951 resultados para Plant growing media


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Se il lavoro dello storico è capire il passato come è stato compreso dalla gente che lo ha vissuto, allora forse non è azzardato pensare che sia anche necessario comunicare i risultati delle ricerche con strumenti propri che appartengono a un'epoca e che influenzano la mentalità di chi in quell'epoca vive. Emergenti tecnologie, specialmente nell’area della multimedialità come la realtà virtuale, permettono agli storici di comunicare l’esperienza del passato in più sensi. In che modo la storia collabora con le tecnologie informatiche soffermandosi sulla possibilità di fare ricostruzioni storiche virtuali, con relativi esempi e recensioni? Quello che maggiormente preoccupa gli storici è se una ricostruzione di un fatto passato vissuto attraverso la sua ricreazione in pixels sia un metodo di conoscenza della storia che possa essere considerato valido. Ovvero l'emozione che la navigazione in una realtà 3D può suscitare, è un mezzo in grado di trasmettere conoscenza? O forse l'idea che abbiamo del passato e del suo studio viene sottilmente cambiato nel momento in cui lo si divulga attraverso la grafica 3D? Da tempo però la disciplina ha cominciato a fare i conti con questa situazione, costretta soprattutto dall'invasività di questo tipo di media, dalla spettacolarizzazione del passato e da una divulgazione del passato parziale e antiscientifica. In un mondo post letterario bisogna cominciare a pensare che la cultura visuale nella quale siamo immersi sta cambiando il nostro rapporto con il passato: non per questo le conoscenze maturate fino ad oggi sono false, ma è necessario riconoscere che esiste più di una verità storica, a volte scritta a volte visuale. Il computer è diventato una piattaforma onnipresente per la rappresentazione e diffusione dell’informazione. I metodi di interazione e rappresentazione stanno evolvendo di continuo. Ed è su questi due binari che è si muove l’offerta delle tecnologie informatiche al servizio della storia. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di esplorare, attraverso l’utilizzo e la sperimentazione di diversi strumenti e tecnologie informatiche, come si può raccontare efficacemente il passato attraverso oggetti tridimensionali e gli ambienti virtuali, e come, nel loro essere elementi caratterizzanti di comunicazione, in che modo possono collaborare, in questo caso particolare, con la disciplina storica. La presente ricerca ricostruisce alcune linee di storia delle principali fabbriche attive a Torino durante la seconda guerra mondiale, ricordando stretta relazione che esiste tra strutture ed individui e in questa città in particolare tra fabbrica e movimento operaio, è inevitabile addentrarsi nelle vicende del movimento operaio torinese che nel periodo della lotta di Liberazione in città fu un soggetto politico e sociale di primo rilievo. Nella città, intesa come entità biologica coinvolta nella guerra, la fabbrica (o le fabbriche) diventa il nucleo concettuale attraverso il quale leggere la città: sono le fabbriche gli obiettivi principali dei bombardamenti ed è nelle fabbriche che si combatte una guerra di liberazione tra classe operaia e autorità, di fabbrica e cittadine. La fabbrica diventa il luogo di "usurpazione del potere" di cui parla Weber, il palcoscenico in cui si tengono i diversi episodi della guerra: scioperi, deportazioni, occupazioni .... Il modello della città qui rappresentata non è una semplice visualizzazione ma un sistema informativo dove la realtà modellata è rappresentata da oggetti, che fanno da teatro allo svolgimento di avvenimenti con una precisa collocazione cronologica, al cui interno è possibile effettuare operazioni di selezione di render statici (immagini), di filmati precalcolati (animazioni) e di scenari navigabili interattivamente oltre ad attività di ricerca di fonti bibliografiche e commenti di studiosi segnatamente legati all'evento in oggetto. Obiettivo di questo lavoro è far interagire, attraverso diversi progetti, le discipline storiche e l’informatica, nelle diverse opportunità tecnologiche che questa presenta. Le possibilità di ricostruzione offerte dal 3D vengono così messe a servizio della ricerca, offrendo una visione integrale in grado di avvicinarci alla realtà dell’epoca presa in considerazione e convogliando in un’unica piattaforma espositiva tutti i risultati. Divulgazione Progetto Mappa Informativa Multimediale Torino 1945 Sul piano pratico il progetto prevede una interfaccia navigabile (tecnologia Flash) che rappresenti la pianta della città dell’epoca, attraverso la quale sia possibile avere una visione dei luoghi e dei tempi in cui la Liberazione prese forma, sia a livello concettuale, sia a livello pratico. Questo intreccio di coordinate nello spazio e nel tempo non solo migliora la comprensione dei fenomeni, ma crea un maggiore interesse sull’argomento attraverso l’utilizzo di strumenti divulgativi di grande efficacia (e appeal) senza perdere di vista la necessità di valicare le tesi storiche proponendosi come piattaforma didattica. Un tale contesto richiede uno studio approfondito degli eventi storici al fine di ricostruire con chiarezza una mappa della città che sia precisa sia topograficamente sia a livello di navigazione multimediale. La preparazione della cartina deve seguire gli standard del momento, perciò le soluzioni informatiche utilizzate sono quelle fornite da Adobe Illustrator per la realizzazione della topografia, e da Macromedia Flash per la creazione di un’interfaccia di navigazione. La base dei dati descrittivi è ovviamente consultabile essendo contenuta nel supporto media e totalmente annotata nella bibliografia. È il continuo evolvere delle tecnologie d'informazione e la massiccia diffusione dell’uso dei computer che ci porta a un cambiamento sostanziale nello studio e nell’apprendimento storico; le strutture accademiche e gli operatori economici hanno fatto propria la richiesta che giunge dall'utenza (insegnanti, studenti, operatori dei Beni Culturali) di una maggiore diffusione della conoscenza storica attraverso la sua rappresentazione informatizzata. Sul fronte didattico la ricostruzione di una realtà storica attraverso strumenti informatici consente anche ai non-storici di toccare con mano quelle che sono le problematiche della ricerca quali fonti mancanti, buchi della cronologia e valutazione della veridicità dei fatti attraverso prove. Le tecnologie informatiche permettono una visione completa, unitaria ed esauriente del passato, convogliando tutte le informazioni su un'unica piattaforma, permettendo anche a chi non è specializzato di comprendere immediatamente di cosa si parla. Il miglior libro di storia, per sua natura, non può farlo in quanto divide e organizza le notizie in modo diverso. In questo modo agli studenti viene data l'opportunità di apprendere tramite una rappresentazione diversa rispetto a quelle a cui sono abituati. La premessa centrale del progetto è che i risultati nell'apprendimento degli studenti possono essere migliorati se un concetto o un contenuto viene comunicato attraverso più canali di espressione, nel nostro caso attraverso un testo, immagini e un oggetto multimediale. Didattica La Conceria Fiorio è uno dei luoghi-simbolo della Resistenza torinese. Il progetto è una ricostruzione in realtà virtuale della Conceria Fiorio di Torino. La ricostruzione serve a arricchire la cultura storica sia a chi la produce, attraverso una ricerca accurata delle fonti, sia a chi può poi usufruirne, soprattutto i giovani, che, attratti dall’aspetto ludico della ricostruzione, apprendono con più facilità. La costruzione di un manufatto in 3D fornisce agli studenti le basi per riconoscere ed esprimere la giusta relazione fra il modello e l’oggetto storico. Le fasi di lavoro attraverso cui si è giunti alla ricostruzione in 3D della Conceria: . una ricerca storica approfondita, basata sulle fonti, che possono essere documenti degli archivi o scavi archeologici, fonti iconografiche, cartografiche, ecc.; . La modellazione degli edifici sulla base delle ricerche storiche, per fornire la struttura geometrica poligonale che permetta la navigazione tridimensionale; . La realizzazione, attraverso gli strumenti della computer graphic della navigazione in 3D. Unreal Technology è il nome dato al motore grafico utilizzato in numerosi videogiochi commerciali. Una delle caratteristiche fondamentali di tale prodotto è quella di avere uno strumento chiamato Unreal editor con cui è possibile costruire mondi virtuali, e che è quello utilizzato per questo progetto. UnrealEd (Ued) è il software per creare livelli per Unreal e i giochi basati sul motore di Unreal. E’ stata utilizzata la versione gratuita dell’editor. Il risultato finale del progetto è un ambiente virtuale navigabile raffigurante una ricostruzione accurata della Conceria Fiorio ai tempi della Resistenza. L’utente può visitare l’edificio e visualizzare informazioni specifiche su alcuni punti di interesse. La navigazione viene effettuata in prima persona, un processo di “spettacolarizzazione” degli ambienti visitati attraverso un arredamento consono permette all'utente una maggiore immersività rendendo l’ambiente più credibile e immediatamente codificabile. L’architettura Unreal Technology ha permesso di ottenere un buon risultato in un tempo brevissimo, senza che fossero necessari interventi di programmazione. Questo motore è, quindi, particolarmente adatto alla realizzazione rapida di prototipi di una discreta qualità, La presenza di un certo numero di bug lo rende, però, in parte inaffidabile. Utilizzare un editor da videogame per questa ricostruzione auspica la possibilità di un suo impiego nella didattica, quello che le simulazioni in 3D permettono nel caso specifico è di permettere agli studenti di sperimentare il lavoro della ricostruzione storica, con tutti i problemi che lo storico deve affrontare nel ricreare il passato. Questo lavoro vuole essere per gli storici una esperienza nella direzione della creazione di un repertorio espressivo più ampio, che includa gli ambienti tridimensionali. Il rischio di impiegare del tempo per imparare come funziona questa tecnologia per generare spazi virtuali rende scettici quanti si impegnano nell'insegnamento, ma le esperienze di progetti sviluppati, soprattutto all’estero, servono a capire che sono un buon investimento. Il fatto che una software house, che crea un videogame di grande successo di pubblico, includa nel suo prodotto, una serie di strumenti che consentano all'utente la creazione di mondi propri in cui giocare, è sintomatico che l'alfabetizzazione informatica degli utenti medi sta crescendo sempre più rapidamente e che l'utilizzo di un editor come Unreal Engine sarà in futuro una attività alla portata di un pubblico sempre più vasto. Questo ci mette nelle condizioni di progettare moduli di insegnamento più immersivi, in cui l'esperienza della ricerca e della ricostruzione del passato si intreccino con lo studio più tradizionale degli avvenimenti di una certa epoca. I mondi virtuali interattivi vengono spesso definiti come la forma culturale chiave del XXI secolo, come il cinema lo è stato per il XX. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di suggerire che vi sono grosse opportunità per gli storici impiegando gli oggetti e le ambientazioni in 3D, e che essi devono coglierle. Si consideri il fatto che l’estetica abbia un effetto sull’epistemologia. O almeno sulla forma che i risultati delle ricerche storiche assumono nel momento in cui devono essere diffuse. Un’analisi storica fatta in maniera superficiale o con presupposti errati può comunque essere diffusa e avere credito in numerosi ambienti se diffusa con mezzi accattivanti e moderni. Ecco perchè non conviene seppellire un buon lavoro in qualche biblioteca, in attesa che qualcuno lo scopra. Ecco perchè gli storici non devono ignorare il 3D. La nostra capacità, come studiosi e studenti, di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio che il 3D porta con sè, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Una ricostruzione storica può essere molto utile dal punto di vista educativo non sono da chi la visita ma, anche da chi la realizza. La fase di ricerca necessaria per la ricostruzione non può fare altro che aumentare il background culturale dello sviluppatore. Conclusioni La cosa più importante è stata la possibilità di fare esperienze nell’uso di mezzi di comunicazione di questo genere per raccontare e far conoscere il passato. Rovesciando il paradigma conoscitivo che avevo appreso negli studi umanistici, ho cercato di desumere quelle che potremo chiamare “leggi universali” dai dati oggettivi emersi da questi esperimenti. Da punto di vista epistemologico l’informatica, con la sua capacità di gestire masse impressionanti di dati, dà agli studiosi la possibilità di formulare delle ipotesi e poi accertarle o smentirle tramite ricostruzioni e simulazioni. Il mio lavoro è andato in questa direzione, cercando conoscere e usare strumenti attuali che nel futuro avranno sempre maggiore presenza nella comunicazione (anche scientifica) e che sono i mezzi di comunicazione d’eccellenza per determinate fasce d’età (adolescenti). Volendo spingere all’estremo i termini possiamo dire che la sfida che oggi la cultura visuale pone ai metodi tradizionali del fare storia è la stessa che Erodoto e Tucidide contrapposero ai narratori di miti e leggende. Prima di Erodoto esisteva il mito, che era un mezzo perfettamente adeguato per raccontare e dare significato al passato di una tribù o di una città. In un mondo post letterario la nostra conoscenza del passato sta sottilmente mutando nel momento in cui lo vediamo rappresentato da pixel o quando le informazioni scaturiscono non da sole, ma grazie all’interattività con il mezzo. La nostra capacità come studiosi e studenti di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio sottinteso al 3D, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Le esperienze raccolte nelle pagine precedenti ci portano a pensare che in un futuro non troppo lontano uno strumento come il computer sarà l’unico mezzo attraverso cui trasmettere conoscenze, e dal punto di vista didattico la sua interattività consente coinvolgimento negli studenti come nessun altro mezzo di comunicazione moderno.

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Botanicals and botanical preparations, including plant food supplements (PFS), are widely used in Western diets. The growing use of PFS is accompanied by an increasing concern because the safety of these PFS is not generally assessed before they enter the market. Regulatory bodies have become more aware of this and are increasing their efforts to ensure the safety of PFS. The present review describes an overview of the general framework for the safety assessment of PFS, focusing on the different approaches currently in use to assess the safety of botanicals and/or botanical compounds, including their history of safe use, the tiered approach proposed by the European Food Safety Authority (EFSA), the Threshold of Toxicological Concern (TTC) and the...

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The effect of soil incorporation of 7 Meliaceae derivatives (6 commercial neem cakes and leaves of Melia azedarach L.) on C and N dynamics and on nutrient availability to micropropagated GF677 rootstock was investigated. In a first laboratory incubation experiment the derivatives showed different N mineralization dynamics, generally well predicted by their C:N ratio and only partly by their initial N concentration. All derivatives increased microbial biomass C, thus representing a source of C for the soil microbial population. Soil addition of all neem cakes (8 g kg-1) and melia leaves (16 g kg-1) had a positive effect on plant growth and increased root N uptake and leaf green colour of micropropagated plants of GF677. In addition, the neem cakes characterized by higher nutrient concentration increased P and K concentration in shoot and leaves 68 days after the amendment. In another experiment, soil incorporation of 15N labeled melia leaves (16 g kg-1) had no effect on the total amount of plant N, however the percentage of melia derived-N of treated plants ranged between 0.8% and 34% during the experiment. At the end of the growing season, about 7% of N added as melia leaves was recovered in plant, while 70% of it was still present in soil. Real C mineralization and the priming effect induced by the addition of the derivatives were quantified by a natural 13C abundance method. The real C mineralization of the derivatives ranged between 22% and 40% of added-C. All the derivatives studied induced a positive priming effect and, 144 days after the amendment, the amount of C primed corresponded to 26% of added-C, for all the derivatives. Despite this substantial priming effect, the C balance of the soil, 144 days after the amendment, always resulted positive.

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The aim of this thesis was to investigate some important key factors able to promote the prospected growth of the aquaculture sector. The limited availability of fishmeal and fish oil led the attention of the aquafeed industry to reduce the dependency on marine raw materials in favor of vegetable ingredients. In Chapter 2, we reported the effects of fishmeal replacement by a mixture of plant proteins in turbot (Psetta maxima L.) juveniles. At the end of the trial, it was found that over the 15% plant protein inclusion can cause stress and exert negative effects on growth performance and welfare. Climate change aroused the attention of the aquafeed industry toward the production of specific diets capable to counteract high temperatures. In Chapter 3, we investigated the most suitable dietary lipid level for gilthead seabream (Sparus aurata L.) reared at Mediterranean summer temperature. In this trial, it was highlighted that 18% dietary lipid allows a protein sparing effect, thus making the farming of this species economically and environmentally more sustainable. The introduction of new farmed fish species makes necessary the development of new species-specific diets. In Chapter 4, we assessed growth response and feed utilization of common sole (Solea solea L.) juveniles fed graded dietary lipid levels. At the end of the trial, it was found that increasing dietary lipids over 8% led to a substantial decline in growth performance and feed utilization indices. In Chapter 5, we investigated the suitability of mussel meal as alternative ingredient in diets for common sole juveniles. Mussel meal proved to be a very effective alternative ingredient for enhancing growth performance, feed palatability and feed utilization in sole irrespectively to the tested inclusion levels. This thesis highlighted the importance of formulating more specific diets in order to support the aquaculture growth in a sustainable way.

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Plant volatiles typically occur as a complex mixture of low-molecular weight lipophilic compounds derived from different biosynthetic pathways, and are seemingly produced as part of a defense strategy against biotic and abiotic stress, as well as contributing to various physiological functions of the producer organism. The biochemistry and molecular biology of plant volatiles is complex, and involves the interplay of several biochemical pathways and hundreds of genes. All plants are able to store and emit volatile organic compounds (VOCs), but the process shows remarkable genotypic variation and phenotypic plasticity. From a physiological standpoint, plant volatiles are involved in three critical processes, namely plantplant interaction, the signaling between symbiotic organisms, and the attraction of pollinating insects. Their role in these ‘‘housekeeping’’ activities underlies agricultural applications that range from the search for sustainable methods for pest control to the production of flavors and fragrances. On the other hand, there is also growing evidence that VOCs are endowed with a range of biological activities in mammals, and that they represent a substantially under-exploited and still largely untapped source of novel drugs and drug leads. This review summarizes recent major developments in the study of biosynthesis, ecological functions and medicinal applications of plant VOCs.

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Several prominent hypotheses have been posed to explain the immense variability among plant species in defense against herbivores. A major concept in the evolutionary ecology of plant defenses is that tradeoffs of defense strategies are likely to generate and maintain species diversity. In particular, tradeoffs between constitutive and induced resistance and tradeoffs relating these strategies to growth and competitive ability have been predicted. We performed three independent experiments on 58 plant species from 15 different plant families to address these hypotheses in a phylogenetic framework. Because evolutionary tradeoffs may be altered by human-imposed artificial selection, we used 18 wild plant species and 40 cultivated garden-plant species. Across all 58 plant species, we demonstrate a tradeoff between constitutive and induced resistance, which was robust to accounting for phylogenetic history of the species. Moreover, the tradeoff was driven by wild species and was not evident for cultivated species. In addition, we demonstrate that more competitive species—but not fast growing ones—had lower constitutive but higher induced resistance. Thus, our multispecies experiments indicate that the competition–defense tradeoff holds for constitutive resistance and is complemented by a positive relationship of competitive ability with induced resistance. We conclude that the studied genetically determined tradeoffs are indeed likely to play an important role in shaping the high diversity observed among plant species in resistance against herbivores and in life history traits.

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Wind power based generation has been rapidly growing world-wide during the recent past. In order to transmit large amounts of wind power over long distances, system planners may often add series compensation to existing transmission lines owing to several benefits such as improved steady-state power transfer limit, improved transient stability, and efficient utilization of transmission infrastructure. Application of series capacitors has posed resonant interaction concerns such as through subsynchronous resonance (SSR) with conventional turbine-generators. Wind turbine-generators may also be susceptible to such resonant interactions. However, not much information is available in literature and even engineering standards are yet to address these issues. The motivation problem for this research is based on an actual system switching event that resulted in undamped oscillations in a 345-kV series-compensated, typical ring-bus power system configuration. Based on time-domain ATP (Alternative Transients Program) modeling, simulations and analysis of system event records, the occurrence of subsynchronous interactions within the existing 345-kV series-compensated power system has been investigated. Effects of various small-signal and large-signal power system disturbances with both identical and non-identical wind turbine parameters (such as with a statistical-spread) has been evaluated. Effect of parameter variations on subsynchronous oscillations has been quantified using 3D-DFT plots and the oscillations have been identified as due to electrical self-excitation effects, rather than torsional interaction. Further, the generator no-load reactance and the rotor-side converter inner-loop controller gains have been identified as bearing maximum sensitivity to either damping or exacerbating the self-excited oscillations. A higher-order spectral analysis method based on modified Prony estimation has been successfully applied to the field records identifying dominant 9.79 Hz subsynchronous oscillations. Recommendations have been made for exploring countermeasures.

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Northern wetlands, and particularly peatlands, have been shown to store around 30% of the world's soil carbon and thus play a significant role in the carbon cycle of our planet. Changes in climate are altering peatland hydrology and vegetation communities. These changes are possibly resulting in declines in the ability of peatlands to sequester carbon because losses through carbon oxidation and mineralization are likely to increase relative to C inputs from net primary production in a warmer, drier climate. However, the consequences of interactive effects of altered hydrology and vegetation on carbon storage are not well understood. This research evaluated the importance of plant species, water table, and their interactive effects on porewater quality in a northern peatland with an average pH of 4.54, ranging from 4.15 to 4.8. We assessed the effects of plant functional group (ericaceous shrubs, sedges, and bryophytes) and water table position on biogeochemical processes. Specifically, we measured dissolved organic carbon (DOC), total dissolved nitrogen (TDN), potential enzyme activity, organic acids, anions and cations, spectral indexes of aromaticity, and phenolic content. Our results indicate that acetate and propionate concentrations in the sedge-dominated communities declined with depth and water table drawdown, relative to the control and ericaceous treatments. DOC increased in the lowered water table treatments in all vegetation community types, and the peat porewater C:N ratio declined in the sedge-dominated treatments when the water table was lowered. The relationship between DOC and ferrous iron showed significant responses to vegetation type; the exclusion of Ericaceae resulted in less ferrous iron per unit DOC compared to mixed species treatments and Ericaceae alone. This observation was corroborated with higher mean oxidation redox potential profiles (integrating 20, 40, and 70 cm) measured in the sedge treatments, compared with the mixed and Ericaceae species treatments over a growing season. Enzymatic activities did not show as strong of a response to treatments as expected; the oxidative enzyme peroxidase and the hydrolytic enzyme phosphatase were the only enzymes to respond to water table, where the potential activity of both enzymes increased with water table drawdown. Overall, there were significant interactive effects between changes in vegetation and water table position on peat porewater composition. These data suggest that vegetation effects on oxidation reduction potentials and peat porewater character can be as important as water table position in northern bog ecosystems.

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There is a wealth of smaller-scale studies on the effects of forest management on plant diversity. However, studies comparing plant species diversity in forests with different management types and intensity, extending over different regions and forest stages, and including detailed information on site conditions are missing. We studied vascular plants on 1500 20 m × 20 m forest plots in three regions of Germany (Schwäbische Alb, Hainich-Dün, Schorfheide-Chorin). In all regions, our study plots comprised different management types (unmanaged, selection cutting, deciduous and coniferous age-class forests, which resulted from clear cutting or shelterwood logging), various stand ages, site conditions, and levels of management-related disturbances. We analyzed how overall richness and richness of different plant functional groups (trees, shrubs, herbs, herbaceous species typically growing in forests and herbaceous light-demanding species) responded to the different management types. On average, plant species richness was 13% higher in age-class than in unmanaged forests, and did not differ between deciduous age-class and selection forests. In age-class forests of the Schwäbische Alb and Hainich-Dün, coniferous stands had higher species richness than deciduous stands. Among age-class forests, older stands with large quantities of standing biomass were slightly poorer in shrub and light-demanding herb species than younger stands. Among deciduous forests, the richness of herbaceous forest species was generally lower in unmanaged than in managed forests, and it was even 20% lower in unmanaged than in selection forests in Hainich-Dün. Overall, these findings show that disturbances by management generally increase plant species richness. This suggests that total plant species richness is not suited as an indicator for the conservation status of forests, but rather indicates disturbances.

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Rapid pollen tube growth places unique demands on energy production and biosynthetic capacity. The aim of this work is to understand how primary metabolism meets the demands of such rapid growth. Aerobically grown pollen produce ethanol in large quantities. The ethanolic fermentation pathway consists of two committed enzymes: pyruvate decarboxylase ( PDC) and alcohol dehydrogenase ( ADH). Because adh mutations do not affect male gametophyte function, the obvious question is why pollen synthesize an abundant enzyme if they could do just as well without. Using transposon tagging in Petunia hybrida, we isolated a null mutant in pollen- specific Pdc2. Growth of the mutant pollen tubes through the style is reduced, and the mutant allele shows reduced transmission through the male, when in competition with wild- type pollen. We propose that not ADH but rather PDC is the critical enzyme in a novel, pollen- specific pathway. This pathway serves to bypass pyruvate dehydrogenase enzymes and thereby maintain biosynthetic capacity and energy production under the unique conditions prevailing during pollen - pistil interaction.

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In acid tropical forest soils (pH < 5.5) increased mobility of aluminum might limit aboveground productivity. Therefore, we evaluated Al phytotoxicity of three native tree species of tropical montane forests in southern Ecuador. An hydroponic dose-response experiment was conducted. Seedlings of Cedrela odorata L., Heliocarpus americanus L., and Tabebuia chrysantha (Jacq.) G. Nicholson were treated with 0, 300, 600, 1200, and 2400 mu M Al and an organic layer leachate. Dose-response curves were generated for root and shoot morphologic properties to determine effective concentrations (EC). Shoot biomass and healthy leaf area decreased by 44 % to 83 % at 2400 mu M Al, root biomass did not respond (C. odorata), declined by 51 % (H. americanus), or was stimulated at low Al concentrations of 300 mu M (T. chrysantha). EC10 (i.e. reduction by 10 %) values of Al for total biomass were 315 mu M (C. odorata), 219 mu M (H. americanus), and 368 mu M (T. chrysantha). Helicarpus americanus, a fast growing pioneer tree species, was most sensitive to Al toxicity. Negative effects were strongest if plants grew in organic layer leachate, indicating limitation of plant growth by nutrient scarcity rather than Al toxicity. Al toxicity occurred at Al concentrations far above those in native organic layer leachate.

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Once seen as anomalous, facilitative interactions among plants and their importance for community structure and functioning are now widely recognized. The growing body of modelling, descriptive and experimental studies on facilitation covers a wide variety of terrestrial and aquatic systems throughout the globe. However, the lack of a general body of theory linking facilitation among different types of organisms and biomes and their responses to environmental changes prevents further advances in our knowledge regarding the evolutionary and ecological implications of facilitation in plant communities. Moreover, insights gathered from alternative lines of inquiry may substantially improve our understanding of facilitation, but these have been largely neglected thus far. Despite over 15 years of research and debate on this topic, there is no consensus on the degree to which plantplant interactions change predictably along environmental gradients (i.e. the stress-gradient hypothesis), and this hinders our ability to predict how plantplant interactions may affect the response of plant communities to ongoing global environmental change. The existing controversies regarding the response of plantplant interactions across environmental gradients can be reconciled when clearly considering and determining the species-specificity of the response, the functional or individual stress type, and the scale of interest (pairwise interactions or community-level response). Here, we introduce a theoretical framework to do this, supported by multiple lines of empirical evidence. We also discuss current gaps in our knowledge regarding how plantplant interactions change along environmental gradients. These include the existence of thresholds in the amount of species-specific stress that a benefactor can alleviate, the linearity or non-linearity of the response of pairwise interactions across distance from the ecological optimum of the beneficiary, and the need to explore further how frequent interactions among multiple species are and how they change across different environments. We review the latest advances in these topics and provide new approaches to fill current gaps in our knowledge. We also apply our theoretical framework to advance our knowledge on the evolutionary aspects of plant facilitation, and the relative importance of facilitation, in comparison with other ecological processes, for maintaining ecosystem structure, functioning and dynamics. We build links between these topics and related fields, such as ecological restoration, woody encroachment, invasion ecology, ecological modelling and biodiversity–ecosystem-functioning relationships. By identifying commonalities and insights from alternative lines of research, we further advance our understanding of facilitation and provide testable hypotheses regarding the role of (positive) biotic interactions in the maintenance of biodiversity and the response of ecological communities to ongoing environmental changes.

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Amongst the various hypotheses that challenged to explain the coexistence of species with similar life histories, theoretical, and empirical studies suggest that spatial processes may slow down competitive exclusion and hence promote coexistence even in the absence of evident trade-offs and frequent disturbances. We investigated the effects of spatial pattern and density on the relative importance of intra- and interspecific competition in a field experiment. We hypothesized that weak competitors increased biomass and seed production within neighborhoods of conspecifics, while stronger competitors would show increased biomass and seed production within neighborhoods of heterospecifics. Seeds of four annual plant species (Capsella bursa-pastoris, Stachys annua, Stellaria media, Poa annua) were sown in two spatial patterns (aggregated vs. random) and at two densities (low vs. high) in three different species combinations (monocultures, three and four species mixtures). There was a hierarchy in biomass production among the four species and C. bursa-pastoris and S. media were among the weak competitors. Capsella and Stellaria showed increased biomass production and had more individuals in the aggregated compared to the random pattern, especially when both superior competitors (S. annua, P. annua) were present. For P. annua we observed considerable differences among species combinations and unexpected pattern effects. Our findings support the hypothesis that weak competitors increase their fitness when grown in the neighborhood of conspecifics, and suggested that for the weakest competitors the species identity is not important and all other species are best avoided through intraspecific aggregation. In addition, our data suggest that the importance of spatial pattern for the other competitors might not only depend on the position within the hierarchy but also on the identity of neighbor species, species characteristics, below ground interactions, and other nonspatial factors.

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Soil carbon (C) storage is a key ecosystem service. Soil C stocks play a vital role in soil fertility and climate regulation, but the factors that control these stocks at regional and national scales are unknown, particularly when their composition and stability are considered. As a result, their mapping relies on either unreliable proxy measures or laborious direct measurements. Using data from an extensive national survey of English grasslands, we show that surface soil (0–7 cm) C stocks in size fractions of varying stability can be predicted at both regional and national scales from plant traits and simple measures of soil and climatic conditions. Soil C stocks in the largest pool, of intermediate particle size (50–250 μm), were best explained by mean annual temperature (MAT), soil pH and soil moisture content. The second largest C pool, highly stable physically and biochemically protected particles (0·45–50 μm), was explained by soil pH and the community abundance-weighted mean (CWM) leaf nitrogen (N) content, with the highest soil C stocks under N-rich vegetation. The C stock in the small active fraction (250–4000 μm) was explained by a wide range of variables: MAT, mean annual precipitation, mean growing season length, soil pH and CWM specific leaf area; stocks were higher under vegetation with thick and/or dense leaves. Testing the models describing these fractions against data from an independent English region indicated moderately strong correlation between predicted and actual values and no systematic bias, with the exception of the active fraction, for which predictions were inaccurate. Synthesis and applications. Validation indicates that readily available climate, soils and plant survey data can be effective in making local- to landscape-scale (1–100 000 km2) soil C stock predictions. Such predictions are a crucial component of effective management strategies to protect C stocks and enhance soil C sequestration.