1000 resultados para Récepteur de cellule T
Resumo:
Il progetto di ricerca che ho svolto in questi mesi si è focalizzato sull'integrazione dei risultati raggiunti grazie all'elaborazione di nuovi dati sperimentali. Questi sono stati prelevati dalla corteccia visiva di macachi, attraverso l'utilizzo di tecniche di registrazione elettro-fisiologiche mediante array di micro-elettrodi[25], durante la presentazionedi alcuni filmati (sequenze di immagini o frames). Attraverso la tecnica del clustering, dalle registrazioni degli esperimenti sono stati raggruppati gli spike appartenenti ad uno stesso neurone, sfruttando alcune caratteristiche come la forma del potenziale d'azione. Da questa elaborazione e stato possibile risalire a quali stimoli hanno prodotto una risposta neurale. I dati messi a disposizione da Ringach non potevano essere trattati direttamente con le tecniche della spike-triggered average e della spike-triggered covariance a causa di alcune loro caratteristiche. Utilizzando filtri di Gabor bidimensionali e l'energia di orientazione e stato pero possibile modellare la risposta di cellule complesse in corteccia visiva primaria. Applicare questi modelli su dati ad alta dimensionalita immagini molto grandi), sfruttando la tecnica di standardizzazione (Z-score), ha permesso di individuare la regione, la scala e l'orientazione all'interno del piano immagine dei profili recettivi delle cellule di cui era stata registrata l'attività neurale. Ritagliare tale regione e applicare la spike-triggered covariance su dati della giusta dimensionalita, permetterebbe di risalire ai profili recettivi delle cellule eccitate in un preciso momento, da una specifica immagine e ad una precisa scala e orientazione. Se queste ipotesi venissero confermate si potrebbe marcare e rafforzare la bontà del modello utilizzato per le cellule complesse in V1 e comprendere al meglio come avviene l'elaborazione delle immagini.
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Il carcinoma a cellule basali (BCC) costituisce l'80 peercento dei tumori cutanei non-melanoma, rappresentando dunque il tumore maligno della cute più frequente nella popolazione generale. Tuttavia, non esistono ad oggi studi epidemiologici ampi ed approfonditi condotti su scala nazionale su questo tipo di neoplasia, poichè i tumori cutanei non-melanoma sono esclusi dal registro statistico dei tumori. A tale scopo presso la Dermatologia dell'Università di Bologna sono stati raccolti di tutti i casi di carcinoma basocellulare osservati dal 1 gennaio 1990 sino al 31 dicembre 2014, e sono stati rielaborati statisticamente. Il criterio di inclusione adottato è stato la positività per BCC all’esame istologico, sia in caso di biopsia semplice, sia in caso di asportazione radicale. Il progetto è stato svolto presso l’ambulatorio di chirurgia oncologica della nostra UO, così come il follow-up dei pazienti nei casi di recidività multiple o di comparsa di nuovi tumori cutanei. Ad oggi, tale neoplasia è risultata essere quella di più frequente osservazione nella Unità Operativa di Dermatologia dell’Università di Bologna. Non solo, la nostra casistica rimane quella più numerosa fino ad ora riportata in tutta Italia negli ultimi 24 anni.
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L'utilizzo di polimeri organici coniugati in dispositivi elettronici per applicazioni biologiche, grazie alle loro proprietà meccaniche ed elettriche, insieme alla loro biocompatibilità, è un campo di ricerca relativamente nuovo e in rapida espansione. In questo lavoro di tesi si utilizza la tecnica del Voltage Clamp in configurazione whole cell per caratterizzare le proprietà elettrofisiologiche della linea cellulare di glioblastoma multiforme (T98G) e per registrare le correnti ioniche di cellule adese su una matrice polimerica biocompatibile di poli(etilenediossitiofene)-poli(stirenesulfonato) (PEDOT:PSS). La tecnica consiste nel bloccare il potenziale di membrana al valore desiderato, secondo un preciso protocollo di stimolazione, misurando la corrente necessaria per mantenere costante il potenziale presente tra le due superfici della membrana cellulare. Nella prima parte del lavoro le cellule sono state perfuse con farmaci inibitori dei canali potassio, prima con il bloccante non specifico tetraetilammonio (TEA), e poi selettivamente tramite bloccanti specifici come iberiotossina e dendrotossina. Il 44% circa delle cellule ha evidenziato una significativa corrente residua riconducibile all'attività dei canali ionici voltaggio-dipendenti Kv1.2. Al contrario nelle cellule restanti questi canali non sono espressi. Successivamente, sempre utilizzando le T98G, si è analizzato come lo stato di ossido-riduzione del polimero coniugato PEDOT:PSS possa influenzare le correnti dei canali ionici di membrana; è emerso che il substrato di PEDOT:PSS ridotto provoca una diminuzione significativa della corrente registrata rispetto al substrato di controllo (petri in polistirene). Questi risultati sono stati confrontati con le curve di proliferazione delle cellule T98G coltivate per 24h, 48h e 72h sui diversi substrati considerati, evidenziando interessanti correlazioni nel caso del substrato PEDOT:PSS ridotto.
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Il campo della Bioelettronica si è sviluppato a partire dal 18 secolo con l’ esperimento di Luigi Galvani che, applicando uno stimolo elettrico ai muscoli di una rana dissezionata, ne osservò il movimento. Da questo esperimento si è aperta la strada che ha portato ad oggi ad un grande sviluppo tecnologico nella realizzazione di dispositivi elettronici che permettono di offrire un miglioramento generale delle condizioni di vita. Come spesso accade con le tecnologie emergenti, i materiali sono la maggiore limitazione nello sviluppo di nuove applicazioni. Questo è certamente il caso della Bioelettronica. I materiali elettronici organici, nella forma di polimeri conduttivi, hanno mostrato di poter dotare gli strumenti elettronici di grandi vantaggi rispetto a quelli tradizionali a base di silicio, in virtù delle loro proprietà meccaniche ed elettroniche, della loro biocompatibilità e dei bassi costi di produzione. E’ da questi studi che nasce più propriamente il campo della Bioelettronica Organica, che si basa sulla applicazione di semiconduttori a base di carbonio in forma di piccole molecole coniugate e di polimeri, e del loro utilizzo nei dispositivi elettronici. Con il termine di ‘Bioelettronica organica’, quindi, si descrive l’accoppiamento tra dispositivi elettronici organici e il mondo biologico, accoppiamento che si sviluppa in due direzioni: da un lato una reazione o un processo biologico può trasferire un segnale ad un dispositivo elettronico organico, dall’altro un dispositivo elettronico organico può avviare un processo biologico.
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Le materie plastiche sono materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi (IUPAC). Accanto agli innumerevoli vantaggi apportati dall’utilizzo della plastica, negli anni sono emersi aspetti negativi relativi all’inquinamento ambientale causato dalla dispersione del materiale plastico nei rifiuti urbani e conseguentemente nelle discariche. La diffusione e l’utilizzo della bioplastica si pone come obiettivo minimizzare la dipendenza dal petrolio in previsione della diminuzione del numero di giacimenti e quindi della sua disponibilità. Lo scopo del presente lavoro di sperimentazione è lo studio del processo di dowstream di PHA prodotti in laboratorio partendo dalla verifica dei risultati riportati in letteratura e puntando poi ad un miglioramento di un processo convenzionale attraverso la ricerca di nuove alternative.
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Nelle matrici ambientali sono spesso presenti xenoestrogeni, molecole sintetiche o di origine naturale ad attività estrogenica in grado di alterare il normale equilibrio ormonale di organismi esposti, incidendo negativamente su alcune funzioni vitali come la riproduzione ed il metabolismo. Diverse sostanze chimiche presenti in ambiente, tra cui alcune molecole ad attività estrogenica, sono anche potenziali composti genotossici, in grado, cioè, di interagire con il DNA ed esercitare effetti anche a lungo termine come l’insorgenza di tumori nei vertebrati, uomo compreso. L’obiettivo del presente lavoro di tesi è stato quello di mettere a punto ed utilizzare due saggi biologici, il saggio E-screen ed il test dei micronuclei, per valutare la presenza di xenoestrogeni e composti genotossici in campioni di acque prelevate prima e dopo i trattamenti di potabilizzazione, utilizzando cellule MCF-7 di adenocarcinoma mammario come modello sperimentale in vitro. Le indagini biologiche sono state condotte sulla base di una convenzione di ricerca con la Società acquedottistica Romagna Acque- Società delle fonti e hanno previsto tre campagne di monitoraggio. I campioni di acqua sperimentale, raccolti prima e dopo i trattamenti presso diversi impianti di potabilizzazione, sono stati preventivamente filtrati, estratti in fase solida, fatti evaporare sotto leggero flusso di azoto, ed infine, saggiati sulle cellule. Il test E-screen, di cui abbiamo dimostrato un elevato livello di sensibilità, ha permesso di escludere la presenza di composti ad attività estrogenica nei campioni esaminati. Allo stesso modo, i risultati del test dei micronuclei hanno dimostrato l’assenza di effetti genotossici, confermando la buona qualità delle acque analizzate. Nell’ambito delle attività di monitoraggio, le indagini biologiche risultano essenziali per la valutazione di una potenziale contaminazione ambientale, in quanto forniscono informazioni anche quando non sono state condotte analisi chimiche. Inoltre, anche quando le analisi chimiche siano state condotte, i test biologici informano della potenzialità tossica di una matrice causata eventualmente da sostanze non oggetto del saggio chimico. Infine, i test biologici permettono di identificare eventuali sinergie tra più contaminanti presenti nelle acque, affermandosi come test da condurre in maniera complementare ai saggi chimici. I test biologici come quelli impiegati nel lavoro di tesi sono molto sensibili ed informativi, ma necessitano della definizione di protocolli standardizzati per garantirne un’uniforme applicazione alle acque ad uso potabile, almeno a livello nazionale.
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I cardiomiociti derivanti da cellule staminali pluripotenti indotte (hiPSC-CMs) costituiscono un nuovo approccio per lo studio delle proprietà delle cellule cardiache sia degli individui sani che di quelli affetti da malattie ereditarie e possono rappresentare inoltre una piattaforma in vitro per la scoperta di nuovi farmaci e terapie rigenerative. Il grande impatto delle hiPSC-CMs nell’ambito della ricerca si deve soprattutto alle loro proprietà elettrofisiologiche: queste cellule non solo esprimono fenotipi genici e proprietà delle correnti ioniche tipiche delle cellule cardiache, ma sono anche in grado di riprodurre fenomeni aritmici, come le EAD, a seguito della somministrazione di farmaci. Grazie anche alla grande potenza di calcolo oggi disponibile è possibile supportare la pratica in vitro con modelli in silico, abbattendo sia i costi che i tempi richiesti dagli esperimenti in laboratorio. Lo scopo di questo lavoro è quello di simulare il comportamento delle hiPSC-CMs di tipo ventricolare in risposta alla somministrazione di farmaci che interagiscono con la corrente di potassio IKr, principale responsabile della ripolarizzazione cardiaca. L’assunzione di certi farmaci può comportare infatti una riduzione della IKr, con conseguente prolungamento della fase di ripolarizzazione del potenziale d’azione cardiaco. Questo meccanismo è causa dell’insorgenza della sindrome del QT lungo di tipo 2, che in casi estremi può degenerare in aritmie gravi. Ciò suggerisce che queste cellule rappresentano un importante strumento per la valutazione del rischio pro-aritmico che può essere facilitata da simulazioni in silico effettuate utilizzando modelli computazionali basati su dati fisiologici.
Étude du rôle des régions variables 4 et 5 dans les changements de conformation de la gp120 du VIH-1
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Le VIH infecte les cellules par fusion de sa membrane avec la membrane de la cellule cible. Cette fusion est effectuée par les glycoprotéines de l'enveloppe (Env) qui sont synthétisées en tant que précurseur, gp160, qui est ensuite clivé en gp120 et gp41. La protéine gp41 est la partie transmembranaire du complexe de l'enveloppe et l’ancre à la particule virale alors que la gp120 assure la liaison au récepteur cellulaire CD4 et corécepteur CCR5 ou CXCR4. Ces interactions successives induisent des changements de conformation d’Env qui alimentent le processus d'entrée du virus conduisant finalement à l'insertion du peptide de fusion de la gp41 dans la membrane de la cellule cible. La sous-unité extérieure gp120 contient cinq régions variables (V1 à V5), dont trois (V1, V2 et V3) étant capables d’empêcher l’adoption spontanée de la conformation liée à CD4. Cependant, le rôle de régions variables V4 et V5 vis-à-vis de ces changements de conformation reste inconnu. Pour étudier leur effet, des mutants de l'isolat primaire de clade B YU2, comprenant une délétion de la V5 ou une mutation au niveau de tous les sites potentiels de N-glycosylation de la V4 (PNGS), ont été générés. L'effet des mutations sur la conformation des glycoprotéines d'enveloppe a été analysé par immunoprécipitation et résonance de plasmon de surface avec des anticorps dont la liaison dépend de la conformation adopté par la gp120. Ni le retrait des PNGS de la V4 ni la délétion de V5 n’a affecté les changements conformationnels d’Env tels que mesurés par ces techniques, ce qui suggère que les régions variables V1, V2 et V3 sont les principaux acteurs dans la prévention de l’adoption de la conformation lié de CD4 d’Env.
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Les prostaglandines modulent d’importants rôles physiologiques. Elles sont aussi impliquées dans le développement d’une variété de conditions pathologiques telles l’inflammation, la douleur et le cancer. La prostaglandine PGF2α et son récepteur (récepteur FP) se trouvent impliqué dans la modulation de nombreuses pathologies tels lors de l’accouchement préterme et le cancer colorectal. Récemment, nous avons fait partie d’un groupe de recherche ayant développé des modulateurs allostériques du récepteur FP. Dans une première étude, l’action du PGF2α sur le déclenchement des contractions myométriales a été évaluée, car peu d’information est connue sur la signalisation de cette prostaglandine lors de l’accouchement. Ainsi, nous avons utilisé un peptidomimétique de la deuxième boucle extracellulaire, dénommée PDC113.824. Nos résultats ont démontré que le PDC113.824 permettait de retarder la mise bas chez des souris gestantes, mais agissait de manière différente sur les multiples voies de signalisation de la PGF2α. Ainsi, le PDC113.824 inhibait la voie RhoA-ROCK, dépendante de l’activation de la protéine Gα12 par le. Les protéines RhoA-ROCK sont des acteurs clés dans le remodelage du cytosquelette d’actine et des contractions myométriales lors de l’accouchement. De plus, le PDC113.824 en présence de PGF2α agit comme un modulateur positif sur la voie dépendante de l’activation de la protéine Gαq. Le PDC113.824 serait donc un modulateur allostérique non compétitif possédant des actions à la fois de modulateurs positifs et négatifs sur la signalisation du récepteur FP Dans une seconde étude, des analogues du PDC113.824 ont été conçus et analysés dans un second modèle pathologique, le cancer colorectal. Ce cancer possède de hauts niveaux de récepteur FP. Nous avons donc étudié le rôle du récepteur FP dans le développement et la progression du cancer colorectal et l’effet de modulateurs allostériques. Il est généralement accepté que dans le cancer colorectal, la prostaglandine PGE2 permet la croissance et l’invasion tumorale, ainsi que l’angiogenèse. Toutefois, peu d’informations sont connues sur le rôle du PGF2α dans le cancer colorectal. C’est dans ce contexte que nous avons décidé d’examiner la contribution de ce récepteur dans la progression du cancer colorectal et cherché à déterminer si la modulation des fonctions du récepteur FP a un impact sur la croissance de tumeurs colorectales. Nos recherches ont révélé que l’activation du récepteur FP permet la migration et la prolifération de plusieurs lignées cellulaires humaines et murines d’adénocarcinomes colorectaux. Dans ce contexte, nos expériences ont démontré que la migration des cellules cancéreuses était dépendante de l’activation de la voie Rho. Nos résultats démontrent qu’en effet, l’activation de RhoA, une petite GTPase clé de la voie Gα12, est inhibée de façon sélective par nos composés. De plus, nos molécules allostériques sont également efficaces pour inhiber la voie de signalisation de la ß-caténine, une protéine impliquée dans la genèse du cancer colorectal. In vivo, le traitement de souris avec un des ces modulateurs a permis une inhibition effective de la croissance tumorale. Dans l’ensemble, nos résultats suggèrent donc que les modulateurs allostériques des récepteurs FP pourraient constituer une nouvelle classe de médicaments utilisés pour le traitement du cancer colorectal.
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4-1BB (CD137) est un membre de la superfamille TNFR qui est impliqué dans la transmission des signaux de survie aux lymphocytes. TRAF1 est une protéine adaptatrice qui est recrutée par 4-1BB et autres TNFRs et est caractérisée par une expression très restreinte aux lymphocytes, cellules dendritiques et certaines cellules épithéliales. TRAF1 est nécessaire pour l’expansion et la survie des cellules T mémoire en présence d'agonistes anti-4-1BB in vivo. De plus, TRAF1 est requise en aval de 4-1BB pour activer (phosphoryler) la MAP kinase Erk impliquée dans la régulation de la molécule pro-apoptotique Bim. Suite à l’activation du récepteur 4-1BB, TRAF1 et ERK sont impliqués dans la phosphorylation de Bim et la modulation de son expression. L’activation et la régulation de TRAF1 et Bim ont un rôle important dans la survie des cellules T CD8 mémoires. Dans cette étude, nous avons utilisé une approche protéomique afin de pouvoir identifier de nouveaux partenaires de liaison de TRAF1. Utilisant cette stratégie, nous avons identifié que LSP1 (Leukocyte Specific Protein 1) est recruté dans le complexe de signalisation 4-1BB de manière TRAF1 dépendante. Une caractérisation plus poussée de l’interaction entre TRAF1 et LSP1 a montré que LSP1 lie la région unique N-terminal de TRAF1 de façon indépendante de la région conservée C-terminal. À l’instar des cellules T déficientes en TRAF1, les cellules T déficientes en LSP1 ne sont pas capables d’activer ERK en aval de 4-1BB et par conséquent ne peuvent pas réguler Bim. Ainsi, TRAF1 et LSP1 coopèrent en aval de 4-1BB dans le but d’activer ERK et réguler en aval les niveaux de Bim dans les cellules T CD8. Selon la littérature, le récepteur 4-1BB n’est pas exprimé à la surface des cellules B murines, mais le récepteur 4-1BB favorise la prolifération et la survie des cellules B humaines. Cependant, il est important d'étudier l'expression du récepteur 4-1BB dans les cellules B murines afin de disposer d'un modèle murin et de prédire la réponse clinique à la manipulation de 4-1BB. En utilisant différentes stimulations de cellules B murines primaires, nous avons identifié que le récepteur 4-1BB est exprimé à la surface des cellules B de souris suite à une stimulation avec le LPS (Lipopolysaccharides). Une caractérisation plus poussée a montré que le récepteur 4-1BB est induit dans les cellules B murines d'une manière dépendante de TLR4 (Toll Like Receptor 4). Collectivement, notre travail a démontré que la stimulation avec le LPS induit l’expression du récepteur 4-1BB à la surface des cellules B murines, menant ainsi à l'induction de TRAF1. De plus, TRAF1 et LSP1 coopèrent en aval de 4-1BB pour activer la signalisation de la Map kinase ERK dans les cellules B murines de manière similaire aux cellules T. Les cellules B déficientes en TRAF1 et les cellules B déficientes en LSP1 ne sont pas en mesure d'activer la voie ERK en aval de 4-1BB et montrent un niveau d’expression du récepteur significativement diminué comparé aux cellules B d’une souris WT. Ainsi, TRAF1 et LSP1 sont nécessaires pour une expression maximale du récepteur 4-1BB à la surface cellulaire de cellules B murines et coopèrent en aval de 4-1BB afin d'activer la cascade ERK dans les cellules B murines.
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Le récepteur éboueur CD36 facilite l’internalisation des acides gras libres non estérifiés (AGNE) au niveau des tissus cardiaque et périphériques. Lors d’une ischémie-reperfusion du myocarde (MI/R), les dommages produits sont en partie liés à l’internalisation des AGNE et à la production d’espèces réactives de l’oxygène, contrairement à ce qui est observé chez des souris déficientes en CD36 (CD36-/-). Nous avons émis l’hypothèse selon laquelle le CP-3(iv), un ligand synthétique du récepteur CD36, exercerait un effet cardioprotecteur en réduisant la taille de la zone myocardique infarcie lors d’une ischémie transitoire du myocarde. Nos objectifs étaient 1) de déterminer l’effet cardioprotecteur du CP-3(iv) et 2) de définir son mécanisme. Pour cela, des études in vivo et ex vivo ont été faites. Des souris de type sauvage ont été traitées avec le CP-3(iv) (289 nmol/kg) par voie sous-cutanée pendant 14 jours avant d’être soumises à 30 minutes d’ischémie suivant la ligature de l’artère coronaire gauche descendante et de sa reperfusion pendant une période de 6 ou 48 heures. De plus, des coeurs isolés de souris ont été perfusés 30 minutes, suivi de 40 minutes à faible débit (10%) et de 30 minutes de reperfusion pendant laquelle le coeur est perfusé avec le CP-3(iv) à une concentration de 10-6 M. Nos travaux ont montré que l’effet cardioprotecteur d’un traitement préventif par le CP-3(iv) permet de diminuer la taille de l’infarctus et préserve l’hémodynamie cardiaque de façon dépendante du CD36 puisque cet effet est non visible chez les souris CD36-/-. De plus, le CP-3(iv) exerce non seulement un effet systémique, mais aussi un effet cardioprotecteur direct sur le coeur isolé.
Resumo:
Bibliography of agriculture
Resumo:
"Bibliographie": v. 1, p. [461]-468; v. 2, p. [702]-717.
Resumo:
Includes bibliography.