288 resultados para ero
Resumo:
Objective. Previous in vitro study has shown that TiF(4) varnish might reduce enamel erosion. No data regarding the effect of this experimental varnish on enamel erosion plus abrasion, however, are available so far. Thus, this in vitro study aimed to analyse the effect of TiF4 compared with NaF varnishes and solutions, to protect against enamel erosion with or without abrasion. Methods. Enamel specimens were pre-treated with experimental-TiF4 (2.45% F), experimentalNaF (2.45% F), NaF-Duraphat (2.26% F), and placebo varnishes; NaF (2.26% F) and TiF4 (2.45% F) solutions. Controls remained untreated. The erosive challenge was performed using a soft drink (pH 2.6) 4 u 90 s / day (ERO) and the toothbrushing abrasion (ERO+ ABR) 2 u 10 s / day, for 5 days. Between the challenges, the specimens were exposed to artificial saliva. Enamel loss was measured profilometrically (lm). Results. Kruskal-Wallis / Dunn tests showed that all fluoridated varnishes (TiF4-ERO: 0.53 +/- 0.20, ERO+ ABR: 0.65 +/- 0.19/ NaF-ERO: 0.94 +/- 0.18, ERO+ ABR: 1.74 +/- 0.37 / Duraphat-ERO: 1.00 +/- 0.37, ERO+ ABR: 1.72 +/- 0.58) were able to significantly reduce enamel loss when compared with placebo varnish (ERO: 3.45 +/- 0.41 / ERO+ ABR: 3.20 +/- 0.66) (P < 0.0001). Placebo varnish, control (ERO: 2.68 +/- 0.53 / ERO+ ABR: 3.01 +/- 0.34), and fluoridated (NaF-ERO: 2.84 +/- 0.09 / ERO+ ABR: 2.40 +/- 0.21 / TiF4-ERO: 3.55 +/- 0.59 / ERO+ ABR: 4.10 +/- 0.38) solutions did not significantly differ from each other. Conclusion. Based on the results, it can be concluded that the TiF4 varnish seems to be a promising treatment to reduce enamel loss under mild erosive and abrasive conditions in vitro.
Resumo:
[ES] Las revistas de CCAFD en España han experimentado en los últimos años un aumento de su calidad y difusión. Esto ha sido posible por el cambio en el modelo de publicación/edición, que ha pasado del papel al electrónico. Además, se ha producido un aumento de la calidad editorial debido a la inclusión en distintas bases de datos (Scopus, Latindex, DICE, ISOC, etc.) que exigen unos de terminados requisitos a las revistas para poder ser indexadas en las mismas. Ese cumplimiento de los requisitos ha permitido un crecimiento en la difusión de los contenidos, aumentando el núm ero de citas. Otro aspecto interesante es la aplicación del modelo de acceso abierto, que permite el acceso libre y gratuito a los contenidos. Sin embargo, aún queda camino por recorrer, como la internacionalización de nuestras revistas, que tendrán que ser evaluadas con los criterios aceptados por la comunidad científica mundial. Las revistas de CCAFD en España han experimentado en los últimos años un aumento de su calidad y difusión. Esto ha sido posible por el cambio en el modelo de publicación/edición, que ha pasado del papel al electrónico. Además, se ha producido un aumento de la calidad editorial debido a la inclusión en distintas bases de datos (Scopus, Latindex, DICE, ISOC, etc.) que exigen unos de terminados requisitos a las revistas para poder ser indexadas en las mismas. Ese cumplimiento de los requisitos ha permitido un crecimiento en la difusión de los contenidos, aumentando el núm ero de citas. Otro aspecto interesante es la aplicación del modelo de acceso abierto, que permite el acceso libre y gratuito a los contenidos. Sin embargo, aún queda camino por recorrer, como la internacionalización de nuestras revistas, que tendrán que ser evaluadas con los criterios aceptados por la comunidad científica mundial.
Resumo:
La Rocca delle Caminate nella coscienza e nell’immaginario Ben volentieri mi sono occupato dell’ambizioso progetto di restauro e recupero funzionale della Rocca delle Caminate, perché se è vero che il complesso ha rivestito un’importanza rilevante sotto il profilo storico e politico di questa parte di Romagna, è pur vero che vive nei miei ricordi fin dall’epoca dell’infanzia, ed è venuto acquistando nel tempo un preciso valore nella mia coscienza e nel mio immaginario. Questa rocca, questa fortificazione, questa torre che si staglia all’orizzonte dominando con austerità le amene vallate, l’ho sempre veduta e ha sempre sollevato in me suggestioni e interrogativi che però non mi ero mai preoccupato di chiarire: ero, per così dire, rimasto fedele alla mia emotività e mi erano bastati i racconti di nonna che andava spesso rammentando di quando, durante il ventennio fascista, insieme alle sorelle percorreva a piedi i sentieri che dalla vicina Dogheria conducevano alle Caminate, in occasione di una tal festa o di una tal funzione religiosa. Le sue parole e i suoi racconti continuano a donarmi un po’ del profumo dell’epoca, e fa specie notare come ancora oggi – in un tempo che fa dello sfavillio delle luci sfoggio di opulenza e miraggio di benessere – vengano puntualmente traditi dall’ammirazione per un faro che all’epoca ruotava emanando luce verde, bianca e rossa: quella del tricolore italiano. La Rocca delle Caminate – dicevo – è sempre stata una veduta familiare e fin troppo consuetudinaria, nei cui riguardi ero quasi giunto a una sorta d’indolenza intellettuale. Eppure, alla vigilia di decidere l’oggetto di questa tesi, ho volto lo sguardo ancora verso la “torre che domina a meraviglia il circostante paese”, ma in questa circostanza trovandomi cambiato: non più solo emozionato dal racconto nella memoria degli anziani, bensì spinto a una sfida anche per onorare il loro attaccamento verso questa fortificazione. È un popolo, quello che ho trovato, che mi ha stupito alquanto per la capacità di ricordare. Voglio dire ricordo, non trasognata visione; sottolineo fulgida testimonianza, non di rado animata dalla fierezza di chi sente fortemente il radicamento a una terra e rivendica il diritto di poter un giorno rivedere la ‘propria’ Rocca come l’ha veduta un tempo, poterla finalmente visitare e toccare, al di là di ogni colore politico, al di là di ogni vicenda passata, bella o brutta che sia. Poterla, in concreto, vivere. Così, un giorno ho varcato il limite dell’ingresso della Rocca e ho iniziato a camminare lungo il viale che conduce al castello; mi sono immerso nel parco e ho goduto della frescura dei pini, dei frassini e dei cipressi che fanno da contorno alla fortificazione. Certamente, ho avvertito un po’ di soggezione giunto ai piedi dell’arce, e mi è sorto spontaneo pormi alcune domande: quanti fanti e cavalieri saranno giunti a questa sommità in armi? Quanti ne saranno morti travolti nella furia della battaglia? Quanti uomini avranno provveduto alla sicurezza di questi bastioni oggi privati per sempre delle originarie mura difensive? Quanti castellani avranno presieduto alla difesa del castro? Ma più che a ogni altra cosa, il mio pensiero è andato a un protagonista della storia recente, a Benito Mussolini, che fra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta aveva eletto questo luogo a dimora estiva. Camminando lungo i corridoi della residenza e visitando le ampie stanze, nel rimbombo dei miei passi è stato pressoché impossibile non pensare a quest’uomo che si riconosceva in un duce e che qui ha passato le sue giornate, qui ha indetto feste, qui ha tenuto incontri politici e ha preso importanti decisioni. Come dimenticare quel mezzobusto, quella testa, quella postura impettita? Come dimenticare quello sguardo sempre un po’ accigliato e quei proclami che coglievano il plauso delle masse prima ancora di essere compiutamente formulati? In questo clima, fra castellani, capitani, cavalieri e duces di ogni epoca, sono entrato in punta di piedi, procedendo ai rilevamenti e ai calcoli per la realizzazione di questo progetto. È vero, non è stato facile muoversi nel silenzio che avvolge questo posto magico senza romperne l’incanto, e se a volte, maldestramente, ho fatto più rumore del solito, me ne rammarico. Sono sicuro che questi illustri signori sapranno scusarmene.
Resumo:
Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.
Resumo:
In this thesis, atomistic simulations are performed to investigate hydrophobic solvation and hydrophobic interactions in cosolvent/water binary mixtures. Many cosolvent/water binary mixtures exhibit non-ideal behavior caused by aggregation at the molecular scale level although they are stable and homogenous at the macroscopic scale. Force-field based atomistic simulations provide routes to relate atomistic-scale structure and interactions to thermodynamic solution properties. The predicted solution properties are however sensitive to the parameters used to describe the molecular interactions. In this thesis, a force field for tertiary butanol (TBA) and water mixtures is parameterized by making use of the Kirkwood-Buff theory of solution. The new force field is capable of describing the alcohol-alcohol, water-water and alcohol-water clustering in the solution as well as the solution components’ chemical potential derivatives in agreement with experimental data. With the new force field, the preferential solvation and the solvation thermodynamics of a hydrophobic solute in TBA/water mixtures have been studied. First, methane solvation at various TBA/water concentrations is discussed in terms of solvation free energy-, enthalpy- and entropy- changes, which have been compared to experimental data. We observed that the methane solvation free energy varies smoothly with the alcohol/water composition while the solvation enthalpies and entropies vary nonmonotonically. The latter occurs due to structural solvent reorganization contributions which are not present in the free energy change due to exact enthalpy-entropy compensation. It is therefore concluded that the enthalpy and entropy of solvation provide more detailed information on the reorganization of solvent molecules around the inserted solute. Hydrophobic interactions in binary urea/water mixtures are next discussed. This system is particularly relevant in biology (protein folding/unfolding), however, changes in the hydrophobic interaction induced by urea molecules are not well understood. In this thesis, this interaction has been studied by calculating the free energy (potential of mean force), enthalpy and entropy changes as a function of the solute-solute distance in water and in aqueous urea (6.9 M) solution. In chapter 5, the potential of mean force in both solution systems is analyzed in terms of its enthalpic and entropic contributions. In particular, contributions of solvent reorganization in the enthalpy and entropy changes are studied separately to better understand what are the changes in interactions in the system that contribute to the free energy of association of the nonpolar solutes. We observe that in aqueous urea the association between nonpolar solutes remains thermodynamically favorable (i.e., as it is the case in pure water). This observation contrasts a long-standing belief that clusters of nonpolar molecules dissolve completely in the presence of urea molecules. The consequences of our observations for the stability of proteins in concentrated urea solutions are discussed in the chapter 6 of the thesis.
Resumo:
Il mio elaborato è focalizzato sulla storia dell’Estonia durante l’occupazione nazista, il periodo che ricoprì gli anni tra il 1941 al 1944. Il lavoro parte dalla descrizione della panoramica storica generale della seconda guerra mondiale in Estonia per passare al racconto dettagliato di uno degli strumenti di terrore utilizzato dai nazisti: i campi di concentramento. In questo lavoro mi soffermo sulle peculiarità dell’organizzazione dei più importanti campi di concentramento, che erano in funzione in tutto il territorio del paese in vari periodi della guerra e sulle categorie degli internati, dedicando una particolare attenzione ai deportati ebrei e all’Olocausto. Nonostante l’insieme dei campi estoni sia solo una piccola macchia nella mappa di tutti i campi creati dai nazisti nei territori occupati, esso fa parte di una delle tappe storiche più tragiche per il paese. La cosa che spesso viene dimenticata in Estonia e completamente sconosciuta all’estero. Pertanto, l’obiettivo che mi ero prefissata era quello di avvicinare il lettore italiano alla storia della seconda guerra mondiale in Estonia, non tramite una descrizione generale del regime, ma focalizzandosi sulla piccola realtà dei deportati nei campi di concentramento. Il tema del mio elaborato è strettamente legato agli aspetti del collaborazionismo, della memoria e dell’interpretazione della storia del paese. Sono gli argomenti che, come si vedrà, causano ancora problematiche nel paese baltico e pertanto sono molto attuali.
Resumo:
Con questa tesi intendo presentare la mia proposta di traduzione della sezione “École de danse” del sito internet www.operadeparis.fr. Considerato che il numero di pagine previsto per l’elaborato finale di una laurea triennale è estremamente ridotto, sono stata costretta a fare una selezione delle parti da tradurre. La traduzione dell’intero sito web, infatti, avrebbe richiesto una trattazione molto più lunga e dettagliata, in quanto le informazioni riportate e gli argomenti affrontati sono davvero innumerevoli. Pertanto, ho scelto di incentrare il mio lavoro su quelle che sono le mie passioni: da un lato il chiodo fisso per la danza, arte che pratico da quando ero bambina e che adesso insegno ai più piccoli; dall’altro, l’amore per la Francia e, più nello specifico, per Parigi. Di conseguenza, mi è sembrato doveroso rendere omaggio a Parigi e alla danza applicando le mie conoscenze linguistiche all’ambito traduttivo. La mia tesi si articola dunque come segue. Il primo capitolo si focalizza sul concetto di lingua speciale, grazie all’approfondimento personale di testi sulla didattica e sulla prassi della traduzione specializzata, con particolare attenzione alla lingua speciale della danza. Nel secondo capitolo, affronterò la particolare modalità di scrittura del web, sul quale si incentra la mia traduzione, che sarà presentata immediatamente a seguire, nel terzo capitolo. Al termine della mia proposta traduttiva, sarà possibile trovare tutti i miei commenti relativamente agli aspetti morfosintattici, lessicali e terminologici presenti nelle parti da me selezionate al fine della traduzione. Per concludere, qualche osservazione finale sulla stesura dell’intero elaborato finale e bibliografia e sitografia da me consultate a supporto del mio lavoro di ricerca.
Resumo:
ha-kol bi-khtav ʿalav ... Menasheh ben Yiśraʾel
Resumo:
Seven sediment cores from the cruises of the "Meteor" and "Valdivia" were examined palynologically. The cores were retrieved from the lower continental slope in the area of between 33.5° N and 8° N, off the West African coast. Most of the cores contain sediments from the last Glacial and Interglacial period. In some cases, the Holocene sediments are missing. Some individual cores contain sediments also from earlier Glacial and Interglacial periods. The main reason for making this palynological study was to find out the differences between the vegetation of Glacial and Interglacial periods in those parts of West Africa which at present belong to the Mediterranean zone, the Sahara and the zones of the savannas and tropical forests. In today's Mediterranean vegetation zone at core 33.5° N, forests and deciduous forests in particular, are missing during Glacial conditions. Semi-deserts are found instead of these. In the early isotope stage 1, there is a very significant development of forests which contain evergreen oaks; this is the Mediterranean type of vegestation development. The Sahara type of vegetation development is shown in four cores from between 27° N and 19° N. The differences between Glacial and Interglacial periods are very small. It must be assumed therefore that in this latitudes, both Glacial and Interglacial conditions gave rise to desert generally. The results are in favour of a slightly more arid climate during Glacial and more humid one during Interglacial periods. The southern boundary of the Sahara and the adjacent savannas with grassland and tropical woods were situated more to the south during the Glacial periods than they were during the Interglacial ones. In front of today's savanna belt, it can be seen from the palynological results that there are considerable differences between the vegetation of Glacial and Interglacial periods. The woods are more important in Interglacial periods. During the Glacial periods these are replaced from north to south decreasingly by grassland (savanna and rainforest type of vegetation development). The southern limit of the Sahara during stage 2 was somewhat between 12° N and 8° N which is between 1.5 and 5 degrees in latitude further south than it i s today. Not only do these differences in climate and vegetation apply to the maximum of the last Glacial and for the Holocene, but they apparently apply also to the older Glacial and Interglacial periods, where they have been found in the profiles. The North African deset belt can be said to have expanded during Glacial times both towards the north and towards the south. All the available evidence of this study indicates that the grass land or the semi-desert of the Southern Europe cam einto connection with those of the N Africa; there could not have been any forest zone between them. The present study was also a good opportunity for investigating some of the basic marine palynological problems. The very well known overrepresentation of pollen grains of the genus Pinus in marine sediments can be traced as fa as 21° N. The present southern limit for the genus Pinus is on the Canaries and on the African continent as approximately 31° N. Highest values of Ephedra pollen grains even occur south of the main area of the present distribution of that genus. These does not seem to be any satisfactory explanation for this. In general, it would appear that the transport of pollen grains from the north is more important than transport from the south. The results so far, indicate strongly that further palynological studies are necessary. These should concentrate particularly on cores from between 33° N and 27° N as well as between 17° N and 10° N. It would also be useful to have a more detailed examination of sediments from the last Intergalcial period (substage 5 e). Absolute pollen counts and more general examination of surface samples would be desirable. Surface samples should be taken from the shelf down to the bottom of the continental slope in different latitudes.
Resumo:
Over 100 samples of recent surface sediments from the bottomn of the Atlantic Ocean offshore NW Africa between 34° and 6° N have been analysed palynologically. The objective of this study was to reveal the relation between source areas, transport systems, and resulting distribution patterns of pollen and spores in marine sediments off NW Africa, in order to lay a sound foundation for the interpretation of pollen records of marine cores from this area. The clear zonation of the NW-African vegetation (due to the distinct climatic gradient) is helpful in determining main source areas, and the presence of some major wind belts facilitates the registration of the average course of wind trajectories. The present circulation pattern is driven by the intertropical front (ITCZ) which shifts over the continent between c. 22° N (summer position) and c. 4° N (winter position) in the course of the year. Determination of the period of main pollen release and the average atmospheric circulation pattern effective at that time of the years is of prime importance. The distribution patterns in recent marine sediments of pollen of a series of genera and families appear to record climatological/ecological variables, such as the trajectory of the NE trade, January trades, African Easterly Jet (Saharan Air Layer), the northernmost and southernmost position of the intertropical convergence zone, and the extent and latitudinal situation of the NW-African vegetation belt. Pollen analysis of a series of dated deep-sea cores taken between c. 35° and the equator off NW African enable the construction of paleo-distribution maps for time slices of the past, forming a register of paleoclimatological/paleoecological information.
Resumo:
Fifty samples of Roman time soil preserved under the thick ash layer of the A.D.79 eruption of Mt Vesuvius were studied by pollen analysis: 33 samples from a former vineyard surrounding a Villa Rustica at Boscoreale (excavation site 40 x 50 m), 13 samples taken along the 60 m long swimming pool in the sculpture garden of the Villa of Poppaea at Oplontis, and four samples from the formal garden (12.4 x 17.5 m) of the House of the Gold Bracelet in Pompeii. To avoid contamination with modern pollen all samples were taken immediately after uncovering a new portion of the A.D. 79 soil. For comparison also samples of modern Italian soils were studied. Using standard methods for pollen preparation the pollen content of 15 of the archaeological samples proved to be too little to reach a pollen sum of more than 100 grains. The pollen spectra of these samples are not shown in the pollen tables. (Flotation with a sodium tungstate solution, Na2WO4, D = 2.05, following treatment with HCl and NaOH would probably have given a somewhat better result. This method was, however, not available as too expensive at that time.) Although the archaeological samples were taken a few meters apart their pollen values differ very much from one sample to the other. E.g., at Boscoreale (SW quarter). the pollen values of Pinus range from 1.5 to 54.5% resp. from 1 to 244 pine pollen grains per 1 gram of soil, the extremes even found under pine trees. Vitis pollen was present in 7 of the 11 vineyard samples from Boscoreale (NE quarter) only. Although a maximum of 21.7% is reached, the values of Vitis are mostly below 1.5%. Even the values of common weeds differ very much, not only at Boscoreale, but also at the other two sites. The pollen concentration values show similar variations: 3 to 3053 grains and spores were found in 1 g of soil. The mean value (290) is much less than the number of pollen grains, which would fall on 1 cm2 of soil surface during one year. In contrast, the pollen and spore concentrations of the recent soil samples, treated in exactly the same manner, range from 9313 to almost 80000 grains per 1 g of soil. Evidently most of the Roman time pollen has disappeared since its deposition, the reasons not being clear. Not even species which are known to have been cultivated in the garden of Oplontis, like Citrus and Nerium, plant species with easily distinguishable pollen grains, could be traced by pollen analysis. The loss of most of the pollen grains originally contained in the soil prohibits any detailed interpretation of the Pompeian pollen data. The pollen counts merely name plant species which grew in the region, but not necessarily on the excavated plots.
Resumo:
La producción agrícola mediante cultivo en invernad ero es una de las técnicas más extendidas hoy en día para aumentar los rendimientos agrícolas debido al control de diversos factores de producción como son el riego, la fertilización, humedad relativa, luminosidad o la calidad del sustrato de cultivo. El sustrato de cultivo utilizado tradicionalmente es la turba debido a su excelente combinación de propiedades físico-químicas como son su bajo pH, elevada capacidad de intercambio catiónico o adecuada porosidad. Sin embargo, se trata de un material no renovable y de muy lenta formación, cuyo uso como sustrato está prohibido en muchos países, por lo que en los últimos años se han desarrollado diversos materiales sustitutivos [1,2]. El objetivo principal del presente trabajo es estudiar la utilización de carbón vegetal, restos de poda y mezclas de ambos materiales como sustratos de cultivo.
Resumo:
Objetivou-se avaliar o efeito da suplementação prolongada de grão de soja cru e integral (GSI) como fonte de ácido graxo Ω6 sobre o desempenho produtivo, perfil metabólico, qualidade oocitária e embrionária e função imune de vacas leiteiras no período de transição e início de lactação. Foram selecionadas 44 vacas da raça Holandesa, multíparas e gestantes, com parto previsto para 90 dias após o início da avaliação e fornecimento das dietas experimentais, porém em razão da ocorrência de enfermidades metabólicas ou infecciosas (3 abortos; 3 deslocamentos de abomaso; 3 enfermidades podais; 4 distocias) 13 animais foram retirados do experimento. As vacas foram distribuídas aleatoriamente em quatro grupos experimentais diferindo entre eles o início do fornecimento de grão de soja cru e integral (GSI) durante o pré-parto. A dieta era baseada na inclusão de 12% de GSI %MS, com aproximadamente 5,1% de extrato etéreo (EE) o início de seu fornecimento foi conforme descrito a seguir: Grupo 0: Animais não receberam dieta contendo GSI no pré-parto; Grupo 30: Início do fornecimento de dieta com GSI nos 30 dias finais da gestação; Grupo 60: Início do fornecimento de dieta com GSI nos 60 dias finais da gestação; Grupo 90: Início do fornecimento de dieta com GSI nos 90 dias finais da gestação. Após o parto, todas as vacas receberam dieta única com 5,1% de EE, baseada na inclusão de 12% de GSI %MS até 90 dias de lactação. Os animais foram arraçoados de acordo com o consumo de matéria seca no dia anterior, de forma a ser mantido porcentual de sobras das dietas, diariamente, entre 5 e 10%. As amostras dos alimentos e sobras foram coletadas diariamente e armazenadas a -20ºC. Semanalmente as amostras coletadas diariamente foram misturadas e foi retirada uma amostra composta referente a um período de uma semana, a fim de mensurar o consumo de matéria seca e nutrientes. Amostras de fezes foram coletadas nos dias -56, -21, 21, 56 e 84 dias em relação ao parto, com o propósito de mensurar a digestibilidade da matéria seca e nutrientes. A produção de leite foi mensurada diariamente e para a composição dos teores de gordura, proteína, lactose e perfil de ácidos graxos amostras foram coletadas semanalmente. As amostras de sangue para análise dos metabólitos sanguíneos foram coletadas semanalmente. Amostras de sangue para mensurar a atividade do sistema imune foram coletadas na semanas -8, -4, -2, -1 em relação ao parto, parto, +1, +2, +4 e +8 semanas no período pós-parto. Nos dias 21, 42, 63 e 84 do período pós-parto foram realizadas aspirações foliculares, com posterior fertilização in vitro dos oócitos. Todas as variáveis mensuradas foram analisadas pelo procedimento PROC MIXED do SAS 9.4 através de regressão polinomial, utilizando efeito fixo de tratamento, semana, interação tratamento*semana e efeito de animal dentro de tratamento como aleatório. Utilizou nível de 5% de significância. Foi observado efeito (P<0,05) linear crescente para CEE no pré-parto. Não foi observado diferenças no CMS e nutrientes no pós-parto. Não houve alteração da digestibilidade nos períodos pré e pós-parto. Não houve alteração no balanço de energia e nitrogênio nos periodos pré e pós-parto. Não foi observado diferença na produção, composição e teor dos componentes totais do leite. No perfil de ácidos graxos do leite houve efeito (P<0,05) linear descrescente para as concentrações de C16:1cis, C18:1 cis, total de C:18 insaturado, total de AG monoinsaturados, insaturados e a relação do total de AGS:AGI. Foi observado efeito linear (P<0,05) crescente para o total de AG aturado e efeito (P<0,05) quadrático para C18:2, CLAcis9-trans11, e total de AGPI. Foi observado efeito linear crescente (P<0,05) para colesterol total, LDL no préparto e linear decrescente (P<0,05) para GGT nos períodos pré e pós-parto. Foi observado efeito quadrático (P<0,05) para HDL no pré-parto e AST no pós-parto. Em relação a atividade do sistema imune foi observado efeito linear (P<0,05) crescente para o percentual de CD3+ ativos no pós-parto, para o percentual de monócitos que produziram espécie reativa de oxigênio (ERO) no pós-parto quando foram estimulados por S.aureus e E.coli e para a intensidade de imunofluorescência de ERO para ganulócitos no pós-parto quando estimulados por S.aureus. Foi observado efeito (P<0,05) quadrático para o percentual de granulócitos, mononucleares, CD8+ ativos no pós-parto e para o percentual de granulócitos que produziram ERO no pós-parto quando estimulados por E.coli. A suplementação prolongada com GSI no pré-parto melhora a atividade do sistema imune, não melhora a qualidade oocitária e embrionária bem como não influencia negativamente os parametros produtivos de vacas leiteiras no período de transição e início de lactação