899 resultados para legitimacy of sience
Resumo:
Questa tesi ricostruisce la storia della giurisprudenza italiana che ha riguardato la legittimità o meno dell’impiego della diagnosi genetica preimpianto nell’ambito della procreazione medicalmente assistita, dall’emanazione della legge 40 del 2004 a tutt’oggi. Ed in particolare questa tesi si prefigge due obiettivi: uno, individuare ed illustrare le tipologie di argomenti utilizzati dal giurista-interprete per giudicare della legittimità o meno della pratica della diagnosi preimpianto degli embrioni prodotti, mediante le tecniche relative alla procreazione assistita; l’altro obiettivo, mostrare sia lo scontro fra i differenti argomenti, sia le ragioni per le quali prevalgono gli argomenti usati per legittimare la pratica della diagnosi preimpianto. Per raggiungere questi obiettivi, e per mostrare in maniera fenomenologica come avviene l’interpretazione giuridica in materia di diagnosi preimpianto, si è fatto principalmente riferimento alla visione che ha della detta interpretazione la prospettiva ermeneutica (concepita originariamente sul piano teoretico, quale ermeneutica filosofica, da H.G. Gadamer; divulgata ed approfondita sul piano giusfilosofico e della teoria dell’interpretazione giudica in Italia, fra gli altri, da F. Viola e G. Zaccaria). Così, in considerazione dei vari argomenti utilizzati per valutare la legittimità o meno della pratica della diagnosi preimpianto, i motivi per i quali in ultimo il giurista-interprete per giudicare ragionevolmente, deve ritenere legittima la pratica della diagnosi preimpianto sono i seguenti. I principi superiori dell’ordinamento e talune direttive giuridiche fondamentali dell’ordinamento, elaborate della giurisprudenza, le quali costituiscono la concretizzazione di detti principi e di una serie di disposizioni normative fondamentali per disciplinare il fenomeno procreativo, depongono per la legittimità della diagnosi preimpianto. Le tipologie degli argomenti impiegati per avallare la legittimità della diagnosi preimpianto attengono al tradizionale repertorio argomentativo a cui attinge il giurista, mentre la stessa cosa non si può dire per gli argomenti usati per negare la legittimità della diagnosi. Talune tipologie di argomenti utilizzate per negare la legittimità della diagnosi preimpianto costituiscono delle fallacie logiche, per esempio l’argomento del pendio scivoloso, e soprattutto le tipologie degli argomenti utilizzati per sostenere la legittimità della diagnosi preimpianto sono per lo più caratterizzate dalla ragionevolezza ed applicate per lo più opportunamente. Poi, si può osservare che: determinati argomenti, associati dal giurista-interprete ai principi i quali depongono per l’illegittimità della diagnosi preimpianto, facendo leva sulla categoria della possibilità, ed equiparando attualità e possibilità, privilegiano l’immaginazione alla realtà e portano a risultati interpretativi non razionalmente fondati; mentre gli argomenti associati dal giurista-interprete ai principi i quali depongono per la legittimità della diagnosi preimpianto, facendo leva sulla categoria della attualità, e tenendo ben distinte attualità e possibilità, privilegiano l’osservazione della realtà e portano a risultati razionalmente fondati.
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La trattazione cerca di delineare i confini teorici ed applicativi dell’istituto dell’interpretazione autentica, nella chiara consapevolezza che dietro tale tematica si celi il più complesso problema di una corretta delimitazione tra attività di legis-latio e attività di legis-executio. Il fenomeno delle leggi interpretative costituisce infatti nodo nevralgico e punto di intersezione di tre ambiti materiali distinti, ossia la teoria dell’interpretazione, la teoria delle fonti del diritto e la dottrina di matrice liberale della separazione dei poteri. All’interno del nostro ordinamento, nell’epoca più recente, si è assistito ad un aumento esponenziale di interventi legislativi interpretativi che, allo stato attuale, sono utilizzati per lo più come strumenti di legislazione ordinaria. Sotto questo profilo, il sempre più frequente ricorso alla fonte interpretativa può essere inquadrato nel più complesso fenomeno della “crisi della legge” i cui tradizionali requisiti di generalità, astrattezza ed irretroattività sono stati progressivamente abbandonati dal legislatore parallelamente con l’affermarsi dello Stato costituzionale. L’abuso dello strumento interpretativo da parte del legislatore, gravemente lesivo delle posizioni giuridiche soggettive, non è stato finora efficacemente contrastato all’interno dell’ordinamento nonostante l’elaborazione da parte della Corte costituzionale di una serie di limiti e requisiti di legittimità dell’esegesi legislativa. In tale prospettiva, diventano quindi di rilevanza fondamentale la ricerca e l’esame di strategie e rimedi, giurisdizionali ed istituzionali, tali da arginare l’“onnipotenza” del legislatore interprete. A seguito dell’analisi svolta, è maturata la consapevolezza delle potenzialità insite nella valorizzazione della giurisprudenza della Corte Edu, maggiormente incline a sanzionare l’abuso delle leggi interpretative.
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Die vorliegende Arbeit beschäftigt sich mit rechtlichen Fragestellungen rund um Bewertungs-portale im Internet. Zentrale Themen der Arbeit sind dabei die Zulässigkeit der Veröffentlichung der von den Nutzern abgegebenen Bewertungen vor dem Hintergrund möglicherweise entgegenstehender datenschutzrechtlicher Bestimmungen und der Persönlichkeitsrechte der Betroffenen. Des weiteren wird der Rechtsschutz der Betroffenen erörtert und in diesem Zusammenhang die haftungsrechtlichen Risiken der Forenbetreiber untersucht. Gegenstand der Arbeit sind dabei sowohl Online-Marktplätze wie eBay, auf denen sowohl der Bewertende als auch der Bewertete registriert und mit dem Bewertungsverfahren grundsätz-lich einverstanden sind (geschlossene Portale), als auch Portale, auf denen – oftmals unter einem Pseudonym und ohne vorherige Anmeldung – eine freie Bewertungsabgabe, zu Pro-dukteigenschaften, Dienstleistungen bis hinzu Persönlichkeitsmerkmalen des Bewerteten möglich ist (offene Portale). Einleitung und Erster Teil Nach einer Einleitung und Einführung in die Problematik werden im ersten Teil die verschie-denen Arten der Bewertungsportale kurz vorgestellt. Die Arbeit unterscheidet dabei zwischen so genannten geschlossenen Portalen (transaktionsbegleitende Portale wie eBay oder Ama-zon) auf der einen Seite und offenen Portalen (Produktbewertungsportale, Hotelbewertungs-portale und Dienstleistungsbewertungsportale) auf der anderen Seite. Zweiter Teil Im zweiten Teil geht die Arbeit der Frage nach, ob die Veröffentlichung der durch die Nutzer abgegebenen Bewertungen auf den offenen Portalen überhaupt erlaubt ist oder ob hier mögli-cherweise das Persönlichkeitsrecht der Betroffenen und hier insbesondere das Recht auf in-formationelle Selbstbestimmung in Form der datenschutzrechtlichen Bestimmungen die freie Bewertungsabgabe unzulässig werden lässt. Untersucht werden in diesem Zusammenhang im einzelnen Löschungs- bzw. Beseitigungsan-sprüche der Betroffenen aus § 35 Abs. 2 Satz 2 Nr. 1 BDSG bzw. §§ 1004 i. V. m. 823 Abs. 1 BGB (allgemeines Persönlichkeitsrecht). Die Arbeit kommt in datenschutzrechtlicher Hinsicht zu dem Schluss, dass die Bewertungen personenbezogene Daten darstellen, die den datenschutzrechtlichen Bestimmungen unterlie-gen und eine Veröffentlichung der Bewertungen nach dem im deutschen Recht geltenden da-tenschutzrechtlichen Erlaubnisvorbehalt grundsätzlich nicht in Betracht kommt. Vor dem Hintergrund dieser den tatsächlichen Gegebenheiten und Interessenlagen im Internet nicht mehr gerecht werdenden Gesetzeslage diskutiert der Autor sodann die Frage, ob die datenschutzrechtlichen Bestimmungen in diesen Fällen eine Einschränkung durch die grund-gesetzlich garantierten Informationsfreiheiten erfahren müssen. Nach einer ausführlichen Diskussion der Rechtslage, in der auf die Besonderheiten der ein-zelnen Portale eingegangen wird, kommt die Arbeit zu dem Schluss, dass die Frage der Zuläs-sigkeit der Veröffentlichung der Bewertungen von einer Interessenabwägung im Einzelfall abhängt. Als Grundsatz kann jedoch gelten: Ist die bewertete Tätigkeit oder Person in Bezug auf die bewertete Eigenschaft ohnehin einer breiten Öffentlichkeit zugänglich, erscheint eine Veröffentlichung der Daten nicht bedenklich. Dagegen wird man einen Löschungs- bzw. Be-seitigungsanspruch bejahen müssen für die Bewertungen, die Tätigkeiten oder Eigenschaften des Bewerteten, die in keinem Zusammenhang mit ihm als öffentlicher Person stehen, betref-fen. Anschließend geht die Arbeit auf die Persönlichkeitsrechte der Betroffenen und der sich hier-aus ergebenden Beseitigungs- und Unterlassungsansprüchen gemäß der §§ 1004 Abs. 1, 823 Abs. 1 BGB ein, verneint jedoch wegen dem Vorrang der spezialgesetzlichen Bestimmungen aus dem Bundesdatenschutzgesetz letztlich eine Anwendbarkeit der Anspruchsgrundlagen. Schließlich wird in diesem Teil noch kurz auf die Zulässigkeit der Bewertung juristischer Per-sonen eingegangen, die im Grundsatz bejaht wird. Dritter Teil Sofern der zweite Teil der Arbeit zu dem Schluss kommt, dass die Veröffentlichung der Be-wertungen zulässig ist, stellt sich im dritten Teil die Frage, welche Möglichkeiten das Recht dem Bewerteten bietet, gegen negative Bewertungen vorzugehen. Untersucht werden, dabei datenschutzrechtliche, deliktsrechtliche, vertragliche und wettbe-werbsrechtliche Ansprüche. Ein Schwerpunkt dieses Teils liegt in der Darstellung der aktuellen Rechtsprechung zu der Frage wann eine Bewertung eine Tatsachenbehauptung bzw. ein Werturteil darstellt und den sich hieraus ergebenden unterschiedlichen Konsequenzen für den Unterlassungsanspruch des Betroffenen. Diejenigen Bewertungen, die eine Meinungsäußerung darstellen, unterstehen dem starken Schutz der Meinungsäußerungsfreiheit. Grenze der Zulässigkeit sind hier im wesentlichen nur die Schmähkritik und Beleidigung. An Tatsachenbehautpungen dagegen sind schärfere Maßstäbe anzulegen. In diesem Zusammenhang wird der Frage nachgegangen, ob vertragliche Beziehungen zwischen den Beteiligten (Bewertenden, Bewertete und Portalbetreiber) die Meinungsäußerungsfreiheit einschränkt, was jedenfalls für die geschlossenen Portale bejaht wird. Vierter Teil Der vierte Teil der Arbeit beschäftigt sich mit den „Zu-gut-Bewertungen“. Es geht dabei um wettbewerbsrechtliche Ansprüche im Falle verdeckter Eigenbewertungen. Solche Eigenbewertungen, die unter dem Deckmantel der Pseudonymität als Werbemittel zur Imageverbesserung in entsprechenden Bewertungsportale verbreitet werden ohne den wahren Autor erkennen zu lassen, sind in wettbewerbsrechtlicher Hinsicht grundsätzlich unzulässig. Fünfter Teil Im letzten Teil der Arbeit wird schließlich der Frage nach der Verantwortlichkeit der Portal-betreiber für rechtswidrige Bewertungen nachgegangen. Zunächst wird die Feststellung getroffen, dass es sich bei den von den Nutzern abgegebenen Bewertungen um fremde Inhalte handelt und somit die Haftungsprivilegierungen der § 11 Abs. 1 TDG, § 9 Abs. 1 MDStV eingreifen, wonach die Forenbetreiber für die rechtswidrigen Bewertungen jedenfalls so lange nicht verantwortlich sind, solange sie hiervon keine Kenntnis haben. Da von dieser Haftungsprivilegierung nach der Rechtsprechung des Bundesgerichtshofs die Störerhaftung nicht umfasst ist, wird die Reichweite die Forenbetreiber aus der Störerhaftung treffenden Überwachungspflichten diskutiert. Die Arbeit kommt hier zu dem Ergebnis, dass in den Fällen, in denen dem Adressaten der Bewertung die Identität des Verfassers bekannt ist, sich die Verpflichtungen der Forenbetrei-ber auf die Beseitigung bzw. Sperrung der rechtswidrigen Bewertung beschränken. Sofern die Identität des Bewertenden unbekannt ist, haften die Forenbetreiber als Mitstörer und dem Be-troffenen stehen Unterlassungsansprüche auch gegen die Forenbetreiber zu.
Una grande narrazione del capitalismo: potere e scienze sociali nel pensiero politico di Daniel Bell
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Questa tesi punta a ricostruire il pensiero politico di Bell tra il secondo dopoguerra e la metà degli anni Settanta. In tale arco cronologico, la riflessione politica di Bell si profila, per usare una formula di Jean-François Lyotard, come una «grande narrazione» del capitalismo. Nel complesso, cioè, l’opera di Bell appare come una storia sociologica del capitalismo, che nella fine delle ideologie registra l’apogeo del fordismo e, in seguito, ne mette in luce le trasformazioni in senso post-industriale, indagando le ricadute che tali mutamenti implicano sul piano dei rapporti di potere e della legittimazione del sistema. Nell’ottica di Bell, pertanto, il capitalismo non costituisce soltanto un sistema economico, ma la forma specifica attraverso cui si dispiega la società nel suo complesso, attivando una serie di rapporti di potere mediante i quali gli individui vengono coordinati e subordinati. Una siffatta concezione del capitalismo agisce immediatamente la questione del potere e solleva un interrogativo a esso connesso: «che cosa tiene insieme una società?». Una domanda che attraversa la traiettoria intellettuale di Bell e, sia pure declinata mediante una terminologia sociologica, riflette in realtà l’ambizione delle scienze sociali di farsi teoria politica. Esse si presentano quindi come teoria politica della modernità, nella misura in cui distinguono il potere sociale dal potere politico e, al tempo stesso, instaurano tra i due poli una tensione dialettica produttiva. Mettendo a fuoco la concettualizzazione del potere nell’opera di Bell si analizzeranno le mutazioni nel rapporto tra Stato e società negli Stati Uniti durante la Golden Age del capitalismo. In particolare, si metterà in luce nella grande narrazione di Bell l’ascesa e il declino di un ordine istituzionale che, alla metà degli anni Settanta, appare percorso da molteplici tensioni politiche e sociali che preannunciano l’avvento dell’età globale e il bisogno di una nuova “scala” di governo.
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Questo studio propone un'esplorazione dei nessi tra processi migratori ed esperienze di salute e malattia a partire da un'indagine sulle migrazioni provenienti dall'America latina in Emilia-Romagna. Contemporaneamente indaga i termini del dibattito sulla diffusione della Malattia di Chagas, “infezione tropicale dimenticata” endemica in America centro-meridionale che, grazie all'incremento dei flussi migratori transnazionali, viene oggi riconfigurata come 'emergente' in alcuni contesti di immigrazione. Attraverso i paradigmi teorico-metodologici disciplinari dell'antropologia medica, della salute globale e degli studi sulle migrazioni, si è inteso indagare la natura della relazione tra “dimenticanza” ed “emergenza” nelle politiche che caratterizzano il contesto migratorio europeo e italiano nello specifico. Si sono analizzate questioni vincolate alla legittimità degli attori coinvolti nella ridefinizione del fenomeno in ambito pubblico; alle visioni che informano le strategie sanitarie di presa in carico dell'infezione; alle possibili ricadute di tali visioni nelle pratiche di cura. Parte della ricerca si è realizzata all'interno del reparto ospedaliero ove è stato implementato il primo servizio di diagnosi e trattamento per l'infezione in Emilia-Romagna. È stata pertanto realizzata una etnografia fuori/dentro al servizio, coinvolgendo i principali soggetti del campo di indagine -immigrati latinoamericani e operatori sanitari-, con lo scopo di cogliere visioni, logiche e pratiche a partire da un'analisi della legislazione che regola l'accesso al servizio sanitario pubblico in Italia. Attraverso la raccolta di narrazioni biografiche, lo studio ha contribuito a far luce su peculiari percorsi migratori e di vita nel contesto locale; ha permesso di riflettere sulla validità di categorie come quella di “latinoamericano” utilizzata dalla comunità scientifica in stretta correlazione con il Chagas; ha riconfigurato il senso di un approccio attento alle connotazioni culturali all'interno di un più ampio ripensamento delle forme di inclusione e di partecipazione finalizzate a dare asilo ai bisogni sanitari maggiormente percepiti e alle esperienze soggettive di malattia.
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Nell’ambito della riflessione sui processi di riproduzione e trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze sociali, la presente tesi dottorale propone un’analisi in prospettiva intersezionale dei percorsi verso l’indipendenza abitativa dei giovani bolognesi di origine popolare, e il ruolo svolto dalle loro famiglie in questi percorsi. Nell’approfondimento teorico si offre una ricostruzione del dibattito sociologico nazionale e internazionale sul tema delle disuguaglianze sociali e abitative delle giovani generazioni, nonché dello studio della classe sociale e i principali approcci presenti in letteratura. La ricerca sul campo si concentra, in particolare, sui modi in cui le famiglie appartenenti ad una determinata classe sociale, intesa nel senso conferito al termine da Bourdieu, negoziano e sostengono la transizione all’indipendenza abitativa dei loro figli. L’approfondimento empirico consiste in una ricerca qualitativa longitudinale retrospettiva, condotta nel bolognese nel 2013-2014 su un campione di famiglie working class. Ai giovani-adulti coinvolti e ai loro genitori è stato chiesto di ricostruire le loro biografie attraverso lo strumento delle life histories. La ricerca evidenzia il delinearsi di “micro sistemi economici” familiari specifici e creativi. Le molteplici forme di sostegno genitoriale nei percorsi di autonomizzazione dei figli, individuate nel corso dell’analisi del materiale raccolto, si innestano quindi all’interno di un più ampio sistema di supporto intergenerazionale, che continua anche dopo l’uscita dalla famiglia di origine, a conferma dello stretto legame che caratterizza le famiglie italiane. Nello studio una particolare attenzione viene rivolta alle logiche di legittimazione del sostegno genitoriale, adottate dalle famiglie per orientare i propri interventi di aiuto. Infine, mettendo a confronto la concezione di indipendenza dei giovani adulti con quella dei loro genitori, l’indagine rileva l’esistenza di una apparente contraddizione tra le rappresentazioni dell’indipendenza e dell’autonomia abitativa e i comportamenti attuati nella vita quotidiana, contraddizione che trova una risoluzione nella negoziazione, tra le due diverse generazioni, del concetto stesso di indipendenza.
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In der vorliegenden Arbeit wird analysiert, ob die neue italienische Partei MoVimento 5 Stelle (M5S) eine rechtspopulistische Partei ist. Darüber hinaus wird mithilfe eines Vergleichs mit Berlusconis Partei Popolo della libertà (PDL) erörtert, ob das M5S den italienischen Rechtspopulismus fortführt. Das M5S wurde im Jahre 2009 von dem italienischen Komiker Beppe Grillo gegründet und zog nach seiner ersten Teilnahme an nationalen Wahlen im Jahre 2013 als zweitstärkste Partei in das italienische Parlament ein. Mit seiner Anti-Establishment-Programmatik und der Ablehnung der etablierten Parteien ähnelt das M5S nicht nur Berlusconis Partei PDL, sondern auch den rechtspopulistischen Parteien, die seit den 1980er Jahren in Westeuropa beständig an Relevanz gewonnen haben. Diese Parteien polemisieren gegen Politiker und Parteien, stellen die Legitimität von Minderheitenrechten und die Prinzipien der repräsentativen Demokratie in Frage. Organisatorisch gruppieren sie sich um einen charismatischen Anführer, dessen Anspruch es ist, die ‚Stimme des Volkes‘ zu repräsentieren. Diese und andere zentrale Charakteristika sind Gegenstand des theoretischen Teils dieser Arbeit. Die Analysedimension sind ‚Programmatik‘ und ‚Organisation‘. Die letztgenannte Kategorie wird in ‚interne Organisationsstruktur‘ und ‚Kommunikation‘ unterteilt. Die Basis der Analyse bilden Parteidokumente (Wahl- und Parteiprogramme, Parteistatuten, Blogeinträge), Experteneinschätzungen und die Forschungsliteratur. Die Untersuchung kommt zu dem Ergebnis, dass es sich beim M5S nicht um eine rechtspopulistische, sondern um eine populistische Partei mit linken Elementen handelt. Den italienischen Rechtspopulismus, wie ihn Berlusconis Partei pflegt, führt sie folglich nicht fort. Sie zeigt in der Organisation starke Parallelen, da beide Parteien von ihren Anführern dominiert werden. Aber das M5S hat eine stark web-basierte Organisationsform und vertritt Umweltthemen, was keine typischen Merkmale rechtspopulistischer Parteien sind. Darüber hinaus vertritt es keine nationalistischen Position, was hingegen konstitutiv für Rechtspopulismus ist.
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Corporate Social Responsibility (CSR) addresses the responsibility of companies for their impacts on society. The concept of strategic CSR is becoming increasingly mainstreamed in the forest industry, but there is, however, little consensus on the definition and implementation of CSR. The objective of this research is to build knowledge on the characteristics of CSR and to provide insights on the emerging trend to increase the credibility and legitimacy of CSR through standardization. The study explores how the sustainability managers of European and North American forest companies perceive CSR and the recently released ISO 26000 guidance standard on social responsibility. The conclusions were drawn from an analysis of two data sets; multivariate survey data based on one subset of 30 European and 13 North American responses, and data obtained through in-depth interviewing of 10 sustainability managers that volunteered for an hour long phone discussion about social responsibility practices at their company. The analysis concluded that there are no major differences in the characteristics of cross-Atlantic CSR. Hence, the results were consistent with previous research that suggests that CSR is a case- and company-specific concept. Regarding the components of CSR, environmental issues and organizational governance were key priorities in both regions. Consumer issues, human rights, and financial issues were among the least addressed categories. The study reveals that there are varying perceptions on the ISO 26000 guidance standard, both positive and negative. Moreover, sustainability managers of European and North American forest companies are still uncertain regarding the applicability of the ISO 26000 guidance standard to the forest industry. This study is among the first to provide a preliminary review of the practical implications of the ISO 26000 standard in the forest sector. The results may be utilized by sustainability managers interested in the best practices on CSR, and also by a variety of forest industrial stakeholders interested in the practical outcomes of the long-lasting CSR debate.
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Europeanization challenges national democratic systems. As part and parcel of the broader internationalization of politics, Europeanization is associated with a shift from policymaking within majoritarian, elected representative bodies towards technocratic decisions among non-majoritarian and non-elected bodies (Kohler-Koch and Rittberger 2008, Lavenex 2013). It is thus said to weaken the influence of citizens and parliaments on the making of policies and to undermine democratic collective identity (Lavenex 2013, Schimmelfennig 2010). The weakening of national parliaments has been referred to as “de-parliamentarisation” (Goetz and Meyer-Sahling 2008) and has nurtured a broader debate regarding the democratic deficit in the EU. While not being a member of the EU, Switzerland has not remained unaffected by these changes. As discussed in the contribution by Fischer and Sciarini, state executive actors take the lead in Switzerland's European policy. They are responsible for the conduct of international negotiations, they own the treaty making power, and it is up to them to decide whether they wish to launch a negotiation with the EU. In addition, the strong take-it or leave-it character of Europeanized acts limits the room for manoeuver of the parliamentary body also in the ratification phase. Among the public, the rejection of the treaty on the European constitution has definitely closed the era of “permissive consensus” (Hooghe and Marks 2009). However, the process of European unification remains far remote from the European public. In Switzerland, the strongly administrative character of international legislation hinders public discussion (Vögeli 2007). In such a context, the media may serve as cue for the public: By delivering information about the extent and nature of Europeanized policymaking, the media enable citizens to form their own opinions and to hold their representatives accountable. In this sense media coverage may not only be considered an indicator of the information delivered to the public, but it may also enhance the democratic legitimacy of Europeanized policymaking (for a similar argument, see Tresch and Jochum 2005). While the previous contributions to this debate have examined the Europeanization of Swiss (primary and secondary) legislation, we take a closer look at two additional domestic arenas that are both supposed to be under pressure due to Europeanization: The parliament and the media. To that end, we rely on data gathered in a research project that two of us carried out in the context of the NCCR Democracy.1 While this project was primarily interested in the mediatization of decision-making processes in Switzerland, it also investigated the conditional role played by internationalization/Europeanization. For our present purposes, we shall exploit the two data-sets that were developed as part of a study of the political agenda-setting power of the media (Sciarini and Tresch 2012, 2013, Tresch et al. 2013): A data-set on issue attention in parliamentary interventions (initiatives, motions, postulates,2 interpellations and questions) and a data-set on issue attention in articles from the Neue Zürcher Zeitung (NZZ). The data covers the years 1995 to 2003 and the coding of issues followed the classification system developed in the “Policy Agendas Project” (Baumgartner and Jones 1993).
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Este trabajo se propuso en lo básico elucidar dos preguntas importantes: 1 - ¿cuál es la conceptualización de la cultura que trabaja en las actuales discusiones sobre la legitimidad de lo popular?; 2 -¿es justa la apropiación de la cultura popular por parte de las instituciones, aunque con ese gesto se esté reconociendo la legitimidad de aquélla? Se ha querido revisar variadas posiciones en esta problemática que van desde lo más actual a lo más tradicional, ambos coexistentes en muchos casos.
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El trabajo, elaborado en ocasión de la discusión en el seno de la Universidad Nacional de Cuyo sobre el tema de salud reproductiva, intenta realizar un aporte a tal discusión en relación con: 1. La oportunidad y conveniencia de establecer un debate de la comunidad universitaria en torno al proyecto de salud reproductiva que toca diferentes dimensiones de la vida comunitaria. 2. El concepto de vida, vida humana y vida moral. 3. La legitimidad y oportunidad de la intervención de las instituciones sociales (Estado, nacional o provincial, Universidad) en las cuestiones relacionadas con la vida.
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Es paradójico hablar del carácter político de la vida contemplativa. Sin embargo, esta incongruencia es constitutiva de la manera en que Aristóteles concibe la elección entre las formas de vidas. En el prolongado debate que se inicia en el período arcaico en torno a esta cuestión, su posición es ?incómoda?, porque defiende el ideal contemplativo sin poner en tela de juicio los supuestos implícitos de la ideología dominante (Brown: 2009, 2011). Las consideraciones del final de la EN y, en especial, las que constituyen la descripción del Estado ideal en la Pol. revelan que concibe esta forma de vida como activa y continua con el ejercicio de las funciones cívicas. En efecto, en Pol. VII 3 (1325a 23-34) reconoce que los defensores de la vida política y los de la vida contemplativa tienen en parte razón y en parte, no. De las razones que esgrime en cada caso, se desprende que Aristóteles defiende un ideal de vida virtuosa que conjuga el carácter activo de la contemplación y la legitimidad de la dominación política. Siguiendo su prescripción de completar el estudio de las cosas humanas mediante la política, nuestro propósito es explorar este ideal de vida a la luz de sus principios
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El presente proyecto de investigación analiza la relación entre sociedad y política en la Argentina entre 1955 y 1976. Se trata de un período signado por una aguda crisis socio-política, una profunda pérdida de legitimidad de las instituciones y el Estado y en que la acelerada modernización socio-cultural posterior a 1955 se combinó rápidamente con una tendencia a la radicalización política. Uno de los primeros efectos de este proceso fue la recomposición de la izquierda. Del seno de sus partidos "tradicionales" (el Partido Comunista y Socialista) surgieron diversas formaciones de la "nueva izquierda", mientras que rupturas y transformaciones similares se verificaban en sectores nacionalistas, peronistas y cristianos. Estos nuevos actores sociales y políticos solieron orientarse hacia objetivos que proclamaron la "liberación nacional" y el "socialismo" y hacia estrategias revolucionarias. Nuestro trabajo se interesa centralmente en reconstruir los orígenes de las nuevas prácticas y organizaciones surgidas por entonces así como las formas de articulación entre demandas sociales y propuestas políticas, y entre elencos dirigentes y sectores populares. A su vez, examina una multiplicidad de "casos" que formaron parte de este social y políticamente variado campo, sin subsumirlo exclusivamente al accionar de las organizaciones armadas.
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Esta ponencia es la presentación del proyecto de tesis, que tiene por objetivo estudiar el proceso de constitución y consolidación del poder judicial, responsable de la administración de justicia, como integrante del Estado provincial, legitimador de su accionar político y mediador con la sociedad civil. La investigación se ubica en la provincia de Buenos Aires, entre 1853 y 1881, que sancionó su propia Constitución en 1854, en la que declaraba en su artículo 118 que el poder judicial sería independiente de todo otro en el ejercicio de sus funciones. Es decir que en esta provincia la consagración de la teoría de los poderes del Estado y la ley como definidora de lo que era justo, requirieron de la organización del poder judicial. El sistema judicial de la provincia de Buenos Aires comenzó su formación como poder del Estado a partir de la reforma rivadaviana y el proceso alcanzó su madurez entre 1853 y 1881, como parte fundamental del proyecto liberal, asentado sobre la autoridad de la ley. El poder judicial garantizaba la legitimidad del sistema político republicano de matriz liberal, pero la dependencia con el poder ejecutivo se mantuvo en parte, representada en el presupuesto, los nombramientos y los jurys. La organización judicial en formación incluyó al ámbito rural con una fisonomía institucional que tendía a consolidar la relación entre Estado y sociedad civil; ésta manifestaba sus necesidades a través de la opinión pública y el poder las interpretaba con el fin de legitimar su acción política. En este proceso de legitimación, el poder judicial era funcional al Estado, lo que se consolidó con el tiempo. La Constitución de 1873, a pesar de ser ideal en algunas de sus propuestas, dio protagonismo y efectividad a las instituciones judiciales que se formaron y pusieron en funcionamiento con una nueva concepción de justicia, que sin dejar de lado el derecho natural se consolidaba en una función más positiva, atenta a los derechos individuales y de propiedad. Para comprender el rol que jugó el sistema de justicia en la formación del Estado es necesario desenmarañar la compleja trama de relaciones entre el poder político y los magistrados, y a su vez entre ellos y la sociedad. Pero esto no se puede realizar sin conocer y comprender que entendían por justicia, y definir de qué forma organizaron su administración. En la realización de esta investigación atenderé a las soluciones que el ordenamiento jurídico debía brindar a una determinada sociedad, las instituciones que lo formaron y las ideas de quienes lo gestaron. El uso de la fuente judicial será fundamental para observar si la letra de la ley fue cumplida en la administración de justicia y de qué manera. Pero esa fuente judicial confirmará o no la aplicación de las leyes dictadas por el poder legislativo y los decretos emanados del ejecutivo, por ello será necesario reconstruir los organigramas del Poder Judicial a partir del estudio de los Registros Oficiales y los debates legislativos de la provincia.
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Con la intención de definir los rasgos de la pedagogía sostenida por Ricardo Nassif, se examina en este artículo el movimiento humanista en sus diferentes etapas históricas y en sus significaciones para el campo de la educación. Con ese objetivo, se analiza el componente central de la pedagogía de Nassif, influida principalmente por el neohumanismo: la concepción de la educación como proceso dialéctico, ya que transcurre históricamente a través de las funciones de conservación y renovación de la cultura, que juegan como tesis y antítesis de una síntesis que se resuelve en un humanismo de nuevo cuño al que califica como "concreto". La tensión dialéctica entre esas acciones permite comprender la índole de la formación humana, versión pedagógica del ideal humanista que el autor evalúa como punto de referencia de la educación y categoría básica de la pedagogía. Se profundiza en las derivaciones que posee su idea de formación general en las relaciones entre educación y cultura y entre educación y desarrollo científico, así como para la legitimidad de constitución de la pedagogía. Se concluye afirmando el carácter humanista de la pedagogía de Nassif, expresado sustancialmente en la necesidad de que esta disciplina se constituya en uno de los medios de superación de las alienaciones socioeconómicas provocadas por la índole de la estructura social, que restringen la libertad del hombre para desarrollarse plenamente.