870 resultados para non-aqueous phase liquid
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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)
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Triglycerides are reacted in a liquid phase reaction with methanol and a homogeneous basic catalyst. The reaction yields a spatially separated two phase result with an upper located non-polar phase consisting principally of non-polar methyl esters and a lower located phase consisting principally of glycerol and residual methyl esters. The glycerol phase is passed through a strong cationic ion exchanger to remove anions, resulting in a neutral product which is flashed to remove methanol and which is reacted with isobutylene in the presence of a strong acid catalyst to produce glycerol ethers. The glycerol ethers are then added back to the upper located methyl ethyl ester phase to provide an improved biodiesel fuel.
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We study a strongly interacting "quantum dot 1" and a weakly interacting "dot 2" connected in parallel to metallic leads. Gate voltages can drive the system between Kondo-quenched and non-Kondo free-moment phases separated by Kosterlitz-Thouless quantum phase transitions. Away from the immediate vicinity of the quantum phase transitions, the physical properties retain signatures of first-order transitions found previously to arise when dot 2 is strictly noninteracting. As interactions in dot 2 become stronger relative to the dot-lead coupling, the free moment in the non-Kondo phase evolves smoothly from an isolated spin-one-half in dot 1 to a many-body doublet arising from the incomplete Kondo compensation by the leads of a combined dot spin-one. These limits, which feature very different spin correlations between dot and lead electrons, can be distinguished by weak-bias conductance measurements performed at finite temperatures.
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Determination of organic acids in intracellular extracts and in the cultivation media of marine microalgae aid investigations about metabolic routes related to assimilation of atmospheric carbon by these organisms, which are known by their role in the carbon dioxide sink. The separation of these acids was investigated by hydrophilic interaction liquid chromatography (HILIC) using isocratic elution with a mobile phase composed of 70: 30 v/v acetonitrile/20 mmol/L ammonium acetate buffer (pH 6.8) and detection at 220 nm. HILIC allowed the determinations of glycolic acid, the most important metabolite for the evaluation of the photorespiration process in algae, to be made with better selectivity than that achieved by reversed phase liquid chromatography, but with less detectability. The concentration of glycolic acid was determined in the cultivation media and in intracellular extracts of the algae Tetraselmis gracilis and Phaeodactylum tricornutum submitted to different conditions of aeration: (i) without forced aeration, (ii) aeration with atmospheric air, and (iii) bubbling with N(2). The concentration of glycolic acid had a higher increase as the cultures were aerated with nitrogen, showing higher photorespiratory flux than that occurring in the cultures aerated with atmospheric air.
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In this paper, we study the signal amplification of coupled active rotators with phase-shifted coupling. We find that the system's response to the external subthreshold signal can be significantly affected by each of the two types of phase-shifted couplings: identical and non-identical phase-shifted couplings. Moreover, through both theoretical analysis and numerical simulations, we have figured out the optimal phase shift, at which the largest signal amplification is generated. These results show that the phase-shifted coupling plays an important role in regulating the system's response to the subthreshold signal.
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Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.
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The present Thesis studies three alternative solvent groups as sustainable replacement of traditional organic solvents. Some aspects of fluorinated solvents, supercritical fluids and ionic liquids, have been analysed with a critical approach and their effective “greenness” has been evaluated from the points of view of the synthesis, the properties and the applications. In particular, the attention has been put on the environmental and human health issues, evaluating the eco-toxicity, the toxicity and the persistence, to underline that applicability and sustainability are subjects with equal importance. The “green” features of fluorous solvents and supercritical fluids are almost well-established; in particular supercritical carbon dioxide (scCO2) is probably the “greenest” solvent among the alternative solvent systems developed in the last years, enabling to combine numerous advantages both from the point of view of industrial/technological applications and eco-compatibility. In the Thesis the analysis of these two classes of alternative solvents has been mainly focused on their applicability, rather than the evaluation of their environmental impact. Specifically they have been evaluated as alternative media for non-aqueous biocatalysis. For this purpose, the hydrophobic ion pairing (HIP), which allows solubilising enzymes in apolar solvents by an ion pairing between the protein and a surfactant, has been investigated as effective enzymatic derivatisation technique to improve the catalytic activity under homogeneous conditions in non conventional media. The results showed that the complex enzyme-surfactant was much more active both in fluorous solvents and in supercritical carbon dioxide than the native form of the enzyme. Ionic liquids, especially imidazolium salts, have been proposed some years ago as “fully green” alternative solvents; however this epithet does not take into account several “brown” aspects such as their synthesis from petro-chemical starting materials, their considerable eco-toxicity, toxicity and resistance to biodegradation, and the difficulty of clearly outline applications in which ionic liquids are really more advantageous than traditional solvents. For all of these reasons in this Thesis a critical analysis of ionic liquids has been focused on three main topics: i) alternative synthesis by introducing structural moieties which could reduce the toxicity of the most known liquid salts, and by using starting materials from renewable resources; ii) on the evaluation of their environmental impact through eco-toxicological tests (Daphnia magna and Vibrio fischeri acute toxicity tests, and algal growth inhibition), toxicity tests (MTT test, AChE inhibition and LDH release tests) and fate and rate of aerobic biodegradation in soil and water; iii) and on the demonstration of their effectiveness as reaction media in organo-catalysis and as extractive solvents in the recovery of vegetable oil from terrestrial and aquatic biomass. The results about eco-toxicity tests with Daphnia magna, Vibrio fischeri and algae, and toxicity assay using cultured cell lines, clearly indicate that the difference in toxicity between alkyl and oxygenated cations relies in differences of polarity, according to the general trend of decreasing toxicity by decreasing the lipophilicity. Independently by the biological approach in fact, all the results are in agreement, showing a lower toxicity for compounds with oxygenated lateral chains than for those having purely alkyl lateral chains. These findings indicate that an appropriate choice of cation and anion structures is important not only to design the IL with improved and suitable chemico-physical properties but also to obtain safer and eco-friendly ILs. Moreover there is a clear indication that the composition of the abiotic environment has to be taken into account when the toxicity of ILs in various biological test systems is analysed, because, for example, the data reported in the Thesis indicate a significant influence of salinity variations on algal toxicity. Aerobic biodegradation of four imidazolium ionic liquids, two alkylated and two oxygenated, in soil was evaluated for the first time. Alkyl ionic liquids were shown to be biodegradable over the 6 months test period, and in contrast no significant mineralisation was observed with oxygenated derivatives. A different result was observed in the aerobic biodegradation of alkylated and oxygenated pyridinium ionic liquids in water because all the ionic liquids were almost completely degraded after 10 days, independently by the number of oxygen in the lateral chain of the cation. The synthesis of new ionic liquids by using renewable feedstock as starting materials, has been developed through the synthesis of furan-based ion pairs from furfural. The new ammonium salts were synthesised in very good yields, good purity of the products and wide versatility, combining low melting points with high decomposition temperatures and reduced viscosities. Regarding the possible applications as surfactants and biocides, furan-based salts could be a valuable alternative to benzyltributylammonium salts and benzalkonium chloride that are produced from non-renewable resources. A new procedure for the allylation of ketones and aldehydes with tetraallyltin in ionic liquids was developed. The reaction afforded high yields both in sulfonate-containing ILs and in ILs without sulfonate upon addition of a small amount of sulfonic acid. The checked reaction resulted in peculiar chemoselectivity favouring aliphatic substrates towards aromatic ketones and good stereoselectivity in the allylation of levoglucosenone. Finally ILs-based systems could be easily and successfully recycled, making the described procedure environmentally benign. The potential role of switchable polarity solvents as a green technology for the extraction of vegetable oil from terrestrial and aquatic biomass has been investigated. The extraction efficiency of terrestrial biomass rich in triacylglycerols, as soy bean flakes and sunflower seeds, was comparable to those of traditional organic solvents, being the yield of vegetable oils recovery very similar. Switchable polarity solvents as been also exploited for the first time in the extraction of hydrocarbons from the microalga Botryococcus braunii, demonstrating the efficiency of the process for the extraction of both dried microalgal biomass and directly of the aqueous growth medium. The switchable polarity solvents exhibited better extraction efficiency than conventional solvents, both with dried and liquid samples. This is an important issue considering that the harvest and the dewatering of algal biomass have a large impact on overall costs and energy balance.
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Kolloidale Suspensionen aus identischen kugelförmigen, geladenen Partikeln in wässrigen Medien stellen ein ideales Modellsystem zur Untersuchung des Gleichgewichtsverhaltens, aber auch des Nicht-Gleichgewichtsverhaltens Weicher Materie dar. So bilden derartige Systeme bei hinreichend starker und langreichweitiger elektrostatischer Repulsion fluid und kristallin geordnete Strukturen aus, die wegen der weitreichenden Analogie zu atomar kondensierter Materie als kolloidale Fluide und Kristalle bezeichnet werden. Von großem Vorteil ist dabei die Möglichkeit zur kontrollierten Einstellung der Wechselwirkung und die gute optische Zugänglichkeit für Mikroskopie und Lichtstreuung sowie die Weichheit der Materialien, aufgrund derer sich auch Zustände fernab des mechanischen Gleichgewichts gezielt präparieren lassen. Themenstellung der vorliegenden Arbeit ist die Untersuchung des Phasenverhaltens und der Fließmechanismen kolloidaler Kristalle in einer Rohrströmung. Im ersten Teil der Arbeit wird gezeigt, dass beim Fluss durch eine zylindrische Röhre Mehrphasenkoexistenz auftritt, wobei ein polykristalliner Kern von einer isotropen Scherschmelze umgeben ist. Zusätzlich treten an der Grenze zwischen diesen Phasen und an der Rohrwand Phasen hexagonal geordneter übereinander hinweggleitender Lagen auf. Der Vergleich zwischen auf der Basis der Navier-Stokes-Gleichung theoretisch berechneten und gemessenen Geschwindigkeitsprofilen zeigt, dass jede dieser Phasen für sich Newtonsches Fließverhalten aufweist. Die Gesamtviskosität ist hingegen durch die mit dem Durchsatz veränderliche Phasenzusammensetzung Nicht-Newtonsch. Damit gelang es, die erstmalig von Würth beschriebene Scherverdünnung auf eine Veränderung der Phasenzusammensetzung zurückzuführen. Im zweiten Teil der Arbeit wurde erstmals das Fließverhalten der Lagenphasen mittels Lichtstreuung und Korrelationsanalyse untersucht. Dafür wurde ein im Prinzip einfacher, aber leistungsstarker Aufbau realisiert, der es erlaubt, die zeitliche Veränderung der Bragg-Reflexe der Lagenphase in radialer und azimutaler Richtung zu verfolgen und mittels Fourieranalyse zu analysieren. In Abhängigkeit vom Durchsatz geht die zunächst rastend gleitende Lagenphase in eine frei gleitende Lagenphase über, wobei charakteristische Veränderungen der Spektren sowie der Korrelationsfunktionen auftreten, die detailliert diskutiert werden. Der Übergang im Gleitmechanismus ist mit einem Verlust der Autokorrelation der Rotationskomponente der periodischen Intra-Lagenverzerrung verbunden, während die Kompressionskomponente erhalten bleibt. Bei hohen Durchflüssen lassen die Reflexbewegungen auf das Auftreten einer Eigenschwingung der frei gleitenden Lagen schließen. Diese Schwingung lässt sich als Rotationsbewegung, gekoppelt mit einer transversalen Auslenkung in Vortexrichtung, beschreiben. Die Ergebnisse erlauben eine detaillierte Diskussion von verschiedenen Modellvorstellungen anderer Autoren.
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Self-assembly relies on the association of pre-programmed building blocks through non-covalent interactions to give complex supramolecular architectures. Previous studies provided evidence for the unique self-assembly properties of semi-synthetic lipophilic guanosine derivatives which can sequestrate ions from an aqueous phase, carry them into an organic phase where they promote the generation of well-defined supramolecular assemblies. In the presence of cations lipophilic guanosines form columnar aggregates while in their absence they generate supramolecular ribbons. The aim of this thesis has been the synthesis of guanine derivatives, in particular N9-alkylated guanines and a guanosine functionalized as a perchlorotriphenylmetil moiety (Gace-a-HPTM) in order to observe their supramolecular behaviour in the absence of sugar (ribose or deoxyribose) and in the presence of a bulky and chiral substituent respectively. By using guanine instead of guanosine, while maintaining all the hydrogen bond acceptor and donor groups required for supramolecular aggregation, the steric hindrance to supramolecular aggregation is notably reduced because (i.e. guanines with groups in N9 different from sugar are expected to have a greatest conformational freedom even in presence of bulky groups in C8). Supramolecular self-assembly of these derivatives has been accomplished in solutions by NMR and CD spectroscopy and on surface by STM technique. In analogy with other guanosine derivatives, also N9-substituted guanines and GAceHPTM form either ribbon-like aggregates or cation-templated G-quartet based columnar structures.
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Die vorliegende Arbeit beschäftigt sich mit der Darstellung von Latexpartikeln in nicht-wässrigen Emulsionssystemen. Hintergrund der Untersuchungen war die Frage, ob es durch die Anwendung von nicht-wässrigen Emulsionen ermöglicht werden kann, sowohl wassersensitive Monomere als auch feuchtigkeitsempfindliche Polymerisationen zur Darstellung von Polymer-Latexpartikeln und deren Primärdispersionen einzusetzen. Das Basiskonzept der Arbeit bestand darin, nicht-wässrige Emulsionen auf der Basis zweier nicht mischbarer organischer Lösungsmittel unterschiedlicher Polarität auszubilden und anschließend die dispergierte Phase der Emulsion zur Synthese der Latexpartikel auszunutzen. Hierzu wurden verschiedene nicht-wässrige Emulsionssysteme erarbeitet, welche als dispergierte Phase ein polares und als kontinuierliche Phase ein unpolares Lösungsmittel enthielten. Auf Basis dieser Ergebnisse wurde in den nachfolgenden Untersuchungen zunächst die Anwendbarkeit solcher Emulsionen zur Darstellung verschiedener Acrylat- und Methacrylatpolymerdispersionen mittels radikalischer Polymerisation studiert. Um zu zeigen, dass die hier entwickelten nicht-wässrigen Emulsionen auch zur Durchführung von Stufenwachstumsreaktionen geeignet sind, wurden ebenfalls Polyester-, Polyamid- und Polyurethan-Latexpartikel dargestellt. Die Molekulargewichte der erhaltenen Polymere lagen bei bis zu 40 000 g/mol, im Vergleich zu wässrigen Emulsions- und Miniemulsions¬polymerisationssystemen sind diese um den Faktor fünf bis 30 höher. Es kann davon ausgegangen werden, dass hauptsächlich zwei Faktoren für die hohen Molekulargewichte verantwortlich sind: Zum einen die wasserfreien Bedingungen, welche die Hydrolyse der reaktiven Gruppen verhindern, und zum anderen die teilweise erfüllten Schotten-Baumann-Bedingungen, welche an der Grenzfläche zwischen dispergierter und kontinuierlicher Phase eine durch Diffusion kontrollierte ausgeglichene Stöchiometrie der Reaktionspartner gewährleisten. Somit ist es erstmals möglich, hochmolekulare Polyester, -amide und -urethane in nur einem Syntheseschritt als Primär¬dispersion darzustellen. Die Variabilität der nicht-wässrigen Emulsionen wurde zudem in weiteren Beispielen durch die Synthese von verschiedenen elektrisch leitfähigen Latices, wie z.B. Polyacetylen-Latexpartikeln, aufgezeigt. In dieser Arbeit konnte gezeigt werden, dass die entwickelten nicht-wässrigen Emulsionen eine äußerst breite Anwendbarkeit zur Darstellung von Polymer-Latexpartikeln aufweisen. Durch die wasserfreien Bedingungen erlauben die beschriebenen Emulsionsprozesse, Latexpartikel und entsprechende nicht-wässrige Dispersionen nicht nur traditionell radikalisch, sondern auch mittels weiterer Polymerisationsmechanismen (katalytisch, oxidativ oder mittels Polykondensation bzw. -addition) darzustellen.
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In the last years, new materials have been developed in the broad area of nanoscience. Among them, an emergent class characterized by excellent electrical conductivity properties as well as high optical transmittance in the visible region are TCOs (Transparent Conducting Oxides). Due to their versatile properties, they have found many applications in a lot of optoelectronic devices, such as solar cells, liquid crystal displays, touch-panel displays, gas sensors, to cite a few examples. Different research groups have studied and characterized the TCOs. In this context, a new synthetic method has been developed to produce FTO nanocrystals (Fluorine-doped Tin Oxide NCs) in Prof. Pinna’s lab at the Humboldt University in Berlin. FTO belongs to the TCO category, and they have been studied as a promising alternative to ITO NCs (Indium Tin Oxide) which represent the standard TCO material in terms of properties and performances. In this work, FTO NCs have been synthesized using the “benzyl alcohol route” (a non-aqueous sol-gel method) via microwave, which permits to produce FTO particles with good properties as revealed by the characterizations performed, employing a cheap, fast and clean method.
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In der vorliegenden Arbeit wurden Miniemulsionen als räumliche Begrenzungen für die Synthese von unterschiedlichen funktionellen Materialien mit neuartigen Eigenschaften verwendet. Das erste Themengebiet umfasst die Herstellung von Polymer/Calciumphosphat-Hybridpartikeln und –Hybridkapseln über die templatgesteuerte Mineralisation von Calciumphosphat. Die funktionalisierte Oberfläche von Polymernanopartikeln, welche über die Miniemulsionspolymerisation hergestellt wurden, diente als Templat für die Kristallisation von Calciumphosphat auf den Partikeln. Der Einfluss der funktionellen Carboxylat- und Phosphonat-Oberflächengruppen auf die Komplexierung von Calcium-Ionen sowie die Mineralisation von Calciumphosphat auf der Oberfläche der Nanopartikel wurde mit mehreren Methoden (ionenselektive Elektroden, REM, TEM und XRD) detailliert analysiert. Es wurde herausgefunden, dass die Mineralisation bei verschiedenen pH-Werten zu vollkommen unterschiedlichen Kristallmorphologien (nadel- und plättchenförmige Kristalle) auf der Oberfläche der Partikel führt. Untersuchungen der Mineralisationskinetik zeigten, dass die Morphologie der Hydroxylapatit-Kristalle auf der Partikeloberfläche mit der Änderung der Kristallisationsgeschwindigkeit durch eine sorgfältige Wahl des pH-Wertes gezielt kontrolliert werden kann. Sowohl die Eigenschaften der als Templat verwendeten Polymernanopartikel (z. B. Größe, Form und Funktionalisierung), als auch die Oberflächentopografie der entstandenen Polymer/Calciumphosphat-Hybridpartikel wurden gezielt verändert, um die Eigenschaften der erhaltenen Kompositmaterialien zu steuern. rnEine ähnliche bio-inspirierte Methode wurde zur in situ-Herstellung von organisch/anorganischen Nanokapseln entwickelt. Hierbei wurde die flexible Grenzfläche von flüssigen Miniemulsionströpfchen zur Mineralisation von Calciumphosphat an der Grenzfläche eingesetzt, um Gelatine/Calciumphosphat-Hybridkapseln mit flüssigem Kern herzustellen. Der flüssige Kern der Nanokapseln ermöglicht dabei die Verkapselung unterschiedlicher hydrophiler Substanzen, was in dieser Arbeit durch die erfolgreiche Verkapselung sehr kleiner Hydroxylapatit-Kristalle sowie eines Fluoreszenzfarbstoffes (Rhodamin 6G) demonstriert wurde. Aufgrund der intrinsischen Eigenschaften der Gelatine/Calciumphosphat-Kapseln konnten abhängig vom pH-Wert der Umgebung unterschiedliche Mengen des verkapselten Fluoreszenzfarbstoffes aus den Kapseln freigesetzt werden. Eine mögliche Anwendung der Polymer/Calciumphosphat-Partikel und –Kapseln ist die Implantatbeschichtung, wobei diese als Bindeglied zwischen künstlichem Implantat und natürlichem Knochengewebe dienen. rnIm zweiten Themengebiet dieser Arbeit wurde die Grenzfläche von Nanometer-großen Miniemulsionströpfchen eingesetzt, um einzelne in der dispersen Phase gelöste Polymerketten zu separieren. Nach der Verdampfung des in den Tröpfchen vorhandenen Lösungsmittels wurden stabile Dispersionen sehr kleiner Polymer-Nanopartikel (<10 nm Durchmesser) erhalten, die aus nur wenigen oder einer einzigen Polymerkette bestehen. Die kolloidale Stabilität der Partikel nach der Synthese, gewährleistet durch die Anwesenheit von SDS in der wässrigen Phase der Dispersionen, ist vorteilhaft für die anschließende Charakterisierung der Polymer-Nanopartikel. Die Partikelgröße der Nanopartikel wurde mittels DLS und TEM bestimmt und mit Hilfe der Dichte und des Molekulargewichts der verwendeten Polymere die Anzahl an Polymerketten pro Partikel bestimmt. Wie es für Partikel, die aus nur einer Polymerkette bestehen, erwartet wird, stieg die mittels DLS bestimmte Partikelgröße mit steigendem Molekulargewicht des in der Synthese der Partikel eingesetzten Polymers deutlich an. Die Quantifizierung der Kettenzahl pro Partikel mit Hilfe von Fluoreszenzanisotropie-Messungen ergab, dass Polymer-Einzelkettenpartikel hoher Einheitlichkeit hergestellt wurden. Durch die Verwendung eines Hochdruckhomogenisators zur Herstellung der Einzelkettendispersionen war es möglich, größere Mengen der Einzelkettenpartikel herzustellen, deren Materialeigenschaften zurzeit näher untersucht werden.rn
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Die vorliegende Dissertation untersucht Nanopartikel und Nanokapseln aus verschiedenen Materialien mit verschiedenen Modifikationen für einen zielgerichteten Medikamententransport (Drug Targeting). Obwohl bisher zahlreiche Nanopartikel und -kapseln synthetisiert wurden, besteht nach wie vor hinsichtlich der zellulären Verträglichkeit, Biokompatibilität und Aufnahme kein allumfassendes Verständnis. Mit Hilfe der in dieser Arbeit vorgestellten Untersuchungen und Ergebnissen soll ein Beitrag zur Schließung dieser Lücke geleistet werden.rnIm Rahmen der vorliegenden Dissertation wurde der Einfluss der Herstellungsmaterialien PS, PLLA, PMMA, Biomakromoleküle (BSA, DNA), ggf. stabilisiert durch HPMA-LMA-Copolymere und neu-synthetisierte Surfmere, der Formmodifikationen Streckung und Kristallisierung, der Oberflächenmodifikationen mittels verschiedener Tenside und PEG auf die zelluläre Aufnahme und Verträglichkeit hin untersucht.rnZusammenfassend lässt sich die Aussage treffen, dass zahlreiche Materialien zur Herstellung von Trägersystemen geeignet sind und sich als biokompatibel und nicht-zytotoxisch erwiesen haben, sich jedoch stark hinsichtlich der Aufnahmeeffizienz in verschiedene Zelllinien unterscheiden. rnIm ersten Abschnitt (Kapitel 5.1) wurden in der ersten und zweiten Untersuchung auf allgemeine Parameter, die die Aufnahme von Nanopartikeln beeinflussen, eingegangen. Hier wurde der Einfluss des Alters von PLLA-Partikeln auf die zelluläre Aufnahme und Toxizität untersucht. Es konnte gezeigt werden, dass mit zunehmender Materialalterung die zelluläre Aufnahme abnimmt. Eine Zytotoxizität konnte nicht gezeigt werden.rnWeiterhin wurde der Einfluss des FCS-Gehalts des Zell-Mediums auf die zelluläre Aufnahme von PMMA-Partikeln untersucht. Es konnte gezeigt werden, dass mit einer steigenden FCS-Konzentration eine Abnahme der zellulären Aufnahme von PMMA-Partikeln einhergeht. Die höchste zelluläre Aufnahme konnte bei einem FCS-Gehalt des Zellmediums von 0,05% verzeichnet werden. rnIm zweiten Abschnitt (Kapitel 5.2) wurde die Stabilisierung von Nanopartikeln mittels neusynthetisierter Tenside und deren Einfluss auf die Zelle-Nanopartikel-Interaktionen untersucht. Dazu wurde zum einen die Oberflächenfunktionalisierung von Nanopartikeln mit Hilfe neu-synthetisierter „Surfmere“ und deren Einfluss auf die zelluläre Aufnahme und Toxizität untersucht. Die hergestellten Surfmere bewirken gleichzeitig eine Stabilisierung und Funktionalisierung der Nanopartikeloberfläche mit Phosphonatgruppen. Hier wurden kovalente „Surfmer“ stabilisierte Nanopartikel mit Tensid- (SDP) stabilisierten Nanopartikeln verglichen. Zudem wurden dialysierte Nanopartikel mit nicht-dialysierten verglichen. Bezüglich der zellulären Aufnahme konnte für die mittels Dialyse gereinigten Nanopartikel eine gute Aufnahme ohne Unterschiede zwischen den kovalent und nicht-kovalent Phosphonat-funktionalisierten Partikeln beobachtet werden. Die ungereinigten, SDP-stabilisierte, nicht-kovalent gebundene Nanopartikel zeigten hingegen eine bis zu 30% stärkere Aufnahme in die HeLa-Zellen und hMSCs.rnWeiterhin der Einsatz von mit HPMA-LMA-Copolymeren stabilisierte Polystyrol- und PLLA-Partikel, die den Einsatz von Tensiden während des Miniemulsionsprozesses überflüssig machen, untersucht. Auch hier konnte keine Zytotoxizität nachgewiesen werden. Die Aufnahme in HeLa-Zellen scheint mehr von der Größe der Nanopartikel als vom verwendeten Material und in hMSCs mehr von den Oberflächeneigenschaften der Nanopartikel abzuhängen.rnIm dritten Abschnitt (Kapitel 5.3) wird auf die Möglichkeit der Formmodifikation von Polystyrol-Partikeln und deren Einfluss auf die Nanopartikel-Zelle-Interaktionen eingegangen. Es geht dabei um die Aufnahme und Zytotoxizität von verstreckten (elongierten) Polystyrol-Partikeln im Vergleich zu sphärischen Nanopartikeln, sowie die Aufnahme und Zytotoxizität von kristallinen Polystyrol-Partikeln in verschiedene Zelllinien. Bei den verstreckten Partikeln nimmt die Aufnahme-Effizienz in HeLa-Zellen und hMSCs mit zunehmender Verstreckung ab. Eine Zytotoxizität konnte für keinen der erwähnten Nanopartikel nachgewiesen werden. Bei den Polystyrol-Partikeln unterschiedlicher Taktizität zeigen die kristallierten Polystyrol-Partikel eine geringfügig besser Aufnahme-Rate als die nicht-kristallierten Polystyrol-Partikel. Dabei zeigen die nach dem Herstellungsprozess mittels der Lösemittelverdampfungstechnik der wässrigen Phase entnommenen Partikel eine bessere Aufnahme als die nach der Verdampfung des Chloroforms verfügbaren Partikel. Insgesamt konnte jedoch für alle Polystyrol-Partikel trotz der unterschiedlichen Taktizitäten nach der Aufnahme in HeLa-Zellen und hMSCs mittels Durchflusszytometrie hohe Fluoreszenz-Intensitäten verzeichnet werden. Setzt man hohe Fluoreszenz-Intensitäten bei in Zellen aufgenommenen Partikeln mit guten Aufnahmeraten gleich, sind die hier dargestellten Aufnahmeraten als sehr gut zu bezeichnen. rnAuf Nanosysteme mit einer reduzierten zellulären Aufnahme wird im letzten Abschnitt (Kapitel 5.4) eingegangen. Dabei wird zum einen die unterschiedliche Oberflächenmodifikation von Polystyrol-Partikeln mit dem Co-Monomer PEG-MA und den Tensiden SDS und Lutensol AT50 untersucht. Von PEG-MA wurden zudem verschiedene Molekulargewichte (Mn=300 g•mol-1 und Mn=2080 g•mol-1) und verschiedene Konzentrationen (1,5%, 5%, 10%) eingesetzt. Ein Teil der Partikel wurde mit SDS und der andere Teil mit Lutensol AT50 hergestellt. In einem weiteren Schritt wurde das jeweilig gegenteilige Tensid (statt SDS Lutensol AT50 und umgekehrt) eingesetzt, um zu überprüfen, ob sich der zuvor beobachtete Effekt umkehren lässt. Anschließend wurde ein erst mit SDS stabilisierter Nanopartikel (BR01) mit verschiedenen Lutensol AT50-Anteilen (5%, 10%, 25%, 50%, 100%) redispergiert. Die effizienteste Aufnahme zeigte der unmodifizierte, mit SDS stabilisierte Nanopartikel BR01, die niedrigste der ebenfalls unmodifizierte, mit Lutensol AT50 stabilisierte Nanopartikel BR02. Eine steigende Konzentration des PEG-MA Mn=300 g•mol-1 hemmt die Aufnahme von mit SDS stabilisierten Partikeln konstant. Für PEG-MA Mn=2080 g•mol-1 konnte hingegen kein Einfluss nachgewiesen werden. Für die mit Lutensol AT50 stabilisierten Partikel konnte kein Einfluss von PEG-MA nachgewiesen werden. Daraus resultiert, dass der Einsatz von physikalisch adsorbiertem Lutensol AT50 die zelluläre Aufnahme effektiver hemmt als der Einsatz von kovalent gebundenem PEG-MA unterschiedlicher Kettenlänge.rnDer Einsatz von mit Biomakromolekülen hergestellten Nanokapseln, die mit zwei verschiedenen Tensiden (SDS und Lutensol AT50) stabilisiert wurden, wurde im Weiteren näher untersucht. Bei den mit SDS stabilisierten Kapseln erwiesen sich die mit ssDNA hergestellten Kapseln BN-54 und BN-55 als leicht toxisch für die HeLa-Zellen. Dagegen sind alle eingesetzten, mit Lutensol AT50 redispergierten Nanokapseln sowohl für HeLa-Zellen als auch für hMSCs zytotoxisch. Hier ist die toxische Wirkung auf das nicht-ionische Tensid Lutensol AT50 zurückzuführen. Eine zelluläre Aufnahme konnte für keine mit Biomakromolekülen hergestellten Nanokapsel nachgewiesen werden.rnDen Abschluss der Untersuchungen bildet die vergleichende Analyse der in dieser Arbeit mit dem Fluoreszenzfarbstoff PMI versehenen Partikeln hinsichtlich deren Aufnahme in HeLa-Zellen und hMSCs und deren zytotoxische Auswirkungen. In der vergleichenden Analyse werden die zuvor vorgestellten Ergebnisse für PMI-Partikeln nochmal im Kontext betrachtet. Dabei erwies sich sowohl für die HeLa-Zellen als auch für die hMSCs, dass die meisten Partikel eine geringe bis keine zelluläre Aufnahme zeigen. Eine gute Aufnahme konnte nur für wenige Nanopartikel (vor allem für die kristallinen Nanopartikel) verzeichnet werden. Eine Korrelation zwischen der Aufnahmeeffizienz und der Zytotoxizität konnte nicht nachgewiesen werden. rn
Resumo:
Hydrophile Polyurethanpartikel wurden mittels in inversen Miniemulsionen durchgeführten Polyadditionsreaktionen hergestellt. Wie durch FT-IR-Spektroskopie gezeigt wurde, konnte durch die Abwesenheit von Wasser in dem verwendeten System die Entstehung von Harnstoffbindungen vermieden werden. Das Molekulargewicht der erhaltenen Polyurethane konnte durch verschiedene Parameter, wie zum Beispiel die Hydrophobizität der kontinuierlichen Phase oder die Zugabe von DMSO zur dispersen Phase, beeinflusst werden. Die höchsten Molekulargewichte (Mn von bis zu 19000 g•mol-1) wurden mit Isopar M als kontinuierlicher Phase erhalten. Der zweite Teil der Arbeit beschäftigt sich mit der Herstellung anisotroper Polystyrolpartikel über eine Film-Dehnungs-Methode. Polystyrol/Polyvinylalkohol-Filme wurden oberhalb der Glasübergangstemperatur von Polystyrol und Polyvinylalkohol (Matrix) uniaxial oder biaxial gedehnt, wodurch ellipsenförmige oder scheibenförmige Partikel entstanden. Es zeigte sich, dass die Redispergierbarkeit der verstreckten Partikel in Wasser stark von deren Oberflächenfunktionalisierung abhängig war. Die beste Redispergierbarkeit (46%) wurde für Sulfonat-funktionalisierte Partikel erhalten. Als eine alternative Methode zur Herstellung anisotroper Polymerpartikel wurde im letzten Teil der vorliegenden Arbeit Elektrospinnen eingesetzt. Es konnte gezeigt werden, dass es prinzipiell möglich ist, ellipsenförmige PS-Partikel zu erhalten, deren Aspektverhältnis durch die Höhe der angelegten Spannung und den Abstand zwischen Spitze und Kollektor beeinflusst wurde. Neben PS-Partikeln konnten auch PMMA-Kapseln über Elektrospinnen verstreckt werden. Mittels der Film-Dehnungs-Methode konnte jedoch eine größere Vielfalt an Aspektverhältnissen hergestellt werden. Ein weiterer Nachteil gegenüber der Film-Dehnungs-Methode ist die relativ breite Größenverteilung der verstreckten Partikel. Jedoch ist Elektrospinnen im Gegensatz zur Film-Dehnungs-Methode ein kontinuierlicher Prozess und könnte auch für die Herstellung anisotroper Partikel von Polymeren mit einer hohen Glasübergangstemperatur verwendet werden.
Resumo:
Die Herstellung von Polymer-Solarzellen aus wässriger Phase stellt eine attraktive Alternative zu der konventionellen lösemittelbasierten Formulierung dar. Die Vorteile der aus wässriger Lösung hergestellten Solarzellen liegen besonders in dem umweltschonenden Herstellungsprozess und in der Möglichkeit, druckbare optoelektronische Bauteile zu generieren. Die Prozessierbarkeit von hydrophoben Halbleitern im wässrigen Milieu wird durch die Dispergierung der Materialien, in Form von Nanopartikeln, erreicht. Der Transfer der Halbleiter in eine Dispersion erfolgt über die Lösemittelverdampfungsmethode. Die Idee der Verwendung von partikelbasierte Solarzellen wurde bereits umgesetzt, allerdings blieben eine genaue Charakterisierung der Partikel sowie ein umfassendes Verständnis des gesamten Fabrikationsvorgangs aus. Deshalb besteht das Ziel dieser Arbeit darin, einen detaillierten Einblick in den Herstellungsprozess von partikelbasierten Solarzellen zu erlangen, mögliche Schwächen aufzudecken, diese zu beseitigen, um so zukünftige Anwendungen zu verbessern. Zur Herstellung von Solarzellen aus wässrigen Dispersionen wurde Poly(3-hexylthiophen-2,5-diyl)/[6,6]-Phenyl-C61-Buttersäure-Methylester (P3HT/PCBM) als Donor/Akzeptor-System verwendet. Die Kernpunkte der Untersuchungen richteten sich zum einen die auf Partikelmorphologie und zum anderen auf die Generierung einer geeigneten Partikelschicht. Beide Parameter haben Auswirkungen auf die Solarzelleneffizienz. Die Morphologie wurde sowohl spektroskopisch über Photolumineszenz-Messungen, als auch visuell mittels Elektronenmikroskopie ermittelt. Auf diese Weise konnte die Partikelmorphologie vollständig aufgeklärt werden, wobei Parallelen zu der Struktur von lösemittelbasierten Solarzellen gefunden wurden. Zudem wurde eine Abhängigkeit der Morphologie von der Präparationstemperatur beobachtet, was eine einfache Steuerung der Partikelstruktur ermöglicht. Im Zuge der Partikelschichtausbildung wurden direkte sowie grenzflächenvermittelnde Beschichtungsmethoden herangezogen. Von diesen Techniken hatte sich aber nur die Rotationsbeschichtung als brauchbare Methode erwiesen, Partikel aus der Dispersion in einen homogenen Film zu überführen. Des Weiteren stand die Aufarbeitung der Partikelschicht durch Ethanol-Waschung und thermische Behandlung im Fokus dieser Arbeit. Beide Maßnahmen wirkten sich positiv auf die Effizienz der Solarzellen aus und trugen entscheidend zu einer Verbesserung der Zellen bei. Insgesamt liefern die gewonnen Erkenntnisse einen detaillierten Überblick über die Herausforderungen, welche bei dem Einsatz von wasserbasierten Dispersionen auftreten. Die Anforderungen partikelbasierter Solarzellen konnten offengelegt werden, dadurch gelang die Herstellung einer Solarzelle mit einer Effizienz von 0.53%. Dieses Ergebnis stellt jedoch noch nicht das Optimum dar und lässt noch Möglichkeiten für Verbesserungen offen.