252 resultados para Spettroscopia, nanofili, silicio


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Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo in grado di colonizzare la mucosa gastrica umana e persistere per l'intero arco della vita dell'ospite. E' associato a patologie gastrointestinali, quali gastrite cronica, ulcere gastriche e duodenali, adenocarcinomi e linfomi gastrici. Si tratta di uno dei patogeni più diffusi, presente in circa metà della popolazione mondiale, e il solo che si è adattato a vivere nell'ambiente ostile dello stomaco umano. Molteplici sono i fattori di virulenza che permettono al batterio la colonizzazione della nicchia gastrica e contribuiscono, anche attraverso l' induzione di una risposta infiammatoria, a profonde modificazioni dell' omeostasi gastrica. Queste ultime si associano, ad esempio, all'iperproduzione di fattori proinfiammatori, ad alterazioni sia della regolazione della secrezione acida gastrica sia del ciclo cellulare e della morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule epiteliali gastriche, a disordini nel metabolismo del ferro e a carenze di elementi essenziali. Studi sulla diversità genetica di H. pylori osservata in ceppi isolati da varie regioni del mondo, dimostrano che tale batterio ha avuto una coevoluzione col genere umano attraverso la storia, ed è verosimile che H. pylori sia stato un costituente del microbiota gastrico per almeno 50.000 anni. Scopo della tesi è stato quello di identificare e caratterizzare proteine importanti per la colonizzazione e l'adattamento di H. pylori alla nicchia gastrica. In particolare gli sforzi si sono concentrati su due proteine periplasmatiche, la prima coinvolta nella difesa antiossidante (l'enzima catalasi-like, HP0485), e la seconda nel trasporto di nutrienti presenti nell'ambiente dello stomaco all'interno della cellula (la componente solubile di un ABC transporter, HP0298). La strategia utilizzata prevede un'analisi bioinformatica preliminare, l'ottenimento del gene per amplificazione, mediante PCR, dal genoma dell'organismo, la costruzione di un vettore per il clonaggio, l'espressione eterologa in E. coli e la successiva purificazione. La proteina così ottenuta viene caratterizzata mediante diverse tecniche, quali spettroscopia UV, dicroismo circolare, gel filtrazione analitica, spettrometria di massa. Il capitolo 1 contiene un'introduzione generale sul batterio, il capitolo 2 e il capitolo 3 descrivono gli studi relativi alle due proteine e sono entrambi suddivisi in un abstract iniziale, un'introduzione, la presentazione dei risultati, la discussione di questi ultimi, i materiali e i metodi utilizzati. La catalasi-like (HP0485) è una proteina periplasmatica con struttura monomerica, appartenente ad una famiglia di enzimi a funzione per la maggior parte sconosciuta, ma evolutivamente correlati alla ben nota catalasi, attore fondamentale nella difesa di H. pylori, grazie alla sua azione specifica di rimozione dell'acqua ossigenata. HP0485, pur conservando il fold catalasico e il legame al cofattore eme, non può compiere la reazione di dismutazione dell'acqua ossigenata; possiede invece un'attività perossidasica ad ampio spettro, essendo in grado di accoppiare la riduzione del perossido di idrogeno all'ossidazione di diversi substrati. Come la catalasi, lavora ad alte concentrazioni di aqua ossigenata e non arriva a saturazione a concentrazioni molto elevate di questo substrato (200 mM); la velocità di reazione catalizzata rimane lineare anche a questi valori, aspetto che la differenzia dalle perossidasi che vengono in genere inattivate da concentrazioni di perossido di idrogeno superiori a 10-50 mM. Queste caratteristiche di versatilità e robustezza suggeriscono che la catalasi-like abbia un ruolo di scavenger dell'acqua ossigenata e probabilmente anche un'altra funzione connessa al suo secondo substrato, ossia l'ossidazione di composti nello spazio periplasmatico cellulare. Oltre alla caratterizzazione dell'attività è descritta anche la presenza di un ponte disolfuro, conservato nelle catalasi-like periplasmatiche, con un ruolo nell'assemblaggio dell'eme per ottenere un enzima attivo e funzionale. La proteina periplasmatica HP0298, componente di un sistema di trasporto ABC, è classificata come trasportatore di dipeptidi e appartiene a una famiglia di proteine in grado di legare diversi substrati, tra cui di- e oligopeptidi, nichel, eme, glutatione. Benchè tutte associate a trasportatori di membrana batterici, queste proteine presentano un dominio di legame al substrato che risulta essere conservato nei domini extracellulari di recettori specifici di mammifero e uomo. Un esempio sono i recettori ionotropici e metabotropici del sistema nervoso. Per caratterizzare questa proteina è stato messo a punto un protocollo di ligand-fishing accoppiato alla spettrometria di massa. La proteina purificata, avente un tag di istidine, è stata incubata con un estratto cellulare di H. pylori per poter interagire con il suo substrato specifico all'interno dell'ambiente naturale in cui avviene il legame. Il complesso proteina-ligando è stato poi purificato per cromatografia di affinità e analizzato mediante HPLC-MS. L'identificazione dei picchi differenziali tra campioni con la proteina e 5 campioni di controllo ha portato alla caratterizzazione di pentapeptidi particolarmente ricchi in aminoacidi idrofobici e con almeno un residuo carico negativamente. Considerando che H. pylori necessita di alcuni aminoacidi essenziali, per la maggior parte idrofobici, e che lo stomaco umano è particolarmente ricco di peptidi prodotti dalla digestione delle proteine introdotte con il cibo, il ruolo fisiologico di HP0298 potrebbe essere l'internalizzazione di peptidi, con caratteristiche specifiche di lunghezza e composizione, che sono naturalmente presenti nella nicchia gastrica.

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Las estrellas masivas desempeñan un papel fundamental en la evolución de las Galaxias, siendo la fuente primordial de generación y dispersión de elementos como el oxígeno, silicio, etc., en el medio interestelar. La masa de la estrella es el parámetro más determinante en los procesos de evolución de la estrella, pero su determinación no siempre es posible sin el uso de calibraciones externas. Afortunadamente, la naturaleza nos ofrece las estrellas binarias como laboratorios astrofísicos, donde es posible la determinación de las masas de sus componentes a partir del movimiento orbital de las mismas. En esta tesis se presentan el análisis espectroscópico y fotométrico de cuatros sistemas binarios cuyas componentes son estrellas masivas.

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L’oggetto di analisi del presente lavoro di tesi è il modello di Operational Excellence noto come World Class Manufacturing in particolare l’approccio allo step 6 del pilastro Professional Maintenance, dove si richiede l’implementazione di un sistema di manutenzione PREDITTIVA, la cosiddetta CBM (Conditional Based Maintenance) . Il modello a cui si fa riferimento fu teorizzato dal professore giapponese H. Yamashina verso la metà degli anni 2000 e giunse in Italia attorno al 2005, quando Fiat Group (oggi FCA) lo adottò come approccio standard alla gestione della produzione. Questo tipo di analisi, orientata verso una prospettiva pratica più che teorica, deriva direttamente da un’esperienza sul campo che ho svolto all’interno di un’azienda che ha aderito al World Class Manufacturing (WCM). Nel capitolo 1 verrà proposto un excursus delle metodologie alla base del WCM e del percorso storico che ha portato alla formulazione del modello. Nel secondo capitolo verrà proposto un caso di applicazione del WCM all'interno di un Gruppo, nella fattispecie Ariston Thermo Group (ATG). Dopo un’overview sul Gruppo e sulla storia della sua adesione al programma di miglioramento, la trattazione si focalizza sull'approccio di ATG al WCM. Nel terzo capitolo verrà introdotta la Manutenzione Professionale secondo le principali politiche manutentive schematizzate dal WCM. Verranno presentate singolarmente per sottolineare i loro obiettivi seguiti dai vantaggi e svantaggi che si possono ottenere nell’implementare ogni singola politica. Nel quarto capitolo verranno specificate sotto un aspetto prettamente pratico le varie attività svolte dalla PM così da evidenziare lo sviluppo e il miglioramento continuo che essa sta ottenendo dall’introduzione del WCM; principalmente la presentazione delle varie attività si riferiscono al passaggio allo step 6 della PM, dove verrà presentata approfonditamente elencando e analizzando tutte le attività svolte per approcciarsi alla CBM.

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Oggigiorno la ricerca di nuovi materiali per gradatori di campo da impiegarsi in accessori di cavi ha iniziato a studiare alcuni materiali nano dielettrici con proprietà elettriche non lineari con la tensione ed aventi proprietà migliorate rispetto al materiale base. Per questo motivo in questo elaborato si sono studiati materiali nanostrutturati a base di polietilene a bassa densità (LDPE) contenenti nano polveri di grafene funzionalizzato (G*), ossido di grafene (GO) e carbon black (CB). Il primo obiettivo è stato quello di selezionare e ottimizzare i metodi di fabbricazione dei provini. La procedura di produzione è suddivisa in due parti. Nella prima parte è stata utilizzatala tecnica del ball-milling, mentre nella seconda un pressa termica (thermal pressing). Mediante la spettroscopia dielettrica a banda larga (BDS) si sono misurate le componenti reali e immaginarie della permettività e il modulo della conducibilità del materiale, in tensione alternata. Il miglioramento delle proprietà rispetto al provino di base composto dal solo polietilene si sono ottenute quando il quantitativo delle nanopolveri era maggiore. Le misure sono state effettuate sia a 3 V che a 1 kV. Attraverso misurazioni di termogravimetria (TGA) si è osservato l’aumento della resistenza termica di tutti i provini, soprattutto nel caso quando la % di nanopolveri è maggiore. Per i provini LDPE + 0.3 wt% GO e LDPE + 0.3 wt% G* si è misurata la resistenza alle scariche parziali attraverso la valutazione dell’erosione superficiale dei provini. Per il provino contenente G* è stato registrato una diminuzione del 22% del volume eroso, rispetto al materiale base, mentre per quello contenente GO non vi sono state variazioni significative. Infine si è ricercata la resistenza al breakdown di questi ultimi tre provini sopra citati. Per la caratterizzazione si è fatto uso della distribuzione di Weibull. Lo scale parameter α risulta aumentare solo per il provino LDPE + 0.3 wt% G*.

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Among the Solar System’s bodies, Moon, Mercury and Mars are at present, or have been in the recent years, object of space missions aimed, among other topics, also at improving our knowledge about surface composition. Between the techniques to detect planet’s mineralogical composition, both from remote and close range platforms, visible and near-infrared reflectance (VNIR) spectroscopy is a powerful tool, because crystal field absorption bands are related to particular transitional metals in well-defined crystal structures, e.g., Fe2+ in M1 and M2 sites of olivine or pyroxene (Burns, 1993). Thanks to the improvements in the spectrometers onboard the recent missions, a more detailed interpretation of the planetary surfaces can now be delineated. However, quantitative interpretation of planetary surface mineralogy could not always be a simple task. In fact, several factors such as the mineral chemistry, the presence of different minerals that absorb in a narrow spectral range, the regolith with a variable particle size range, the space weathering, the atmosphere composition etc., act in unpredictable ways on the reflectance spectra on a planetary surface (Serventi et al., 2014). One method for the interpretation of reflectance spectra of unknown materials involves the study of a number of spectra acquired in the laboratory under different conditions, such as different mineral abundances or different particle sizes, in order to derive empirical trends. This is the methodology that has been followed in this PhD thesis: the single factors previously listed have been analyzed, creating, in the laboratory, a set of terrestrial analogues with well-defined composition and size. The aim of this work is to provide new tools and criteria to improve the knowledge of the composition of planetary surfaces. In particular, mixtures composed with different content and chemistry of plagioclase and mafic minerals have been spectroscopically analyzed at different particle sizes and with different mineral relative percentages. The reflectance spectra of each mixture have been analyzed both qualitatively (using the software ORIGIN®) and quantitatively applying the Modified Gaussian Model (MGM, Sunshine et al., 1990) algorithm. In particular, the spectral parameter variations of each absorption band have been evaluated versus the volumetric FeO% content in the PL phase and versus the PL modal abundance. This delineated calibration curves of composition vs. spectral parameters and allow implementation of spectral libraries. Furthermore, the trends derived from terrestrial analogues here analyzed and from analogues in the literature have been applied for the interpretation of hyperspectral images of both plagioclase-rich (Moon) and plagioclase-poor (Mars) bodies.

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La TiO2 è uno dei materiali più studiati degli ultimi decenni. I motivi sono da ricercarsi nelle sue numerose applicazioni, possibili in molti campi come dispositivi fotovoltaici, depurazione da agenti inquinanti o filtraggio di raggi UV. Per le celle elettrochimiche in particolare, il biossido di titanio offre molti vantaggi, ma non è privo di ostacoli. Il limite principale è lo scarso assorbimento dello spettro visibile, dovuto all’energy gap elevato (circa 3.2 eV). La ricerca da diversi anni si concentra sul tentativo di aumentare l’assorbimento di luce solare: promettenti sono i risultati raggiunti grazie alla forma nanoparticellare della TiO2, che presenta proprietà diverse dal materiale bulk. Una delle strategie più studiate riguarda il drogaggio tramite impurità, che dovrebbero aumentare le prestazioni di assorbimento del materiale. Gli elementi ritenuti migliori a questo scopo sono il vanadio e l’azoto, che possono essere usati sia singolarmente che in co-doping. In questo lavoro abbiamo realizzato la crescita di nanoparticelle di V-TiO2, tramite Inert Gas Condensation. La morfologia e la struttura atomica sono state analizzate attraverso microscopia a trasmissione, analizzandone la mappe tramite image processing. Successivamente abbiamo studiato le proprietà di assorbimento ottico dei campioni, nello spettro visibile e nel vicino ultravioletto, attraverso il metodo della riflettanza diffusa, determinando poi il bandgap tramite Tauc Plot. L’esperimento centrale di questo lavoro di tesi è stato condotto sulla beamline ID26 dell’European Synchrotron Radiation Facility, a Grenoble. Lì, abbiamo effettuato misure XANES, allo scopo di studiare gli stati fotoeccitati del materiale. L’eccitazione avveniva mediante laser con lunghezza d’onda di 532 nm. Tramite gli spettri, abbiamo analizzato la struttura locale e lo stato di ossidazione del vanadio. Le variazioni indotta dal laser hanno permesso di capire il trasferimento di carica e determinare la vita media.

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Il lavoro oggetto di questa tesi è rivolto alla sintesi e alla caratterizzazione di materiali nanostrutturati costituiti da biossido di titanio e ossido di silicio da utilizzare come fotocatalizzatori per la depurazione delle acque. L’obiettivo è stato quello di realizzare un sistema in fase solida costituito da una matrice inerte, la silice, e una fase fotocataliticamente attiva, la nano-TiO2. Tale sistema si inserisce perfettamente nel settore di ricerca che studia la sintesi colloidale di eterostrutture nano e micro cristalline che combinano materiali diversi in un’unica particella. Il progetto nasce all’interno dell’ISTEC-CNR di Faenza, dove è stato svolto il lavoro.

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Actualmente, la física de plasmas constituye una parte importante de la investigación en física que está siendo desarrollada. Su campo de aplicación varía desde el estudio de plasmas interestelares y cósmicos, como las estrellas, las nebulosas, el medio intergaláctico, etc.; hasta aplicaciones más terrenales como la producción de microchips o los dispositivos de iluminación. Resulta particularmente interesante el estudio del contacto de una superficie metálica con un plasma. Siendo la razón que, la dinámica de la interfase formada entre un plasma imperturbado y una superficie metálica, resulta de gran importancia cuando se trata de estudiar problemas como: la implantación iónica en una oblea de silicio, el grabado por medio de plasmas, la carga de una aeronave cuando atraviesa la ionosfera y la diagnosis de plasmas mediante sondas de Langmuir. El uso de las sondas de Langmuir está extendido a través de multitud de aplicaciones tecnológicas e industriales como método de diagnosis de plasmas. Algunas de estas aplicaciones han sido mencionadas justo en el párrafo anterior. Es más, su uso también es muy popular en la investigación en física de plasmas, por ser una de las pocas técnicas de diagnosis que proporciona información local sobre el plasma. El equipamiento donde es habitualmente implementado varía desde plasmas de laboratorio de baja temperatura hasta plasmas de fusión en dispositivos como tokamaks o stellerators. La geometría más popular de este tipo de sondas es cilíndrica, y la principal magnitud que se usa para diagnosticar el plasma es la corriente recogida por la sonda cuando se encuentra polarizada a un cierto potencial. Existe un interes especial en diagnosticar por medio de la medida de la corriente iónica recogida por la sonda, puesto que produce una perturbación muy pequeña del plasma en comparación con el uso de la corriente electrónica. Dada esta popularidad, no es de extrañar que grandes esfuerzos se hayan realizado en la consecución de un modelo teórico que explique el comportamiento de una sonda de Langmuir inmersa en un plasma. Hay que remontarse a la primera mitad del siglo XX para encontrar las primeras teorías que permiten diagnosticar parámetros del plasma mediante la medida de la corriente iónica recogida por la sonda de Langmuir. Desde entonces, las mejoras en estos modelos y el desarrollo de otros nuevos ha sido una constante en la investigación en física de plasmas. No obstante, todavía no está claro como los iones se aproximan a la superficie de la sonda. Las dos principales, a la par que opuestas, aproximaciones al problema que están ampliamente aceptadas son: la radial y la orbital; siendo el problema que ambas predicen diferentes valores para la corriente iónica. Los experimentos han arrojado resultados de acuerdo con ambas teorías, la radial y la orbital; y lo que es más importante, una transición entre ambos ha sido recientemente observada. La mayoría de los logros conseguidos a la hora de comprender como los iones caen desde el plasma hacia la superficie de la sonda, han sido llevados a cabo en el campo de la dinámica de fluidos o la teoría cinética. Por otra parte, este problema puede ser abordado mediante el uso de simulaciones de partículas. La principal ventaja de las simulaciones de partículas sobre los modelos de fluidos o cinéticos es que proporcionan mucha más información sobre los detalles microscópicos del movimiento de las partículas, además es relativamente fácil introducir interacciones complejas entre las partículas. No obstante, estas ventajas no se obtienen gratuitamente, ya que las simulaciones de partículas requieren grandísimos recursos. Por esta razón, es prácticamente obligatorio el uso de técnicas de procesamiento paralelo en este tipo de simulaciones. El vacío en el conocimiento de las sondas de Langmuir, es el que motiva nuestro trabajo. Nuestra aproximación, y el principal objetivo de este trabajo, ha sido desarrollar una simulación de partículas que nos permita estudiar el problema de una sonda de Langmuir inmersa en un plasma y que está negativamente polarizada con respecto a éste. Dicha simulación nos permitiría estudiar el comportamiento de los iones en los alrededores de una sonda cilíndrica de Langmuir, así como arrojar luz sobre la transición entre las teorías radiales y orbitales que ha sido observada experimentalmente. Justo después de esta sección introductoria, el resto de la tesis está dividido en tres partes tal y como sigue: La primera parte está dedicada a establecer los fundamentos teóricos de las sondas de Langmuir. En primer lugar, se realiza una introducción general al problema y al uso de sondas de Langmuir como método de diagnosis de plasmas. A continuación, se incluye una extensiva revisión bibliográfica sobre las diferentes teorías que proporcionan la corriente iónica recogida por una sonda. La segunda parte está dedicada a explicar los detalles de las simulaciones de partículas que han sido desarrolladas a lo largo de nuestra investigación, así como los resultados obtenidos con las mismas. Esta parte incluye una introducción sobre la teoría que subyace el tipo de simulaciones de partículas y las técnicas de paralelización que han sido usadas en nuestros códigos. El resto de esta parte está dividido en dos capítulos, cada uno de los cuales se ocupa de una de las geometrías consideradas en nuestras simulaciones (plana y cilíndrica). En esta parte discutimos también los descubrimientos realizados relativos a la transición entre el comportamiento radial y orbital de los iones en los alrededores de una sonda cilíndrica de Langmuir. Finalmente, en la tercera parte de la tesis se presenta un resumen del trabajo realizado. En este resumen, se enumeran brevemente los resultados de nuestra investigación y se han incluido algunas conclusiones. Después de esto, se enumeran una serie de perspectivas futuras y extensiones para los códigos desarrollados.

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Uno de los nanos materiales más investigados actualmente es la nano-sílice, la cual ha despertado el interés de muchos investigadores debido a que está aportando grandes beneficios a los materiales base cemento. La nano-sílice ha demostrado que mejora las propiedades de los materiales cementantes tanto en estado fresco como en endurecido. Puede modificar las propiedades reológicas o la trabajabilidad en estado fresco, así como la resistencia a la compresión y la porosidad de las estructuras después de la etapa de endurecimiento. Es por esto que estas nano-partículas representan la oportunidad de realizar importantes avances que permitan optimizar el uso de los recursos actuales y el aprovechamiento de los materiales cementantes. En este trabajo, se está estudiando la posibilidad de utilizar la nano-sílice como un tratamiento superficial que ayude a disminuir el impacto del medio ambiente en estructuras en servicio que puedan presentar un cierto deterioro. Se analiza la utilización de nano-partículas en concreto en estado endurecido con el fin de mejorar su desempeño y sus aspectos de durabilidad. Por medio del método de migración electroquímica, basado en el transporte de partículas con cierta carga bajo la acción de un campo eléctrico, se favorece la penetración de nano-partículas de sílice hacia el interior de un mortero de cemento Portland desde una cara expuesta a una solución coloidal. Las partículas se mueven por acción del campo eléctrico hacia el ánodo situado en la cara opuesta de la probeta de mortero, dando lugar a una interacción química con la microestructura de la matriz cementante. Se ha observado que las partículas de sílice en esta solución coloidal empiezan a aglomerarse después de cierto periodo de tiempo y solidifican sobre la superficie expuesta de la probeta de mortero. Este material sólido ocasiona que la cantidad de corriente que circula por el circuito disminuya y por consiguiente baje la efectividad del mismo, ya que las partículas con carga eléctrica se mueven con mayor dificultad en medios solidos que en líquidos. Se encontró que la incorporación de nano-partículas de sílice a la matriz de mortero endurecido puede afectar el desempeño de una manera positiva frente a la penetración de cloruros, carbonatación y absorción de agua por capilaridad. De acuerdo a las respuestas eléctricas durante el tratamiento, se encontró que la resistencia eléctrica de las probetas aumenta, lo cual puede relacionarse con la modificación del sistema poroso debido al efecto filler de las nano-partículas; es decir, al refinar los poros, las cargas eléctricas encuentran menos espacio para moverse. Además las nano-partículas afectan químicamente a las fases de la pasta del cemento, ya que se encontró por microscopia electrónica de barrido que a una distancia entre 1.5 y 2 mm, aparecen aglomerados que enriquecen de silicio a las fases de la matriz del mortero y en otros casos, la migración cambia totalmente la apariencia del mortero y ocasiona valores de relaciones Ca/Si muy por debajo de los valores convencionales registrados en la literatura, con lo que es posible pensar que puede existir una actividad puzzolanica.

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Propósito y Método de Estudio: Las lacasas son enzimas extracelulares que tienen la capacidad de oxidar una amplia variedad de sustratos utilizando al oxígeno como aceptor de electrones. Debido a esto, se ha utilizado esta enzima para diversas aplicaciones biotecnológicas dentro de las cuales destaca la degradación de colorantes textiles. En este trabajo se inmovilizaron tres tipos de lacasas, dos a partir de hongos de pudrición blanca (lacasa-HPB y lacasa HTT) y una comercial del género Trametes versicolor (lacasa-EC), en esferas mesoporosas de dióxido de silicio modificado para la degradación del colorante tipo azo rojo congo y azul índigo. Las lacasas HPB y HTT fueron purificadas a partir de la fermentación líquida optimizada de los hongos de pudrición blanca. Posteriormente se inmovilizaron mediante enlace covalente con el soporte (SiO2) y se realizaron las cinéticas de actividad enzimática y de degradación de los colorantes rojo congo y azul índigo. Contribuciones y Conclusiones: Se encontraron las condiciones de máxima producción de lacasa para los hongos seleccionado (HPB) y el hongo de referencia (HTT), observando que la producción de las lacasas se ve favorecida cuando el medio de cultivo contiene materiales ligninocelulósicos. Además se purificaron lacasas a partir de los extractos de los hongos HPB y HTT obteniendo pesos molecuares de aproximadamente 67 kDa lo que concuerda con lo reportado para las lacasas monoméricas. Se inmovilizaron las lacasas-EC, lacasas-HPB y lacasas-HTT en esferas mesoporosas de dióxido de silicio reteniendo un 56.94%, 55.68% y 46.08% de su actividad inicial respectivamente. En la degradación del colorante rojo congo con las enzimas inmovilizadas se obtuvieron porcentajes de decoloración de un 92.2%, 61.9% y 42.2% para la lacasa-EC, lacasa-HPB y lacasa-HTT en un tiempo de 60 minutos. Para el colorante azul índigo los porcentajes de degradación fueron de 89.2%, 62.1% y 50.3% para la lacasa-EC, lacasa-HPB y lacasa-HTT en 90 minutos. Por los resultados anteriores se muestra que la inmovilización enzimática de lacasas en SiO2 mesoporoso modificado con aminas, es una opción recomendable en el tratamiento de efluentes textiles, ya que los porcentajes de degradación se favorecen por el aporte que presenta el soporte en la degradación debido a la adsorción del colorante, disminuyendo por lo tanto los tiempos de proceso de tratamiento de efluentes acuosos con colorantes.

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La energía solar fotovoltaica ha adquirido en los últimos años una presencia cada vez mayor en el mercado mundial de producción energética y, para que realmente sea una forma de producción energética competitiva, es importante abaratar costes y poder tener una estimación fiel de la energía que se puede producir en una instalación fotovoltaica antes de su localización, para así poder tomar decisiones sobre la ubicación y aplicación de las tecnologías más adecuadas. Son varias las tecnologías presentes en el mercado fotovoltaico actual y de todas ellas, la de silicio policristalino es la que está más extendida, siendo sobre la que más se ha investigado y analizado su comportamiento. Actualmente existen nuevas tecnologías de módulos fotovoltaicos que están adquiriendo una cuota de mercado cada vez más significativa, entre las que destacan las de lámina delgada. Para poder realizar una estimación de la energía que puede producir un módulo, es de vital importancia conocer la temperatura de operación del mismo. Por ese motivo, en este trabajo se analiza la aplicabilidad de modelos de predicción de temperatura de operación de módulos existentes en la literatura a las nuevas tecnologías, se proponen nuevos modelos de predicción de temperatura y se utilizan en escalas temporales diferentes para poder comprobar la eficacia de los mismos. El estudio se realiza con módulos trabajando en condiciones de sol real, pues es así como funcionarán las instalaciones fotovoltaicas de producción energética. En este trabajo se ha comprobado que se obtienen mejores resultados en la predicción horaria de temperatura de operación de módulos que en la predicción de temperatura instantánea. También se ha comprobado que uno de los modelos propuestos, el de dos coeficientes, consigue resultados similares a otros modelos existentes previamente en la literatura, pese a la sencillez de cálculo del mismo. La aplicación de este modelo propuesto para la predicción de la producción energética podría ser de gran ayuda para una estimación fiel previa a la instalación de una planta fotovoltaica. El hecho de que sea aplicable a nuevas tecnologías fotovoltaicas de lámina delgada como el telururo de cadmio, el silicio amorfo y el tándem silicio amorfo y microcristalino es un valor añadido. Poder predecir con precisión la producción energética es lo que hará que la energía solar fotovoltaica se perfile como una energía competitiva, y adquiera una posición dominante entre las energías renovables.

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Introducción: La sílice es un elemento de fácil aprovechamiento y por sus características fisicoquímicas ha sido ampliamente empleado en la industria como objetivo, materia prima o subproducto que genera silicosis en los trabajadores que han estado expuestos a polvo de sílice a través de los años y es una enfermedad que progresa incluso cuando la exposición cesa. La silicosis es conocida como una enfermedad de alta e histórica incidencia y prevalencia a nivel mundial, por lo que es necesario evaluar la exposición laboral a sílice (fracción respirable) en empresas pertenecientes a diferentes sectores económicos que están afiliadas una ARL en Colombia, para contribuir con información diagnóstica actualizada en diferentes regiones y en variadas actividades económicas. Objetivos: Evaluar la exposición laboral a sílice y el nivel de riesgo en empresas afiliadas a una ARL de acuerdo con su ubicación geográfica, actividad económica, área de trabajo, cargo y relacionar las medidas de control empleadas en cada empresa. Materiales y métodos: Se llevó a cabo un estudio de corte transversal sobre 239 mediciones de higiene industrial de 159 empresas de diferentes actividades través de la asociación de variables ocupacionales con las características de la exposición a sílice. Las variables cuantitativas fueron calculadas empleando medidas de tendencia central como media y mediana y medidas de dispersión como rango y desviación estándar con sus correspondientes coeficientes de variación. El nivel máximo permisible o TLV establecido de acuerdo con los parámetros señalados por la Conferencia Americana de Higienistas Industriales Gubernamentales (ACGIH en inglés) y empleado en este estudio para sílice cristalina, fue de 0,025 mg/m3. Resultados: Las actividades económicas que reportaron las mayores concentraciones corregidas a condiciones estándar de polvo de sílice fueron: la minería y actividades Extractivas con 6,340 mg/m3, el mantenimiento industrial, montajes electromecánicos y civiles con 1,312 mg/m3, la maquinaria, metalmecánica, electrodomésticos y equipos con 0,096 mg/m3 y la construcción con 0,702 mg/m3; Discusión: Se realizó un análisis segmentado en dos grupos A y B de acuerdo con el tiempo de medición, se encontró que para el índice de riesgo en ambos grupos indican una sobre-exposición de los trabajadores a niveles críticos, razón por la cual es necesario generar una estrategia de intervención que permita disminuir a tiempo las concentraciones de sílice en las áreas de trabajo y así reducir la exposición de los trabajadores.