941 resultados para La Grande Vallée
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Dans les années 1931-32, les disputes à propos du traité de Versailles accompagnent la montée du fascisme et de la Grande Dépression en Allemagne. Les dirigeants anglosaxons ont justifié leur appui du Reich par leurs opinions publiques et des historiens ont expliqué que ces dernières s’étaient bercées d’illusions sur les enjeux allemands. Mais quelles étaient et d’où provenaient-elles ? Notre étude de quotidiens français, américains et britanniques montre qu’elles n’étaient pas uniquement constituées d’erreurs d’appréciation des réalités objectives, mais aussi de faits occultés, d’inventions, d’une guerre médiatique justifiant les choix de certains dirigeants financiers et politiques anglo-saxons. La diffusion rapide des mêmes inventions des deux côtés de l’Atlantique suggère l’existence de canaux de « fabrique d’opinions » entre l’Allemagne, la Grande-Bretagne, et les États-Unis.
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Ce mémoire vise à évaluer les réformes consistant à encadrer le pouvoir de nomination que confère la prérogative royale au premier ministre. Notre étude s’inspire largement de l’institutionnalisme historique en science politique et des analyses en termes de « path dependency ». Selon cette approche, lorsque les décideurs amorcent une trajectoire de politique publique, leurs décisions subséquentes auront tendance à suivre la même direction. À partir des documents gouvernementaux et des transcriptions de comités parlementaires, ainsi que de l’exemple de la Grande-Bretagne, ce travail cherche à évaluer si les réformes visant à contraindre le pouvoir de nomination du premier ministre canadien ont suivi une trajectoire « path dependent ». Nos conclusions nous amènent plutôt à constater qu’en ce qui concerne les nominations, le Canada est plus monarchique que la Grande-Bretagne. Pour le Canada, l’impression générale qui se dégage à la fin de ce mémoire n’en est pas une de « path dependence » mais plutôt d’incrémentalisme disjoint.
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Con el objetivo de utilizar el entorno m??s pr??ximo para entrar en contacto con el medio natural, comprendi??ndolo e interpret??ndolo, esta gu??a describe, siguiendo el cauce del rio Nora, un recorrido con cinco paradas coincidentes con diferentes ecosistemas. Propone una serie de recomendaciones propias de toda salida al campo y a la vez que describe los lugares va planteando preguntas que en unas ocasiones deja abiertas y en otros completa con una reflexi??n. La parada en la 'Fuente de la Presa', permite reflexionar sobre el agua, tradiciones, leyendas en torno a la misma y sobre el abastecimiento del Concejo; en el lago y en la orilla del rio Nora se analiza la flora y fauna que puede verse y la calidad de sus aguas; otra parada en una casa t??pica permite estudiar las construcciones propias as?? como los recursos agr??colas y ganaderos de la zona; finalmente el bosque aut??ctono como modelo de ecosistema diferente. En las ??ltimas p??ginas de la gu??a se presenta una muestra de dibujos de la flora y fauna del concejo.
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Prima di procedere con il progetto sono state fatte sezioni storiche dell’area, in epoche indicative, per comprendere quelle che sono le invarianti e le caratteristiche di tale tessuto. Da qui si è dedotto lo schema generatore dell’insediamento che parte dall’identificazione degli assi viari (pedonali e carrabili) già presenti nell’area, che fanno diretto riferimento allo schema cardo-decumanico generatore dell’impianto angioino della città. Con il tracciamento si individuano gli isolati base, che con variazioni formali e tipologiche hanno originato gli edifici di progetto. I corpi di fabbrica generatori della planimetria, dialogano e rimangono a stretto contatto con i pochi edifici agibili, per i quali sono previsti consolidamenti e ristrutturazioni, qualora necessari. Inevitabile è stato il confronto con l’orografia, prestando particolare attenzione a non annullare con l’inserimento degli edifici il dislivello presente, ma lasciarlo percepire chiaramente: l’attacco a terra di ogni edificio avviene gradualmente, passando dai due piani fuori terra a monte ai tre, quattro a valle. Ovviamente non tutti gli assi sono stati trattati allo stesso modo, ma conseguentemente alla loro funzione e carattere di utilizzo. Analizzando la struttura viaria dell’intera area, si presentano schematicamente due anelli di circonvallazione del centro urbano: uno più esterno, di più recente costruzione, rappresentato da via XX Settembre, e uno più vecchio, che rimane rasente al centro storico, costituito dal viale Duca Degli Abruzzi, che prosegue in viale Giovanni XXIII e termina nel viadotto Belvedere. Quest’ultimo asse rappresenta sicuramente un importante collegamento cittadino, sia per la vicinanza al centro, sia per le porzioni di città messe in comunicazione; nonostante ciò il viadotto ha subito, all’altezza di viale Nicolò Persichetti, uno smottamento dopo il 6 aprile, ed essendo un elemento di scarso valore architettonico e spaziale, la sua presenza è stata ripensata. Compiendo una deviazione su via XX Settembre al termine di viale Duca Degli Abruzzi, che va a sfruttare la già presente via Fonte Preturo, non si va a rivoluzionante l’odierno assetto, che confluisce comunque, qualche centinaio di metri dopo, in via XX Settembre è si eliminano le connotazioni negative che il viadotto avrebbe sul rinnovato ingresso al centro storico. La vivibilità tende a favorire così collegamento e all’eterogeneità degli spazi più che la separazione fisica e psicologica: il concetto di città fa riferimento alla vita in comune; per favorirla è importante incentivare i luoghi di aggregazione, gli spazi aperti. Dalle testimonianze degli aquilani la vita cittadina vedeva il centro storico come principale luogo d’incontro sociale. Esso era animato dal numeroso “popolo” di studenti, che lo manteneva attivo e vitale. Per questo nelle intenzioni progettuali si pone l’accento su una visione attiva di città con un carattere unitario come sostiene Ungers3. La funzione di collegamento, che crea una struttura di luoghi complementari, può essere costituita dal sistema viario e da quello di piazze (luoghi sociali per eccellenza). Via Fontesecco ha la sua terminazione nell’omonima piazza: questo spazio urbano è sfruttato, nella conformazione attuale, come luogo di passaggio, piuttosto che di sosta, per questo motivo deve essere ricalibrato e messo in relazione ad un sistema più ampio di quello della sola via. In questo sistema di piazze rientra anche la volontà di mettere in relazione le emergenze architettoniche esistenti nell’area e nelle immediate vicinanze, quali la chiesa e convento dell’Addolorata, Palazzo Antonelli e la chiesa di San Domenico (che si attestano tutte su spazi aperti), e la chiesa di San Quinziano su via Buccio di Ranallo. In quest’ottica l’area d’intervento è intesa come appartenente al centro storico, parte del sistema grazie alla struttura di piazze, e allo stesso tempo come zona filtro tra centro e periferia. La struttura di piazze rende l’area complementare alla trama di pieni e vuoti già presente nel tessuto urbano cittadino; la densità pensata nel progetto, vi si accosta con continuità, creando un collegamento con l’esistente; allontanandosi dal centro e avvicinandosi quindi alle più recenti espansioni, il tessuto muta, concedendo più spazio ai vuoti urbani e al verde. Via Fontesecco, il percorso che delimita il lato sud dell’area, oltre ad essere individuata tra due fronti costruiti, è inclusa tra due quinte naturali: il colle dell’Addolorata (con le emergenze già citate) e il colle Belvedere sul quale s’innesta ora il viadotto. Questi due fronti naturali hanno caratteri molto diversi tra loro: il colle dell’Addolorata originariamente occupato da orti, ha un carattere urbano, mentre il secondo si presenta come una porzione di verde incolto e inutilizzato che può essere sfruttato come cerniera di collegamento verticale. Lo stesso declivio naturale del colle d’Addolorata che degrada verso viale Duca Degli Abruzzi, viene trattato nel progetto come una fascia verde di collegamento con il nuovo insediamento universitario. L’idea alla base del progetto dell’edilizia residenziale consiste nel ricostruire insediamenti che appartengano parte della città esistente; si tratta quindi, di una riscoperta del centro urbano e una proposta di maggior densità. Il tessuto esistente è integrato per ottenere isolati ben definiti, in modo da formare un sistema ben inserito nel contesto. Le case popolari su via Fontesecco hanno subito con il sisma notevoli danni, e dovendo essere demolite, hanno fornito l’occasione per ripensare all’assetto del fronte, in modo da integrarlo maggiormente con il tessuto urbano retrostante e antistante. Attualmente la conformazione degli edifici non permette un’integrazione ideale tra i percorsi di risalita pedonale al colle dell’Addolorata e la viabilità. Le scale terminano spesso nella parte retrostante gli edifici, senza sfociare direttamente su via Fontesecco. Si è quindi preferito frammentare il fronte, che rispecchiasse anche l’assetto originario, prima cioè dell’intervento fascista, e che consentisse comunque una percezione prospettica e tipologica unitaria, e un accesso alla grande corte retrostante. Il nuovo carattere di via Fontesecco, risultante dalle sezioni stradali e dalle destinazioni d’uso dei piani terra degli edifici progettuali, è quello di un asse commerciale e di servizio per il quartiere. L’intenzione, cercando di rafforzare l’area di progetto come nuovo possibile ingresso al centro storico, è quella di estendere l’asse commerciale fino a piazza Fontesecco, in modo da rendere tale spazio di aggregazione vitale: “I luoghi sono come monadi, come piccoli microcosmi, mondi autonomi, con tutte le loro caratteristiche, pregi e difetti, inseriti in un macrocosmo urbano più grande, che partendo da questi piccoli mondi compone una metropoli e un paesaggio”.4[...] Arretrando verso l’altura dell’Addolorata è inserita la grande corte del nuovo isolato residenziale, anch’essa con servizi (lavanderie, spazi gioco, palestra) ma con un carattere diverso, legato più agli edifici che si attestano sulla corte, anche per l’assenza di un accesso carrabile diretto; si crea così una gerarchia degli spazi urbani: pubblico sulla via e semi-pubblico nella corte pedonale. La piazza che domina l’intervento (piazza dell’Addolorata) è chiusa da un edificio lineare che funge da “quinta”, il centro civico. Molto flessibile, presenta al suo interno spazi espositivi e un auditorium a diretta disposizione del quartiere. Sempre sulla piazza sono presenti una caffetteria, accessibile anche dal parco, che regge un sistema di scale permettendo di attraversare il dislivello con la “fascia” verde del colle, e la nuova ala dell’Hotel “Duca degli Abruzzi”, ridimensionata rispetto all’originale (in parte distrutto dal terremoto), che si va a collegare in maniera organica all’edificio principale. Il sistema degli edifici pubblici è completo con la ricostruzione del distrutto “Istituto della Dottrina Cristiana”, adiacente alla chiesa di San Quinziano, che va a creare con essa un cortile di cui usufruiscono gli alunni di questa scuola materna ed elementare. Analizzando l’intorno, gran parte dell’abitato è definito da edifici a corte che, all’interno del tessuto compatto storico riescono a sopperire la mancanza di spazi aperti con corti, più o meno private, anche per consentire ai singoli alloggi una giusta illuminazione e areazione. Nel progetto si passa da due edifici a corti semi-private, chiusi in se stessi, a un sistema più grande e complesso che crea un ampio “cortile” urbano, in cui gli edifici che vi si affacciano (case a schiera e edifici in linea) vanno a caratterizzare gli spazi aperti. Vi è in questa differenziazione l’intenzione di favorire l’interazione tra le persone che abitano il luogo, il proposito di realizzare elementi di aggregazione più privati di una piazza pubblica e più pubblici di una corte privata. Le variazioni tipologiche degli alloggi poi, (dalla casa a schiera e i duplex, al monolocale nell’edilizia sociale) comportano un’altrettanta auspicabile mescolanza di utenti, di classi sociali, età e perché no, etnie diverse che permettano una flessibilità nell’utilizzo degli spazi pubblici.
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Fil: García Crimi, Graciela Edith. Universidad Nacional de Cuyo. Facultad de Odontología
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En 1899 Rubén Darío publicó en La Nación el retrato de un escritor casi desconocido en la Argentina: Ramón del Valle Inclán. En 1910, durante su visita a la Argentina, Valle Inclán dictó varias conferencias sobre literatura y arte, que sólo han quedado registradas en extensas crónicas en La Nación y La Prensa. Se analizarán algunos retratos de Valle Inclán aparecidos en la prensa porteña durante el período 1899-1910, así como también, la imagen de escritor construida en una de sus conferencias, con el objetivo de vislumbrar cómo los retratos y su imagen de escritor se influían mutuamente
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En 1899 Rubén Darío publicó en La Nación el retrato de un escritor casi desconocido en la Argentina: Ramón del Valle Inclán. En 1910, durante su visita a la Argentina, Valle Inclán dictó varias conferencias sobre literatura y arte, que sólo han quedado registradas en extensas crónicas en La Nación y La Prensa. Se analizarán algunos retratos de Valle Inclán aparecidos en la prensa porteña durante el período 1899-1910, así como también, la imagen de escritor construida en una de sus conferencias, con el objetivo de vislumbrar cómo los retratos y su imagen de escritor se influían mutuamente
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En 1899 Rubén Darío publicó en La Nación el retrato de un escritor casi desconocido en la Argentina: Ramón del Valle Inclán. En 1910, durante su visita a la Argentina, Valle Inclán dictó varias conferencias sobre literatura y arte, que sólo han quedado registradas en extensas crónicas en La Nación y La Prensa. Se analizarán algunos retratos de Valle Inclán aparecidos en la prensa porteña durante el período 1899-1910, así como también, la imagen de escritor construida en una de sus conferencias, con el objetivo de vislumbrar cómo los retratos y su imagen de escritor se influían mutuamente
Mariage et altérité : les alliances mixtes chez la noblesse canadienne après la Conquête (1760-1800)
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Le 8 septembre 1760, la Nouvelle-France s’incline devant son opposant, la Grande-Bretagne, après six années de conflits armés. La fin des hostilités en Europe, concrétisée par la signature du traité de Paris le 10 février 1763, marque un tournant pour les habitants de la vallée du Saint-Laurent qui ont désormais un nouveau souverain. Le changement de régime est lourd de répercussions, particulièrement pour la noblesse canadienne. Étant donné qu’ils sont dépendants des dirigeants afin d’obtenir des postes de choix, les membres de ce groupe privilégié ayant décidé de rester dans la colonie doivent s’adapter s’ils désirent maintenir leur statut social. L’arrivée des nouvelles élites militaires, administratives et commerciales britanniques oblige la noblesse à se renouveler. Les familles nobles ont-elles usé de stratégies matrimoniales en mariant leurs enfants à des individus non francophones dans le but de se rapprocher des autorités? En contrepartie, ces alliances interethniques ont-elles permis aux conjoints « étrangers » de s’insérer dans les réseaux seigneuriaux? Les unions mixtes impliquant un membre de la noblesse sont peu nombreuses (38) et concernent surtout les filles nobles. La présence de fils nobles n’est pas pour autant inexistante, bien que les comportements de ceux-ci se distinguent de leurs compatriotes féminines. Ayant des caractéristiques hétérogènes, les mariages mixtes perpétuent tout de même les pratiques en place sous le régime français, notamment sur le plan sociodémographique. Les parcours religieux variés sont toutefois le reflet de la période de transition que constitue la deuxième moitié du XVIIIe siècle. Sur le plan socioprofessionnel, les conjoints non francophones ont relativement bien tiré profit de leur alliance avec une noble canadienne, contrairement aux pères nobles. Malgré leur nombre restreint, l’étude des mariages mixtes permet de documenter un phénomène jusque là méconnu, en plus d’approfondir les connaissances en histoire de la famille et du genre pour les quarante années qui suivent la Conquête.
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Resumen: Del mismo modo como hace no muchos años la ciudadanía europea se conmovió frente al planteo sobre las raíces cristianas en el momento de redactar la Constitución de la Unión Europea, dando lugar a numerosos discursos sobre la necesidad de no olvidar la verdadera cultura y enseñanza que había ennoblecido al Viejo Mundo, hace casi un año una sentencia proveniente de la Corte de Estrasburgo aplicable al Estado italiano, el caso “Lautsi c. Italy”, ha generado numerosas reacciones en diferentes sectores intelectuales permitiendo el desarrollo de notables argumentos que han intentado desenmascarar los verdaderos rostros que se encontraban velados detrás de los lugares comunes de la argumentación jurídico-política de los últimos dos siglos, especialmente los de laicidad, neutralidad, igualdad y libertad. De este modo la radicalización y desarrollo llevado al extremo de las premisas de la Ilustración ha mostrado su real fisonomía y consecuencia. Para tal propósito el análisis se concentra en la apelación a la Grande Chambre presentada por el Estado italiano y los sucesivos aportes provenientes de la doctrina europea, especialmente a través de valiosos Congresos y Jornadas dedicados a la problemática.
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Los agrietamientos poligonales representan una forma común de modelado granítico cuyo origen y evolución continúa en fase de estudio, no existiendo una sistematización de estas estructuras diversas. Algunos autores explican su origen por procesos geodinámicos internos, relacionándolo con movimientos de planos de fractura en estados tardíos de consolidación magmática. Otros autores atribuyen su formación y desarrollo a factores externos relacionados con el régimen climático. La gran variedad de agrietamientos poligonales requiere la utilización de un número mayor de variables para definir los distintos orígenes, y las posibles interrelaciones entre los factores externos e internos, así como para explicar la evolución de dichas estructuras y avanzar en la clasificación de los patrones concretos. Este trabajo pretende contribuir a sistematizar los mecanismos que intervienen en el desarrollo de agrietamientos poligonales. Para ello se estudian únicamente agrietamientos poligonales formados sobre planos de fractura verticales o subverticales. En particular se establecen relaciones entre la presencia de agrietamientos poligonales y la red de fracturación, la altura de aparición, la orientación e inclinación de la pared, la morfología de las placas y la profundidad de incisión de las grietas perimetrales. Por otra parte, establece relaciones entre procesos geodinámicos internos y procesos de meteorización externos.
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La necesidad de contar con un mapa de base científica que cubriera todo el territorio español llevó al Estado a crear en paralelo varias Comisiones con cometidos geodésicos, topográficos y cartográficos durante la década de 1850. La labor simultánea de estas Comisiones se prolongó hasta 1859, cuando se aprobó la Ley de Medición del Territorio, que las fusionó en un único organismo. Este artículo analiza aspectos técnicos de los trabajos que realizaron estas Comisiones a partir de la información contenida en algunos documentos que custodia el Archivo Topográfico del IGN. Las conclusiones que se extraen son que estas Comisiones acometieron operaciones geodésicas que resultaron cruciales en el establecimiento ulterior de la red de triangulación peninsular, realizaron mediciones topográficas que fueron reutilizadas veinte años después en el levantamiento del Mapa Topográfico Nacional, e idearon las características catastrales que fueron adoptadas durante todo el siglo posterior para el Catastro de España.
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L'objet de cette recherche-action est la pratique de gestion des membres de la direction des écoles se situant dans la perspective de l'autodéveloppement. Plus d'une quarantaine d'entre eux, sur une période de deux années, se sont réunis dans des cercles d'analyse pour explorer leur pratique de gestion. Lorsque les membres de la direction agissent dans l'optique de l'autodéveloppement, ils se donnent le mandat d'organiser l'auto-organisation de l'école. Notre projet de recherche-action visait à explorer, avec eux, leurs modalités de gestion qui s'inspirent de cette vision. Il visait aussi à explorer des voies nouvelles permettant de mieux utiliser les marges d'action dont ils disposent. L'école est enchevêtrée dans une organisation d'organisations scolaires. La grande organisation scolaire l'intègre en tant que partie. Mais en tant qu'organisation spécifique, elle s'y différencie. À son tour, l'école devient un grand toit intégrant ses parties qui s'y différencient aussi. Les membres de la direction des écoles qui se réfèrent à l'autodéveloppernent veulent amplifier leur différenciation et celle de ses actrices et acteurs. Ils veulent aussi recourir à des modalités de coordination dites de concertation permettant cette différenciation. Les membres de la direction des écoles rencontrés dans les cercles participent et déterminent la mouvance organisationnelle actuellement vécue. Réussiront-ils à actualiser davantage les conceptions de pratique qui'ils avancent? L'idée de l'autodéveloppement est sous-jacente, sinon sous-entendue, à la mouvance organisationnelle vécue dans les écoles actuellement. L'apport principal de cette recherche-action est de rendre compte de pratiques et de conceptions de membres de direction d'école s'inscrivant dans cette idée. Notre cadre théorique, en proposant une articulation conceptuelle de cette vision de l'organisation, a permis de donner corps aux diverses et multiples pratiques et conceptions observées. Il a permis aussi d'y déceler des tendances. Cette articulation, en s'appuyant sur la nouvelle épistémologie de l'auto-organisation, offre une esquisse d'un cadre de référence pour la gestion des écoles. Son application pourrait être approfondie dans de nouvelles recherches-action."--Résumé abrégé par UMI
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La présente étude vise à explorer le lien possible entre le développement de comportements déviants (troubles du comportement et délinquance) et la qualité des relations maîtres-élèves à l'adolescence. Celles-ci sont considérées sous deux angles distincts, soit la qualité des relations entretenues personnellement par les élèves avec leurs enseignants (relations interpersonnelles : relation chaleureuse et relation conflictuelle maîtres-élèves), soit la perception des élèves de la qualité globale des relations maîtres-élèves dans l'école (relations globales : climat relationnel entre les élèves et les adultes, pratiques pédagogiques et pratiques de gestion des comportements). Les analyses ont été effectuées sur un échantillon incluant 1171 élèves de première secondaire (garçons: 52,9%; filles: 47,1%; âge moyen: 12,75 ans), venant tous de vivre la transition primaire-secondaire, issus de 5 écoles (2 privées et 3 publiques) de la grande région de Montréal. Plus spécifiquement, les données utilisées sont longitudinales et ont été recueillies au cours de la première année (2000-2001: 3 moments de mesure) du Projet Montréalais sur le Développement de la Dépression Adolescente (PMDDA). Une série de régressions multiples hiérarchiques a été effectuée afin d'évaluer l'impact relatif des différentes facettes des relations maîtres-élèves sur le développement de comportements déviants en début d'adolescence. Des analyses additionnelles ont, par la suite, permis d'identifier si ces relations pouvaient être modérées par le sexe et le niveau antérieur de comportements déviants. Les résultats démontrent que plusieurs aspects des relations maîtres-élèves peuvent avoir un impact sur le développement de comportements déviants à l'adolescence. L'apparition de troubles du comportement est influencée davantage par les relations interpersonnelles, tandis que le développement de la délinquance est influencée par les deux types de relations maîtres-élèves à l'étude (interpersonnelles et globales). Certains aspects des relations maîtres-élèves ont également des impacts différents selon le sexe: les pratiques pédagogiques prédisent les deux types de comportements déviants seulement chez les garçons et la relation conflictuelle a un effet plus prononcé chez les filles que chez les garçons pour ce qui est des troubles du comportement. Finalement, une des conclusions principales de cette étude suggère que des programmes de nature curative pourraient être mis en place pour diminuer la présence de comportements déviants. Effectivement, ce sont plus particulièrement les élèves présentant des niveaux moyen et élevé de comportements déviants qui sont affectés par les relations maîtres-élèves.
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Dissertação apresentada ao Instituto Politécnico do Porto para obtenção do Grau de Mestre em Gestão das Organizações, Ramo de Gestão de Empresas Orientada por: Professora Doutora Paula Odete Fernandes Professor Doutor Rui da Assunção Esteves Pimenta