986 resultados para enpresa txiki eta ertainak


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The arene-ruthenium complex [Ru(eta(6)-C10H14)(dppf)Cl]PF6 (1) was used as a precursor for the syntheses of the [Ru(eta(6)-C10H14)(dppf)Br]PF6 (2), [Ru(eta(6)-C10H14)(dppf)I]PF6 (3). [Ru(eta(6)-C10H14)(dppf)SnF3]PF6 (4) and [Ru(eta(6)-C10H14)(dppf)Cl][SnCl3]center dot 0.45CH(2)Cl(2) (5) complexes by its reactions with KBr, Kl, SnF2 and SnCl2. respectively. All of the compounds were characterized by NMR, IR, Fe-57 and Sn-119-Mossbauer spectroscopy, and cyclic voltammetry. The single-crystal X-ray structure analysis of the [Ru(eta(6)-C10H14)(dppf)Cl] [SnCl3]center dot 0.45CH(2)Cl(2) complex revealed the expected piano-stool geometry. Cyclic voltammograms of the complexes showed only one quasi-reversible electrochemical process, involving the oxidation of Fe(II) and Ru(II) at the same potential, which was confirmed by exhaustive electrolysis experiments. Fe-57-Mossbauer parameters obtained for the complexes (1-5) were fitted with one doublet corresponding to a site of one iron(II). The Sn-119-Mossbauer parameters of the complex (4) indicate that tin is tetra covalent. (c) 2012 Elsevier Ltd. All rights reserved.

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Measurements of the differential cross section and the transverse single-spin asymmetry, A(N), vs x(F) for pi(0) and eta mesons are reported for 0.4 < x(F) < 0.75 at an average pseudorapidity of 3.68. A data sample of approximately 6.3 pb(-1) was analyzed, which was recorded during p(up arrow) + p collisions at root s = 200 GeV by the STAR experiment at RHIC. The average transverse beam polarization was 56%. The cross section for pi(0), including the previously unmeasured region of x(F) > 0.55, is consistent with a perturbative QCD prediction, and the eta/pi(0) cross-section ratio agrees with existing midrapidity measurements. For 0.55 < x(F) < 0.75, the average A(N) for eta is 0.210 +/- 0.056, and that for pi(0) is 0.081 +/- 0.016. The probability that these two asymmetries are equal is similar to 3%.

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Es wurden Rueckstreueffekte in der kohaerentenEta-Photoproduktion amDeuteron im Bereich der S11(1535)-Resonanz untersucht. Fuerdenelementaren Prozess am Deuteron wurde ein effektivesResonanzmodelleinschliesslich Borntermen verwendet. Die Resonanzparameterwurdenausschliesslich an den elementaren Mesonproduktionsprozessenfestgelegt. Bei der kohaerenten Eta-Photoproduktion amDeuteron wurdedie Stossnaeherung fuer die P11(1440)-, D13(1520)- undS11(1535)-Resonanz sowie Rueckstreueffekte undMesonaustauschstroemeberuecksichtigt. Die Rueckstreuung wird innerhalb einesgekoppelten-Kanal-Modells unter Beruecksichtigung derResonanzanregungbehandelt. Es ergibt sich eine Erhoehung des differentiellenWirkungsquerschnitts um etwa 5% durch die Rueckstreuung. InihrerSumme sind Zweiteilcheneffekte kleine Beitraege zurkohaerentenEta-Photoproduktion am Deuteron.

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La ricerca prende in esame le produzioni narrative, in particolare quelle dedicate agli adolescenti e ai giovani adulti, nei cui linguaggi e nelle cui trame si insinuano modelli di vita, comportamenti, valori, stereotipie, ecc. Attraverso le fiction dell'ultimo decennio, sono offerte interpretazioni alle costanti e alle variabili che percorrono i diversi prodotti culturali e che sono metafore di caratteristiche e di dinamiche della società post-moderna. Nella ricerca si studiano le trame e i personaggi delle narrazioni e, in parallelo, si individuano le correlazioni con studi pedagogici interessati alle ultime generazioni giovanili. La comparazione ha portato ad un sistema di decifrazione per individuare il giovane dell'era post-moderna tra gli elementi di finzione. Si sono prese in esame le più importanti icone dell'immaginario che, pur attraverso innumerevoli riscritture, continuano ad imporsi come metafore per identificazione, abnegazione, catarsi. Rispetto al passato, molte icone presenti nelle ultime produzioni di fiction subiscono alterazioni leggibili come spie (i.e. Ginzburg). È in queste trasformazioni, spinte fino alla metamorfosi dell'icona, che è possibile rintracciare alcune caratteristiche proprie del mondo giovanile in rapporto con la società contemporanea. L'immaginario può dunque essere lo specchio in cui l'uomo e la società possono riconoscersi, e studiarlo apre possibilità per sviluppare prospettive di interpretazione verso nuovi orizzonti.

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La ricerca riguarda lo studio del cantiere edilizio protobizantino, con particolare riferimento al ciclo della lavorazione del marmo. Quest’ultimo viene analizzato sotto il profilo amministrativo, tecnico, sociale ed artigianale. L’elemento guida della ricerca sono i marchi dei marmorari, sigle apposte da funzionari e maestranze durante il processo produttivo. Dapprima, fonti letterarie ed epigrafiche, tra cui le sigle di cava e officina su marmo, vengono esaminate per ricostruire il sistema alto-imperiale di amministrazione delle cave e di gestione dei flussi marmorei, nonché l’iter tecnico-artigianale adottato per la produzione dei manufatti. Il confronto con i dati disponibili per la tarda antichità, con particolare riferimento alle cave di Proconneso, evidenzia una sostanziale continuità della prassi burocratico-amministrativa, mentre alcuni cambiamenti si riscontrano nell’ambito produttivo-artigianale. Il funzionamento degli atelier marmorari viene approfondito attraverso lo studio dei marchi dei marmorari. Si tratta di caratteri greci singoli, multipli o monogrammi. Una ricognizione sistematica delle sigle dalla pars Orientalis dell’impero, reperite in bibliografia o da ricognizioni autoptiche, ha portato alla raccolta di circa 2360 attestazioni. Per esse si propone una classificazione tipologica tra sigle di cava, stoccaggio, officina. Tra le sigle di cava si annoverano sigle di controllo, destinazione/committenza, assemblaggio/posizionamento. Una particolare attenzione è riservata alle sigle di officina, riferibili ad un nome proprio di persona, ovvero al πρωτομαΐστωρ, il capo-bottega che supervisionava il lavoro dei propri artigiani e fungeva da garante del prodotto consegnato alla committenza. Attraverso lo studio comparato delle sigle reperite a Costantinopoli e in altri contesti si mette in luce la prassi operativa adottata dagli atelier nei processi di manifattura, affrontando anche il problema delle maestranze itineranti. Infine, sono analizzate fonti scritte di varia natura per poter collocare il fenomeno del marmo in un contesto socio-economico più ampio, con particolare riferimento alle figure professionali ed artigianali coinvolte nei cantieri e al problema della committenza.

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Il seguente lavoro analizza lo sviluppo dell’occupazione territoriale dell’area collinare e montana del bolognese e della Romagna nell’età del Bronzo. Si sono censite le attestazioni archeologiche relative all’età del Bronzo nell’area di studio, per analizzare le tendenze insediative e le loro eventuali modificazioni nel corso del tempo, onde individuare le strategie alla base del scelta del luogo da insediare e le eventuali vie di percorrenza. Attraverso l’analisi tipologica del materiale rinvenuto nei vari contesti si è cercato di determinare le influenze culturali provenienti dal centro Italia o dalla zona terramaricola. Per raggiungere questo obbiettivo si sono analizzati i dati di archivio della Soprintendenza ai beni archeologici dell’Emilia Romagna e l’Archivio Renato Scarani, protagonista delle ricerche archeologiche in Emilia Romagna per il periodo degli anni ’50-’70 del XX secolo, recentemente acquisito dall’Università di Bologna. Ai dati desunti dagli archivi, che in molti casi hanno chiarito le vicende concernenti le indagini ed i posizionamenti di molti dei siti segnalati ed esplorati tra la seconda metà del XIX e gli anni ’70 del XX secolo, che costituiscono la maggioranza del campione analizzato, si sono aggiunti i dati recentemente acquisiti a seguito degli scavi a Monterenzio Località Chiesa Vecchia (Bo), uno dei siti più importanti (per stratigrafia conservata e per contesto territoriale) dell'Appennino Bolognese.

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To study whether protein kinase C (PKC) isoforms can interact with protein-tyrosine-phosphatases (PTPs) which are connected to the insulin signaling pathway, we co-overexpressed PKC isoforms together with insulin receptor, docking proteins, and the PTPs SHP1 and SHP2 in human embryonic kidney (HEK) 293 cells. After phorbol ester induced activation of PKC isoforms alpha, beta 1, beta 2, and eta, we could show a defined gel mobility shift of SHP2, indicating phosphorylation on serine/threonine residues. This phosphorylation was not dependent on insulin receptor or insulin receptor substrate-1 (IRS-1) overexpression and did not occur for the closely related phosphatase SHP1. Furthermore, PKC phosphorylation of SHP2 was completely blocked by the PKC inhibitor bisindolylmaleimide and was not detectable when SHP2 was co-overexpressed with kinase negative mutants of PKC beta 1 and -beta 2. The phosphorylation also occurred on endogenous SHP2 in Chinese hamster ovary (CHO) cells stably overexpressing PKC beta 2. Using point mutants of SHP2, we identified serine residues 576 and 591 as phosphorylation sites for PKC. However, no change of phosphatase activity by TPA treatment was detected in an in vitro assay. In summary, SHP2 is phosphorylated on serine residues 576 and 591 by PKC isoforms alpha, beta 1, beta 2, and eta.

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