, estudio y difusión de este tipo de documentación histórica. Los resultados obtenidos permiten obtener inscripciones romanas en 3D que se pueden incorporar a los proyectos de epigrafía digital en curso, permitiendo su acceso a través de ordenadores y dispositivos móviles, sin coste añadido para los investigadores.

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Nelle epatopatie croniche l’estensione della fibrosi è il principale determinante della prognosi. Sebbene la biopsia epatica rimanga il gold standard ai fini di una stadiazione, il crescente interesse nei confronti di metodi diagnostici non invasivi di fibrosi ha portato allo sviluppo di diversi modelli predittivi basati su parametri clinicolaboratoristici quali Fibrotest, indice APRI, indice Forns. Gli scopi dello studio sono: di stabilire l’accuratezza di un’analisi con rete neurale artificiale (ANN), tecnica di cui è stata dimostrata l’efficacia predittiva in situazioni biologiche complesse nell’identificare lo stadio di fibrosi, di confrontarne i risultati con quelli ottenuti dal calcolo degli indici APRI e Forns sullo stesso gruppo di pazienti e infine di validarne l’efficacia diagnostica in gruppi esterni.

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Los avances experimentados en los últimos años en las tecnologías basadas en el procesamiento de las fotografías digitales, permite abordar proyectos de modelización 3D de inscripciones romanas, como el realizado en el Museo Arqueológico Nacional (Madrid). La utilización de esta tecnología innovadora aporta a los especialistas mejores reproducciones que la fotografía convencional, que supondrán un enriquecimiento de las bases de datos epigráficas, pero su utilidad se extiende también a la propia enseñanza de la Epigrafía.

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L’argomento della presente tesi di dottorato riguarda lo studio clinico del trapianto di cellule staminali emopoietiche aploidentiche nelle patologie oncoematologiche. Nel periodo di tempo compreso tra 1/12/2005 ed il 30/10/2007 sono stati arruolati 10 pazienti (6 LAM, 3 LAL, 1 LMC in crisi blastica mieloide) nell’ambito di uno studio clinico che prevedeva il trapianto di midollo osseo aploidentico per pazienti affetti da patologia oncoematologica in prima o successiva recidiva, per i quali non fosse disponibile un donatore di midollo osseo consanguineo o da banca. Lo schema di condizionamento al trapianto di midollo osseo utilizzato era il seguente: Fludarabina 150/m2, Busulfano orale 14mg/kg, Tiothepa 10mg/kg e Ciclofosfamide 160mg/kg. Per la profilassi della malattia da trapianto contro l’ospite è stata somministrata timoglobulina antilinfocitaria (ATG) al dosaggio complessivo di 12.5 mg/kg, short course metotrexate (+1, +3 e +11), cortisone e ciclosporina con tapering precoce al + 60. I pazienti hanno reinfuso una megadose di cellule CD34+ mediana pari a 12.8x106/kg. Tre pazienti non sono valutabili per l’attecchimento a causa di rigetto (1/3) o morte precoce (2/3). Sette pazienti sono valutabili per l’attecchimento; per questi pazienti il tempo mediano a 500 PMN/mmc e a 20 x 109/l piastrine è stato rispettivamente di 17 e 20 giorni. Quattro pazienti su 7 hanno svillupato una Graft versus Host Disease (GVHD) acuta di grado II-IV, mentre soltanto 1/7 ha sviluppato una GVHD cronica. Sette pazienti su 10 trapiantati hanno ottenuto una remissione completa successivamente al trapianto. Di questi, attualmente 2 pazienti sono vivi in remissione completa, mentre gli altri 5 sono ricaduti e successivamente deceduti. In conclusione, il trapianto aploidentico è una procedura fattibile ed efficace. Tale procedura è in grado di garantire un 20% di lungo sopravviventi in un setting di pazienti a prognosi estremamente infausta.

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Premessa: nell’aprile 2006, l’American Heart Association ha approvato la nuova definizione e classificazione delle cardiomiopatie (B. J. Maron e coll. 2006), riconoscendole come un eterogeneo gruppo di malattie associate a disfunzione meccanica e/o elettrica riconducibili ad un ampia variabilità di cause. La distinzione tra le varie forme si basa non più sui processi etiopatogenetici che ne sono alla base, ma sulla modalità di presentazione clinica della malattia. Si distinguono così le forme primarie, a prevalente od esclusivo interessamento cardiaco, dalle forme secondarie in cui la cardiomiopatia rientra nell’ambito di un disordine sistemico dove sono evidenziabili anche disturbi extracardiaci. La nostra attenzione è, nel presente studio, focalizzata sull’analisi delle cardiomiopatie diagnosticate nei primi anni di vita in cui si registra una più alta incidenza di forme secondarie rispetto all’adulto, riservando un particolare riguardo verso quelle forme associate a disordini metabolici. Nello specifico, il nostro obiettivo è quello di sottolineare l’influenza di una diagnosi precoce sull’evoluzione della malattia. Materiali e metodi: abbiamo eseguito uno studio descrittivo in base ad un’analisi retrospettiva di tutti i pazienti giunti all’osservazione del Centro di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica e dell’ Età Evolutiva del Policlinico S. Orsola- Malpighi di Bologna, dal 1990 al 2006, con diagnosi di cardiomiopatia riscontrata nei primi due anni di vita. Complessivamente sono stati studiati 40 pazienti di cui 20 con cardiomiopatia ipertrofica, 18 con cardiomiopatia dilatativa e 2 con cardiomiopatia restrittiva con un’età media alla diagnosi di 4,5 mesi (range:0-24 mesi). Per i pazienti descritti a partire dal 2002, 23 in totale, sono state eseguite le seguenti indagini metaboliche: emogasanalisi, dosaggio della carnitina, metabolismo degli acidi grassi liberi (pre e post pasto), aminoacidemia quantitativa (pre e post pasto), acidi organici, mucopolisaccaridi ed oligosaccaridi urinari, acilcarnitine. Gli stessi pazienti sono stati inoltre sottoposti a prelievo bioptico di muscolo scheletrico per l’analisi ultrastrutturale, e per l’analisi dell’attività enzimatica della catena respiratoria mitocondriale. Nella stessa seduta veniva effettuata la biopsia cutanea per l’eventuale valutazione di deficit enzimatici nei fibroblasti. Risultati: l’età media alla diagnosi era di 132 giorni (range: 0-540 giorni) per le cardiomiopatie ipertrofiche, 90 giorni per le dilatative (range: 0-210 giorni) mentre le 2 bambine con cardiomiopatia restrittiva avevano 18 e 24 mesi al momento della diagnosi. Le indagini metaboliche eseguite sui 23 pazienti ci hanno permesso di individuare 5 bambini con malattia metabolica (di cui 2 deficit severi della catena respiratoria mitocondriale, 1 con insufficienza della β- ossidazione per alterazione delle acilcarnitine , 1 con sindrome di Barth e 1 con malattia di Pompe) e un caso di cardiomiopatia dilatativa associata a rachitismo carenziale. Di questi, 4 sono deceduti e uno è stato perduto al follow-up mentre la forma associata a rachitismo ha mostrato un netto miglioramento della funzionalità cardiaca dopo appropriata terapia con vitamina D e calcio. In tutti la malattia era stata diagnosticata entro l’anno di vita. Ciò concorda con gli studi documentati in letteratura che associano le malattie metaboliche ad un esordio precoce e ad una prognosi infausta. Da un punto di vista morfologico, un’evoluzione severa si associava alla forma dilatativa, ed in particolare a quella con aspetto non compaction del ventricolo sinistro, rispetto alla ipertrofica e, tra le ipertrofiche, alle forme con ostruzione all’efflusso ventricolare. Conclusioni: in accordo con quanto riscontrato in letteratura, abbiamo visto come le cardiomiopatie associate a forme secondarie, ed in particolare a disordini metabolici, sono di più frequente riscontro nella prima infanzia rispetto alle età successive e, per questo, l’esordio molto precoce di una cardiomiopatia deve essere sempre sospettata come l’espressione di una malattia sistemica. Abbiamo osservato, inoltre, una stretta correlazione tra l’età del bambino alla diagnosi e l’evoluzione della cardiomiopatia, registrando un peggioramento della prognosi in funzione della precocità della manifestazione clinica. In particolare la diagnosi eseguita in epoca prenatale si associava, nella maggior parte dei casi, ad un’evoluzione severa, comportandosi come una variabile indipendente da altri fattori prognostici. Riteniamo, quindi, opportuno sottoporre tutti i bambini con diagnosi di cardiomiopatia effettuata nei primi anni di vita ad uno screening metabolico completo volto ad individuare quelle forme per le quali sia possibile intraprendere una terapia specifica o, al contrario, escludere disordini che possano controindicare, o meno, l’esecuzione di un trapianto cardiaco qualora se ne presenti la necessità clinica.

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Definizione del problema: Nonostante il progresso della biotecnologia medica abbia consentito la sopravvivenza del feto, fuori dall’utero materno, ad età gestazionali sempre più basse, la prognosi a breve e a lungo termine di ogni nuovo nato resta spesso incerta e la medicina non è sempre in grado di rimediare completamente e definitivamente ai danni alla salute che spesso contribuisce a causare. Sottoporre tempestivamente i neonati estremamente prematuri alle cure intensive non ne garantisce la sopravvivenza; allo stesso modo, astenervisi non ne garantisce la morte o almeno la morte immediata; in entrambi i casi i danni alla salute (difetti della vista e dell’udito, cecità, sordità, paralisi degli arti, deficit motori, ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento e del comportamento) possono essere gravi e permanenti ma non sono prevedibili con certezza per ogni singolo neonato. Il futuro ignoto di ogni nuovo nato, insieme allo sgretolamento di terreni morali condivisi, costringono ad affrontare laceranti dilemmi morali sull’inizio e sul rifiuto, sulla continuazione e sulla sospensione delle cure. Oggetto: Questo lavoro si propone di svolgere un’analisi critica di alcune strategie teoriche e pratiche con le quali, nell’ambito delle cure intensive ai neonati prematuri, la comunità scientifica, i bioeticisti e il diritto tentano di aggirare o di risolvere l’incertezza scientifica e morale. Tali strategie sono accomunate dalla ricerca di criteri morali oggettivi, o almeno intersoggettivi, che consentano ai decisori sostituti di pervenire ad un accordo e di salvaguardare il vero bene del paziente. I criteri esaminati vanno dai dati scientifici riguardanti la prognosi dei prematuri, a “fatti” di natura più strettamente morale come la sofferenza del paziente, il rispetto della libertà di coscienza del medico, l’interesse del neonato a sopravvivere e a vivere bene. Obiettivo: Scopo di questa analisi consiste nel verificare se effettivamente tali strategie riescano a risolvere l’incertezza morale o se invece lascino aperto il dilemma morale delle cure intensive neonatali. In quest’ultimo caso si cercherà di trovare una risposta alla domanda “chi deve decidere per il neonato?” Metodologia e strumenti: Vengono esaminati i più importanti documenti scientifici internazionali riguardanti le raccomandazioni mediche di cura e i pareri della comunità scientifica; gli studi scientifici riguardanti lo stato dell’arte delle conoscenze e degli strumenti terapeutici disponibili ad oggi; i pareri di importanti bioeticisti e gli approcci decisionali più frequentemente proposti ed adoperati; alcuni documenti giuridici internazionali riguardanti la regolamentazione della sperimentazione clinica; alcune pronunce giudiziarie significative riguardanti casi di intervento o astensione dall’intervento medico senza o contro il consenso dei genitori; alcune indagini sulle opinioni dei medici e sulla prassi medica internazionale; le teorie etiche più rilevanti riguardanti i criteri di scelta del legittimo decisore sostituto del neonato e la definizione dei suoi “migliori interessi” da un punto di vista filosofico-morale. Struttura: Nel primo capitolo si ricostruiscono le tappe più importanti della storia delle cure intensive neonatali, con particolare attenzione agli sviluppi dell’assistenza respiratoria negli ultimi decenni. In tal modo vengono messi in luce sia i cambiamenti morali e sociali prodotti dalla meccanizzazione e dalla medicalizzazione dell’assistenza neonatale, sia la continuità della medicina neonatale con il tradizionale paternalismo medico, con i suoi limiti teorici e pratici e con lo sconfinare della pratica terapeutica nella sperimentazione incontrollata. Nel secondo capitolo si sottopongono ad esame critico le prime tre strategie di soluzione dell’incertezza scientifica e morale. La prima consiste nel decidere la “sorte” di un singolo paziente in base ai dati statistici riguardanti la prognosi di tutti i nati in condizioni cliniche analoghe (“approccio statistico”); la seconda, in base alla risposta del singolo paziente alle terapie (“approccio prognostico individualizzato”); la terza, in base all’evoluzione delle condizioni cliniche individuali osservate durante un periodo di trattamento “aggressivo” abbastanza lungo da consentire la raccolta dei dati clinici utili a formulare una prognosi sicura(“approccio del trattamento fino alla certezza”). Viene dedicata una più ampia trattazione alla prima strategia perché l’uso degli studi scientifici per predire la prognosi di ogni nuovo nato accomuna i tre approcci e costituisce la strategia più diffusa ed emblematica di aggiramento dell’incertezza. Essa consiste nella costruzione di un’ “etica basata sull’evidenza”, in analogia alla “medicina basata sull’evidenza”, in quanto ambisce a fondare i doveri morali dei medici e dei genitori solo su fatti verificabili (le prove scientifiche di efficacia delle cure)apparentemente indiscutibili, avalutativi o autocertificativi della moralità delle scelte. Poiché la forza retorica di questa strategia poggia proprio su una (parziale) negazione dell’incertezza dei dati scientifici e sulla presunzione di irrilevanza della pluralità e della complessità dei valori morali nelle decisioni mediche, per metterne in luce i limiti si è scelto di dedicare la maggior parte del secondo capitolo alla discussione dei limiti di validità scientifica degli studi prognostici di cui i medici si avvalgono per predire la prognosi di ogni nuovo nato. Allo stesso scopo, in questo capitolo vengono messe in luce la falsa neutralità morale dei giudizi scientifici di “efficacia”, “prognosi buona”, “prognosi infausta” e di “tollerabilità del rischio” o dei “costi”. Nel terzo capitolo viene affrontata la questione della natura sperimentale delle cure intensive per i neonati prematuri al fine di suggerire un’ulteriore ragione dell’incertezza morale, dell’insostenibilità di obblighi medici di trattamento e della svalutazione dell’istituto del consenso libero e informato dei genitori del neonato. Viene poi documentata l’esistenza di due atteggiamenti opposti manifestati dalla comunità scientifica, dai bioeticisti e dal diritto: da una parte il silenzio sulla natura sperimentale delle terapie e dall’altra l’autocertificazione morale della sperimentazione incontrollata. In seguito si cerca di mostrare come entrambi, sebbene opposti, siano orientati ad occultare l’incertezza e la complessità delle cure ai neonati prematuri, per riaffermare, in tal modo, la precedenza dell’autorità decisionale del medico rispetto a quella dei genitori. Il quarto capitolo, cerca di rispondere alla domanda “chi deve decidere in condizioni di incertezza?”. Viene delineata, perciò, un’altra strategia di risoluzione dell’incertezza: la definizione del miglior interesse (best interest) del neonato, come oggetto, limite e scopo ultimo delle decisioni mediche, qualsiasi esse siano. Viene verificata l’ipotesi che il legittimo decisore ultimo sia colui che conosce meglio di ogni altro i migliori interessi del neonato. Perciò, in questo capitolo vengono esposte e criticate alcune teorie filosofiche sul concetto di “miglior interesse” applicato allo speciale status del neonato. Poiché quest’analisi, rivelando l’inconoscibilità del best interest del neonato, non consente di stabilire con sicurezza chi sia intitolato a prendere la decisione ultima, nell’ultimo capitolo vengono esaminate altre ragioni per le quali i genitori dovrebbero avere l’ultima parola nelle decisioni di fine o di proseguimento della vita. Dopo averle scartate, viene proposta una ragione alternativa che, sebbene non risolutiva, si ritiene abbia il merito di riconoscere e di non mortificare l’irriducibilità dell’incertezza e l’estrema complessità delle scelte morali, senza rischiare, però, la paralisi decisionale, il nichilismo morale e la risoluzione non pacifica dei conflitti.

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Le Leucemie Acute Mieloidi di sottotipo FAB M4 e M5, le Leucemie Acute Linfoblastiche e le Leucemie Bifenotipiche sono frequentemente caratterizzate da traslocazioni del gene 11q23/MLL con formazione di oncogeni di fusione e produzione di oncoproteine che inducono la trasformazione neoplastica. Tali leucemie con riarrangiamenti di 11q23/MLL sono caratterizzate da prognosi infausta e scarsa responsività alle terapie convenzionali. Data la necessità di trovare terapie efficaci per le leucemie con traslocazione di MLL, in questo lavoro di ricerca sono stati progettati, caratterizzati e validati siRNA per il silenziamento genico degli oncogeni di fusione di MLL, con lo scopo di valutare il ripristino delle normali funzionalità di differenziamento cellulare e l’arresto della proliferazione neoplastica. Sono stati progettati siRNA specifici per gli oncogeni di fusione di MLL, sia per le regioni conservate nei diversi oncogeni di fusione, sia a livello del punto di fusione (breakpoint), sia per le regioni sui geni partner. I siRNA sono stati valutati su linee cellulari contenenti diverse traslocazioni del gene MLL. Il silenziamento è stato valutato sia a livello cellulare in termini di riduzione della capacità proliferativa e del numero delle cellule leucemiche, sia a livello molecolare tramite l’analisi della diminuzione dell’mRNA degli oncogeni di fusione di MLL. E’ stata valutata la diminuzione delle oncoproteine di fusione di MLL in seguito a trattamento con siRNA. E’ stata analizzata la variazione dell’espressione di geni dipendenti da MLL in seguito a trattamento con siRNA. Sono stati messi a punto modelli murini bioluminescenti di leucemie acute con traslocazioni di MLL innanzitutto per studiare il trafficking in vivo e la progressione leucemica delle leucemie acute con traslocazione di MLL. Successivamente sono stati utilizzati i modelli murini per lo studio in vivo dell’efficienza e della tossicità dei siRNA progettati e validati in vitro, valutando diversi sistemi di delivery per i siRNA in vivo.