992 resultados para INFORMATICA
Resumo:
L’analisi del movimento umano ha come obiettivo la descrizione del movimento assoluto e relativo dei segmenti ossei del soggetto e, ove richiesto, dei relativi tessuti molli durante l’esecuzione di esercizi fisici. La bioingegneria mette a disposizione dell’analisi del movimento gli strumenti ed i metodi necessari per una valutazione quantitativa di efficacia, funzione e/o qualità del movimento umano, consentendo al clinico l’analisi di aspetti non individuabili con gli esami tradizionali. Tali valutazioni possono essere di ausilio all’analisi clinica di pazienti e, specialmente con riferimento a problemi ortopedici, richiedono una elevata accuratezza e precisione perché il loro uso sia valido. Il miglioramento della affidabilità dell’analisi del movimento ha quindi un impatto positivo sia sulla metodologia utilizzata, sia sulle ricadute cliniche della stessa. Per perseguire gli obiettivi scientifici descritti, è necessario effettuare una stima precisa ed accurata della posizione e orientamento nello spazio dei segmenti ossei in esame durante l’esecuzione di un qualsiasi atto motorio. Tale descrizione può essere ottenuta mediante la definizione di un modello della porzione del corpo sotto analisi e la misura di due tipi di informazione: una relativa al movimento ed una alla morfologia. L’obiettivo è quindi stimare il vettore posizione e la matrice di orientamento necessari a descrivere la collocazione nello spazio virtuale 3D di un osso utilizzando le posizioni di punti, definiti sulla superficie cutanea ottenute attraverso la stereofotogrammetria. Le traiettorie dei marker, così ottenute, vengono utilizzate per la ricostruzione della posizione e dell’orientamento istantaneo di un sistema di assi solidale con il segmento sotto esame (sistema tecnico) (Cappozzo et al. 2005). Tali traiettorie e conseguentemente i sistemi tecnici, sono affetti da due tipi di errore, uno associato allo strumento di misura e l’altro associato alla presenza di tessuti molli interposti tra osso e cute. La propagazione di quest’ultimo ai risultati finali è molto più distruttiva rispetto a quella dell’errore strumentale che è facilmente minimizzabile attraverso semplici tecniche di filtraggio (Chiari et al. 2005). In letteratura è stato evidenziato che l’errore dovuto alla deformabilità dei tessuti molli durante l’analisi del movimento umano provoca inaccuratezze tali da mettere a rischio l’utilizzabilità dei risultati. A tal proposito Andriacchi scrive: “attualmente, uno dei fattori critici che rallentano il progresso negli studi del movimento umano è la misura del movimento scheletrico partendo dai marcatori posti sulla cute” (Andriacchi et al. 2000). Relativamente alla morfologia, essa può essere acquisita, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tecniche per bioimmagini. Queste vengono fornite con riferimento a sistemi di assi locali in generale diversi dai sistemi tecnici. Per integrare i dati relativi al movimento con i dati morfologici occorre determinare l’operatore che consente la trasformazione tra questi due sistemi di assi (matrice di registrazione) e di conseguenza è fondamentale l’individuazione di particolari terne di riferimento, dette terne anatomiche. L’identificazione di queste terne richiede la localizzazione sul segmento osseo di particolari punti notevoli, detti repere anatomici, rispetto ad un sistema di riferimento solidale con l’osso sotto esame. Tale operazione prende il nome di calibrazione anatomica. Nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento viene implementata una calibrazione anatomica a “bassa risoluzione” che prevede la descrizione della morfologia dell’osso a partire dall’informazione relativa alla posizione di alcuni repere corrispondenti a prominenze ossee individuabili tramite palpazione. Attraverso la stereofotogrammetria è quindi possibile registrare la posizione di questi repere rispetto ad un sistema tecnico. Un diverso approccio di calibrazione anatomica può essere realizzato avvalendosi delle tecniche ad “alta risoluzione”, ovvero attraverso l’uso di bioimmagini. In questo caso è necessario disporre di una rappresentazione digitale dell’osso in un sistema di riferimento morfologico e localizzare i repere d’interesse attraverso palpazione in ambiente virtuale (Benedetti et al. 1994 ; Van Sint Jan et al. 2002; Van Sint Jan et al. 2003). Un simile approccio è difficilmente applicabile nella maggior parte dei laboratori di analisi del movimento, in quanto normalmente non si dispone della strumentazione necessaria per ottenere le bioimmagini; inoltre è noto che tale strumentazione in alcuni casi può essere invasiva. Per entrambe le calibrazioni anatomiche rimane da tenere in considerazione che, generalmente, i repere anatomici sono dei punti definiti arbitrariamente all’interno di un’area più vasta e irregolare che i manuali di anatomia definiscono essere il repere anatomico. L’identificazione dei repere attraverso una loro descrizione verbale è quindi povera in precisione e la difficoltà nella loro identificazione tramite palpazione manuale, a causa della presenza dei tessuti molli interposti, genera errori sia in precisione che in accuratezza. Tali errori si propagano alla stima della cinematica e della dinamica articolare (Ramakrishnan et al. 1991; Della Croce et al. 1999). Della Croce (Della Croce et al. 1999) ha inoltre evidenziato che gli errori che influenzano la collocazione nello spazio delle terne anatomiche non dipendono soltanto dalla precisione con cui vengono identificati i repere anatomici, ma anche dalle regole che si utilizzano per definire le terne. E’ infine necessario evidenziare che la palpazione manuale richiede tempo e può essere effettuata esclusivamente da personale altamente specializzato, risultando quindi molto onerosa (Simon 2004). La presente tesi prende lo spunto dai problemi sopra elencati e ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle informazioni necessarie alla ricostruzione della cinematica 3D dei segmenti ossei in esame affrontando i problemi posti dall’artefatto di tessuto molle e le limitazioni intrinseche nelle attuali procedure di calibrazione anatomica. I problemi sono stati affrontati sia mediante procedure di elaborazione dei dati, sia apportando modifiche ai protocolli sperimentali che consentano di conseguire tale obiettivo. Per quanto riguarda l’artefatto da tessuto molle, si è affrontato l’obiettivo di sviluppare un metodo di stima che fosse specifico per il soggetto e per l’atto motorio in esame e, conseguentemente, di elaborare un metodo che ne consentisse la minimizzazione. Il metodo di stima è non invasivo, non impone restrizione al movimento dei tessuti molli, utilizza la sola misura stereofotogrammetrica ed è basato sul principio della media correlata. Le prestazioni del metodo sono state valutate su dati ottenuti mediante una misura 3D stereofotogrammetrica e fluoroscopica sincrona (Stagni et al. 2005), (Stagni et al. 2005). La coerenza dei risultati raggiunti attraverso i due differenti metodi permette di considerare ragionevoli le stime dell’artefatto ottenute con il nuovo metodo. Tale metodo fornisce informazioni sull’artefatto di pelle in differenti porzioni della coscia del soggetto e durante diversi compiti motori, può quindi essere utilizzato come base per un piazzamento ottimo dei marcatori. Lo si è quindi utilizzato come punto di partenza per elaborare un metodo di compensazione dell’errore dovuto all’artefatto di pelle che lo modella come combinazione lineare degli angoli articolari di anca e ginocchio. Il metodo di compensazione è stato validato attraverso una procedura di simulazione sviluppata ad-hoc. Relativamente alla calibrazione anatomica si è ritenuto prioritario affrontare il problema associato all’identificazione dei repere anatomici perseguendo i seguenti obiettivi: 1. migliorare la precisione nell’identificazione dei repere e, di conseguenza, la ripetibilità dell’identificazione delle terne anatomiche e della cinematica articolare, 2. diminuire il tempo richiesto, 3. permettere che la procedura di identificazione possa essere eseguita anche da personale non specializzato. Il perseguimento di tali obiettivi ha portato alla implementazione dei seguenti metodi: • Inizialmente è stata sviluppata una procedura di palpazione virtuale automatica. Dato un osso digitale, la procedura identifica automaticamente i punti di repere più significativi, nella maniera più precisa possibile e senza l'ausilio di un operatore esperto, sulla base delle informazioni ricavabili da un osso digitale di riferimento (template), preliminarmente palpato manualmente. • E’ stato poi condotto uno studio volto ad indagare i fattori metodologici che influenzano le prestazioni del metodo funzionale nell’individuazione del centro articolare d’anca, come prerequisito fondamentale per migliorare la procedura di calibrazione anatomica. A tale scopo sono stati confrontati diversi algoritmi, diversi cluster di marcatori ed è stata valutata la prestazione del metodo in presenza di compensazione dell’artefatto di pelle. • E’stato infine proposto un metodo alternativo di calibrazione anatomica basato sull’individuazione di un insieme di punti non etichettati, giacenti sulla superficie dell’osso e ricostruiti rispetto ad un TF (UP-CAST). A partire dalla posizione di questi punti, misurati su pelvi coscia e gamba, la morfologia del relativo segmento osseo è stata stimata senza identificare i repere, bensì effettuando un’operazione di matching dei punti misurati con un modello digitale dell’osso in esame. La procedura di individuazione dei punti è stata eseguita da personale non specializzato nell’individuazione dei repere anatomici. Ai soggetti in esame è stato richiesto di effettuare dei cicli di cammino in modo tale da poter indagare gli effetti della nuova procedura di calibrazione anatomica sulla determinazione della cinematica articolare. I risultati ottenuti hanno mostrato, per quel che riguarda la identificazione dei repere, che il metodo proposto migliora sia la precisione inter- che intraoperatore, rispetto alla palpazione convenzionale (Della Croce et al. 1999). E’ stato inoltre riscontrato un notevole miglioramento, rispetto ad altri protocolli (Charlton et al. 2004; Schwartz et al. 2004), nella ripetibilità della cinematica 3D di anca e ginocchio. Bisogna inoltre evidenziare che il protocollo è stato applicato da operatori non specializzati nell’identificazione dei repere anatomici. Grazie a questo miglioramento, la presenza di diversi operatori nel laboratorio non genera una riduzione di ripetibilità. Infine, il tempo richiesto per la procedura è drasticamente diminuito. Per una analisi che include la pelvi e i due arti inferiori, ad esempio, l’identificazione dei 16 repere caratteristici usando la calibrazione convenzionale richiede circa 15 minuti, mentre col nuovo metodo tra i 5 e i 10 minuti.
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Interaction protocols establish how different computational entities can interact with each other. The interaction can be finalized to the exchange of data, as in 'communication protocols', or can be oriented to achieve some result, as in 'application protocols'. Moreover, with the increasing complexity of modern distributed systems, protocols are used also to control such a complexity, and to ensure that the system as a whole evolves with certain features. However, the extensive use of protocols has raised some issues, from the language for specifying them to the several verification aspects. Computational Logic provides models, languages and tools that can be effectively adopted to address such issues: its declarative nature can be exploited for a protocol specification language, while its operational counterpart can be used to reason upon such specifications. In this thesis we propose a proof-theoretic framework, called SCIFF, together with its extensions. SCIFF is based on Abductive Logic Programming, and provides a formal specification language with a clear declarative semantics (based on abduction). The operational counterpart is given by a proof procedure, that allows to reason upon the specifications and to test the conformance of given interactions w.r.t. a defined protocol. Moreover, by suitably adapting the SCIFF Framework, we propose solutions for addressing (1) the protocol properties verification (g-SCIFF Framework), and (2) the a-priori conformance verification of peers w.r.t. the given protocol (AlLoWS Framework). We introduce also an agent based architecture, the SCIFF Agent Platform, where the same protocol specification can be used to program and to ease the implementation task of the interacting peers.
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Advances in wireless networking and content delivery systems are enabling new challenging provisioning scenarios where a growing number of users access multimedia services, e.g., audio/video streaming, while moving among different points of attachment to the Internet, possibly with different connectivity technologies, e.g., Wi-Fi, Bluetooth, and cellular 3G. That calls for novel middlewares capable of dynamically personalizing service provisioning to the characteristics of client environments, in particular to discontinuities in wireless resource availability due to handoffs. This dissertation proposes a novel middleware solution, called MUM, that performs effective and context-aware handoff management to transparently avoid service interruptions during both horizontal and vertical handoffs. To achieve the goal, MUM exploits the full visibility of wireless connections available in client localities and their handoff implementations (handoff awareness), of service quality requirements and handoff-related quality degradations (QoS awareness), and of network topology and resources available in current/future localities (location awareness). The design and implementation of the all main MUM components along with extensive on the field trials of the realized middleware architecture confirmed the validity of the proposed full context-aware handoff management approach. In particular, the reported experimental results demonstrate that MUM can effectively maintain service continuity for a wide range of different multimedia services by exploiting handoff prediction mechanisms, adaptive buffering and pre-fetching techniques, and proactive re-addressing/re-binding.
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Many combinatorial problems coming from the real world may not have a clear and well defined structure, typically being dirtied by side constraints, or being composed of two or more sub-problems, usually not disjoint. Such problems are not suitable to be solved with pure approaches based on a single programming paradigm, because a paradigm that can effectively face a problem characteristic may behave inefficiently when facing other characteristics. In these cases, modelling the problem using different programming techniques, trying to ”take the best” from each technique, can produce solvers that largely dominate pure approaches. We demonstrate the effectiveness of hybridization and we discuss about different hybridization techniques by analyzing two classes of problems with particular structures, exploiting Constraint Programming and Integer Linear Programming solving tools and Algorithm Portfolios and Logic Based Benders Decomposition as integration and hybridization frameworks.
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The increasing diffusion of wireless-enabled portable devices is pushing toward the design of novel service scenarios, promoting temporary and opportunistic interactions in infrastructure-less environments. Mobile Ad Hoc Networks (MANET) are the general model of these higly dynamic networks that can be specialized, depending on application cases, in more specific and refined models such as Vehicular Ad Hoc Networks and Wireless Sensor Networks. Two interesting deployment cases are of increasing relevance: resource diffusion among users equipped with portable devices, such as laptops, smart phones or PDAs in crowded areas (termed dense MANET) and dissemination/indexing of monitoring information collected in Vehicular Sensor Networks. The extreme dynamicity of these scenarios calls for novel distributed protocols and services facilitating application development. To this aim we have designed middleware solutions supporting these challenging tasks. REDMAN manages, retrieves, and disseminates replicas of software resources in dense MANET; it implements novel lightweight protocols to maintain a desired replication degree despite participants mobility, and efficiently perform resource retrieval. REDMAN exploits the high-density assumption to achieve scalability and limited network overhead. Sensed data gathering and distributed indexing in Vehicular Networks raise similar issues: we propose a specific middleware support, called MobEyes, exploiting node mobility to opportunistically diffuse data summaries among neighbor vehicles. MobEyes creates a low-cost opportunistic distributed index to query the distributed storage and to determine the location of needed information. Extensive validation and testing of REDMAN and MobEyes prove the effectiveness of our original solutions in limiting communication overhead while maintaining the required accuracy of replication degree and indexing completeness, and demonstrates the feasibility of the middleware approach.
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This work is structured as follows: In Section 1 we discuss the clinical problem of heart failure. In particular, we present the phenomenon known as ventricular mechanical dyssynchrony: its impact on cardiac function, the therapy for its treatment and the methods for its quantification. Specifically, we describe the conductance catheter and its use for the measurement of dyssynchrony. At the end of the Section 1, we propose a new set of indexes to quantify the dyssynchrony that are studied and validated thereafter. In Section 2 we describe the studies carried out in this work: we report the experimental protocols, we present and discuss the results obtained. Finally, we report the overall conclusions drawn from this work and we try to envisage future works and possible clinical applications of our results. Ancillary studies that were carried out during this work mainly to investigate several aspects of cardiac resynchronization therapy (CRT) are mentioned in Appendix. -------- Ventricular mechanical dyssynchrony plays a regulating role already in normal physiology but is especially important in pathological conditions, such as hypertrophy, ischemia, infarction, or heart failure (Chapter 1,2.). Several prospective randomized controlled trials supported the clinical efficacy and safety of cardiac resynchronization therapy (CRT) in patients with moderate or severe heart failure and ventricular dyssynchrony. CRT resynchronizes ventricular contraction by simultaneous pacing of both left and right ventricle (biventricular pacing) (Chapter 1.). Currently, the conductance catheter method has been used extensively to assess global systolic and diastolic ventricular function and, more recently, the ability of this instrument to pick-up multiple segmental volume signals has been used to quantify mechanical ventricular dyssynchrony. Specifically, novel indexes based on volume signals acquired with the conductance catheter were introduced to quantify dyssynchrony (Chapter 3,4.). Present work was aimed to describe the characteristics of the conductancevolume signals, to investigate the performance of the indexes of ventricular dyssynchrony described in literature and to introduce and validate improved dyssynchrony indexes. Morevoer, using the conductance catheter method and the new indexes, the clinical problem of the ventricular pacing site optimization was addressed and the measurement protocol to adopt for hemodynamic tests on cardiac pacing was investigated. In accordance to the aims of the work, in addition to the classical time-domain parameters, a new set of indexes has been extracted, based on coherent averaging procedure and on spectral and cross-spectral analysis (Chapter 4.). Our analyses were carried out on patients with indications for electrophysiologic study or device implantation (Chapter 5.). For the first time, besides patients with heart failure, indexes of mechanical dyssynchrony based on conductance catheter were extracted and studied in a population of patients with preserved ventricular function, providing information on the normal range of such a kind of values. By performing a frequency domain analysis and by applying an optimized coherent averaging procedure (Chapter 6.a.), we were able to describe some characteristics of the conductance-volume signals (Chapter 6.b.). We unmasked the presence of considerable beat-to-beat variations in dyssynchrony that seemed more frequent in patients with ventricular dysfunction and to play a role in discriminating patients. These non-recurrent mechanical ventricular non-uniformities are probably the expression of the substantial beat-to-beat hemodynamic variations, often associated with heart failure and due to cardiopulmonary interaction and conduction disturbances. We investigated how the coherent averaging procedure may affect or refine the conductance based indexes; in addition, we proposed and tested a new set of indexes which quantify the non-periodic components of the volume signals. Using the new set of indexes we studied the acute effects of the CRT and the right ventricular pacing, in patients with heart failure and patients with preserved ventricular function. In the overall population we observed a correlation between the hemodynamic changes induced by the pacing and the indexes of dyssynchrony, and this may have practical implications for hemodynamic-guided device implantation. The optimal ventricular pacing site for patients with conventional indications for pacing remains controversial. The majority of them do not meet current clinical indications for CRT pacing. Thus, we carried out an analysis to compare the impact of several ventricular pacing sites on global and regional ventricular function and dyssynchrony (Chapter 6.c.). We observed that right ventricular pacing worsens cardiac function in patients with and without ventricular dysfunction unless the pacing site is optimized. CRT preserves left ventricular function in patients with normal ejection fraction and improves function in patients with poor ejection fraction despite no clinical indication for CRT. Moreover, the analysis of the results obtained using new indexes of regional dyssynchrony, suggests that pacing site may influence overall global ventricular function depending on its relative effects on regional function and synchrony. Another clinical problem that has been investigated in this work is the optimal right ventricular lead location for CRT (Chapter 6.d.). Similarly to the previous analysis, using novel parameters describing local synchrony and efficiency, we tested the hypothesis and we demonstrated that biventricular pacing with alternative right ventricular pacing sites produces acute improvement of ventricular systolic function and improves mechanical synchrony when compared to standard right ventricular pacing. Although no specific right ventricular location was shown to be superior during CRT, the right ventricular pacing site that produced the optimal acute hemodynamic response varied between patients. Acute hemodynamic effects of cardiac pacing are conventionally evaluated after stabilization episodes. The applied duration of stabilization periods in most cardiac pacing studies varied considerably. With an ad hoc protocol (Chapter 6.e.) and indexes of mechanical dyssynchrony derived by conductance catheter we demonstrated that the usage of stabilization periods during evaluation of cardiac pacing may mask early changes in systolic and diastolic intra-ventricular dyssynchrony. In fact, at the onset of ventricular pacing, the main dyssynchrony and ventricular performance changes occur within a 10s time span, initiated by the changes in ventricular mechanical dyssynchrony induced by aberrant conduction and followed by a partial or even complete recovery. It was already demonstrated in normal animals that ventricular mechanical dyssynchrony may act as a physiologic modulator of cardiac performance together with heart rate, contractile state, preload and afterload. The present observation, which shows the compensatory mechanism of mechanical dyssynchrony, suggests that ventricular dyssynchrony may be regarded as an intrinsic cardiac property, with baseline dyssynchrony at increased level in heart failure patients. To make available an independent system for cardiac output estimation, in order to confirm the results obtained with conductance volume method, we developed and validated a novel technique to apply the Modelflow method (a method that derives an aortic flow waveform from arterial pressure by simulation of a non-linear three-element aortic input impedance model, Wesseling et al. 1993) to the left ventricular pressure signal, instead of the arterial pressure used in the classical approach (Chapter 7.). The results confirmed that in patients without valve abnormalities, undergoing conductance catheter evaluations, the continuous monitoring of cardiac output using the intra-ventricular pressure signal is reliable. Thus, cardiac output can be monitored quantitatively and continuously with a simple and low-cost method. During this work, additional studies were carried out to investigate several areas of uncertainty of CRT. The results of these studies are briefly presented in Appendix: the long-term survival in patients treated with CRT in clinical practice, the effects of CRT in patients with mild symptoms of heart failure and in very old patients, the limited thoracotomy as a second choice alternative to transvenous implant for CRT delivery, the evolution and prognostic significance of diastolic filling pattern in CRT, the selection of candidates to CRT with echocardiographic criteria and the prediction of response to the therapy.
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The world of communication has changed quickly in the last decade resulting in the the rapid increase in the pace of peoples’ lives. This is due to the explosion of mobile communication and the internet which has now reached all levels of society. With such pressure for access to communication there is increased demand for bandwidth. Photonic technology is the right solution for high speed networks that have to supply wide bandwidth to new communication service providers. In particular this Ph.D. dissertation deals with DWDM optical packet-switched networks. The issue introduces a huge quantity of problems from physical layer up to transport layer. Here this subject is tackled from the network level perspective. The long term solution represented by optical packet switching has been fully explored in this years together with the Network Research Group at the department of Electronics, Computer Science and System of the University of Bologna. Some national as well as international projects supported this research like the Network of Excellence (NoE) e-Photon/ONe, funded by the European Commission in the Sixth Framework Programme and INTREPIDO project (End-to-end Traffic Engineering and Protection for IP over DWDM Optical Networks) funded by the Italian Ministry of Education, University and Scientific Research. Optical packet switching for DWDM networks is studied at single node level as well as at network level. In particular the techniques discussed are thought to be implemented for a long-haul transport network that connects local and metropolitan networks around the world. The main issues faced are contention resolution in a asynchronous variable packet length environment, adaptive routing, wavelength conversion and node architecture. Characteristics that a network must assure as quality of service and resilience are also explored at both node and network level. Results are mainly evaluated via simulation and through analysis.