845 resultados para Auroville, Ashram, Residenza, Collettiva, Anger, Utopia, Città, Ideale


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Scopo del presente lavoro di ricerca è quello di comparare due contesti metropolitani, valenciano e bolognese, sulle pratiche di accompagnamento al lavoro rivolte a fasce svantaggiate, in particolare persone con problemi di dipendenza da sostanze psicotrope. L’indagine propone un confronto su alcune tematiche trasversali (tipologia di azioni messe in campo, organizzazione territoriale e governance, profilo degli utenti, inserimento sociale, coinvolgimento del mondo produttivo) e pone in evidenza gli elementi che ci consentono di individuare e segnalare sia delle buone pratiche trasferibili sia delle linee progettuali, partendo dunque dal presupposto che capacitare una persona significa innanzitutto offrirle congrue opportunità di scelta, nel senso seniano e come spiegato dalla stessa Nussbaum, ma soprattutto accompagnarla e sostenerla nel percorso di inserimento lavorativo e, in parallelo, sociale. Il bisogno raccolto è quello di un sostegno, motivazionale e orientativo, che segua un approccio socio educativo capace di fornire, alla persona, una risposta integrata, di unicità, capace dunque di agire sull’autonomia, sull’autostima, sull’elaborazione delle proprie esperienze di vita e lavorative, nonché su elementi anche di contesto quali la casa, le reti amicali e familiari, spesso compromesse. L’elemento distintivo che consente di agire in questa direzione è il lavoro di collaborazione tra i diversi servizi e la co-progettazione del percorso con l’utente stesso. Il tema degli inserimenti lavorativi è un argomento molto complesso che chiama in causa diversi aspetti: i mutamenti sociali e le trasformazioni del lavoro; l’emergere di nuove fasce deboli e il rischio di aggravamento delle condizioni di esclusione per le fasce deboli “tradizionali”; l’importanza del lavoro per la costruzione di percorsi identitari e di riconoscimento; l’impatto delle politiche attive sulle fasce svantaggiate e i concetti di capitazione e attivazione; il ruolo del capitale sociale e l’emergere di nuovi welfare; la rete degli attori coinvolti dal processo di inserimento e il tema della governace territoriale.

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Nel presente lavoro viene trattato il delicato tema dell’autotutela collettiva, nell’intersezione tra ipotesi di revisione nazionale e prospettive europee. Dapprima viene ricostruita l’evoluzione della valutazione del conflitto collettivo nell’ordinamento giuridico italiano ed effettuata una ricognizione delle diverse manifestazioni del conflitto collettivo ivi riscontrabili. Il tentativo è quello di superare i limiti di una trattazione ristretta allo sciopero e di verificare la perdurante validità della tradizionale nozione di sciopero, intesa esclusivamente come astensione collettiva dalle prestazioni di lavoro. In un secondo capitolo vengono esaminati i disegni di legge di riforma in materia di conflitto collettivo, presentati nel corso della XVI legislatura e le clausole, incidenti sulla medesima materia, rinvenibili nell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e negli accordi FIAT del 2010, relativi agli stabilimenti di Pomigliano D’Arco e Mirafiori. Alla luce di tali materiali, si riesaminano le tematiche della titolarità individuale del diritto di sciopero, delle clausole di tregua e delle procedure arbitrali e conciliative. Successivamente, viene esaminata la produzione legislativa e giurisprudenziale comunitaria in tema di conflitto collettivo. Il confronto con l’ordinamento nazionale consente di mettere criticamente in luce il diverso rapporto tra mercato e diritti d’azione collettiva e di rilevare che nell’ordinamento comunitario la giurisprudenza della Corte di giustizia abbia introdotto limiti eccessivi al dispiegarsi dei diritti sociali in esame. Da ultimo, vengono formulate alcune considerazioni conclusive. Criticamente viene rilevato come, in tempi di globalizzazione, non viene prestata sufficiente attenzione alla valorizzazione del conflitto collettivo, come motore dell’emancipazione e del progresso sociale.

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Il presente lavoro approfondisce le tematiche della conflittualità e della separazione etnica, sociale, religiosa, generazionale e culturale. In particolare, riporta i risultati di ricerche condotte in alcuni degli attuali contesti urbani più carichi di tensioni conflittuali, cercando di individuare i motivi vicini e remoti del confligere, le attività messe in atto per contenere le tensioni e le relative necessità educative poste in primo piano. L’elaborato si compone di cinque parti. La prima parte consiste in una riflessione teorica sulle dinamiche che caratterizzano le interazioni sociali nello spazio cittadino. Nella seconda parte viene trattato il tema del settarismo in Scozia, che vede contrapposti i cattolici di origine irlandese (generalmente tifosi della squadra di calcio dei Celtic) e i protestanti di sangue scozzese (generalmente tifosi dei Rangers). La terza parte ricostruisce la storia e il presente della lunga convivenza tra tatari musulmani e russi cristiano-ortodossi nei territori dell’attuale Repubblica etnica del Tatarstan, situata nel cuore della Russia europea, ponendo particolare attenzione agli aspetti religiosi, linguistici, culturali ed educativi. La quarta parte parla del disagio nelle periferie europee, manifestatosi in modo eclatante con le rivolte giovanili in Francia (2005) e nel Regno Unito (2011). La parte conclusiva, infine riprenderà alcuni degli elementi emersi per proporre una riflessione di tipo pedagogico atta ad affrontare in tutta la sua complessità, e con approcci nuovi, il tema della città divisa, con le relative conflittualità, i confini e le prove di comunità.

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Oggetto di indagine del lavoro è il movimento ambientalista e culturale delle Città in Transizione che rappresentano esperimenti di ri-localizzazione delle risorse volte a preparare le comunità (paesi, città, quartieri) ad affrontare la duplice sfida del cambiamento climatico e del picco del petrolio. A partire dal Regno Unito, la rete delle Transition Towns si è in pochi anni estesa significativamente e conta oggi più di mille iniziative. L’indagine di tale movimento ha richiesto in prima battuta di focalizzare l’attenzione sul campo disciplinare della sociologia dell’ambiente. L’attenzione si è concentrata sul percorso di riconoscimento che ha reso la sociologia dell’ambiente una branca autonoma e sul percorso teorico-concettuale che ha caratterizzato la profonda spaccatura paradigmatica proposta da Catton e Dunlap, che hanno introdotto nel dibattito sociologico il Nuovo Paradigma Ecologico, prendendo le distanze dalla tradizionale visione antropocentrica della sociologia classica. Vengono poi presentate due delle più influenti prospettive teoriche della disciplina, quella del Treadmill of Production e la più attuale teoria della modernizzazione ecologica. La visione che viene adottata nel lavoro di tesi è quella proposta da Spaargaren, fautore della teoria della modernizzazione ecologica, secondo il quale la sociologia dell’ambiente può essere collocata in uno spazio intermedio che sta tra le scienze ambientali e la sociologia generale, evidenziando una vocazione interdisciplinare richiamata anche dal dibattito odierno sulla sostenibilità. Ma le evidenze empiriche progressivamente scaturite dallo studio di questo movimento che si autodefinisce culturale ed ambientalista hanno richiesto una cornice teorica più ampia, quella della modernità riflessiva e della società del rischio, in grado di fornire categorie concettuali spendibili nella descrizione dei problemi ambientali e nell’indagine del mutamento socio-culturale e dei suoi attori. I riferimenti empirici dello studio sono tre specifiche realtà locali in Transizione: York in Transition per il Regno Unito, Monteveglio (Bo) e Scandiano (Re) in Transizione per l’Italia.

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Il presente lavoro di tesi inizia da un’indagine svolta durante il Laboratorio di Sintesi Finale sulla città di Bogotá. Nello specifico ci si è occupati dello studio di una parte ristretta della città: la CUB, la città universitaria di Bogotá. Sì è in primo luogo analizzato gli aspetti salienti di quella parte di città, mettendone in evidenza sia gli elementi caratteristici che le criticità. Questo studio ha condotto alla definizione di alcune problematiche che, per importanza, sono state il centro del progetto successivamente proposto. La sintesi preliminare ha così prodotto una prima ipotesi progettuale che è stata il punto di partenza dello studio successivo. Nella fase successiva invece si è operato per un ulteriore approfondimento, passando sul piano reale e affrontando i temi scelti per l’area della Ciudad Universitaria de Bogotá. La CUB rappresenta il fulcro dell’offerta universitaria statale di Bogotá e i piani di sviluppo per il futuro la vedranno assoggettata ad un processo di forte saturazione delle aree ancora libere. Visto la dimensione di questo luogo, si è optato per la definizione di una possibile metodologia di intervento, più soddisfare il desiderio (a volte irrinunciabile) di ridefinizione della sua struttura interna, oggi particolarmente degradata. L’idea trova il suo senso anche nel desiderio di potere generare una maggiore integrazione tra l’uso degli spazi della CUB e i cittadini, che attualmente sono esclusi, primariamente per ragioni di sicurezza, dalla possibilità di godere di questo luogo. Il testo mette in evidenza, mediante un processo per tappe, il percorso intellettuale che ha portato alla definizione delle scelte progettuali rappresentate nelle tavole finali.

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Comprensione della città di Bogotá attraverso lo studio del Piano Maestro di Le Corbusier. Trasposizione del sistema di città lineare al caso concreto della città e nuovo modello di settore come metodo di intervento. Piano urbano per la riqualificazione dell’area industriale di Fontibón e approfondimento architettonico e strutturale del grande edificio cruciforme in prossimità della calle 13. Sviluppo di un nuovo isolato residenziale che sia in grado di aumentare la densità abitativa e favorire la socialità.

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Pistoia rientra a buon diritto, nel quadro della Toscana medievale, in quella rete di centri urbani di antica origine e tradizione diocesana che riuscirono a costruire, nella dialettica fra città e territorio, un organismo politico autonomo, il comune cittadino. La ricerca prende in considerazione i resti materiali delle strutture conservate nel tessuto urbano attuale, in particolare l'edilizia civile, prediligendo la cosiddetta “edilizia minore”, ovvero gli edifici residenziali non monumentali che, proprio per questo motivo, sono generalmente poco conosciuti. Le strutture, censite ed inserite in una piattaforma GIS (Arpenteur), sono analizzate con metodo archeologico al fine di distinguere le diverse fasi costruttive, medievali e post-medievali, con cui sono giunte fino ad oggi. L'analisi stratigrafica, effettuata su rilievi realizzati mediante modellazione 3D (Photomodeler), ha permesso di costruire un primo “atlante” delle tipologie murarie medievali della città: i tipi murari assumono quindi la funzione di indicatori cronologici degli edifici analizzati. I dati stratigrafici, uniti al dato topologico dei complessi architettonici (localizzati prevalentemente nel centro storico, all'interno del circuito murario della metà del XII secolo), hanno fornito informazioni sia per quanto riguarda l'aspetto materiale degli edifici di abitazione (forma, dimensioni, materiali) sia per quanto riguarda temi di topografia storica (viabilità maggiore e minore, formazione dei borghi, orizzonte sociale degli abitanti, distribuzione della proprietà), nel periodo della “parabola” della Pistoia comunale (XII-XIII secolo). In conclusione, la ricerca vuole essere sia uno strumento di analisi per la storia delle trasformazioni delle città nel periodo comunale, sia uno strumento di conoscenza e tutela di un patrimonio storico-archeologico che, per la sua natura non-monumentale spesso sfugge all'attenzione di amministratori ed urbanisti.

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La città medievale di Leopoli-Cencelle (fondata da Papa Leone IV nell‘854 d.C. non lontano da Civitavecchia) è stata oggetto di studio e di periodiche campagne di scavo a partire dal 1994. Le stratigrafie investigate con metodi tradizionali, hanno portato alla luce le numerose trasformazioni che la città ha subìto nel corso della sua esistenza in vita. Case, torri, botteghe e strati di vissuto, sono stati interpretati sin dall’inizio dello scavo basandosi sulla documentazione tradizionale e bi-dimensionale, legata al dato cartaceo e al disegno. Il presente lavoro intende re-interpretare i dati di scavo con l’ausilio delle tecnologie digitali. Per il progetto sono stati utilizzati un laser scanner, tecniche di Computer Vision e modellazione 3D. I tre metodi sono stati combinati in modo da poter visualizzare tridimensionalmente gli edifici abitativi scavati, con la possibilità di sovrapporre semplici modelli 3D che permettano di formulare ipotesi differenti sulla forma e sull’uso degli spazi. Modellare spazio e tempo offrendo varie possibilità di scelta, permette di combinare i dati reali tridimensionali, acquisiti con un laser scanner, con semplici modelli filologici in 3D e offre l’opportunità di valutare diverse possibili interpretazioni delle caratteristiche dell’edificio in base agli spazi, ai materiali, alle tecniche costruttive. Lo scopo del progetto è andare oltre la Realtà Virtuale, con la possibilità di analizzare i resti e di re-interpretare la funzione di un edificio, sia in fase di scavo che a scavo concluso. Dal punto di vista della ricerca, la possibilità di visualizzare le ipotesi sul campo favorisce una comprensione più profonda del contesto archeologico. Un secondo obiettivo è la comunicazione a un pubblico di “non-archeologi”. Si vuole offrire a normali visitatori la possibilità di comprendere e sperimentare il processo interpretativo, fornendo loro qualcosa in più rispetto a una sola ipotesi definitiva.

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La tesi descrive e analizza la geografia delle moschee in Italia, un tema di grande attualità, in particolare per quanto riguardo il quadro degli studi geografici. La tesi ripercorre quello che è stato il processo di insediamento delle moschee in Italia, attraverso lo studio di casi esemplari, e analizza l’impatto che tale presenza ha esercitato sul territorio italiano, ed in particolare nel contesto urbano di Milano. Questo lavoro, infatti, permette di osservare il “processo di visibilizzazione” che una religione, assente fino a pochi decenni fa dal paesaggio italiano, imprime sul territorio, attraverso i luoghi di culto, le moschee. Il cuore di questo lavoro riflette sulla dimensione della “costruzione dello spazio” evidenziata dalla realizzazione di moschee. Infatti, i frequenti conflitti che accompagnano la proposta o la realizzazione di moschee dimostrano che non tutti hanno ugualmente “diritto alla città”, a un “posto” nello spazio. Le moschee non rappresentano solamente il simbolo della presenza di musulmani nello spazio europeo. Attraverso di esse è possibile leggere la posizione dei musulmani nella società italiana. Le sale di preghiera sorte inizialmente nelle città italiane, e in questo caso a Milano, in luoghi residuali e precari (cantine, garage, etc.) rappresentano una prima fase dell’insediamento dei musulmani nello spazio urbano. Un insediamento poco visibile e poco organizzato visto dalle istituzioni e dalla società senza grandi reazioni negative. I conflitti si innescano invece nel passaggio al tempo del riconoscimento, dell’istituzionalizzazione, in cui una presenza che si pensava temporanea o accidentale si fa stabile, organizzata, visibile e centrale. La realizzazione di moschee rappresenterebbe il passaggio da un’epoca di insediamento spontaneo di una minoranza religiosa arrivata recentemente al momento dell’istituzionalizzazione, dell’attribuzione di un “posto” riconosciuto e legittimo. Dunque, il passaggio dal tempo dell’ospitalità al “tempo del diritto alla città” e del riconoscimento.

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Il concetto di Smart City ha iniziato a svilupparsi negli ultimi anni, acquisendo un'importanza sempre maggiore anche in seguito ai cambiamenti sociali e tecnologici dell'ultimo periodo. La tesi si concentra sull'analisi della situazione italiana per quanto riguarda questo tema, cercando di capire quali sfide dovranno affrontare le città italiane per fronteggiare i cambiamenti in atto; si è quindi cercato di rispondere a questa domanda sviluppando tre delle principali aree tematiche che contribuiscono a definire il concetto di Smart City: Smart Mobility, Smart Waste Management e Smart Water Management; ne vengono quindi analizzate le maggiori criticità e i vantaggi, sia economici che ambientali, che si potrebbero ottenere attraverso una gestione più efficiente di questi settori.

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Il Palazzo delle Cento Finestre è situato nel comune di Sarsina, sulla sommità del colle prospiciente la città, in una posizione strategica da cui si domina gran parte della valle. E' sorto come presidio militare in età medievale (è già citato nella "Descriptio Romandiole" del 1371 con il nome "Castrum Casalecli"), ma ha visto nel corso della storia il succedersi di numerose trasformazioni. Nel Cinquecento, con l'avvento dei nuovi signori, i Conti Bernardini della Massa, è stato trasformato in palazzo e residenza nobiliare e, nell'Ottocento, a seguito della morte dell'ultima erede della famiglia Bernardini, il palazzo è stato convertito in casa colonica e negli anni è diventato residenza di più nuclei familiari. Nonostante le numerose trasformazioni subite, il manufatto conserva il proprio fascino storico a partire dall'androne di ingresso, coperto da una volta a botte su cui sono ancora visibili tracce di alcuni affreschi, da qui è possibile accedere al cortile interno o entrare nella piccola chiesa, nella quale è visibile la tomba del conte Achille Bernardini. All'interno si sono conservati preziosi ambienti, tra cui stanze voltate su tutti i piani, un nobile scalone in pietra ed un ampio salone contenente un camino su cui è scolpito lo stemma dei Conti Bernardini. Il progetto di conservazione e valorizzazione prevede l'inserimento di un ristorante al piano terra, un B&B al primo piano e di una cantina-enoteca al piano seminterrato. In questo modo vengono rispettate le destinazioni d'uso originarie del palazzo, permettendo di limitare il più possibile l'invasività degli interventi previsti. Sono stati approfonditi il tema impiantistico, tramite un accurato rilievo degli impianti esistenti e il progetto di nuove soluzioni integrate, e paesaggistico, con la riorganizzazione dell'area circostante il manufatto e il progetto di percorsi nel bosco limitrofo.

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Il documento di tesi è composto da tre capitoli, che in successione analizzano gli aspetti teorici del progetto fino ad arrivare all’implementazione vera e propria dell’applicazione. Nel primo capitolo vediamo definito il tema dell’accessibilità accennando alle normative presenti in Italia e all’estero sull’argomento. Successivamente viene spiegato il concetto di Smart City e le tecniche che vengono utilizzate allo scopo di migliorare la qualità di vita nelle città. Vengono introdotti i concetti di crowdsourcing e participatory sensing, ideologie alla base delle Smart City. Al termine del capitolo viene introdotto uno studio sul grado di accessibilità degli smartphone presenti oggi sul mercato, analizzando anche le tecnologie assistive disponibili per questi dispositivi. Nel secondo capitolo si descrivono le tecnologie e i servizi utilizzati durante la creazione del progetto. In particolare viene presentato Android ed il suo funzionamento, essendo quest’ultimo il sistema operativo per cui è stata sviluppata l’applicazione. In seguito troviamo una breve analisi di tutti i servizi impiegati nel progetto: Foursquare, Fusion Table e Google Maps. Infine vengono descritte le tecnologie intermedie utilizzate per far comunicare fra loro gli strumenti spiegati in precedenza. Nel terzo capitolo viene presentata in modo dettagliato l’implementazione del progetto. Inizialmente vengono definite le classi principali create per progettare le funzionalità di base del software e per interagire con i servizi scelti. Successivamente viene descritto il funzionamento e l’aspetto dell’applicazione sviluppata insieme a degli screenshot, che permetteranno al lettore di avere un riferimento visivo di ciò che è stato esposto nel corso della tesi.

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La tesi affronta il tema dell'innovazione della scuola, oggetto di costante attenzione da parte delle organizzazioni internazionali e dei sistemi educativi nazionali, per le sue implicazioni economiche, sociali e politiche, e intende portare un contributo allo studio sistematico e analitico dei progetti e delle esperienze di innovazione complessiva dell'ambiente di apprendimento. Il concetto di ambiente di apprendimento viene approfondito nelle diverse prospettive di riferimento, con specifica attenzione al framework del progetto "Innovative Learning Environments" [ILE], dell’Organisation For Economic And Cultural Development [OECD] che, con una prospettiva dichiaratamente olistica, individua nel dispositivo dell’ambiente di apprendimento la chiave per l’innovazione dell’istruzione nella direzione delle competenze per il ventunesimo Secolo. I criteri presenti nel quadro di riferimento del progetto sono stati utilizzati per un’analisi dell’esperienza proposta come caso di studio, Scuola-Città Pestalozzi a Firenze, presa in esame perché nell’anno scolastico 2011/2012 ha messo in pratica appunto un “disegno” di trasformazione dell’ambiente di apprendimento e in particolare dei caratteri del tempo/scuola. La ricerca, condotta con una metodologia qualitativa, è stata orientata a far emergere le interpretazioni dei protagonisti dell’innovazione indagata: dall’analisi del progetto e di tutta la documentazione fornita dalla scuola è scaturita la traccia per un focus-group esplorativo attraverso il quale sono stati selezionati i temi per le interviste semistrutturate rivolte ai docenti (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado). Per quanto concerne l’interpretazione dei risultati, le trascrizioni delle interviste sono state analizzate con un approccio fenomenografico, attraverso l’individuazione di unità testuali logicamente connesse a categorie concettuali pertinenti. L’analisi dei materiali empirici ha permesso di enucleare categorie interpretative rispetto alla natura e agli scopi delle esperienze di insegnamento/apprendimento, al processo organizzativo, alla sostenibilità. Tra le implicazioni della ricerca si ritengono particolarmente rilevanti quelle relative alla funzione docente.

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La Tesi affronta il tema della rigenerazione di un comparto urbano localizzato a ridosso del centro storico di Forlì. Coerentemente con le indicazioni dell’Amministrazione comunale, obiettivo dell’intervento è l’adeguamento degli edifici esistenti agli standard funzionali ed energetici e la rivitalizzazione dell’isolato, tramite nuove edificazioni e il riordino della viabilità, del verde e degli spazi pubblici. Della preesistenza più rilevante presente nel comparto, un edificio residenziale realizzato tra le due guerre è stata progettata la riqualificazione, preferendola alla ricostruzione per il valore testimoniale del manufatto e il più favorevole bilancio ambientale. Gli interventi di miglioramento si sono posti il limite di non snaturare i caratteri formali e la fisionomia strutturale dell’edificio, ma di aumentarne i livelli di comfort e l’efficienza energetica, puntando a rientrare in classe “A” secondo la classificazione dell’Emilia Romagna. A scala urbana il progetto propone la riqualificazione dell’intero isolato con l’obiettivo di rivitalizzarlo e di rivalutare la sua presenza all’interno del centro storico. Nonostante la sua favorevole collocazione, l’isolato vive una situazione di marginalizzazione, a causa dello scarso mix funzionale delle attività che ospita, della presenza di edifici incongrui e parzialmente abbandonati e della scarsa permeabilità verso l’esterno, che lo fanno percepire come una zona non sicura e ne abbattono i valori immobiliari. Per raggiungere l’obiettivo, il progetto è intervenuto sull’assetto della viabilità, dei parcheggi, degli spazi pubblici e del verde, puntando alla ricucitura del tessuto urbano con le preesistenze. Queste azioni hanno implicato la demolizione di manufatti di scarso pregio e la progettazione di nuovi edifici, condotta con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale. Il progetto approfondisce la riqualificazione di un edificio esistente e la definizione di un nuovo intervento residenziale, ma investe anche il contesto urbano, considerando contemporaneamente i diversi aspetti ambientali, sociali e architettonici in modo coordinato e coerente alle diverse scale progettuali.

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Il progetto si sviluppa in primo luogo a scala urbana nel centro storico di Mirandola, insistendo sul tema del limite andato perduto con la demolizione della cinta muraria. Il disegno del centro nasce dalla suggestione che identifica in Giovanni Pico della Mirandola l’autore dell’”Hypnerotomachia Poliphili”. Il nucleo storico della città diventa il luogo del percorso onirico di Polifilo alla ricerca dell’amata, che collega aree verdi trasformate in giardini all’area del castello. L’approfondimento a scala progettuale coinvolge l’area dell’antica cittadella del castello. Il tema principale è quindi il costruire nel costruito, il confronto con le preesistenze e le tante trasformazioni che il luogo ha subito. Il progetto si basa sul disegno degli spazi pubblici e sul tema culturale che l’area stessa offre, data la presenza del museo civico e del teatro. Il nuovo edificio è un centro culturale nel quale si accolgono ulteriori esposizioni museali e spazi dedicate a sedi di associazioni culturali cittadine.