917 resultados para cambiamento organizzativo, riprogettazione dei processi aziendali, ERP, BPR, Business Net


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L'obiettivo di questa tesi è lo studio del legame tra la volatilità implicita e la volatilità attuale del titolo sottostante. In particolare, si cercherà di capire quanto conosciamo della volatilità del titolo sottostante se si osserva sul mercato un numero sufficiente di opzioni Call e Put Europee che dipendono da questo sottostante. Tale relazione è oggetto d'interesse pratico per gli attori dei mercati delle opzioni: si tratta di due grandezze fondamentali usate per prezzare i derivati finanziari. L'approccio usato verte alla dinamica dei processi e permetterà di mettere in luce nuove caratteristiche della volatilità implicita, nonché trovare una sua approssimazione. La dinamica del suddetto parametro è cruciale nelle operazioni di copertura e gestione del rischio per i portafogli di opzioni. Avendo a disposizione un modello per la dinamica della volatilità implicita, è possibile calcolare in maniera consistente il vega risk. La dinamica è altrettanto importante per la copertura delle opzioni esotiche, quali le opzioni barrier. Per riuscire a raggiungere il fine predisposto, si considera un modello di mercato libero da arbitraggi, il processo spot continuo e alcune assunzioni di non degenerazione. Ciononostante, si cerca di fare meno assunzioni possibili circa la dinamica del suddetto processo, in modo da trattare un modello di mercato generale, in particolare non completo. Attraverso questo approccio si potrà constatare che dai prezzi delle Call si riescono a ricavare interessanti informazioni riguardanti lo spot. Infatti, a partire da alcune condizioni di regolarità, si riesce a ricavare la dinamica della volatilità spot, osservando la dinamica della volatilità implicita.

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I bacini idrografici appenninici romagnoli rappresentano una fonte idropotabile di essenziale importanza per la Romagna, grazie alla regolazione stagionale svolta dall’invaso artificiale di Ridracoli. Nel presente elaborato si è implementato un modello per lo studio e la valutazione del regime idrologico dei bacini idrografici allacciati all’invaso, affrontando sia gli aspetti relativi alla miglior spazializzazione dei dati metereologici in ingresso al modello (in particolare in relazione alla stima della temperatura, fondamentale per la rappresentazione dei processi di evapotraspirazione e dei fenomeni di accumulo e scioglimento nevoso), sia gli aspetti di calibrazione dei parametri, confrontando le simulazioni ottenute a partire da diverse configurazioni del modello in termini di rappresentazione spaziale e temporale dei fenomeni. Inoltre si è eseguita una regionalizzazione del modello su due sezioni fluviali che sono al momento oggetto di indagini idrologiche, fornendo supporto alla valutazione della possibilità di realizzazione di una nuova opera di presa. A partire dai dati puntuali dei sensori termometrici disponibili si è ricercata la migliore tecnica di interpolazione della temperatura sull’area di studio, ottenendo una discreta precisione, con un errore in procedura di ricampionamento jack-knife raramente superiore al grado centigrado. La calibrazione del modello TUWien in approccio semi-distribuito, sia quando applicato a scala oraria sia quando applicato a scala giornaliera, ha portato a buoni risultati. La complessità del modello, dovuta in gran parte alla presenza di uno specifico modulo per la gestione di accumulo e scioglimento nivale, è stata ripagata dalle buone prestazioni delle simulazioni ottenute, sia sul periodo di calibrazione sia su quello di validazione. Tuttavia si è osservato che l’approccio semi-distribuito non ha portato benefici sostanziali rispetto a quello concentrato, soprattutto in relazione al forte aumento di costo computazionale.

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Uno dei concetti chiave dell'impiego della nanotecnologia è quello dell'ingegnerizzazione dei materiali alla nano-scala. Si procede così alla realizzazione di materiali aventi morfologia, struttura e composizione ottimizzate per migliorarne specifiche proprietà in maniera controllata. In questo lavoro sono stati realizzati campioni nanoparticellari a base di magnesio con la tecnica (R-)IGC (Reactive or Inert Gas Condensation) allo scopo di studiare come l'atmosfera nella quale vengono sintetizzati ne influenzi le proprietà morfologiche e strutturali, al fine di poterne controllare la crescita per impieghi specifici. In particolare, si sono voluti analizzare i risultati ottenuti in diverse situazioni: nel caso in cui la sintesi avvenga in un'atmosfera contenente una piccola concentrazione di ossigeno e nel caso della coevaporazione di magnesio e titanio in atmosfera inerte o contenente idrogeno. I campioni sono poi stati analizzati dal punto di vista morfologico, composizionale e strutturale mediante microscopia a scansione elettronica e diffrazione a raggi X. E' stato mostrato che la presenza controllata di ossigeno durante la sintesi permette di realizzare strutture core-shell di dimensione media 40nm e che la co-evaporazione di magnesio e titanio permette la sintesi di nanoparticelle di dimensioni medie anche inferiori ai 12nm. La presenza di idrogeno durante l'evaporazione permette inoltre di crescere nanoparticelle contenenti idruro di titanio senza dover ricorrere ad una idrurazione successiva. Le proprietà termodinamiche e cinetiche di (de)-idrurazione dei campioni sintetizzati sono state misurate utilizzando sia un apparato barometrico Sievert, sia effettuando un'analisi direttamente nel sito di crescita. I campioni realizzati non mostrano una termodinamica significativamente diversa da quella del magnesio bulk, mentre le cinetiche dei processi di assorbimento e desorbimento risultano notevolmente più rapide.

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Le nostre città stanno cambiando profondamente in relazione ad alcuni fenomeni urbani: la crescita della popolazione, i cambiamenti climatici e la scarsità di risorse energetiche stanno modificando lo stile di vita e la forma delle città. E' necessario modificare alcuni preconcetti per concepire, costruire e vivere in un modo nuovo lo spazio urbano; questo processo prende il nome di Smart City. Per realizzare una Smart City è necessaria una visione olistica dei processi e dei fenomeni urbani; designer e urbanisti devono lavorare insieme per visualizzare gli scenari della città del futuro, tenendo conto delle possibilità offerte dalla tecnologia. Il design della comunicazione ha il compito di creare queste visioni, comunicando le idee di città del futuro e interpretando il ruolo di mediatore, per rendere comprensibili i linguaggi delle molteplici discipline. Questa ricerca ha l'obiettivo di realizzare uno strumento destinato ai designer che elaborano gli scenari del futuro, e agli attori del contesto urbano che interpretano quelle visioni, per pianificare efficaci strategie di miglioramento.

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Questo elaborato si pone l’obiettivo di analizzare lo sviluppo, le potenzialità e le problematiche dell’alluminio secondario e di confrontarlo con l’alluminio primario cercando di capire se la soluzione del riciclo possa progressivamente sostituire la produzione a partire dal minerale. Attraverso l’analisi dei fronti energetico, logistico, ambientale ed economico si giunge ad un quadro completo che da la possibilità di evidenziare vantaggi e svantaggi di un investimento nell’ industria produttrice di alluminio primario piuttosto che secondario. Mediante la descrizione delle modalità di pre-trattamento e dei processi di raffinazione del rottame vengono messi in luce i campi che necessitano di ulteriore sviluppo. Risulta quindi possibile avere un quadro complessivo delle due tipologie di produzione e capire il perché del progressivo interesse nel rottame.

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Lo scopo della presente tesi è quello di illustrare alcuni dei principali strumenti messi a disposizione dai controlli automatici a servizio dell’ingegneria, in particolare analizzando la struttura generale di una fabbrica automatica e descrivendone i principali sistemi di controllo. L’elaborato è suddiviso in tre macro parti: la prima ha l’obiettivo di inquadrare quella che è la fabbrica automatica, partendo dal precedente concetto di fabbrica tradizionale fino ad arrivare alla fabbrica moderna, caratterizzata da una spinta flessibilità produttiva determinata da una politica di produzione per lotti con elevati livelli di caratterizzazione. Della fabbrica automatica viene poi approfondita l’integrazione con i calcolatori attraverso il sistema concettuale del CIM, Computer Integrated Manufacturing, e l’impiego di celle di fabbricazione flessibili, ovvero le FMS, Flexible Manufacturing System. La seconda parte è incentrata sull’analisi delle logiche di controllo impiegate all’interno di tutto il processo di progettazione e di produzione, suddivise in tre gruppi: il primo focalizzato sui sistemi per la produzione automatica, NC e DNC; il secondo sui sistemi di simulazione e testing del prodotto, CAD, CAM e CAT; il terzo sui sistemi di controllo e sviluppo dati, SCADA, MES e DCS. La terza ed ultima parte è circoscritta all’approfondimento di un particolare sistema di controllo per la gestione dei processi, ovvero sull’uso del PLC, il Controllore Logico Programmabile. Vengono analizzate le componenti fisiche che lo costituiscono, il funzionamento base, i tempi di esecuzione delle istruzioni, i criteri di scelta e di dimensionamento ed altri aspetti rilevanti. Infine è presente un esempio applicativo di alcuni aspetti sovra citati con il caso dell’azienda bolognese G.D, leader del settore delle macchine automatiche a controllo numerico per la fabbricazione e l’impacchettamento delle sigarette.

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Questa tesi concerne quella che è una generalizzata tendenza verso la trasformazione digitale dei processi di business. Questa evoluzione, che implica l’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche tra cui il Cloud Computing, le Big Data Analytics e gli strumenti Mobile, non è priva di insidie che vanno di volta in volta individuate ed affrontate opportunamente. In particolare si farà riferimento ad un caso aziendale, quello della nota azienda bolognese FAAC spa, ed alla funzione acquisti. Nell'ambito degli approvvigionamenti l'azienda sente la necessità di ristrutturare e digitalizzare il processo di richiesta di offerta (RdO) ai propri fornitori, al fine di consentire alla funzione di acquisti di concentrarsi sull'implementazione della strategia aziendale più che sull'operatività quotidiana. Si procede quindi in questo elaborato all'implementazione di un progetto di implementazione di una piattaforma specifica di e-procurement per la gestione delle RdO. Preliminarmente vengono analizzati alcuni esempi di project management presenti in letteratura e quindi viene definito un modello per la gestione del progetto specifico. Lo svolgimento comprende quindi: una fase di definizione degli obiettivi di continuità dell'azienda, un'analisi As-Is dei processi, la definizione degli obiettivi specifici di progetto e dei KPI di valutazione delle performance, la progettazione della piattaforma software ed infine alcune valutazioni relative ai rischi ed alle alternative dell'implementazione.

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Nella seguente tesi viene affrontato il problema dell'applicabilità di sorgenti laser nella saldatura dell'ottone; questo materiale risulta difficile da saldare poiché nella lega è presente lo zinco, un elemento altamente volatile. La presenza dello zinco comporta la realizzazione di cordoni di saldatura non ottimali, caratterizzati da inclusioni e porosità. Nell'elaborato viene prima descritto il laser con le sue applicazioni industriali; poi seguono in ordine una descrizione del laser Nd:YAG, una panoramica sull'ottone OT 63 (CuZn37) trattato ed una descrizione dettagliata sul sistema laser usato per le prove in laboratorio (sistema SISMA SWA-300). Infine viene trattata in maniera molto approfondita la parte relativa alle prove effettuate sull'ottone, mettendo in evidenza i parametri usati e commentando i risultati ottenuti, in modo da avere un'idea circa l'effettiva applicabilità dei processi di saldatura laser sul materiale in oggetto.

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La riduzione dei consumi di combustibili fossili e lo sviluppo di tecnologie per il risparmio energetico sono una questione di centrale importanza sia per l’industria che per la ricerca, a causa dei drastici effetti che le emissioni di inquinanti antropogenici stanno avendo sull’ambiente. Mentre un crescente numero di normative e regolamenti vengono emessi per far fronte a questi problemi, la necessità di sviluppare tecnologie a basse emissioni sta guidando la ricerca in numerosi settori industriali. Nonostante la realizzazione di fonti energetiche rinnovabili sia vista come la soluzione più promettente nel lungo periodo, un’efficace e completa integrazione di tali tecnologie risulta ad oggi impraticabile, a causa sia di vincoli tecnici che della vastità della quota di energia prodotta, attualmente soddisfatta da fonti fossili, che le tecnologie alternative dovrebbero andare a coprire. L’ottimizzazione della produzione e della gestione energetica d’altra parte, associata allo sviluppo di tecnologie per la riduzione dei consumi energetici, rappresenta una soluzione adeguata al problema, che può al contempo essere integrata all’interno di orizzonti temporali più brevi. L’obiettivo della presente tesi è quello di investigare, sviluppare ed applicare un insieme di strumenti numerici per ottimizzare la progettazione e la gestione di processi energetici che possa essere usato per ottenere una riduzione dei consumi di combustibile ed un’ottimizzazione dell’efficienza energetica. La metodologia sviluppata si appoggia su un approccio basato sulla modellazione numerica dei sistemi, che sfrutta le capacità predittive, derivanti da una rappresentazione matematica dei processi, per sviluppare delle strategie di ottimizzazione degli stessi, a fronte di condizioni di impiego realistiche. Nello sviluppo di queste procedure, particolare enfasi viene data alla necessità di derivare delle corrette strategie di gestione, che tengano conto delle dinamiche degli impianti analizzati, per poter ottenere le migliori prestazioni durante l’effettiva fase operativa. Durante lo sviluppo della tesi il problema dell’ottimizzazione energetica è stato affrontato in riferimento a tre diverse applicazioni tecnologiche. Nella prima di queste è stato considerato un impianto multi-fonte per la soddisfazione della domanda energetica di un edificio ad uso commerciale. Poiché tale sistema utilizza una serie di molteplici tecnologie per la produzione dell’energia termica ed elettrica richiesta dalle utenze, è necessario identificare la corretta strategia di ripartizione dei carichi, in grado di garantire la massima efficienza energetica dell’impianto. Basandosi su un modello semplificato dell’impianto, il problema è stato risolto applicando un algoritmo di Programmazione Dinamica deterministico, e i risultati ottenuti sono stati comparati con quelli derivanti dall’adozione di una più semplice strategia a regole, provando in tal modo i vantaggi connessi all’adozione di una strategia di controllo ottimale. Nella seconda applicazione è stata investigata la progettazione di una soluzione ibrida per il recupero energetico da uno scavatore idraulico. Poiché diversi layout tecnologici per implementare questa soluzione possono essere concepiti e l’introduzione di componenti aggiuntivi necessita di un corretto dimensionamento, è necessario lo sviluppo di una metodologia che permetta di valutare le massime prestazioni ottenibili da ognuna di tali soluzioni alternative. Il confronto fra i diversi layout è stato perciò condotto sulla base delle prestazioni energetiche del macchinario durante un ciclo di scavo standardizzato, stimate grazie all’ausilio di un dettagliato modello dell’impianto. Poiché l’aggiunta di dispositivi per il recupero energetico introduce gradi di libertà addizionali nel sistema, è stato inoltre necessario determinare la strategia di controllo ottimale dei medesimi, al fine di poter valutare le massime prestazioni ottenibili da ciascun layout. Tale problema è stato di nuovo risolto grazie all’ausilio di un algoritmo di Programmazione Dinamica, che sfrutta un modello semplificato del sistema, ideato per lo scopo. Una volta che le prestazioni ottimali per ogni soluzione progettuale sono state determinate, è stato possibile effettuare un equo confronto fra le diverse alternative. Nella terza ed ultima applicazione è stato analizzato un impianto a ciclo Rankine organico (ORC) per il recupero di cascami termici dai gas di scarico di autovetture. Nonostante gli impianti ORC siano potenzialmente in grado di produrre rilevanti incrementi nel risparmio di combustibile di un veicolo, è necessario per il loro corretto funzionamento lo sviluppo di complesse strategie di controllo, che siano in grado di far fronte alla variabilità della fonte di calore per il processo; inoltre, contemporaneamente alla massimizzazione dei risparmi di combustibile, il sistema deve essere mantenuto in condizioni di funzionamento sicure. Per far fronte al problema, un robusto ed efficace modello dell’impianto è stato realizzato, basandosi sulla Moving Boundary Methodology, per la simulazione delle dinamiche di cambio di fase del fluido organico e la stima delle prestazioni dell’impianto. Tale modello è stato in seguito utilizzato per progettare un controllore predittivo (MPC) in grado di stimare i parametri di controllo ottimali per la gestione del sistema durante il funzionamento transitorio. Per la soluzione del corrispondente problema di ottimizzazione dinamica non lineare, un algoritmo basato sulla Particle Swarm Optimization è stato sviluppato. I risultati ottenuti con l’adozione di tale controllore sono stati confrontati con quelli ottenibili da un classico controllore proporzionale integrale (PI), mostrando nuovamente i vantaggi, da un punto di vista energetico, derivanti dall’adozione di una strategia di controllo ottima.

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Il presente lavoro ha lo scopo di comprendere i processi sottesi ai pattern di coesistenza tra le specie di invertebrati sorgentizi, distinguendo tra dinamiche stocastiche e deterministiche. Le sorgenti sono ecosistemi complessi e alcune loro caratteristiche (ad esempio l’insularità, la stabilità termica, la struttura ecotonale “a mosaico”, la frequente presenza di specie rare ed endemiche, o l’elevata diversità in taxa) le rendono laboratori naturali utili allo studio dei processi ecologici, tra cui i processi di assembly. Al fine di studiare queste dinamiche è necessario un approccio multi-scala, per questo motivi sono state prese in considerazione tre scale spaziali. A scala locale è stato compiuto un campionamento stagionale su sette sorgenti (quattro temporanee e tre permanenti) del Monte Prinzera, un affioramento ofiolitico vicino alla città di Parma. In questa area sono stati valutati l’efficacia e l’impatto ambientale di diversi metodi di campionamento e sono stati analizzati i drivers ecologici che influenzano le comunità. A scala più ampia sono state campionate per due volte 15 sorgenti della regione Emilia Romagna, al fine di identificare il ruolo della dispersione e la possibile presenza di un effetto di niche-filtering. A scala continentale sono state raccolte informazioni di letteratura riguardanti sorgenti dell’area Paleartica occidentale, e sono stati studiati i pattern biogeografici e l’influenza dei fattori climatici sulle comunità. Sono stati presi in considerazione differenti taxa di invertebrati (macroinvertebrati, ostracodi, acari acquatici e copepodi), scegliendo tra quelli che si prestavano meglio allo studio dei diversi processi in base alle loro caratteristiche biologiche e all’approfondimento tassonomico raggiungibile. I campionamenti biologici in sorgente sono caratterizzati da diversi problemi metodologici e possono causare impatti sugli ambienti. In questo lavoro sono stati paragonati due diversi metodi: l’utilizzo del retino con un approccio multi-habitat proporzionale e l’uso combinato di trappole e lavaggio di campioni di vegetazione. Il retino fornisce dati più accurati e completi, ma anche significativi disturbi sulle componenti biotiche e abiotiche delle sorgenti. Questo metodo è quindi raccomandato solo se il campionamento ha come scopo un’approfondita analisi della biodiversità. D’altra parte l’uso delle trappole e il lavaggio della vegetazione sono metodi affidabili che presentano minori impatti sull’ecosistema, quindi sono adatti a studi ecologici finalizzati all’analisi della struttura delle comunità. Questo lavoro ha confermato che i processi niche-based sono determinanti nello strutturare le comunità di ambienti sorgentizi, e che i driver ambientali spiegano una rilevante percentuale della variabilità delle comunità. Infatti le comunità di invertebrati del Monte Prinzera sono influenzate da fattori legati al chimismo delle acque, alla composizione e all’eterogeneità dell’habitat, all’idroperiodo e alle fluttuazioni della portata. Le sorgenti permanenti mostrano variazioni stagionali per quanto riguarda le concentrazioni dei principali ioni, mentre la conduttività, il pH e la temperatura dell’acqua sono più stabili. È probabile che sia la stabilità termica di questi ambienti a spiegare l’assenza di variazioni stagionali nella struttura delle comunità di macroinvertebrati. L’azione di niche-filtering delle sorgenti è stata analizzata tramite lo studio della diversità funzionale delle comunità di ostracodi dell’Emilia-Romagna. Le sorgenti ospitano più del 50% del pool di specie regionale, e numerose specie sono state rinvenute esclusivamente in questi habitat. Questo è il primo studio che analizza la diversità funzionale degli ostracodi, è stato quindi necessario stilare una lista di tratti funzionali. Analizzando il pool di specie regionale, la diversità funzionale nelle sorgenti non è significativamente diversa da quella misurata in comunità assemblate in maniera casuale. Le sorgenti non limitano quindi la diversità funzionale tra specie coesistenti, ma si può concludere che, data la soddisfazione delle esigenze ecologiche delle diverse specie, i processi di assembly in sorgente potrebbero essere influenzati da fattori stocastici come la dispersione, la speciazione e le estinzioni locali. In aggiunta, tutte le comunità studiate presentano pattern spaziali riconoscibili, rivelando una limitazione della dispersione tra le sorgenti, almeno per alcuni taxa. Il caratteristico isolamento delle sorgenti potrebbe essere la causa di questa limitazione, influenzando maggiormente i taxa a dispersione passiva rispetto a quelli a dispersione attiva. In ogni caso nelle comunità emiliano-romagnole i fattori spaziali spiegano solo una ridotta percentuale della variabilità biologica totale, mentre tutte le comunità risultano influenzate maggiormente dalle variabili ambientali. Il controllo ambientale è quindi prevalente rispetto a quello attuato dai fattori spaziali. Questo risultato dimostra che, nonostante le dinamiche stocastiche siano importanti in tutte le comunità studiate, a questa scala spaziale i fattori deterministici ricoprono un ruolo prevalente. I processi stocastici diventano più influenti invece nei climi aridi, dove il disturbo collegato ai frequenti eventi di disseccamento delle sorgenti provoca una dinamica source-sink tra le diverse comunità. Si è infatti notato che la variabilità spiegata dai fattori ambientali diminuisce all’aumentare dell’aridità del clima. Disturbi frequenti potrebbero provocare estinzioni locali seguite da ricolonizzazioni di specie provenienti dai siti vicini, riducendo la corrispondenza tra gli organismi e le loro richieste ambientali e quindi diminuendo la quantità di variabilità spiegata dai fattori ambientali. Si può quindi concludere che processi deterministici e stocastici non si escludono mutualmente, ma contribuiscono contemporaneamente a strutturare le comunità di invertebrati sorgentizi. Infine, a scala continentale, le comunità di ostracodi sorgentizi mostrano chiari pattern biogeografici e sono organizzate lungo gradienti ambientali principalmente collegati altitudine, latitudine, temperatura dell’acqua e conducibilità. Anche la tipologia di sorgente (elocrena, reocrena o limnocrena) è influente sulla composizione delle comunità. La presenza di specie rare ed endemiche inoltre caratterizza specifiche regioni geografiche.

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The New Caledonia ophiolite hosts one of the largest obducted mantle section in the world, hence providing a unique insight for the study of upper mantle processes. These mantle rocks belong to an “atypical” ophiolitic sequence, which is dominated by refractory harzburgites but it also includes minor spinel and plagioclase lherzolites. Upper crust is notably absent in the ophiolite, with the exception of some mafic-ultramafic cumulates cropping out in the southern part of the island. Although the New Caledonia ophiolite has been under investigation for decades, its ultra-depleted nature has made its characterization an analytical challenge, so that few trace element data are available, while isotopic data are completely missing. In this thesis a comprehensive geochemical study (major, trace element and Sr-Nd-Pb isotopes) of the peridotites and the associated intrusive mafic rocks from the New Caledonia ophiolite has been carried out. The peridotites are low-strain tectonites showing porphyroclastic textures. Spinel lherzolites are undepleted lithotypes, as attested by the presence of 7-8 vol% of Na2O and Al2O3-rich clinopyroxene (up to 0.5 wt% Na2O; 6.5 wt% Al2O3), Fo content of olivine (88.5-90.0 mol%) and low Cr# of spinel (13-17). Conversely, harzburgites display a refractory nature, proven by the remarkable absence of primary clinopyroxene, very high Fo content in olivine (90.9-92.9 mol%), high Mg# in orthopyroxene (89.8-94.2) and Cr# in spinel (39-71). REE contents show abyssal-type patterns for spinel lherzolites, while harzburgites display U-shaped patterns, typical of fore-arc settings. Spinel lherzolites REE compositions are consistent with relatively low degree (8-9%) of fractional melting of a DMM source, starting in the garnet stability field. Conversely, REE models for harzburgites indicate high melting degrees (20-25%) of a DMM mantle source under spinel faies conditions, consistent with hydrous melting in forearc setting. Plagioclase lherzolites exhibit melt impregnation microtextures, Cr- and TiO2-enriched spinels and REE, Ti, Y, Zr progressive increase with respect to spinel lherzolites. Impregnation models indicate that plagioclase lherzolites may derive from spinel lherzolites by entrapment of highly depleted MORB melts in the shallow oceanic lithosphere. Mafic intrusives are olivine gabbronorites with a very refractory composition, as attested by high Fo content of olivine (87.3-88.9 mol.%), very high Mg# of clinopyroxene (87.7-92.2) and extreme anorthitic content of plagioclase (An = 90-96 mol%). The high Mg#, low TiO2 concentrations in pyroxenes and the anorthitic composition of plagioclase point out an origin from ultra-depleted primitive magmas in a convergent setting. Geochemical trace element models show that the parental melts of gabbronorites are primitive magmas with striking depleted compositions, bearing only in part similarities with the primitive boninitic melts of Bonin Islands. The first Sr, Nd and Pb isotope data obtained for the New Caledonia ophiolite highlight the presence of DM mantle source variably modified by different processes. Nd-Sr-Pb isotopic ratios for the lherzolites (+6.98≤epsilon Ndi≤+10.97) indicate a DM source that suffered low-temperature hydrothermal reactions. Harzburgites are characterized by a wide variation of Sr, Nd and Pb isotopic values, extending from DM-type to EM2 compositions (-0.82≤ epsilon Ndi≤+17.55), suggesting that harzburgite source was strongly affected by subduction-related processes. Conversely, combined trace element and Sr-Nd-Pb isotopic data for gabbronorites indicate a derivation from a source with composition similar to Indian-type mantle, but affected by fluid input in subduction environment. These geochemical features point out an evolution in a pre-Eocenic marginal basin setting, possibly in the proximity of a transform fault, for the lherzolites. Conversely, the harzburgites acquired their main geochemical and isotopic fingerprint in subduction zone setting.

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In questa tesi si vuole fornire una panoramica generale dei processi di formazione delle galassie, con l'aggiunta di alcuni cenni sulla loro evoluzione. Nel primo capitolo si danno alcune informazioni sulla natura di questi oggetti e su come è stata scoperta la loro esistenza. Poi, utilizzando le premesse di cui al capitolo 2, nel capitolo 3 si passa alla spiegazione della loro formazione a partire dagli eventi successivi al Big Bang, di cui si fornisce una breve cronologia. Nel capitolo 4 si dà una panoramica della formazione degli ammassi di galassie e si discute di alcune osservazioni compiute su di essi, per concludere con considerazioni sul loro futuro. Infine, nell'ultimo capitolo ci si concentra sull'evoluzione delle galassie, in particolare sui processi di merging e sulle collisioni.

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Le regioni HII sono nubi di idrogeno ionizzato da stelle di recente formazione, massicce e calde. Tali stelle, spesso raggruppate in ammassi, emettono copiosamente fotoni di lunghezza d’onda λ ≤ 912 Å, capaci di ionizzare quasi totalmente il gas che le circonda, composto prevalentemente da idrogeno, ma in cui sono presenti anche elementi ionizzati più pesanti, come He, O, N, C e Ne. Le dimensioni tipiche di queste regioni vanno da 10 a 100 pc, con densità dell’ordine di 10 cm−3. Queste caratteristiche le collocano all’interno del WIM (Warm Ionized Medium), che, insieme con HIM (Hot Ionized Medium), WNM (Warm Neutral Medium) ed CNM (Cold Neutral Medium), costituisce la varietà di fasi in cui si presenta il mezzo interstellare (ISM, InterStellar Medium). Il tema che ci prestiamo ad affrontare è molto vasto e per comprendere a fondo i processi che determinano le caratteristiche delle regioni HII sarebbero necessarie molte altre pagine; lo scopo che questo testo si propone di raggiungere, senza alcuna pretesa di completezza, è dunque quello di presentare l’argomento, approfondendone ed evidenziandone alcuni particolari tratti. Prima di tutto descriveremo le regioni HII in generale, con brevi indicazioni in merito alla loro formazione e struttura. A seguire ci concentreremo sulla descrizione dei processi che determinano gli spettri osservati: inizialmente mostreremo quali siano i processi fisici che generano l’emissione nel continuo, concentrandoci poi su quello più importante, la Bremmstrahlung. Affronteremo poi una breve digressione riguardo al processo di ricombinazione ione-elettrone nei plasmi astrofisici ed alle regole di selezione nelle transizioni elettroniche, concetti necessari per comprendere ciò che segue, cioè la presenza di righe in emissione negli spettri delle regioni foto-ionizzate. Infine ci soffermeremo sulle regioni HII Ultra-Compatte (UC HII Region), oggetto di numerosi recenti studi.

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In questo lavoro di tesi verrà affrontato uno studio sugli ammassi di galassie che costituiscono le strutture virializzate più grandi dell’Universo. L’analisi delle emissioni provenienti dall’ICM (Intracluster Medium) consente di ottenere informazioni su alcuni dei processi che caratterizzano la dinamica degli ammassi di galassie, come merger e cooling flow, e in particolare di testare le attuali ipotesi sulla formazione ed evoluzione degli ammassi. Le radiazioni provenienti dal gas extragalattico possono essere sia di tipo termico che non termico: le prime causate dal meccanismo di Bremsstrahlung termica e appartenenti alla banda X, le seconde invece dovute prevalentemente dall’emissione di Sincrotrone in banda Radio. Durante lo studio degli ammassi di galassie verranno approfondite le principali radiosorgenti diffuse: Aloni, mini-Aloni e Relitti, focalizzando lo studio su questi ultimi e analizzando un campione di dati ad essi relativi, con lo scopo di trovare un’eventuale correlazione tra alcune delle loro proprietà. La ricerca sugli ammassi di galassie risulta importante in quanto, trattandosi delle più grandi strutture dell’Universo che abbiano raggiunto l’equilibrio viriale, il loro studio risulta un valido strumento per la verifica dell’attuale Modello Cosmologico.

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La Cartella Clinica Elettronica è lo strumento d’eccellenza per la condivisione e il recupero dei dati clinici e per la gestione organica e strutturata dei dati riferiti alla storia clinica di un paziente. Garantisce il supporto dei processi clinici (diagnostico-terapeutici) e d’assistenza nei singoli episodi di cura e favorisce la continuità di cura. In questo nuovo scenario acquista rilevanza il contributo degli infermieri ai processi sanitari e al percorso diagnostico-terapeutico di competenza medica, nonché l’affermarsi del processo assistenziale di specifica competenza infermieristica. Nasce l’esigenza di progettare e sviluppare un valido sistema informativo, indispensabile per documentare sistematicamente ogni attività infermieristica, ottenere informazioni utili per la pianificazione, la gestione e la valutazione dei percorsi assistenziali e per migliorare l’assistenza. Il seguente progetto di tesi sperimentale ha come obiettivo la digitalizzazione delle documentazione infermieristica,in accordo con le esigenze del personale clinico in un ambito realmente operativo di reparto ospedaliero, al fine di realizzare uno strumento informativo semplice ma efficace, in grado di rendere agevole la registrazione dell’attività clinica quotidiana. Per iniziare la trattazione, sono forniti elementi introduttivi e propedeutici ad una comprensione più esaustiva del sistema che verrà integrato con le schede infermieristiche digitali. Si procede con la descrizione delle fasi di sviluppo che hanno portato all’informatizzazione delle schede infermieristiche, analizzando sia gli studi preliminari che gli strumenti utilizzati per la loro realizzazione. Il lavoro si conclude con la presentazione e discussione di un prototipo al personale infermieristico referente, così da mostrare al cliente l’effettiva funzionalità della cartella infermieristica e il flusso di utilizzo per avere un riscontro preliminare su leggibilità ed organicità dei documenti.